Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 4 - 28 febbraio 1909

RIVISTA ture nè mezzi termini, n~ meandri , nè transazioni: affer ma, sentenzia, proclama, espone, fa vedere. Il suo primo romanzo, <( Arra, y tartana », era già così: una rappresentazione zohrniamente realista di costumi, di prt:giudizi, di gare, d'amori e d'adii del suo popolo di Valencia. dei suoi futuri elettori repubblicani, ... e, naturalmente, anche dei suoi futuri avversari, carlisti, costituzionali, clericali, ecc, ecc.; nt:l se• condo, « Fio,· de maya». sono innce i pescatori di Cabaifal e i marinari del Grao:, i protagonisti, e la spiaggia ridente e povera, e l'onda azzurra e traditrice, la scena; questo, <( La ba1·raca », che fu poi seguito da altri, come « Entre naranjos », (< Sonnica la corte sana », « Canas y barro», « La Catedrai , , • El Intruso », « La bodega >>, « La horda », (< L-1 maj,, de snuda>>, , Sangre y arena », questo romanzo qui tradotto, dico, fu scritto or è poc<>più d'un decennio, ed anch'esso si svolge nel popolino, tra le c&panne di legno e d'argilla sotto il tt:tto spio vente di paglia, dove,~ndl'ampia irrigua pianura bagnata dal Gua dalaviar, brulica il povero contadiname dann,Ho alla gleba, sempre famelico, sempre bramoso, sempre insod,lisfatto: sembra Ji leggere i romanzi siciliani, ca!abresi, abruzzesi, sardi, che furono tanto in voga fra noi da due a tre decenni or sono , quando la letteratura realista e regionale e democratica aveva preso un sopravvento qufsi esclusivo sul'a romantica, sentimentale, da salotto, che aveya tenuto il campo nell'altro quarto di secolo. Tutto il romanzo, quì, s'impernia, come là, più nell' odio che nell' amore : nell' odio del lavoratore spogliato di tutto e cacciato dalla sua barraca, contro l'usurajo che l'ha gettato in mezzo alla strada; nell'odio dei patroni per~ bifolchi poltroni, ladri e ribelli; nell'odio e nell'invidia di questi, gli uni contro glt altri, chi per quattro soldi d'eredit~, chi per un buon matrimonio, chi per una terra più grassa o meglio espo - sta, chi pel bestiame più sano, fecondo e rimunerativo, chi per la barraca più grande, più nuova e meglio fornita d'attrezzi e di provvigioni: odio che finisce, tragicamente, a violenze, schioppettate, incendii, rovine. Un bel romanzo, in ogni modo: e ricco di col<>r locale, di rilievo, di carattere; che importa, se la lingua, dubbiamente italiana, della versione, lascia un pò troppo a desiderare? Anche questo, forse, contribuisce alla suggestione d'esotismo, ch'è l'incanto maggiore di queste pagine I Rientriam-> dunque veramente in Italia: con Giustino Ferri, di questo almeno, cioè che l'italiano sia proprio italiano, siamo ben sicuri: LA CAMMINANrE, che e La Nuova Antologia 11 aveva già stampato nei suoi fascicoli e che oggi raccoglie in volume, è, anzitutto, una buona e lucida prosa nostrana ed odierna; poi, un romanzo d'analisi intima, gustoso e profondo. Il protagonista, Andrea Bartoli, mi ricorda certi personaggi d'Alberto Cantoni, continui investigatori e incontentabili critici di sè medesimi: nei giorni di pioggia o di misantropia più acuta, (dice l'autore ad un certo punto) se, nel passeggiare inquieto e nervoso per la casa, come una belva su e giù pel gabbione, s'imbatteva nella sua immagine riflessa intera, da capo a piedi, nel grande specchio, rimaneva attonito a contemplarls, a guardarla a lungo con quegli stessi occhi mobili e penetranti, Jiffidenti ed incerti, coi quali essa frug~va lui: e prorompeva in una domanda pazzesca, rivo!ta al detro e a sè stesso: « Chi sei tu? .. • E tutto il libro si specchia, a sua volta, e si condensa in quel punto interrogativo così caratteristico: Andrea, sua sorella Bettina, Paola, « la camminante » misteriosa, che capita in modo singolare in casa loro e che in modo singolare sparisce, e tutti gli altri personaggi minori, pajono tutti chiedere a sè medesimi, POPOLARE 105 ed a vicenda, e senza mai trovare risposta precisa, chiara, ddinitiva: <( Chi sei tu? n. Qoella Paola, poi, così fina, così colta, così appassionata, così signora, e insieme così randagia, così povera, così chiusa, così strana ! Leggiamo, leggiamo, trascinati da una curios1ta sempre crescente, affascinati dai sol1loquii come dai dialoghi, dai fatti, dai pochi fatti, come dalle descrizioni, accennate appena, o megl o diffuse per il libro come uno sfondo impalpabile ma presente ad agente, fatte sent:re, quasi, indirettamente, come con la musica in un melol0go ... ; leggiamo. leggiamo, segniamo in margine con la matita ora un pensiero, ora un' immagine, ora un'arguz:a, ora un'intuizione geniale, c~rcando quasi, così, dì fissare dei pnnti trigonometrici per orientarci nella topografia psicologica di quelle tre anime diversamente penanti ... ; e arriviamo alla fine, senza aver nulla concluso: Bettina, la soia che sapesse, se non tutto, qualcosa, non parla che a libro finito: « Bettina cominciò a raccontare»: sono le ultime quattro parole, e sotto, non c'è più che l'ultimissima': « Fine • ! E' un difetto? E un pregio? lo ncn saprei: ceno , questo romanzo io l'ho letto con vera delizia; mentre ho udito, quando usciva nell' «Antologia», più d'una signora lamentarsi che fosse pesante, monotono, inconcludente, e persino falso. Io, allora, non potevo contraddire, perchè, per sistema, non leggo mai nulla a puntate e sbocconcellando; _ma, adesso, do decisamente torto alle eleganti Aristarche, pur non meravigliandomi del loro giudizio sommario: in generale, le signore non amano gli umorì1ti; e Giustino Ferri è anzitutto e sopratutto un umorista: uno che vede e sente e nota e rappresenta in ogni pagina il contrasto perenne dell' essere e del parere, del pensare e dell'operare, del comprendere e del volere, della realtà e del sogno, cht! rende tragica e comica insi~me, ad ogni occhio intenso e profondo, la vita di tutti t! di ciascuno su questa terra. Falso? E non sono « falsi >1 quattro quinti almeno dei casi che la cronaca quotidiana vissuta e accertata dimostrano veri? Inconcludente? E conchiude, forse, di fatto, il romanzo che prima o poi ognuno di noi ha intessuto alla trama della sua oscura od illustre .esistenza? Monotono ?1 Pesante? Certo, se si è fatta la bocca a Rocambole ed a Sherlock Hohnes, questa « Camminante ll è monoto~a, e le rumina· zioni d'Andrea sono pesanti : ma è tutto il mondo, allora, che è pesante, ed è tutta la storia, che è monotona, per i frettolosi, per i distratti, per i fatui; vivete, guardate, osservate, scrutate, e l'infinita varietà degli eSSt!ri e delle cose vi farà dolere di non avere i sensi più ricchi e gli anni più lunghi per goderne lo spettacolo meraviglioso; leggete, assoporate, discutete, compenetratevi nelle anime di questi solitarii delle Ramogne, e avrete una dilettazione squisita nella sequela e nell'alternanza e nel contrasto, senza posa rinnovati e mutati, degli stati d'animo e degli atteggiamenti intimi dei personaggi maggiori e mìnori, fra i quali, anzi direi quasi , nei quali • il Ferri ci fa vivere per molte ore. Per mc, ripeto, questa lettura è stata una continua delizia, che assicuro, senza tema d'errare, a tutti gli spiriLi solitarii e meditativi. E dopo ciò, non m1 resta più tempo nè spazio che per qualche annunzio. Molto più che un a11nun2io, veramente, meriterebbe IL SIGNOR Io, di Salvatore Farina: la ma sola considerazione che questa è l'undecima edizione (Torino, S. T. E. N.) del piccolo gustosissimo romanzetto, basLa, a scus,nmi del torto di non ridire ciò che già hanno detto dieci altre volte tutti i critici e i recensori della Penisola; l'unico giudizio nuovo c,he potrei dare, riguarderebbe l'unica novità, eh' è quella delle illustrazioni, disegnate a penna: ma, se proprio lo volete, dirò di

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