Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno Xv - n. 7 - 15 aprile 1909

178 RIVISTA POPOLARE veva essere alcun pericolo: gli Spagnuoli avrebbero importato vino in Italia e ne avrebbero esportato tessuti. ferrarecce, ... aceto. Tutti avrebbero guadagnato. Cosi insegna la teoria. All'atto pratico fu di con tra rio avviso l' on. De Viti De Marco e della. indignazione di Maffeo Pantaleoni venne compensato colla fedeltà e colla gratitudine dei concittadini elettori. Il contrasto tra la teoria e la pratica scomparisce di fronte all'ipotesi... a base di leggerezza e di gratuita asserzione: Questo è il caso del signor Edoardo Giretti. Egli scrivendo del grano e del vino nel ]ournal des Economistes (15 ottobre 1908) dice : « Questa (il basso prezzo e la crisi del vino) è la conseguenza della nostra politica doganale, che respingendo con diritti proibitivi gli zuccheri della Boemia e i grani dell'Ungheria, ha spinto gli agricoltori della monarchia austro-ungarica a ricostituire i loro vigneti distrutti dalla filossera , non essendo più in condizioni di procurarsi il vino pel mezzo più economico ddlo scambio internazionale ». Ora in tutto questo non c'è ombra di cosa esatta. La Boemia si sarebbe adattata assai volentieri a comprare il vino più a buon mercato; ma fu l'Ungheria che nqn volle saperne~ l'Ungheria che non manda un chicco di frumento in Italia e che ve lo avrebbe potuto mandare, non ostante il dazio, come ve lo manda la Russia e la Rumenia; l'Ungheria, che i suoi grani li manda e li mandò sempre nel suo più vicino mercato austriaco. Per potere scrivere simili pan zane bisogna ignorare gli sforzi e i sacrifici fatti da anni dall'Ungheria per ricostituire i vigneti ; bisogna ignorare che anche quando prendeva un milione e mezzo di ettolitri del nostro vino non ci dava nemmeno mille ettolitri di grano; bisogna ignorare che quando i negoziatori italiani del trattato del 1904 chiesero ai negoziatori austro-ungarici : quale concessionevolete per continuarcila clausoladi favore pel vino? risposero recisi, inesorabili : nessunaI L'on. Agnini fa proprio l'argomento del Giretti e .nella sopracennata intervista con grande sicurezza dichiara : « L' agricoltura italiana avrebbe grandi vantaggi dall'abolizione del dazio sul grano , . ~ Bisogna tener presente che il frumento è solo una quinta parte del reddito italiano ; fra gli altri redditi ha grande importanza il vino. A chi può sfuggire la influenza dannosa del dazio doganale sul grano per le esportazioni del nostro vino? I mercati migliori pei nostri vini meridionali (che, ricchi d'al cool, possono sopportare bene la navigazione) sono quelli dove è maggiore la sovraproduzione di grano. La Russia, che ,i da grano e petrolio, ha bisogno di vino. Così gli Stati Uniti, che non hanno altro approvvigionamento interno che la California ; solo ora si mettono i vigneti nel Canadà. E l' Argentina ha rifornimento proprio vinicolo solo nella provincia di Mendoza. In quei paesi, i nove decimi circa del consumo vi - nario devono essere importati. Ora è naturale che, quando l'Italia eleva barriere contro i grani esteri, la reciprocsnza e la ritorsione elevano barriere dall'estero contro i vini italiani. Oltre al vino, vi sono anche gli agrumi italiani, che potrebbero andare molto meglio in Russia; ad esemoio, se si otte~essero diminuizioni doganali. I coltivatori siciliani, che spesso si agitano perchè sia tolta la barriera russa i:.ontro i loro agrumi, non pensano che la Russia non fa altro che ciò che facciamo noi pel grano. lo penso che l'abolizione del dazio sul grano e sulle farine sarebbe un'ottima occasione per l'Italia di ottenere favorevoli condizioni dagli altri Stati per altri nostri prodotti ». Tutta questa sapiente elucubrazione non ha che un piccolo difetto : non corrisponde alle realtà. L'Italia ha fatto non pochi tentativi colla Russia e cogli Stati Uniti, - come li fece con insistenza colla Svizzera, colla Germania e coll' Austria-Ungheria nella rinnovazione dei trattati di commercio del 1904 - per ottenere sgravi di dazi sul vrno, s~gl ~ agrumi ecc. ed avrebbe volentieri fatte concess1001 sui prodotti russi e americani. Ma la Russia e gli Stati Uniti fecero sempre i sordi. Si spiega facilmente la loro ostinazione protezionista, quasi proibitiva. Vino e agrumi sono prodotti quasi di lusso; cereali , cotone , petrolio ecc., che esportano, sono prodotti di prima necessità sui quali la ritorsione ha sempre un limite, perchè aggravando fortemente i dazi si colpirebbero più dolorosamente gli importatori-consumatori, che i produttori-esport::itori. Il vino che potrebbe essere un prodotto di largo consumo non viene soltanto colpito dalla Russia e dagli Stati Uniti per ragione fiscale, che non teme rappresaglie da parte dell'Italia; ma anche per ragione economica. La Russia difende la propria bevanda nazionale, la vodka, che gli rende molti milioni; gli Stati Uniti difendono la birra e vogliono incoraggiare la coltura della vite nella California. Per difendere la birra e per ritrarne una considerevole entrata la liberista Inghilterra - la sola grande n:1zione liberista - fa pagare un dazio sul vino tanto forte , se non più forte, quanto quello che fanno pagare gli stati pro• tezionisti. La Germania, del pari, per mostrare al deputato socialista it::iliano in quale conto si ten - gono le sue raccomandazioni di reciproche concessioni , anche dando un mezzo strappo al vigente trattato di commercio, ha cercato restringere la introduzione del nostro vino da taglio obbligando i venditori ad indicare sulle bottiglie che il vinu tedesco è stato tagliato con vino italiano. Proprio come se si trattasse della adulterazione del burro colla margarina. Non abbiamo fatto menzione del mercato Argentino: è troppo piccolo per potere compensare le perdite che abbiamo subito negli altri mercati. Molto vi abbiamo guadagnato tanto che nella esporuzione totale di. 1,195,773 ettolitri nell'Argentina ne abbiamo mandato nel 1908 per 272,837 ettolitri. Si deve aggiungere chè nello scambio tra vino e grano, chi produce il grano ha sempre il coltello dal lato del manico, come abbiamo osservato: Si deve aggiungere che _l' Argentina colla protezione vuole vedere allargare la coltivazione della vite nella provincia di Mendoza e nelle al tre sui contrafforti del le Ande, che a tale coltura si prestano. Tutte queste disquisizioni doganali, infine, si riducono al loro giusto valore quando si riflètte che col regime intérnazionale vigente della clausoladella nazionepiù favorita ogni concessione che gli Stati Uniti, la Russia e l'Argentina facessero all'Italia e che l'Italia facesse a loro dovrebbe estendersi a tutte le. altre nazioni a trattati. L'uguaglianz·.t delle condizioni, quindi, ripiomberebbe l'Italia sul terreno della concorrenza. • La misura di questa concorrenza ci può e,;sere data dalle importazioni inglesi pei due prodotti italiani, che attualmente soQo argomento delle maggiori preoccupazioni. L'Inghilterra nel 1905 i 111 portò per circa 3 milioni di quintali di agrumi; ma l'Italia tra le sue esportazioni avendone esportate nel 1906 per oltre 3 milioni di quintali non annovera nemmeno l'Inghilterra tra gli Stati che ne presero un a quantità degna di menzione. Cosi pel vino: l' Inghilterra nello stesso anno ne importò per 12,700,000 galloni; ma l'Inghilterra non figura tra i paesi verso

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