62 RIVISTA POP O LARE propri am1c1, dà un vivo grido di allarme sulla minacciosa invadenza clericale, debba ai nemici d'ltalla venire l'aiuto dai socialisti. ♦ Noi non abbiamo autorità e dovere di esporre il programma del partito repubblicano. A par~e la pregiudiziale nostra- nel modo in cui la intendiamo e la difendiamo dai primo numero di questa rivista, eh' è il modo in cui la intende quasi tutto il partito: eccetuati i pochi mazziniani intransigenti, tra i quali stanno amici nostri carissimi Mormina Penna, Albani, Plini-a parte, ripetiamo la nostra pregiudiziale, i repubblicani possono andare di accordo coi socialisti e con molti radicali nella legislazione sociale, nella politica religiosa ed anche nella politica tributaria. Dissensi ci sono nella polìtica estera tra quelli, che la vogliono più audace - leggi: antiallstriaca e irredentista - senza volere i mezzi, le spese militari, per praticarla; e gli altri, più logici che vogliono l'una e le altre. E i nostri lettori sanno, che dissentiamo dagli uni e dagli altri. Il partito repubblicano, che avrebbe potuto fare a meno di un programma o che avrebbe potuto e dovuto limitarsi ad una requisitoria, ha voluto per mezzo del suo Oomitalo centrale l' uno e l'altra. I lettori della Rivista probabilmente avranno letto il programma repubblicano ·sulla Ragione e noi, colla solita indipendenza di giudizio, dobbiamo constatare, che non sempre la requisitoria è giusta, nè in tutto il programma è realizzabile ed accettabile ( 1). Certamente c' è dei vero nel fallimento proclamato alto dei discorsi della Corona e delle istituzioni monarchiche; e bene ha fatto il Comitato centrale a rilevare che tutte le amministrazioni dello Stato furono investite dalle più scandalose accuse; che venne meno la funzione educativa nel mezzogiorno; che un grande e peggiore fallimento furono e la politica estera dinastica e o-li amorazzi col Vaticano. Ma il manifesto esagera maledettamente affermando « che la spada d1 Damocle ddle punizioni « e d lla fame è sospesa "L: capo di ogni organiz- « zuto dipendente dallo Staro>>, s'illude giudicando cc che le bonHìche e la cololl 1uazione interna siano « i soli efficaci rimedi alla disoccupazione ed alle « miseria di tante regioni >>- più torte che mai è la disoccupazione proprio nel!e regioni emiliane che hanno visto trionfare le bonifiche! - e crede di trovarsi in uno dei paesi delle novelle di nessun luogo di William Morris, auspicando ad una riforma tributaria in base alla imposta unica prog,·essiva-illusione che non ha nemmeno l'impronta di una novità di marca repubblicana, perchè è ricalcata sul programma dei finanzieri della crispina Riforma del 1867. ♦ Per noi c'è un altro programma ..... massimo da contrapporsi a quelli minimi, medi, positivi e negativi, che in questo momento si scaraventano sul capo degli elettori. Eccolo: è breve , è semplice e sopratutto non pretende di essere nuovo. Ecco qua: noi vorremmo nell'ora attuale, come una suprema necessità rinnovatrice, della quale ben altre trasformazioni benefiche scaturirebbero, che elettori e candidati s'inspirassero una buona volta alla sincerità politica. (1) Una frase infelice di questo programma colla quale si designava il mezzogiorno come una palla di piombo attaccata al piede dell' Italia, e ne oatacolava l'evoluzione economica, provocò una giusta protesta di Rodolfo Rispoli. Ma che si trattasse di erronea dicitura chiunque conosce gli scrittori del giornale repllbblicano lo indovinava anche senza le spiegazioni di Meoni e di Serpieri. Noi vorremmo che i Nasiani di Sicilia cessassero di essere Giolittiani a Montecitorio; che certi socialisti e repubblicani di valore, .::he credono di potere rendere dei servizi al paese ed alla democrazia anche sotto la monarchia, si decidessero al salto del fosso mentre hanno ancora le energie fattive e non nell'ora della decrepitezza quando si arriva al potere inacetiti dalla lunga attesa; che i clericali avessero il coraggio di affermarsi tali; che liberali e conservatori prendessero il posto rispettivo e cessassero di mostrarsi uomini di car·attere in quanto si mostrarono sempre ligi al ministero del tempo. Questo ci sembrerebbe un grande programma; ma dovrebbero essere gli elettori aJ imporlo ai candidati, negando il voto a tutti coloro che si presentano in maschera, come nel più laido carnevale. Strapperanno gli elettori tali maschere ? Ahimè I Temiamo che il nostro sia un pio desiderio che non comincerà a realizzarsi àll'alba della XXIII legislatura. Ma sino a tanto che ciò non avverrà temiamo forte che nulla di buono e di saldo potrà edificarsi sulle basi infìde della menzogna della viltà, della mancanza di carattere. La Rivista In tetn& d'elezione (i) Poiché molti ne parlano come d' un avvenimento prossimo ed imminente, ed attingendo a fonti che dicono infallibili pretendono asseguarne anche la data, parlerò io pure di questi pros8imi comizii politici, trattando di essi g nell' aspetto di cui nessuno ha ancora mostrato di preoccuparsi, per quanto 8ia, incontestabilmente il più importante Di qui a poco, duuque, questa vecchia Camera nostra sarà mandata a spasso, qualche mese avanti l'epoca della sua morte naturale; delJa breve anticipazione nessuno si dorrà, se ne togli quelli fra' cinquecentoot,to moribondi, che tetuono di dover morire da vero o non hanno che una assai scarsa speranza di resurrezione. All'in fuori di questi moribondi veri, nessuno si dorrà che si sciolga finalmente un'assemblea, la quale, per più di quatt,r'anni, ha offerto lo spettacolo misero ed nmiliante, fatte preziose ma pur troppo scarse eccezioni, di un' accademia di retori di8seminata per mezzo una folla di urlanti ed ostinati claqueurs, che dopo averci intronato le orecchie con ampi ed abili discorsi, con pistolotti stomachevolmente quarantotteschi ha sempre chiuso le questioni più gravi e più ardenti della vita nazionale eon una votazione che non fu mai d'aecordo coli' opinione della maggioranza del paese o colle correo ti vi ve di esso; talchè mi sentirei tentato di dar ragione al pessimismo di Vincenzo Morello, se alla soppressione del Parlamento si potesse altriruenti rimediare che con un disastroso salto in dietro. In fatti, mai forse, come in questa lagislatura, era avvenuta che pochi soltanto nell' assemblea avessero il coraggio di dire schiettamente il loro pensiero, indi penden ternen te da quah-iiasi preoccupazione elettorale (1) Questo articolo ci pervenne prima che fosse pubblicato il decreto di scioglimento della Camera. N. d. R.
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