Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 3 - 15 febbraio 1909

64 RIVISTA POPOLARE al meno rispettare , se &ma.ti IJ.ODpossiamo essere neanche dai nostri stessi alleati. ♦ Nè finiscono qui i nostri ma1i, sui quali dovrebbero 1 candidati dirci il loro pensiero. Noi siamo ancora segnati di due marchi infamanti che stanno l'uno riRpetto a l'altro nel rapporto di causa ad ·effetto: noi abbiamo ancora il tristo primato nell'analfabetismo e nella delinquenza, e no~ abbiam saputo trovare contro questi due mali terribili che l'inefficace legge sul coltello ed il pannicello caldo dell'obbligo della istruzione elementare, il quale obbligo come si risolva un' amare irrisione non c' è chi non sappia e non confessi. E però hOi dovremmo domandare ai nostri candidati che pensano della invano sospirata avocazione allo Stato della scuola elementare, che concederebbe ai Comuni un non lieve respiro, e permetterebbe che una parte conspicua della spesa attuale si impiegasse ad integrare l'opera del Governo nella lotta contro queste due piaghe, che ci fanuo arrossire di fronte alle nazioni civili del mondo. Ed in tema di scuole, q 11ante altre cose dovremmo domandare! Dovremmo domandare che pensano i futuri deputati sulla vessata quaestio del!' insegnamento elementare, che libererebbe la scuola dalle influenze mutevoli delle mutevolissime amministrazioni comunali, e ne farebbe un luogo sacro in cui si intendesse, ed attendesse, da vero, alla preparazione di uomini forti e buoni, senza preoccupazioni· di chiese o di sette. Dovremmo domandare che pensa.no i futuri deputati della tanto agitata riforma della scuola media; di questa povera scuola media di cui nessuno è contento e sulle cui piaghb nessuno ha saputo o voluto por mano deliberata e risoluta. Dovremmo domandare ai futuri deputati che pAnsano della reietta legge sugli stipendi_i dei professori universitari, che non è soltanto una meschina questione di stomaco, ma di giustizia e di dignità. Domanda.re se è giusto che i professori universitari, fra' quali passeggia è vero qualche farabutto, ma sono pure le il!ustruzioni delle lettere e delle scienze, a cui in cambio del lm!tro e del decoro che le assicurano fra gli stranieri, l'Italia non assicura una tollerabile condizione di vita, mentre largheggia con magistrati che si prostituiscono al migliore e maggiore offerente, e cou generali che non potrebbero nè saprebbero salvarla nel giorno del pericolo. ♦ E nel campo giudiziario, quante cose dovremmo domanda.re! Poiché ci è spesso avvenuto di lagnarci degli attuali congegni ed in::!tituti giuridici, che permettono lungt1.ggini deplorevoli e non assicurano a chi la merita la vìttoria, fl ci regalano il caso Olivo, il caso Cifariello, il caso de Bisogni, dovremmo domandare ai nostri candidati se non sia meglio per tutti il trovare un congeguo più rapido e più serio di giudizio, che assecuri la ragione a chi spetta, ed eviti - ciò che tante volte si è deplorato -- che il giudicabile, prima di comparire innanzi ai suoi giudici naturali, sia stato già ass0luto dal popolino, in cui è sempre facile turbare il debole e vacillante senso della giustizia. Anche dovremmo domandare se non sia il caso, anche a loro giudizio, di sopprimere una buono volta - se correggerlo non è possibile - questo scandaloso instituto di giudici popolari, famigerati ormai per una non breve serie di sentenze, contro le quali si rivolta il più elementare senso dì umanità, che gra.:va in fondo ad ogni anima non depravata. Dovremmo domandare ai nostri candidati che pensano di quella famosa legge sul divorzio, dimenticata ormai da tutti, da quando una colpevole ed ingiustificata debolezza verso il Vaticano, la seppelliva ingloriosamente, striugendoci in. una umiliante eccezione coJla povera Spagna dei gesuiti. Noi delle isole, poi, e del mezzogiorno d'Italia, che siamo ancora costretti a ripetere con Plinio l' amara e famosa esclamazione « Latif'undia lta liam perdidere I " , noi, persuasi come siamo che in questa sopravvivenza medievale vanno cercate le cause dei mali che più fortemente ci premono ed opprimono, noi dovremmo domandare ai nostri candidati se non sia il caso, anche a loro giudizio, di riprendere un vecchio disegno di Francesco Crispi, e modificarlo e correggerlo, e tentar l'unica via per cui può venir la salvezza. a queste nostre povere regioni, finchè la socializzazioue della terra, non avrà cessato di essere, quello che è oggi, sogno magnifico di pochi tmgnatosi. ♦ Ecco le questioni più importanti sulle quali, a mio avviso, gli elettori d'Italia dovrebbero interrogare i propri candidati, per conformare alle loro risposte l'opera propria, se, almeno da oggi, l' Italia volesse cominciare ad essere un paese politicamente educato. Pur troppo, però, nella grande maggioranza, gli elettori nostri o vivono fuori ... di qualunqne politica, o si contenta.no d' una politica JJÌÙ modesta : quella della loro cricca e della loro misera conventicola. E, quanto ai candidati ... nella terra che pure vanta il Machiavelli, non saranno forse pochissimi l'}Uelliche di questioni cosi fatte non se ne son poste mai, e quelli altri che girano la chiave della cassa-forte, dopo aver segnate sulla lista elettorale del collegio, tutte le pecore che si lasciano comprare! ANTON[O MARTINO frarepubblicani esocialisti inRomagn l)a Ferri a Bissolati, dalla Vita all'Avanti, uomini e giornali delle varie frazio11i della democrazia del socialismo si mostrano in ma8siraa inclini e disposti all' unione, ai e bloçcbi > popolari e anticlericali da contrapporsi all'atteanza. clerico-moderata di cui è indice eloquente, fra i tanti, la permanenza di Tittoni nel Ministero per ... uso interno, come argutamente s'è detto. Pare si voglia rifuggire dalla vanità delle e affermazioni di partito>, inutili e ridicole riviste, a volte di quattro uomini e un caporale; e, se anche a primo lilCru.tiuiorepu bblica.ni wocialisti e radicali presenterau-

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