RIVISTA POPOLARE 107 occorrendo, a -:sporre il petto. Ma un 'onestà, superiore ad ogni altra considerazione, divieta di fare accuse, di cui non si hanno le pruove ; di lanciare insinuazioni ; di screditare per screditare. Ha superato il partito socialista una fase come questa, di Giacobinismo vuoto ed inane; non deve lasciarvi adagiare gl 'impiegati. Studiamoci di sostituire, al regno del sospetto, la città nuova della riforma. Semplifichiamo, semplifichiamo; restituiamo energia e nervo alle forze dei singoli ; sostituiamo a Travet il cittadin-funzionario 0peroso; e non abbiamo paura se cade qualche polveroso e putrido controllo , per impedire che si rubi qualche centesimo; mentre il controllo formale nulla impedisce, e solo una grande fiamrna di fede e di a,rione può vivificare lo Stato. Turati: L'amico Ruini ha cento volte rag:one. Ha ragione, almeno, fin là dove constata, nella grande tragedia calabro sicula, la riprova di una tesi, che i soli riformisti sin qui hanno affermata: la tesi della nessuna rispondenza dei rervizi pubblici in Italia ai fini pei quali si sono istituiti. II male non è nuovo : è il terremoto non ha fatto che metterlo in luce più completa e sinistra. Potremmo essere indulgenti ed esitanti nell'accusa, per la confu~ione e l' inerzia dei primissimi giorni: ma l'incapacità e l'impotenza segnarono di stigmate vergognose tutta l'azione dello Stato , anche allorquando il più pigro dei cervelli avrebbe avuto tutto il tem - po per orientarsi. Evochiamo un fatto solo, rivelato, del resto, da ormai tutti i giornali, anche i più temperati e i piu cauti. Dopo 18, 19 giorni sbucano ancora dalle maceri~ messinesi, aiutandosi da sè o aiutati dal caso, dei bambini sepolti, una vecchierella sepolta. E al sesto o settimo giorno gli scavi diretti a salvare vittime umane erano stati fatti cessare inesorabilmente dal comando di chi era investito di tutti i poteri; anche di quellocosì - di aggiungere, al disastro cieco della natura, il disastro voluto della insipienza e della insensibilità dell'Amministrazione. E si può dire che, anche nei primi sette giorni , scavi :sistematici, vasti e profondi, a scopo di salvataggio di tutte le vittime, non furono mai iniziati. A che cosa servirono le 24 torpediniere che si dondola vano nel porto di Messina, la flotta guerresca che deve essere pronta ad ogni cenno del Governo in caso di guerra improvvisa, i duecentomila uomini sotto le armi, i magazzini militari, pieni - o che dovrebbero esserlo - di tende, di coperte, di in - dumenti, di apparecchi terapeutici, e la flotta mercantile che lo Stato sussidia, pcr diretto o indiretto, con lauta prodigalità di milioni e che esso può sempre requisire, e i grandi transatlantici che trasportano gli emigranti in e dall'America, vere città galleggianti, capaci di essere trasformate in poche ore in vasti ospefali? Tutto questo è stato a un dipresso come non fosse, per difetto di volontà pronte, di menti organizzatrici. Abbiamo parlato di insipienza non solo, ma anche di insensibilità e menteniamo l'accusa. La lentezza nella ricerca dei sepolti vivi, ia rinuncia a proseguirla assai prima che il fatto, con ripetuti e profondi assaggi in tutta la zona del disastro, ne avesse dimostrato la assoluta definitiva inanità, at• testano più della seconda che della prima. Alle autorità militari di Roma e di Sicilia neppure si può consentire che - in difetto di una testa - avessero un cuore I Ma il marasma cht:( paralizza tutta la nostra Amministra zione, proprio nei suoi nuclei centrali e diretti vi,- non aveva biaognodella commozione tellurica per divenire palese. Sono ormai anni e decenni che esso si rivela, per segni incontrovertibili e quotidiani, anche nei più futili affari. Tutti sanno e tuiti lamentano che la macchina dello Stato è arruginita ed inetto, che la burocrazia sembra incaricata di fare dell'ostru zionismo - potremmo dire del sabotage volontario - contro o~ni iniziativa più provvida; che nei ministri le t< pratiche », si addormentano, anche le piu semplici, per mesi e mesi, e ci vogliono, per smuoverle, gli argani e le cannon11te; che infinite schiere di impiegati fanno unicamente da pas~acarte ; che ogni lettera più inconcludente passa almeno per sei o sette mani, caricandosi di inutili visti e di sigle e di sgorbi, simboli di un controllo fittizio, prima di arrivare ali' « incaricato della partita » o al competente che deve occuparsene, per riper :orrere poi la stessa trafila e ritornare al punto di partenza; che co:est; peregrinazioni traverso gli uffici, risolventisi in un enorme spreco di tempo e di quattrini, disperJenti spesso nell'in_dugio l'opportunità dei provvedimenti invocati, non hanno altro effetto che di diluire e confondere ogni effettiva responsabilità, ogni slancio ed efficacia di azione, in una specie di meccanismo anonimo, nd quale l'uomo - ossia l'attività in. telligente - sparisce dietro il regolamento , la formalità, il protocollo. Tutto questo era risaputo : ed era anche accettato e tollerato, con fatalismo musulmano, dal Governo, dalla maggioranza parlamentare, dagli stessi impiegati, come una specie di male inevitabile e ineliminabile. Noi soli finora abbiamo non soltanto protestato, ma procurato di suscitare e diffondere la sensibilità di questo male, di segnalarne i pericoli, di indagarne le fonti, di spingere insomma ai ripari. Le nostre campagne per le inchieste sull'esercito, sulla marina, sull'amministrazicne carceraria - l'assunto patrocinio dei diritti degli impiegati, delle loro Fe-ieraz:ioni, sopratutto del loro diritto di controllo e di critica - gli sforzi indirizzati a migliorare lo stato econo nico e giuridico del personale degli Uffici , onde guarentirne un miglior reclutamento e un più serio rendimento queste varie azioni, che caratterizzano l'opera politica nostra di questi ultimi anni, che altro furono se non tentativi di prevenire per l'appunto quelle sorprese e quei disastri aggiunti al disastro, dl cui oggi una guerra cogli elementi naturali ci ha dato, e domani forse una guerra internazionale ci darebbe tragico esempio : quelle sorprese e quei disastri , che oggi finalmente sg,,mentano anche la stampa conservatrice, ma senza il più piccolo sforzo per penetrarne le cagioni profonde, per prepararne la profilassi coraggiosa e risolutiva ? Ma l'amico Ruini è preso subitamente da uno scrupolo, e teme che anche l'opera nostra non sia senza peccato e che noi stessi abbiamo potuto contribuire, per altro verso, a indebolire qualche volta, colla diffidenza e col sospetto, i congegni dello Stato. Diciamo subito che - almeno per riguardo al passato-non ci sembrano legittime quest~ preoccupazioni. Se è pericoloso accusare lo Stato delle sue deficienze, lo stesso Ruini, pel primo, avrebbe dovuto lacerare il suo articolo; e, se egli intese riferirsi a qualche possibile trasmodanza di forma e di sostanza alludendo ad accuse recenti e ben ricordate-a parte che sul fondamento di tali accuse non ancora fu detta l'ultima parola - il Ruini è troppo intelligente per potere non intendere come un possibile errore individuale - dato e non concesso che di errori possa parlarsi - non scemerebbe affatto la necessità ed il valore della libera critica, la quale sola, anzi , suscitando la discussione e I' esame può chiarirlo e distruggerlo. Del resto le magagne gravissime rivelate dalle inchieste e tutte le obbrobriose emergenze del fenomeno Nasi ne,n:di mostrano se non la necessità di avvalorare la libertà delle denuncie, in coloro che il timore riverenziale delle gerarchie e un falso od eccessivo concetto dt segreto d'ufficio fece complici e strumenti necessari delle dilapidazioni e delle concus - sioni che disonorarono l'amministrazione dello Stato italiano. Ad ogni modo, ciò di cuì importa persuadere - profittando della cresente commozione - l'opinione pubblica in Italia è
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