Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 4 - 28 febbraio 1909

DI Politica, Lettere e Scienze Sociali l>irettort,: Prof. N APOLJiJONl~ UOLAJANNl (Deputato al Par1arne11to) Esce in Rorna il 15 e il 30 d'ogni mestIt.,,lia: a11110 lire H; semestre lire 3,50 - Bstero: anno lire 8; ~i=mcstre lire 4,50 Un numero separato Cent. ao 4mministrazione: Corso Vitto1'io Emanuele, n.0 115 - NAPOLI f\11110 XV -- N111n. 4: ABBONAMENTO POSTALE ltoma, 28 Febbraio H)09 SOMIIARIO: Gll avvenimenti e gli uomiot: Noi: La battaglia el.:ttorale - Da Mazzini a Giolitti - L'intervista Barzilai e i rapporti austro italiani - Una pubblicazione di attualità -- y. z. : Come gli italian· altolocati a Vienna festeggiarono le distruzioue di Messina - La Rivista: L'organizzazione e:I il funzionamento dello Stato 1taiiirno - Dott. N. Colajanni: Il pericolo clericale - Fortunat\ Parlato Alessi : Le organizzazioni operaie e la probab le decresc.raza degli scioperi - Amy A. Bernardy: Perchè gl'Italiani si addensano nelle città americane-G. Carano-Donvito: L'assicurazione contro gl'infortuni in Germania secondo i dati del Segretariato del lavoro per l'anno 1907 - Felice Momlgliano: Socialismo ide<¼lista- FrancescoFera: La lingua italiana in Egitto - Mario Pilo: Stelloncini Letterarii - Rivista delle lUvist;e: li fallimento della organizzazione statale italiana ( Critica sociale) - La scuola per le istitutrici e la formazione del carsttore (Mar-rocco) - La crisi politica e sociale ddl' Ungheria (Revue politique et perlementaire)- I problemi della vita iu Germania (Rasseg,za contt:mpo1·a11ea) - li parlamento ottomano (Review of Reviews) - Politica e biologia (Edinburg Review) - Proletariato e Borghesia nel movimento socialista italiano (Politisch. Anthropologische Revue) - Le scuole elementari nel Giapp')ne (Das Blaubuch). GLI f1r VVENIMENTI e GLI UOMINI Agli abbonati. - La 'Rjvista popolare· non ha sussidi da an1ici o da gruppi politici, 111avive esclusivarnente di abbonan1enti. Il ritardo quindì nei pagan1enti in1barazza l'amn1inistrazione e la costringe a sensibili spese per circolari di sollecitazioni, n1andati postali ecc. Preghiamo perciò vivamente tutti gli abbonati che ancora debbono rinnovare l'abbonan1ento a volersi mettere in regola colla massin1a sollecitudine. + La battaglia elettorale. - Negli ultimi giorni si è fatta più vivace di quello che gl' inizi lasciavano sperare. Nel settentrione la vivacità e l'interesse maggiore vengono dalle numerose candidature clericali e socialiste; in Sicilia dalle male arti del governo, che tntte le adopera in pro della corruzione politica e della prepotenza contro la libera manifestazione della volontà degli elettori. A Marsala , a Licata, a Castel vetrano, a Militello, a Sciacca più che altrove si può avvertire l'azione pervertitrice dell'ou. Giolitt . Meno si avverte nel mezzogiorno percbè non ha occasione e ragione di spiegarla in Collegi, nei quali i candidati sono tutti ministeriali - e come dove vi di quelli, che non si vergognano di proclamarsi ver·i e soli e p1·ivilegiati mini-- steriali. Nel mezzogiorno e nel Lazio si sono verificRti dei ritiri vergognosi contro la promessa di un posto al Senato e contro altri compensi che possono essere più t11rpi, ma che non sono a nostra conoscenza. E tra i fenomeni più umilianti deve annoverarsi la cadidatura Venzi - il genero di Giolitti - non per la persona del candidato, che noi non 8,tppiamo neppure se possegga buone o cattive qualità ; ma pel modo come è sorta tRle candidatura in 110 paese, in cui non l\veva alcuna base naturale e dov'è spuntata solo perchè il Ministro dell'interno l'ha voluta e il servilismo dell'antico deput11to l' ba permesso. E la candidatura Venzi, a di8doro del collegio di Subiaco, trionferà seuza nemmeno un accenno di reazione morale! Abbiamo accennato alla µresentazione di n11merose candidature clericali nel Settentrione e di qualcuna nel Mezzogiorno e nel Centro Ciò provocò l' al !arme del C01·rie1·edella Sera rilevato nel numero precedente della Rivista e quella dei giornali, che più direttaa mente rispecchiano il pimsiero del Vaticano. Ma io quanto ai biasimo esplicito, che ai candidati clericali dichiaratisi. rispettosi dellR Co=1tituzione e della nnità d'Italia, è evidente che si tratta di uua ignobile farsa, di una raffiuatissima ipocrisia. + Da Mazzini a Glotlttl. - La stampa italiana non ha commentato abbastanza la candidatura di Giolitti nei due collegi di Messina. Due giornali, diverHi pel colore politico e pel temperamento dei rispettivi scrittori, hanno fatto assurgere l' avvenimento a1$li onori del!' articolo di fondo : Il Co,.riere di Catania e La Vita di Roma. Tra i d11ec'è forte difleren~a neìla forma; nella sostanza concordano pienamente in un giudizio severissimo. Luigi Lodi nella Vita esamina serenamente il fenomeno e pur riconoscendo che Giolitti nei giorni della. sciagura con grande lucidità e sollecitudiue diede ordini t1.ncbe buoni, utili, opportunamente meditati - ordini 11011 eseguiti perchè gli organi dello Stat.o 11011 seppero o non poterono eseguirli - si domanda : i proponenti della doppia candidatura sperano assolvere l'on. Giolitti delJa impreparazione e della insufficienza dimostrata del governo col voto dei s11perstiti rimasti senza casa e senza tetto? Vogliono evitare nella Camera futura una discussione sulle responsabiiità recenti degli uomini di governo? « Questo sarebbe, egli risponde, offensivo pei morti sventurati, per gli tiventurati vivi; sarebbe tlll danno meditatamente recato alla forza f•1tura, al rinnovamento fecondo de'la penisola intera. La doppia candidatura a Messiua dell'onor. Giolitti, candidatura che certo egli non ha solloci tata, o è una invereconda ma-

86 RIVISTA POPOLARE novra elettorale di candidati pericolanti o è un errore che vuol essere impedito •. Perciò, conclude Lodi , se gratitudine devono manifestare gli elettori (quali? quanti?) di Messina essi devono eleggere l'ammiraglio russo Litvinoff >. Ma e egli è uno straniero? lHa pure i suoi soldati furono e d'aiuto agli Italiani. MR. egli è ineleggibile? E non e è questo, che si richiede? Non può ritenersi nè appa « rir valida una elezione voluta q11ando mancano gli e elettori, che dovrebbero compierla•. F. Marchese nel C01·rie1·edi Catania è più violento, ma non meno giusto. Egli vorrebbe che gli elettori rispondessero alla proposta doppia canditura colla parola di Cambronne ! E pensa che questa dovrebbe ess~r~ la risposta della città che elesse tre voite G. Mazz1n1 ••• QueAta dovrebbe essere .... Disgraziatamente se Messina non fosse stata distrutta , se ci fossero dove fu Messina gli elettori già morti o raminghi nelle terre d' Italia, pur troppo, a giudicarne dalle più recenti manifestazioni della vita locale, essi non pronunzierebbero la parola di Oambronne .... a meno che non fossero incor~ggiati dall'Arcivescovo! Purtroppo nella città gloriosa che ridette la patria a G. Mazzini erano i suoi più implacabili nemici, che ora comandavano I Risorgerà Messina? Tra dieci, tra venti anni la risurrezione mate1·iale non potrà mancare ; auguriamoci che avvf'nga anche quella morale. E a sperare in questa ci inco1aggia nn atto . che in parte cancella, la maifesta11,ione servile pro Giolitti: nella larva di riunione di consiglieri comunali a provinciali avvenuta a Messina si votò unanimi, che un ricordo marmoreo dodovrà sorgere nella futura città a perenne ricordo dell'eroismo e della filantropia dei marinai russi I • L'Intervista Barzllal e I rapporti austroltallaul. - L'intervista da Salvatore Barzilai concessa al corrispon<lente della Neue Freie P1·esae ha assunto una importanza politica di prim'ordine pel valore intrinseeo dell'11omo, pel partito in cui milita, per le origini· sue: egli è nato a Trieste ed abbandonò il paese natio per non sottostare al servizio militare. Dalla irnportttnza fanno fede i larghi commenti, e quasi tutti bene"oli: che sulla medesima fecero i giornali di ogni parte politica, dalla clericale alla socialista, dalla monarchica alla repubblicana. I meno benevoli gli vennero da alcuni demorratici - ad esempio: dal Secolo di Milano -, che videro in essa una specie di abbandono della causa degli Irredenti ed una specie di acquiesceuza all'alleanza coll'Austria. La soddisfazione maggiore doveva essere ed è stata la nostra, pcrchè sebbene non tutte le motivazioni nostre di politica estera siano state accolte dall'amico Barzilai, pure nt:}llegrandi linee si arriva allo stesso punto e alla stellsa conclusione almeno per quanto riguarda la situazione internazionale nel momento attuale; e nella politica estera 1' attimo che fugge rapido è quello cho conta di più. Infatti quando in un momento critico si arriva ad impedire lo scoppio di un guerra, si pnò sempre sperare di ,witarla ulteriormente colle modificazioni spontanee o procurate dei rapporti internazionali e cogli accomodamenti, che prima sembravano inaccettabili da tutti e che con più matura riflessione finiscono coll'imporsi a tutti. Di queHti benefici mutamenti abbiamo dato numerosi esempi nei numeri precedenti; rimane eloquentissimo quello più recente tra la Germauia e la Francia pel Marocco, di cui ancue altra volta ci occupammo. Tanto coloro che souo dolenti oggi dell'attitudine di Barzilai nella politica estera quanto gli altri che se ne rallegrano come di una novità hanno torto. Egli in questa intervista non si è mostrato affatto ent1:1siasta di una alleanza coli' Austria Ungheria; ma ha voluto insistere maggiormente su ciò che del resto aveva detto molte volte nella Camera: non esserci cioè in Italia 110 partito frredenfista, che desidera una guerra col vicino Impero. Noi aggiungiamo la couvin zione nostra; e cioè: che un tale irredentismo beli icoso non c'è forse nè a Trieste, nè a Trento. Forse in Dalmazia sono più insofferenti del regime austriaco par plausibili motivi: perrhè i Croati troppo vi spadroneggia_no e troppo vogliono opprimere in tutti i modi e in tntti i sensi l'elemento italiano. Se le dichiarazioni di Barzilai RI corrispondente del giornale di Vienna parvero nna radicale ~odificazione del s110pensiero politico, ciò si deve al fatto che nella intervista il giudizio sui rapporti tra l'Austria e l'Itala costituiva il leit motif e spiccava., mentre in un discor~o sulla politica esti}·a alla Camera lo spirito polemico e la critica spietata del!' opera del ministro lo investivano e gli davano nna parvenza alquanto diversa. Nella intervista insomma, non c'è che l'a.ccentu~zione esplicita e chiara di un pensiero, che poteva sembrare diverso per gli altri aspetti collaterali del medesimo. Nell'animo di Barzilai per venire a questa accentuazione influi una visione più esatta delle condizioni dell'Austria e dell'Italia? Fori;;e. Per parte nostra non esitiamo anche a dichiarare, che abbiamo fatto un passo innanzi verso le opinioni antichA e predilette di Barzilai constatando che colla pArvicacia della Corte degli Absburgo e dello ambiente militare di Vienna, che ad ogni costo vogliono schiacciare iniquamente l'elemento italiano che fa parte dello Impero austroungarico, non era possibile, non era utile, non era decoroso che l'Italia. rimanesse nella Triplice. Perchè essa vi rimanga con utilità comune e col consolidamento della pace ancora per moltissimi anni basterebbe che l'Austria rispettasse le leggi proprie e la propria costituzione e non adoperasse duA bilance: una a danno degli Italiani e l'altra degli Slavi e dei Tedeschi· Vorrà l'Austria modificare la sua attitudine nel senso della giustizia e della civiltà? Non pare che sia disposta a farlo in qnesto momento. I clericali ispirati e guidati dal Vaticano da un lato e il militarismo, che vorrebbe lavare nell'Isonzo e nel Po le macchie delle secolari sconfitte sono i padroni dell'animo dell'Imperatore Francesco Giuseppe e del presunto erede ed. impediscono che la rngione trionfi e colla pace assicuri il benessere dei popoli. L' Italia che non è animata da tali malvage passioni; l'Italia che non ha ambizione di conquiste e d' ingrandimenti e che apprezza al giu~to le conseguenze di una guerra anche vittoriosa. deve seguire una politica accorta e dignitosa che tolga ogni pretesto alla reazione e al militarismo dell'Austria di sfogare la propria libidine contro di noi. Se ciò non ostante dovessimo patire una ingiusta aggressione, nella ingiul:ltizia della meJesima trovoremmo all'interno e all' esterno gli elementi che ci darebbero la forza della resistenza. Tutti i militarismi provocatori hanno trovato sempre sul campo di battaglia Ja sorte punitrice, che meritarono; e noi viviamo sicuri che quello austriaco la troverebbe identica. • Una pub blloazlone di attualltà, che raccomandiarro vi vamente e quella del ragioniere D. Dattilo che contiene interessanti notizie sulla passata legislatura e dovrebbe servire di guida nelle imminenenti elezioni perchè co,ntiene i risultati di tutti gli appelli

RlVlS TA POPOLARE 87 nominali con l' indicazione se assente , astenuto, contrario o favorevole al Ministero. Rivolgersi ali' autore in Lecce. Costa L. 2. NOI + Come gli italiani altolocati a Vienna festeggiarono la distruzione di Messina. - D&.Vienna scrivono ed un nostro amico: Le prime notizie del grande disastro Siculo-Calabrese giunsero qui la sera del 29; si credette però al momento che in esse fosso qualcha esagerazione. Al 30 e 31 però tutta la immensità del disastro era conosciuto e confermata. L'intera cittadinanza di Vienna rimase commossa e subito si cominciò a pensare al modo di dimostrare lo interessamento che si prendeva a tanta sciagura inviando soccorsi d'ogni maniera. L'Imperatore primo fra tutti mandava il suo ragguardevole obolo. Ebbene la sera del 31, una signora nata nell'Italia Meridionale, vedova di un Italiano delle Provincie soggette, nipote del Nunzio Pontificio, riuniva a lieto simposio gli amici e le amiche sue, per finir bene e cominciar meglio l'anno. La massima parte degl'invitati erano diplomatici e Signore Italiane di nascita; fra gli uomini brillavano gli addetti della nostra ambasciata non escluso l' addetto militare con respettiva signora (una milanese, ci pare). A qualcuno <'he disse alla signora Ospite che credeva la festa rimandata pel lutto dell'Italia, la Sign01·a gentile con molta ... disinvoltura ripetè: e A quei laggiù ci penseranno gli altri, noi dobbiamo pem,are li stare allegri e cacciare le malinconie!!! > « L'addetto militare Italiano poi, pur non essere da meno, della Signora suddetta, due o tre giorni dopo davo uno splendido ricevimento, forse per dimostrare che lo Esercito Italiano non si lascia abbattere dalle sventure della Patria I li ..... e Qualcuno osserverà che anche in Italia da molti si sarà festeggiato il S. Silvestro ... e va bene ... diciamo! ma a noi pare che coloro che hanno l'altissimo onore di rappresentare, almeno ufficialmente, la Patria nostra in questo paese sarebbero stati in dovere di declinare almeno per quella sera lo invito che una povera donna, per non dire altro aveva con si poco tatto mantenuto. L'addetto Militare poi, e coll'essere intervenuto dalla prefata Signora e col ricevimento da lui dato, ha dato mostra. di una... disinvoltura ... tale che non sappiamo se vada d'accordo colla missione che è a lui affidata, ed all'esempio che dava il Re a Roma abolendo ogni ricevimento, ogni festa. e Il contegno di questa gente Italiana e degli addetti alla nostra Ambasciata in giorni di si gran lntto per noi , ha fatto triste impressione non soltanto fra coloro della colonia che lo hanno risapnto, ma puranco sull' alta Società Viennese che ne rimase .... meravigliata! E pensare che appunto in quel giorno i nostri sovrani erano in mezzo ai feriti, ai moribondi per conforti ed aiuto; che i nostri marinai, e quelli di nazioni estere, i nostri soldati facevano prodigi di valore e di carità pet alleviare in parte tante sofferenze. Pensare che in quei giorni l' Italia , il mondo tutto piangeva sulla immensa sciagura ..... ! Troppo grande ci è parsa la..... disinvoltu'ra, di questa gente Italiana in Vienna per poter tacere. Forse verranno delle smentite; in questo caso siamo pronti a fare i nomi di tutti gli ospiti Italiani , che vollero in quella Isera del 31 Dicembre u. s. aiutare la. Signora Gentile ad annegare nella sciampagna il dolore che angosciava ..... i cuori del la Patria lontana I!! y. z. L' or~anizzazion~ e~ l f ~ zionarnent delloStatoItaliano Nel numero passato la Rivista r1 produsse dallo articolo bellissimo di Giovanni Cena i brani più salienti, che servivano a consolidare maggiormente le verità lampanti, che furono pel primo enunziate rudemente da Napoleone Colajanni, affrontando ora, come altre volte, le sozze contumelie dei muletti - tra i quali, almeno come muletto onorario, si volle imbrancare un noto giornale umoristico di Roma - e le calunnie del povero nevrastenico, che comanda sulle cose della Regia Marina. Oggi con amara soddisfazione riproduciamo nella 'Rj.vista delle riviste un articolo di Meuccio Ruini ed il commento al medesimo di Filippo Turati. Non lo riproduciamo per la parte, che potrebbe servire a corroborare sempre più la giustezza delle accuse lanciate contro i rappresentanti superiori del governo a Messina, a Napoli ed a Roma; ma perchè dai fenomeni odierni e dal constatato fallimento dell'opera del governo nella immensa sciagura, che colpì le provincie di Messina e di Reggio, si cerca risalire alle cause, che li generano. Sull'azione spiegata dai rappresentanti del governo in Sicilia e a Reggio, a quanto dice Turati sulla loro crudeltà potremmo aggiungere altre osservazioni. La loro mancanza di cuore non fu soltanto, per cosi dire, negativa, cioè limitata alla straordinaria lentezza dei provvedimenti; ma ci fu quella ferocemente positiva consistente nella negata assistenza ai feriti, agli affamati, agli cÌ.Ssetati,ai denudati, ai moribondi ... Che dire dello champagne bevuto per festeggiare la notte di S. Silvestro di fronte alla città morta? (1) Che dire, oggi, a due mesi di distanz:i., sulla nullità dell'opera di assistenza ai senia casa? ... Sorpassiamo sulle ridicole, tartarinesche affermazioni e del Ruini e del Turati, che abusando della ignoranza dei lettori rivendicano ai soli socia.listi la indicazione dei mali della burocrazia e della necessità delle riforme e della semplificazione della organizzazione e dei servizi tutti, mentre tutto ciò ha tanto di barba - una barba lunga come quella dì Matusalem. Infatti non c'è stato uomo e partito di opposizione dal 1848 in poi, che non abbia deplorato gli inconvenienti della burocrazia e non abbia invocato riforme. Gli uomini del governo spesso sono sta ti della partita e in non pochi discorsi della Corona sono state promesse solennemente le riforme. Un poco più di modestia, adunque, cari signon socialisti, ed anche un poco più di serietà, se non vi dispiace. Ma questa osservazione in sè stessa non ha importanza perchè le cose vanno ugu~1lmente con o senza le vanterie dei socialisti. Veniamo al sodo. La moda vuole - ed è moda vecchia come osservammo - che si dica male della burocrazia. Ma bisogna intendersi anche su questo. (1) A propisito dello Champagne bevuto di fronle alla C:ttà morta pubblichiamo una lettera di un italiano da Vienna che ci ha comunicato un ntstro amico. Saremmo lieti se ci venisse una smentita dall' a.idetto militare italiano ; non I' a spettiamo. e non ci cale, dail' entourage di Monsignor Granito di Belmonte, Nunzio pontificio. Costoro potevano benissimo essere lieti che il dito di Dio avesse colpito Messina.

88 RIVISTA POPOLARE La burocrazia, anche più rigidamente organizzata, c'è in Francia, c'è in Prussia, c'è in Austria-Ungheria, sebbene ci siano delle modalita diverse in ciascuna di queste nazioni. Più perfette quelle burocrazia, che sono più snodate, innestate sul decentramento, che talora rasenta l'organizzazione federale e che agli elementi locali accorda discreti poteri e fa sviluppare coll'uso il senso della responsabilità e della iniziativa ad un tempo. La burocrnzia si potrebbe affermare che ha permesso alla Francìa di cotinuare ad esistere attraverso alle guerre, alle invasioni, alle rivoluzioni, che rappresentano quasi lo stato normale al di là delle Alpi; la burocrazia in Prussia assicura la meravigliosa precisione dei servizi pubblici; la burocrazia, coll' aggiunzione del massimo decentramento, attenua, quasi neutralizza i gravissimi inconvenienti della babelica composizione etnografica dell'Impero austro-ungarico ... E la burocrazia anche in Italia ha le sue speciali benemerenze. Sicuro, le ha e bisogna avere l'onestà di riconoscerle. Si deve alla burocrazia gerarchicamcente più elevata se qualche freno talora trovano lo arbitrio dei ministri, le ingiustizie e i favoritismi che deputati e senatori domandano. per secondare le richieste di certi grandi elettori ... Sono spesso i capidivisione, i direttori generali e talora anche più umili funzionari , che ai Ministri, ai Deputati, ai Sena tori ricordano la esistenza di certe leggi, di certi articoli dei regolameoti che non consentono questa o quell'altra cosa .. Eccellenza, non si pu6 ! essi rispondono spesso. E il Ministro che qualche volta fa studiare dei suoi segretari particolari se si -può trovare qualche altra legge o qualche altro regolamento da contrapporre a quello invocato dal funzionario, spesso è costretto a chinare il capo e ad astenersi da qualche porcheria più o meno grossa. La burocrazia, quindi, come tutte le cose umane ha due facce come una medaglia. Ora è ingiusto ricordare sempre quella brutta. Per apprezzare quella buona, poi, bisogna ricorrere ai confronti. In questo caso il termine di paragone non può cercarsi e trovarsi, che in quei paesi, i quali mancano di una burocrazia, più o meno rassomigliante alla nostra. Gli Stati Uniti del Nord America, all'uopo, possono servire meravigliosamente. Ora negli Stati Uniti in fatto di servizi e di funzioni dello Stato - a parte i benefizi inestimabili, che scaturiscono dal regime federale - gl' inconvenienti sono tanto numerosi e così gravi, che i migliori scrittori invocano riforme nel senso di trapiantare al di là dell'atlantico una burocrazia all'europea... Gl' idilli di Tocqueville, quelli più smaccati del Laboulaye del Pariii in America, che furono ricopiati da tanti per condannare il regime burocratico nostro ed esaltare quello nord-americano, potevano rispondere alla realtà sessant'anni orsono; ne sono la più vergognosa contraffazione oggi. E oggi, alle riforme negli Stati Uniti quellli che più energicamente si oppongono sono i politicians, i politicanti onnipotenti e senza scrupoli, che hanno reso la repubblica delle stelle il campo più vasto della più sfacciata corruzione. Con ciò non intendiamo menomarnente negare nemmeno per una millesima parte le critiche amare del Ruini e le verità sacrosante da lui dette sui difetti che resentano il reato, dei funzionari e della burocrazia e il danno, che deriva dal succhionismo elevato a criterio unico della cnt1ca socialista al governo. Perchè di questa constatazione, però, egli non si inorgogli5ca troppo come di una scoperta dei soli socialisti ci permettiamo ricordargli che le stesse critiche quasi colle stesse parole furono esposte molti giorni or sono da un pubblicista eminente, da Andrea Cantalupi. Meuccio Ruini, che ha onestamente attribuito al partito socialista i danni del sospetto succhionico avrebbe potuto procedere oltre e confessare che ben altre responsabilità pesano sul partito soci,1lista. Non si può negare che da qualche a1Jno i servizi pubblici peggiorano, quantunque sia immutato il regime burocratico; peggiorano sopratutto da che i socialisti, specialmente Filipo Turati, il grande protettore e il sommo pontefice dei funzionari, hanno accordato a questi il loro patrocinio.Chi l'avrebbe mai detto a Carlo Marx che i suoi discepoli italiani alla difesa del proletariato dovevano associare per non dire sostituire, quella dei funzionari? Nelle sfere medie ed inferiori si e inoculato tale spirito di ribellione e d'indisciplina, tale strafottenza - ci si perdoni la bruttissima parola - di tutto e contro tutti, che peggiore non si era mai vista e forse non si vedrà mai, sino a tanto che non ci verranno assicurate le delizie dell'anarchismo, in alcun paese del mondo. E si capisce che i malanni che si svolgono nelle sfere inferiori e medie della burocrazia debbano avere una moltiforme ripercussione in alto; dove i più elevati funzionari al sabotage, anche incosciente rispondono con quell'altro sabogage che si riassume nella formula: non ho ricevuto ordini ..... I danni dell'azione socialista nel campo della burocrazia, e che vengono risentiti da tutta la pecorile collettività italiana, sono stati tali che la reazione governativa contro i funzionari, anche e d'ingiusto in ciò che avuto di eccessivo, come nel caso di alcuni dei ferrovie1i licenziati e in quello Campanozzi, è stato salutato dal pubblico tutto - co1·1presi molti socialisti - con un senso di sollievo, come una promessa ed un principio di liberazione. Questa è la verità, contro la quale invano si protesterà dagli interessati, e sulla quale farebbero bene a meditare i socialisti per riparare al male sinora fatto. Questo dovere essi dovrebhero sentirlo; e che lo sentano dobbiamo augurarcelo nel momento in cui pare che debbano tornare più numero.si a Montecitorio. Della qual cosa saremmo lietissimi. La rivista 11 pet1ieolo elet1ieale (r) Riforme sociali di ogni genere, aiuti alla produzione economica, riforma tributaria - tutto, però (1) Il ritardo col quale si pubblica questo numero, - dovuto alle feste di carnevale, alla brevità del mese ed ali 'assenza dei direttore - ci permette di riportare dal Giornale di Sicilia di Palermo il brano del discorso pronunziato dall'On. Colajanni, innanzi ai suoi elettori nel teatro di Castrogiovanni, ed in cui espresse il suo pensiero sulla politica estera , sulle spese militari e sul pericolo clericale. L'oratore su questo ultimo punto , essendo forti e bene organizzati e fanatici i clericali che intc:ndono dominare per mezzo delle Cosse ,·urati nel suo Collegio volle essere esplicito più del solito affìnchè non fo.ssero possibili equivoci di sortu; equivoci del resto impossibili sul conto di chi ai clericali non fece mai alcuna concessione. La Reda;ione

RIVISTA POPOLARE 89 è subordinato a questa triade: politica coloniale, politica estera, aumento di spese militari. I tre termini Ji questa triade sono connessi indissolubilmente. Non si può volere uno dei due primi, senza il terzo. Il terzo non avrebbe ragione di essere senza i due primi. 1. 0 La politica coloniale. La combattei fieramente la prima volta, che vi rivolsi la parola, in maggio 1886. I fatti mi hanno dato piena ragione. La sola Eritrea ci costa oltre 500 milioni. Ingrate sorprese ci prepara la morte di Menelik. Ma 500 milioni non si trovarono mai pci bisogni della Sicilia, delle Calabrie, della Basilicata, delle Marche, della Sardegna! 2. 0 La politica este1·a. Su questo terreno il fallimento non potrebbe essere più vergognoso, più pericoloso. Se fossi semplicemente repubblicano e non mi sentissi anzitutto Italiano dovrei provare un grande compiacimento a sbatacchiare la triplice alleanza sulla faccia della Monarchia che la volle. Ma mi sento anzitutto italiano e provo profondo rammarico per la situazione pericolosa in cui ci troviamo. Crispi volle accentuare la Triplice e non riuscì a piegare le alleate a sostenerci a Tunisi; e il tentativo ci costò un trattato di commercio non conchiuso, la spesa di circa 300 milioni per la guerra e marina, il deficit spaventevole del 1888-90. Prinetti, forse ubbidiente ai sussulti uterini di altissimi personaggi, iniziava una politica inframtente nei Balcani, senza un vero interesse italiano e creò la tragica situazione attuale, nella quale il maggiore pericolo di una aggressione imminente ci viene dalla nostra vicina ... ed alleata, l'Austria senza che ci sia assicurato l'aiuto dell'altra Triplice I Questa ultima politica volle essere un tentativo iniziale di politica semi-imperialista. Ora io detesto tale politica perchè a lungo andare conduce alla guerra, e la guerra anche vittoriosa, non assicura il benessere. La Germania vede aumentare deficit e débito e corre alle imposte, ne ha proposto per 500 milioni in una volta il Cancelliere Bulow. Il Giappone dopo lei gloriosa guerra di Manciuria ha visto aumentare il malessere finanziario dello Stato e il malessere economico della nazione. Tutto ciò senza tener conto dell'aspetto umanitario della guerra. Le centinaia di migliaia di vite umane non contano! Detesto la politica imperialista, perché rende necessario lo aumento delle spesé militari. Chi vuole l'una senza l'altro o è pazzo o è delinquente o è un imbecille. 3.0 Le spese militari. Il mio programma del 1892 si aggirò intorno a questo problema. Nci termini in cui lo posi è rimasto. Volli la commisurazione delle spese militari alla potenrialità economica della nazione. Questa commisurazione riconosce indispen- _sabile anche un generale; il Martinelli. La Stato italiano spese proporzionalmente alla sua ricchezza? Spese di più 1 spese di più specialmente in confronto dell'Austria. L'Italia spese miliardi e mai il Parlamento rifiutò i sacrit-ìzi che gli furono richiesti. Spese moltissimo, ma spese sempre male. Ciò assodarono le inchieste parlamentari, sulla guerra e sulla marina, ciò avevano dimostrato il generale Marazzi prima e il generale Martinelli adesso. Ri sultato finale: SIAMO lNDIFESI ! E' la confessione dolorosa che fanno tutti. Di più: i capi presunti sono dichiarati inetti da un militare qual~ il Felissent. E tali li ha confermati il disastro di Messina ... Ma se siamo Ì'.1-iiL.~i dobbiamo, e possiamo seguire una polili(a imperialista e inframmettente? E' cosa da pazzi e da incoscienti. E purtroppo i pazzi ci sono tanto tra i repubblicani quanto tra i monarchici. Che fare di fronte ai pericoli presenti? Seguire una politica prudente che allontani le cause di guerra. Prepararsi come vorrebbe il colonnello Barone a guerra prossima ? L'Austria, la nemica designata, non ce ne darebbe il tempo. Preparazione ci dev'essere; non quale la vorrebbero i militaristi professionali, ma quale la indicano la logica e l'esperienza. La preparazione non può, non dev'essere che verso la nazione armata. Per questa preparazione non è possibile alcuna diminuizione di spesa, quale la sognano repubblicani e socialisti, ma è possibile? Se si volessero nuove spese militari bisognerà rinunciare a scuole, a strade, a bonifìche, a porti, a miglioramenti agricoli , industriali e sociali. Non basterebbero queste rinunzie e occorrerebbero altre imposte. Se questo volete voi sceglietevi altro deputato. Io non rinunzio all~ riforme economico-sociali, che implicano spese di centinaia di milioni; non voterò nuove imposte; non voterò nuove spese mi li tari. La rinunzia alle riforme economico-sociali, e le nuove imposte, quali con eguenze delle nuove spese militari spianerebbe meglio la via al nemico interno che ci aspetta al varco: al clericalismo ! Si ricordi infatti, che i clericali nel Veneto, in Lombardia, in Sicilia hanno acquistato forza ed influenza pel malessere economico e cogli aiuti economici che danno; i S. Pietro, i S. Gaetano farebbero ridere oggi anche i nostri contadini se essi non scontassero cambiali! I clericali colla loro opera si sono ispirati al più schietto materialismo economico marxista. Spieghiamoci, perciò, colla massima franchezza. Nessuno potè illudersi mai pel passato sul conto mio; nessuno dovrà illudersi nel futuro. Non sono anticlericale nel senso rettorico; rispetto le religioni e gli uomini religiosi, come voglio essere rispettato anche io. Detesto e combatto gl' intriganti che si servono della religione o meglio della superstizione per ostacolare il progresso sociale; li detesto perchè nemici della patria; li combatto perchè mentitori e ipocriti. Se i politici clericali vogliono essere rispettati e divenire rispettabili devono togliersi la maschera. In due modi essi possono essere sinceri. 1° Il papa potrebbe riconoscere la nuova Italia; e allora essi potrebbero costituire un sincero partito conservatore, come nel Belgio; 2° Essi potrebbero rima 11ere fedeli al papa, che non riconosce l' Italia e ne vuole lo sfacelo , presentandosi per quello che essi sono. Quali sono ora o ingannano il papa o ingannano l'Italia. N è possono essere diversi con un papa che ha un non expedit di gomma elastica e che adotta le distinzioni, che rappresentano la quintessenza del gesuitismo opportunista, tra cattolici deputati e deputati cattolici. Augurai altre volte l'intervento dei clericali nella vita politica sperandone un risanamento morale per mezzo del regno della sincerità. M'ingannai. I clericali portano ora l'ultimo colpo alla sincet ità, ch'è l'elemento migliore del carattere. Senza sincerità e senza carattere non si può avere quella educazione politica sana, che manca all'Italia; che manca sopratutto nel mezzogiorno e in Sicilia. Lo Stato italiano è fallito completamente nella sua funzione educativa tra noi. L'.on. Giolitti, cui

90 K.IVISTA POPOLARE vengono imputati alcune cesponsabilità che non gli spettano, ha quella gravissima di avere acuito e sistematizzato tale fallimento. E ciò specialmente premendo sugli elettori con metodi polizieschi e trescando o com battendo i clericali con un opportunismo deplorevole, e favorendone il risveglio, senza averne affidamento alcuno sulla loro italianità. Ora quanti amano davvero l'Italia devono sopratutto mirareallaformazione del carattere alla sana educazione, alla rinnovazione delle coscienze. In quest'opera suprema lo Stato può e deve fare molto; ma gli italiani devono provvedervi princi• palmente da loro stessi. Se non provvedono rimarranno artisti e ciarlatani; ma non costituiranno mai un grande popolo. Avranno Roma, Firenze, Venezia sulla bocca: ma i loro atti saranno sempre degni di Bizanzio. DoTT. NAPOLEONE CoLAJANNI Le organizzazionoiperaie e la probabiledecrescenzadegliscioperi < 1 > Vi è una legge di probabilità decrescente degli scio• peri, come la chiama il Salucci? Mentre nei paesi del continente europeo da.I 1900 gli scioperi sono andati aumentando, nella sola Inghil terra sono invece diminuiti. Ed il Rist, mettendo questo fatto in relazione al commercio di esportazione dei vari paesi , ha desunto una legge , che s' intuiva già per _se stessa., quella cioè della curva ascendente o disJendente del numero di scioperi a secc,nda della maggiore o minore esportazione, che sarebbe l'indice dello svi I uppo o della stasi o della crisi nelle industrie nazionali. Ma una eccezione si presenta per l' Inghilterra, a spiegare la quale la condotta e la potenza dei sindacati offrono dati precisi. E' certo che il movimento degli scioperi dipende essenzialme11te dalla sitnazione economica, e si aumenta o diminuisce con la prosperità più o meno grande della situazione economica e per il motivo che gli operai cercano di partecipare ai vantaggi di questa situazione o di tenen,i invece riservati , tutte le volte che tale situazione diventi cattiva. E la curva degli scioperi in tali casi si osserva chiaramente per quelli che riguardano il salario. Questi sono di due specie ; gli uni hanno per iscopo l'aumento, gli altri la resistenza alla diminuzione. I primi seguono la fluttuazione dello stato industrialei secondi aumeritano o diminuiscono in senso contrario ' cioè saranno più ,umerosi quanto peggiore è la situazione e v1ceven;..., percliè è appunto nei periodi di depressione che gl' industriali cercano di diminuire più che sia possibile il salario. Ma il Rist crede che sia un criterio semplicemente subbiettivo quello di fare risalire l'aumento dea-li scio- o peri all'azione unionista, mentre che, secondo lui tutto dipende dalle condizioni di sviluppo industriale. Però è da osservare che, pure offrendo la situazione dell' industria un margine alla elevazione del salario ' ( 1) Dal volume di prossima pubblicazione, presso la Società editrice pontremolese, Piacenza : 1< Le organizzazioni operaie ed l Contratto di lavoro », tutte le volte che gli operai sono organizzati , si avvantaggiano, o con la Hcmplice minaccia o con lo sciopero effettuato, del progresso, perchè lo sciopero , che presuppone riserva, direzione abile, spirito di solidariet,à, si attua più facilmente quando vi siano questi elementi. A comprendere però le relazioni, che intercedono fra il movimento degli 1:'.!Ciopeeri l'azione unionista , date le condizioni prospere dell' ind11stria, dobbiamo tener presente il grado di.organizzazione; il quale quanto più è elevato tanto più serve di freno alle diminuzioni del salario e di pressione ai miglioramenti. Il Sa.lucci vuol trovare la spiegazione della legge di probabilità decrescente degli scioperi soltanto nello sviluppo del capitalismo, il quale, assorbendo ogni cosa stritola con la sua forza formidabile tutti gli ostacoli che gli si parano dinan~i. E la inefficacia e la difficoltà dello sciopero aumenta di giorno in giorno con il complicarsi dall'organismo sociale e con il sindacarsi delle imprese. Certo gli scioperi successivi e di solidarietà trovano effettivamente un ostacolo nella tendenza contemporanea verso i sindacati industriali; ma non possiamo riscontrar~ in questo solo fatto la legge di probabilità decrescente. Perchè, se lo sciopero è un metodo particolare di condurre gli affari, se è un calcolo che fanno tanto gl'imprenditori quanto gli operai, sempre che la forza di resistenza delle unioni sia tale da poter infliggere imbarazzi seri ad una impresa, la legge di sviluppo degli scioperi dobbiamo ricondurla non a.Isolo fatto dell'assorbimento capitalista, come vuole i Sa.lucci; nè al solo fatto della situazione economica; come vuole il Rist ; ma alla situazione delle industrie ed alla potenzialità delle unioni. Gli operai infatti, che, ad ottenere un aumento di salario, abbandonano per un certo periodo di tempo il lavoro, che cosa fanno ? Si privano - dice il Loria - del I' intero salario che percepirebbero làvorando durante quel periodo, a fine di ottenere un incremento permanente di mercede; si privano cioè di una certa quantità di ricchezza per ottenere un reddito permanente di mercede ; impiegano un capitale per ottenere un profitto. Ma questo aumento di salario deve esoere almeno eguale al profitto della ricchezza che essi perdono a cagione dello sciopero ; dacchè , se l'aumento di salario non ra~giungesse quella misura, gli operai ove pure lo sciopero fosse trionfante, otterrebbero da ultimo Ùn reddito minore di quello che possono percepire proseguendo nel lavoro. Data quindi la minaccia dello sciopero , gli opeI"ai possono conseguire questa cifra minima, quando la perdita cui soggiace il capitalista; accordando l'aumento, sia minore di qnella a cui soggiace ricusandolo e provocando lo sciopero. Quando cioè la riduzione di profitto dell' imprenditore, dovuta alla elevazione del salario, sia minore del profitto perduto durante lo sciopero. È quindi un puro calcolo economico che decide della riuscita dello sciopero o, nel caso di semplice minaccia, della sua inattuazione.

RIVISTA POPOLARE 91 E, se il capitale - osserva sempre il Loria - constasse esclusivamente di salari , Ja perdita cagionata al capitalista dalla elevazione del salario sarebbe sempre maggiore di quella cl•e può cagionargli lo sciopero ... Ma, siccome il capitale , oltre che di salari , consta anche del capitale tecnico, cosi può darsi che il profitto ottenibile dal capitale totale, durante il periodo dello sciopero, sia maggiore della capitalizzazione del profitto otteni bile durante lo stesso periodo dal solo capi tale-salario. La probabilità di riuscita cioè di uno sciopero dipende: dalla perdita maggiore o minore che esso produce agli operai, privanJ.oli di una data quantità di salari; al capitalista, privandJlo di una data quantità di profitto; e dalla perdita a cui l'industriale sarebbe sottoposto se egli cedesse alle pretese degli opera.i. Ora è evidente che, nei periodi di prosperità delle industrie, gli scioperi hanno maggiore probabilità di rius~ita, perchè l'imprenditore, ricusando il richiesto aumento di salario, verrebbe a subire un danno maggiore di quello che gli deriva dall' accondiscendere alla elevazione del salario. Ed è evidente del pari che, quanto più intelligente ed esperimentata è l'opera delle unioni, lo sciopero, tutte le volte che non può condurre ad un aumento di salari, che sia auperiore od almeno uguale al profitto della ricchezza che gli operai perderebbero per effetto di esso, non si verifica. Ma, anche quando il lavoro dà il reddito massimo ed il salario è massimo, lo sciopero può avvenire senza che la sua attuazione sia irrazionale data l' esistenza dei soprannumeri. Ed avvenendo, serve di indice al salario medesimo. Perchè, se gli operai , dopo un periodo di resistenza, ritornano al lavoro alle stesse condizioni di prima, e se il danno derivante al capitalista dallo sciopero è minore di quello che l'elev;:izione del salario gli avrebbe prodotto, ciò vuol dire che il salario era al massimo, se invece il primo danno è maggiore del secondo, il capitalista, appena un nuovo sciopero scoppierà, si affretterà a ced9re, ben sapendo oramai che il suo tornaconto rende conveniente la resa. Lo sciopero quindi, minacciato e non fatto può avere una grande influenza, percbè dagli elementi di calcolo desunti dalla possibile perdita dei salari e dei profitti rispettivamente degli operai e degli imprenditori, in ragione del tempo e della possibile durata dello sciopero, ne deriva questa conseguenza: date le condizioni generali dell'industria e deil' organizzazione operaia, lo sciopero , qualora si verificasse , potrebbe riuscire favorevole, potrebbe riuscire sfavorevole. Ma quelle unioni , che con gli organismi di informazione hanno il mezzo di· derivare il cri terio di probabilità di riuscita di uno sciopero, prima di pigliare una risoluzione, che è la più grave fra quelle che possa prendere una unione , non vi si abbandonano ciecamente. Quindi, se poniamo in relazione lo sviluppo industriale ed il movimento evolutivo delle organizzazioni, noi trovÌP.lllO 1·l1 1~ ;n u.1 paese, dove le forze lavoratrici non sono compatte e solidali, lo sciopero non si verifica. largamente o non ha probabilità di vittoria perchè insieme con le organizzazioni, fa difetto lo sviluppo industriale. Dove invece l'industria è perfezionata. e diffusa ed i sindacati professionali si souo permanentemente affermati , quivi la curva discendente degli scioperi dipende, oltre che dall'attività industriale, dalla educazione, dalla disciplina, dalle esperienze delle unioni le quali, al pari dell'imprenditore, considerano gli elementi di probabile vittoria e di probabile •sconfitta di uno sciopero, decidendosi per l'attuazione di questo solamente quan<lo il consumo delle loro riserve e la perdita dei salari siano minori della perdita di profitto cagionata all'imprenditore. E che le più forti unioni costituiscano spesso un freno agli impulsi della massa operaia risultò da quella inchiesta. (1) geniale, compiuta in America, sulle relazioni fra i lavoratori e gli industriali in cui, fra gli altri un uomo di affari come il Reynolds , riconosce che uno dei benefici che cerca l' unione è quello di mantenere un impiego permanente, onde, se bene organizzata, essa è contraria agli scioperi ed è certo che se vi ricorre lo fa come ad ultimo rimedio. « La forza di una unione, egli dice, può essere giudicata dalla frequenza degli scioperi uell' industria. I campioni del lavoro, come classe, si oppongono agli scioperi, e prevengono molte difficoltà di cui gl' industriali non hanno conoscenza. Ciò può recare sorpresa ad alcuni ed essere negato dai nemici delle '1-ade-unions, ma non ostante, il fatto è vero>. FORTUNATO PARLATO ALESSI (1) Question to day. Relation of Employer and employed. New York 1902. Perehgél'Italiasniai ddensano nelleittamerieane (l) La distribuzione proporzionale degli Italiani attraverso questo paese è di.nostrata dalle statistiche. So benissimo che coloro che vi hanno interesse san no cercarle e cercarle da sè nel Census o nelle altre fonti; e quelli che non vi hanno un interesse scientifico preferiscono farne a meno. Quindi le ometterò, ma desidero far notare almeno questo, che il 72 per cento degli Italiani immigrati agli Stati Uniti si accumula nella North Atlantic Division, che la North Central ne ha l' 11,4 per cento e che la South Atlantic finora non sembra aver attratto che meno di una trentesima parte del numero ascritto alla North Atlantic , poco più di un cinquantesimo del numero totale. In altri termini ancora, il 62,4 per cento degli Italiani nel 1900 gravitava in 160 città, e la sproporzione è venuta crescendo continuamente. Tremenda sproporzione, quando si pensi alk .:ondizione delle città del Nord e specialmente delle colonie italiane in queste città, e alla vasta distesa (1) A difesa degli Italiani immigrati negli Stati Uniti ed a complemento degli studi di Meade e di Sheridan pubblichiamo questo discorso pronunziato da Amy A. Bernardy all' Exhibit on Congestion oj population in New Yorh (Dal Bullettino de/1'Emigra,ione 1908 N. 17).

92 RlVISTA POPOLARE di terre che soprattutto nel Sud attendono ancora per produrre l'opera fecondatrice dell'uomo; al numero d' Italiani che cercano lavoro qui e alla quantità di lavoro che cerca braccia altrove. E quando si osserva che per ora fra questi due estremi non c'è cornunica:i.ione o trasfusione, sembra imperiosa la necessità di provvedere in qualche modo. E' chiaro che l'immigrante che arriva a NewYork, Boston o Philadelphia trova facile lo stabilirsi nella ~rande città. E' assai poco arduo il trovare oc.:upazione nella citrà porto di mare, dove ci è lavo· o per tutti e ne avanza tanto che l'immigrante risparmia tempo e fatica accettandolo lì, su due piedi, qualunque esso sia. E' naturale che si fermi lì, perchè, inoltrandosi nf'l paese per lui sconosciuto, troppo spesso riscontrerà che la sua ignoranza della lingua, le condizione d'isolamento, l'ambi ente, tutto in genere si manifesta contrario a qualsiasi tentativo di irradiazione. Finchè è coi suoi amici, parenti, compaesani, si sente a posto. Ed è naturale, date le condizioni in cui gli verrà fatto di trovarsi fuori della città affollata che non si senta a posto se non quando è nel congested district cittadino. A noi tocca ora fare in modo che fuori non si senta sperduto. Non è, come troppo comunemente si crede, non è che l' immigrante si voglia fermare nel congested district perchè è sporco, perchè vi costa poco l' alloggio perchè è malsano e antigienico o per tutte quelle 3ltre immaginarie ragioni che altri, specialmente gli osservatori inesperti e superficiali, adducono a suo nome o emettono come opinione propria. Si ferma lì perchè lì trova lavoro, richiesta e paga per il suo lavoro, perchè quello che gli offrono è il lavoro che gli occorre, da eseguirsi a condizioni che gli convengono, in mezzo ad un ambiente familiare, l'ambiente paesano. Fi nchè voi gli offrite condizioni migliori di guadagno nella città, non possiamo aspettarci di trovarlo pronto a faticare e soffrire fuori della città, in omaggio alle teorie della sociologia e magari ai desiderii di questo ottimo Comitato e autorevolissimo Congresso. L'immigrante non conosce le teorie sociologiche o i principii dell'igiene, conosce la pratica della vita dal punto unilaLenle ma ultra importante del guadagno, e prima Ji tutto cerca di accomodarsi dove la soc.ioiogia o chi per lei o contro di lei gli darà da mangiare, vestire e guadagnare per sè e la famiglia. E' vero che ci rimette un tanto di salute e che la razza degenera, ma egli non ha l'idea del valore etico e civile della salute deil' integrità della razza. Non accusatelo di favorire la congestione: la congestione è favorita dalle nostre condizioni industriali, d2lla nostra connivenza ad un ordine di delitti sociali che non tentiamo nemmeno di condannare, nonchè combattere. Noi siamo l'elemento c0nsapcvole: l' immigrante è inconsciente. I doveri sono nostri. P1 ovvederc alla distribuzione tocca a noi: non dobbiamo aspettarcela da lui. Si è detto e strepitato tanto intorno all'analfabetismo dell'immigrante, e ora siamo noi, noi che sappiamo di letteratura e di matematica e de quibusdam aliis che abbiamo il coraggio di domandare all' anaffabeta e di attendere da lui la soluzione di questi gravi problemi? A noi tocca fare, se qualcosa si possa fare, come è chiaro che fare si deve. L'immigrante è designato a lavorare di braccia ed è pronto a farlo, non ad occuparsi della cosa pubblica. Nè per risolvere il problema vogliamo l' esclusione. Distribuzione é necessaria , non esclusione. Se mettete la gente fuori del campo, non avrete battaglia, ma nemmeno vittoria. Mettetela sul campo ma datele buoni condottieri e dalla battaglia emergerà il trionfo. Per assicurarci questo trionfo dobbiamo dunque mettere l'immigrante in condizioni tali che favoriscano l'evoluzione delle sue buone qualità, e per far ciò dobbiamo studiare sui luoghi dove queste buone qualità hanno avuto occasione di dimostrarsi e di esemplificarsi. Attraverso tutto il paese, dappertutto dove ci sono delle piccole ltalie, fuori dei terribili congested dislricts, troverete del buono.: Troverete che la criminalità tanto deplorata non esiste nè meno sporadicamente dove la Piccola Italia è davvero tale, dove alla gente è possibile vivere in condizioni decorose, se pure modestissime. Che cosa sa l'immigrante delle vere condizioni della vita civile. in questo paese? Egli è messo a marcire nel distretto più miserabile per condizioni ambiente e affinità; i primi cittadini americani che incontra sono policeme!l e salonisti (tenitori di bars e spacci di liquori). Ciò che egli vede e che tutti si fanno un dovere d'imprimergli bene in mente è la violazione, la corruzione o l'applicazione della legge per proprio conto; della stessa legge non arriva mai a vedere l'ordine, la maestà la bellezza. Molte volte non sa che questa legge esista finchè non si trova condannato per averle contravvenuto. Coi cittadini del buon governo, colle Gle di coloro che in politica combattono la buona battaglia , l'immigrante non viene a contatto mai. Fortunatamente queste condizioni accennano a cambiare in alcune delle minori città, dove il piccolo commercio e la specializzazione dei mestieri rendono più facile l'accesso alla vita cittadina. Voi :-icordate come, nel libro famoso ancora nei nostri giovanissimi anni, Topsy era « sbocciata » in questo modo. Ebbene, allo stesso modo mentre ci sono state delle Piccole ltalie premeditate e premedi tatemente stabilite, ci Hono anche delle Piccole Italie che si trovano sbocciate senza saper come, e fanno ottima riuscita. Andate a veJere quegli immigranti rurali e li troverete al lavoro sopra piccole e sopra grandi farms, uniti nell'onesta opera quotidiana, troverete che sono buoni italiani e buoni italiani e buoni americani allo stesso tempo, che le preziose qualità ereditarie ·dell'italiano e il sen_s? dell'ordine pubblico americano hanno in loro frutt1ticato. Ricordo di aver parlato in città e villaggi diversi con cittadini e magistrati indigeni , e tutti hanno avuto parole di lode per il settter itaiiano. Dal Michigan, all'Alabama e dal New Jersey all'Arkansas troveretno sui nostri passi una vera horitura di coloniette italiane notevoli per le loro buone attività altre ne troviamo nell'estremo Ovest, altre le abbiamo qui alle porte della città. . Piantano, seminano, trafficano, vendemmiano, queste coloniette permanenti, mentre le masse dei lavoratori della pala e del piccone, peregrinando per tutte le regioni del paese , fanno un altro lavoro non meno necessario e fecondo. Nel Sud, ove la terra spopolata chiede braccia e può quindi grandemente contribuire all'opera di sfollamento da noi auspicata, ci troviamo tuttavia di fronte a gravissimi prl;blemi. Il Sud ha bisogno del lavoro italiano, questo è un fatto. Dovunqne l'italiano ha trovato da fare, ha dimostrato che meritava la buona occasione, ha dimostratto sulle farms che è competente in materia agricola, e che il suo lavoro è così infinitamente superiore a quello del negro che ogni paragone sarebbe assurdo. Ma appunto per questo deve essere trattato da uo:110 e non dev'essere nella mente di un foreman bestrnle qualcosa d'intermedio fra l'uomo bianco e l' uomo nero com e qualche volta di lui si pensa.

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