80 RIVISTA POPOLA RE generalmente nell'altissimo significato che ,;onferisce al feno meno cretese. Anche l'idea dominante del Sergi merita senza dubbio la più grande considerazione. Soltanto, come tanti altri felici inventori, egli eccede e lascia veramente troppo poco ai poveri di Arii. Comunque Sergi è uo r,o di grandissima cultura che si mette ali 'opera affatto libero da preconcetti scientifici. Egli si accorda anche con Trombetti, la cui scoperta sui rapporti delle lingue basche cole nord africane e le caucasiche sembra portare la conferma alla sua tesi antropologica (M. A. Z. gennaio). + E. Roesle: Terremoto e mortalità. - In quale mi· sura l'immane catastrofe calabro-siculo modifica il corso della mortalità nella prpolazione italiana? Colle 200000 vittime del terremoto, i casi di morte dell'anno 1908 da 700 mila sono n:pentinamente saliti a 900 mila. Sicchè mentre nel periodo dal 1901 al 1906 si ebbe in media, secondo le statistiche ufficiali, una mortalità del 2 1, 7 per mille, nel 1908 su una popolazione cr~sciuta a 34 milioni abbiamo il 26,6 per mille; 4,8 per mille più che negli anni precedenti. L'aumento non apparirà molto forte quando si pensi agli sbalzi ben maggiori che sul tasso della mortalità determinarono altre cause, in special mo.:lo k epidemie. Avvicinata alla illimitata, spaventevole potenza di simili flagèlli , la rovina recata dal più violento fra i terremoti appare meno grande. Il più tremendo cataclisma non può chiedere tante vittime quante ne hanno mietute il colera ed il vaiuolo. Nell'anno 1873, queste due epidemie fecero in Ungheria salire la mortalità al 62,9 per mille; in Russia, ancora nel 1902, al 41, 1 per mille. Nel 1868 in Finlandia la fame e le malattie che le fanno corteo falciarono ben 97,6 vite umane su ogni migliaio; la cifra più alta di mortalità che si sia dovuta registrare. In confronto a queste cifre anche le perdite causate dalle guerre appaiono minori. In Francia nel 1870 la m Jrtalttà ascese dal 23.5 al 28,4 per mille; al 35 nel 1871; ma a quest incrementi cooperarono più che la guerra il tifo e il vaiuolo. In Germania morirono nel 1869 per ogni mille abitanti, 26,6, 27,4 nel 1870; 29,6 nel 1821. In Italia specialmente si può dire che le epidemie fecero raggiungere massimi di mortalità inaccessibili ad ogni terremoto. Fino all'anno 1889 la percentuale non fu mai inferiore al 26,5 per mille, mantenendosi più alta che nello sventurato r908. Arrivò nel 1867 tino a 34,3; in quest'anno si ,bbero su ogni migliaio di persone 8 decessi più che nel 1908. Ancc,ra nel l'anno 1887 il tifo, la malaria, il vaiuolo, la tubercolosi, la difterite, il morbillo, la scarlattina uccisero complessivamente 19392 r persone, quante all' incirca ne seppellì l'ultimo terremoto ... Dopo il 1890 la la lotta ingaggiata contro le malattie epidemiche fece ribassare sensibilmente la cifra di malattia. Nel 1905 si contarono ancora 87795 vittime; nel 1906 si raggiunse la percentuale minima, il 20,8 per mille. Il 1908 ha visto d'un tratto distrutti i faticosi risparmi di vite umane; ma il disastro è paassto ad un popoio forte che superò le ferite più gravi delle epidemie, non può restarne lodevolmente Indebolito. E' come se la nazione italiana sia stata respinta un anno indietro nel suo organico sviluppo; entro un anno il normale incremento ddla popolazione colmerà il vuoto ( 'De Ums.:hau, gennaio). ♦ Giovanni Cena: Lungo le rive della morte.-Tornato fra cose e persone consuete, riafferrato dai doveri e dagli uffici che, pur mentre la sventura o la morte ci passa accanto, il destino continua a tesserci intorno quasi nostro malgrado, ripenso a questi dieci giorni, vissuti in un paese conosciuto finora soltanto nel sogno, contemplato soltanto nel desiderio come un premio che mi ripromettevo per l'avvenire dopo una grande fatica, e che vidi inabissato in una delle più vaste catastrofi ehe registri la storia del mondo. E mi parrebbe un incubo già svanito, se non inco trassi a.:I ogni passo ciegli occhi che m'interrogano, se non udissi delle domande : << E' proprio tutto vero? Non v'è esagerazione? n, cui rispondo che ogni descrizione. ogni inveni.ione anche, sarà sempr~ al disotto del vero. Le parole sono ef.perienze, e questa è una esperienza nuova dell'umaità. Nè io aggiungerei le mie parole alle troppe forzatamente monotone nel loro atroce orrore e ancor sempre inadeguate, che si sono scritte in questi giorni , se , insieme alla rovina e alla morte di una regione cagionata da una catastrofe cosmica inesorabile e imprevedibile, non avessi intravisto un'altra rovin 1. Con)scevo da vicino l'angoscia di chi accumula nel suo cuore le sofferenze individuali che lo circondano e se ne imbeve fino ali' ebbrezza dell'immolazione volontaria, ora conosco l'angoseia di patria, un alternarsi di pietà e di sdegno per i propri fratelli di slanci paralizzati dalla inerzia altrui , di rivolta impotente e di scoramento profondo. Qualche cosa negli ordinamenti che ci reggono , qualcosa nella nostra educazione, nel nostro carattere stesso è guasto da tempo. Non so fare accuse. Mi addoloro con me ste!'so, come tanti italiani che accorsero sui luoghi portando la pietà e l'aiuto delle regioni sorelle, che mai come oggi si sentirono unite in una sola angoscia, In una sola volontà di azione. E racconto quello che ho veduto, giorno per giorno, con sincerità, pago se qualcuno ne ricaverà la peuuazione, che un grande compito è comtnciato da questi giorni per tutti coloro i quali si sentono i~aliani. .. Da Sant' Eufemia d' Aspromonte e.rrivano notìzie ancorèl più tristi. Comprendo che la costa calabrese è interamente dimenticata. La catastrofe di Messina attirerà I' attenzione di Italia e del mondo per molti giorni, poi sarà la volta di Reggio ... Tdegrafo, da Palmi, ad amici di Torino per rivolgere verso questi paesi i soccorsi del Piemonte. « Agite direttamente ! • aggiungo. Ma a causa delle sue strade, delle sue stesse sven - ture passate, qnanto è lontana la Calabria, lontana e irrag giungibi!e, anche per le energie più pronte e volonterose I Gioia Tauro 1° gennaio, Ho visto a Palmi due colleghi tedeschi: !i ritrovo a Gioia Tauro. Essi attendono il piroscafo dall' Ispettore. Li avverto che era stato promesso già ieri per oggi. Il piroscafo non giunge. Siamo ormai un piccolo gruppo delibera ti di fare la costa a piedi. Mentre i colleghi tede~chi si preparano a tornare a Napoli, dove troveranno una nave tedesca, noi montiamo sul diretto del mattino, giunto alle 1 3 con sei ore di ritardo. La voce di uno che ci ha raggiunti lungo la galleria parla di un telegramma di Vittorio Emanuele III, in cui si dice che i funzionari del governo fanno quanto possono, ma occorre far di più e raccomanda i paesi della Calabria. l( Il Re è buo no I », commenta la voce tonante del vecchio. « Lungo le coste del Mediterraneo non ci sono medicinali e viveri incassati e imballati per centomila uomini? Se non hanno saputo portarli qui per mare in quattro giornì, vuol dire che l'Italia è spacciata I n Sospira forte, forse singhiozza. Non oso parlargli : egli piange per i suoi e per la patria a cui in altri tempi ha dato un po' della gioventù, del suo sangue forse. Quel che odo raccontarmi è terribile. Siamo fra alcune tende ove rantolano dei feriti. Duranti: un'ora nessun medico s'avvicina ad essi. Una moribonda chiede acqua: è rotta la conduttura e non ce n'e una goccia in tutta la città. Al m11ttino ho un' intt:rvista con un ufficiale inglese : egli
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