RIVISTA mai, cvsi frequentemente, la votazione a scheda segreta aveva dato un risultato cosi fortemente in contrasto non pure colla pubblica opinione, ma, ciò che è più disgustoso, colla discussioue svoltasi nell'aula stessa del Parlamento per bocca dei rappresentanti più autorevoli dei vari settori di esso; mai, (1) era avvenuto che la Camera approvasse il passaggio alla discussione degli articoli d' un disegno di legge, e lo seppellisse ignowiniosamente sotto un diluvio di palle nere nel silenzio cieco di3ll'urna. Chi, duoque, potrebbe dolersi di vedere sciolta finalmente un'assemblea, che chiude la sna ingloriosa esistenza fra la soddisfazione del paese, ristucco ornai d'uno t1pettacolo che non aveva neanche la virtù di suscitare qnel moto di curiosità che sogliono desta.re le prime rappresentazioni delle più volgari commedie? Nè dobbiamo la speranza che dai prossimi comizii sia per uscire una Camera migliore, o almeno men vile, di quella che si ripresenterà di qui a poco al giudizio degli elettori. • Se l'Italia fosse un paese politicamente educato, domanderebbe < ra conto ai suoi rappresentanti dell'u~;o che han fatto del mandato loro affidato; ma noi siamo disgraziatamente assai lontani ormai ed ai;sai di versi da quegli antichis!:iimi Romani, innanzi _ai quali i magistrati, uscendo di carica, dovevano presentare il bilancio dell'opera loro; uoi siamo già troppo sentimentali e troppo retori, e ci sgoliamo a gridare più clte il bisogno e la convenienza non comportino, ogni volta crediamo di aver sorpreso i nostri rappresentanti a mal fare, e, dopo q ualclie giorno,... la vita ripiglia il suo andare regolare, e del passato, anche recentissimo nessuno più si ricorda. E sia pure obliato il passato, su cui come una valanga spàventevole si è. abbattuta la immensa sciagtira nazionale, e restino pure in oblio, dietro lo slancio magnifico di pietà e di generosità che da ogni angolo della terra venne a confortarci di nostra immensa sciagura, tutte le dubbiezze tutti gli ondeggiamenti e tutte le funeste viltà del passato. Ma se almeuo da oggi l'Italia volesse cominciare ad essere un paese politicamente educato, dovrebbe domandare concorde ai mo!tissimi che vanno già sol1eci tando il suffragio degli eìettori, che pensi ogni candidato dei più vitali problemi e delle più gravi questioni che tormentano , o dovrebbero tormentare, lo spirito nostro. E non parlo già di quelli ehe all'assenza di un qualunque pensiero politico, alla vacuità desolante della loro conscienza rimediano con gli strumeuti sempre vecchi e sempre nuovi della corruzione; canaglia e zavorra insieme che, sfruttando la miseria materiale degli elettori, rion arrossisce di mostrare la miseria morale propria, ed arriva a Montecitorio traverso ai biglietti di banca, senza preparazione e senza idealità, con solo il passivo intendimento di ingrossare il ventre amorfo dell'assemblea, pronta a volgersi da sinistra (1) Qualche precedente, ma rarissimo, c'è. Una legge per Roma ebbe la stt.:ssa sorti! della legge universitaria. N. d. R. POPOLARE a destra e viceversa, secondo che indichi la~bacchetta del direttore. A costoro nulla si può domandare, perchè nulla potrebbero rispondere; essi intendono la vita pubblica oggi come ieri, e l'intenderanno domani come oggi l'intendono. I corruttori, però, non sono ancora, per fortuna d'Italia, maggioranza, e sarebbero già scomparsi interamente se i detriti amorali da cui essi sbucano potessero ad un tempo essere semenzai di alti diritti e forti caratteri. Ma lasciamo che i corruttori si rivotolino nel loro fango, e passiamo a considerare ciò che gli elettori d'Italia dovrebbero chiaramente domandare a1 loro candidati che non siano canaglie dora te. + Fra' problemi còe gli elettori d' Italia dovrebbero porre ai loro candidati, 6 sui quali i candidati dovrebbero dire netta men te i I loro pensiero, il più grave per oggi, e per domani il più gravido di ingrate e dolorose sorprese, è senza dubbio quello della politica inte1 nazionale. Per ragioni storic\he indistruttibili e pm per una qualità pecuharè alla nostra natura, noi siam venuti facendo una deplorevole politica estera a base di sentimento. in grazia della quale ci facciamo guardare in cagnesco dai nostri alleati, ci siam presa più d'una voitl-t qualche buona legnata non sempre metaforica; nè siamo d'altra µarte riusciti a farci amici i Francesi, verso i quali ci sentiamo portati, oltre che dai remoti vincoli di consanguineità, anche e più da una tal quale comunanza di idealità e di pensiero. Ne è conseguito un odioso stato di cose, di cui noi portiamo tutta la peua, un livore sordo che non si tenta più di dissimulate nè anche il giorno della svetura. tremenda, in cui l'elemosina del soccorso ci si avvelena ingenerosa.mente colla volgarità ed atrocità dell'ingiuria. In questa .condizione che non può durare più oltre e va risoluta con prudenza sì, ma anche con risolutezza, domandando l'opinione ai suoi candidati, il popolo d'Italia deve dire chiaro ed aperto se voglia restare ancora nella vecchia triplice nella condizione, beniute!:io, di alleato, se non di amico, purchè non sia più di vassallo, o piegare verso i fratelli latini e dare alla politica estera un orientamento nuovo e più conforme alle sue naturali inclinazioni. E qualunque sia per essere la via su cui si metterà la politica interuazionale, questo soprntutto dovrebbe fare intendere il popolo d'Italia: che egli non vuole, non vuole fermamente, che un passo falso turbi la pace del paese, che un'imprudenza imperdonabile ci gitti sciagurata.men te !Il una guena rovinosa. In ogni caso, questo è certo: che la difesa nazionale è ancora quasi tutta da fare, perciò noi dovremmo fare intendere ai nostri candidati che siam disposti a dimentica1e gli errori passati, a perdonare le colpe passate, a fare nuovi e più gravi sacrifici, purchè il frutto dei nostri sudori non sia dissipato da mestieranti inetti o ingoiato da insaziabili speculatori, ma valga ad assicurarci quel tanto di difesa, che ci faccia
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