Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 5 - 15 marzo 1909

132 RIVISTA L'unica conchiusione che si può trarre da questi confronti è questa : tali cifre e tali concetti non servono per conoscere comparativamente la graduazione tra le nazioni nella cultura. Lo Stato della istruzione primaria in un paese conserva indubbiamente una certa relazione colla cultura; però questa re1azione non si può apprezzare senza un previo studio per ogni caso. L'istruzione primaria è il primo dei mezzi che si adoperano per raggiungere un fine : la cultura di un paese. L'organizzazione scolastica rappresenta lo sforzo, non il risultato; la statistica dell'analfabetismo rappresenta questo risultato. Ma il saper leggere e scrivere ali~ sua volta non rappresenta la possibilità d'istruirsi, non il fatto di non essersi istruiti. Come le statistiche scolastiche e dell'analfabetismo non danno un'idea precisa e comparativa della cultura intellettuale di un paese, c,sì le statistiche penali non ne rappresentano il grado di moralità. D'onde la conseguenza finale : la compararione delle statistiche scolastiche e delle penali (quali sono oggi) non sono sufficienti per trovare le rela 1 ioni tra la moralità e l' istru 1ione. Dal punto di vista pratico ne scaturisce l'imperiosa neces sità di creare nuove basi e nuovi criteri statistici, perchè la statistica in sè non è che un procedimento scientifico. N )O è ad essa che deve imputarsi la nostra ignoranza, come non si può imputarla nè alla fisica, nè alla chirurgica , nè agli ap• parecchi, n,è al reattivi. L'ignoranza è imputabile all'uomo che, come ha tardato molti secoli ad inventare un microsco pio ed a scoprire un reattivo che serve a scoprire la strut tura dei nevroni. non è ancora riuscita ad apprezzare debitamente il va Iore de i fatti sociali ed a sottoporli a calcolo esatto. Ciò premesso esaminiamo la proposizione che alcuni pon gono: l'istru 1 ione è insufficiente e anche nociva se non va accompagnata dalla educa 1 ione morale. Con più esattezza si deve dire: la diminui 1 ione dell' anal - fabetismo non fa diminuire nè aumentare le condanne penali. Gli autori che hanno fatto le comparazioni statistiche rie. scono sulle questioni a risultati contraddittori. Gli uni hanno conchiuao: che la diminuizione dell' analfabetismo faceva aumentare la criminalità; gli altri: che chi apriva una scuola chiudeva una prigione·. L'esame dei fatti non giustifica nè I' una nè I' altra conchiusione. Eccone una dimostrazione per la Spagna (1): Provincia Analfabe Detenuti ·Analfabe lismo Provincia tismo Detenuti Alava. 20 59 Toledo 56 go ?alencia • 26 74 Valencia. . 58 34 B·Jrgos 26 80 Canarie 61 II Biscaglia . I 32 18 Badajoz 61 46 Oviedo 39 38 Baleari 63 27 Barcelona 40 22 Albacete . 63 39 Saragozza . 51 101 Mala~a . 64 73 Pontevedra 54 16 Da questo prospetto risulta che nelle provincie dt Biscaglia, Barcellona, Valenza, Badajoz e Malaga, analfabetismo e criminalità procedono in relazione diretta; in quelle di Palencia, Oviedo, Pontcvedra e Canarie avviene tutto il contrario: al maggiore analfabetismo corrispond: minore criminalità. La comparazione in realtà porta alla conchiusione che non c'è (1) I dati del!' analfabet'smo per 100 al:itanti sopra i s~i anni sono quelli dcli' Istituto geografico del· 1900; quelli dei detenuti per 100,000 abitanti come quelli della statistica penale pel 1904. POPOLARE relazione ,:.ostante e chiara tra l'analfabetismo e la criminalità. Se invece dt 1 5 provincie la comparazinne si estende a tutte le provincie del regno i risultati saranno identici. La comparazione di un anno è anche bastevole per la generalizzazione in luoghi nei quali non c' è notevole immigra zione; nè sono avvenuti mutamenti nella organizzazione scolastica da un anno ali 'altro. Si deve argomentare che l'istruzione non esercita alcuna influenza sulla moralità 1 Mille volte no; sopratutto perchè nè il saper leggere e scrivere è la istruzione, nè le sentenze penali sono esattamente la moralità. La vera istruzione, la scienza, ,è precisamente una delle forze più moralizzatrici che ci siano. Questo dimostrano la storia e la psicologia compa rata. Infatti le epoche e i popoli di maggiore sviluppo <;cientifico sono quelli di ma11gioremoralità; le epoche d'ignoranza sono stati quelle di ,:ostumi più bestiali. Il progresso intellettuale libera la condotta umana dagli istinti e delle passioni e la sottomettono ali' impero della intelligenza. La psicologia professionale insegna, che gli uomini di scienza pura, in media, danno il minimo di delinquenza; mentre la danno maggiore gli uomini che hanno ·una cultura superiore (politici, avvocati, commercienti ecc.) ma che fondano il pro fitto proprio nello sfauttamento della immoralità e Jella igno ranza deg'i altri e Ji tutti quelli che vogliono molto consumare e nulla produrre. Per questi elementi parassitari la moralità consiste nella ubbid ·enza agli oppressori, nella rassegnazione ai malanni, nell~ laboriosità colìo scorso salario, nella indulgenza verso i malfattori potenti ec. La morale cui conducono le scienze positive è precisamente il contrario: ammettere come autorità quella della intelligenza, per soddisfare ogni specie di aspirazione sanza rassegnarsi ali' esaurimento, concorrere alla produzion~ come al consumo. E' evidente che: l'educazione morale è necessaria per i fanciulli, perchè su di essi non si può influire esclusivamente per mezzo della scienza. Ma se questa educazione morale non si fonda sui criteri che ci somministrai:io le scienze positive è meglio non darne alcuna. Senza la morale che mira a domare l'umanità perchè sia meglio maneggiata è possibile che per qualche tempo le cifre ufficiali della delinquenza, che mostrano la discrepanza tra la condotta privata e l'ordine sociale stabilito; però la scomparsa della morale rutinaria e la sostituzione con altra più scientifica è il cammino pel quale l'ordine sociale si va trasformando in un altro superiore col qua'e gli uomini possono vivere più felici. Mettìamoci in guardia perciò contro quelli che prepicano. molta p3dagogia morale e poca scienza . Sappiamo che specie morale ci danno: una morale nemica della felicità umana. (La Lectura di Madrid, Febbraio), ♦ Jacque Mesnil: La civiltà fiorentina al secolo XVI. Chi vuole avere un'idea .:ella vita dei Fiorentini all'epoca ciel Rinascimento deve ..strarre dalle forme sociali attuali e dallo Stato- _aserma quaL oggi esiste. Lo Stato che significa per noi stabilità, era allora la cos --1 più instabile del mondo. Tutte le magistrature erano rinnovate a breve scadenza. Non vi era una vera costituzione ma una raccolta di leggi e di ordinanze con;use che non avevano spesso altre basi che la cousuetudine. Chi era forte le violava e dis_ oneva della repubblica, procedendo a riforme che venivano legalizzate nella forma più strana. Il potere rimaneva nelle mani di coloro che l'avevano conquistato colla forza sino al momento:che altri lo strappava a loro collo stesso mezzo. Firenze aveva un' anima repubblicana tenace. Ciascuno vi era geloso della libertà propria e ribelle ali' autorità di un

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