Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 3 - 15 febbraio 1909

74 Rl V l STA POPOLA.RE mando, come già accennammo, per lo sviluppa1·si del sentimento dello socialità che, orl.llai, ha acquist~to anch'esso la forma prepotente e cieca d'un istinto. Sono due istinti 41Chsepesso si conciliano, rappresentando l'uno l'adattamento del!' altro al mezzo sociale, ma che possono qualche volta trovarsi i11uno stato antagonistico, causa non infreq11entt\ di suicidi. Assi~ stiamo cosi 1d trionfo dell'io sociale sull'i-1 individuale; vediamo la morte naturale preferita alla morte civile perchè l' estimazione sociale , potentiA::3ima forza che guida e spesso soffoca ogni attività individuale, spinge alla morte, per sfuggire la riprovazione pubblica che diventa un male peggiore della tenebra dell'al di là. MA. non è di q neste vitti me del destino che noi vogliamo occuparci, ma di quei genero~i che sanno fare giustizia dell'opinione pubblica e, nella coscienza alta della propria personalità e della purezza dei propri intenti, hanno il coraggio di dire la parola della verità, incuranti della riprovazione 0ei più da cui saranno colpiti. Potere per un ideale sociale, per un Bo~no di giustizia affrontare l'opinione pubblica, far tacere i bi:;ogni dell:io sociale per giovare alla grande faruiglia umana, essere disprezzato, apparire diffamatore o calunniatore e non arrest!i.rsi , ecco che co.sa è il coraggio morale; è la rinunzia ad un bene supremo qual' ..è la p11bblica stima, per una suprema idealità, qual'è il compimento d'un sacro dovere. Ed è coraggio che non germina nell' impulso d'un momento, ma che nasce invece da serena me-:iitazione: è atto coscientemente voluto . con la visione esatta delle necessarie, dolorose conseguenze e eh' è quindi la suprema espressione dell'evoluzione psico etica raggiunta dai nostri popoli civili. E mi si conceda di chiudere qneste modeste osservazioni con un altro ricordo del!' ora pa11rosa che ha attraversato il nostro paese. Quando l'ululo funereo di due città distrutte risuonò tragico in tutto il mondo civile, e tutto il mondo vibrò d' ,,n sentimento meraviglioso di solidarietà umana, dalle rovine di Messina parti un fiero grido di accusa contro un governo impreparato ed inetto , contro una disciplina che soffocava i germi più santi di pieb\ e di fratellanza: chi non senti ripercuoter8i nel!' animo quel grido come una nota dissonante: nell'ora fatta pe-- stringersi d'accosto e non per colpir::ii ! E l'accusatore, qnell' anima generosa e nobile, ben doveva sa pere che la sua parola sarebbe parsa a.i pi ì.i inopportuna in un momento in cui ::-erubrava che solo aiutare, non giudicare dovesse ogni uomo, e da qualcuno sarebbe stata creduta l'aggressione vile di chi attendesse al varco della sventura un governo osti.le, scambiando per atto politico quello eh' era solo grido di dolore di" un cuore esulcerato. Oh quanti al suo posto avrebbero taciuto! Ma parlare era doveroso, perché denunziare al mondo civi le l' ignavia à' un governo significava risvegliarlo alla coscienza dei suoi doveri , e la parola fn detta, malgrado tutto e malgrado tutti .... e dalle rovine fumanti rispose come un plauso il gemito dei caduti. Ed io che , nella suggestione dolorosa di. quel momento di tristezza indicibile, nel fondo della mia cos~ienza, mi uni alla folla per condannare , dopo aver raccolte tante fradi di dolore in cui v'era una nota cor:;tante: la riconoscenza per la parola coraggiosa che parve essere l' e~o ciel grido dit!perato che si elevava dalle due sventurate città , ho voluto fare emenda delia ,nia colpa, con l'istessa au looomia orgogliosa con cui un giorno, militando in una Hcuola seientifica .fieramente <·ppugnata da Napoleone Oolajanoi, al suo gi11rlizio offersi il primo liworo della rnode::ita mia gio• vrnezza. A vv. ENRlCO ALTA VILLA Aproposditeoiviee-pretonroì ParY A I Mznistro V. E Orlando S'invoca da tutti la giustizia; si declama da tutti la 11Ja:'l:,iimaehe la gi u::itizia è fundamentum 1·egni, e certo è il fondamento <li ogui società e di ogni collettività, è la condizione sine qua non di ogni civiltà e di ogni progreBso. A µaro le ogni Governo e tutti i µoteri costituiti si propongono una mis8ione di giustiz_ia -- ou, ironia! - giri:-,ta; col fatto poi il potere giudiiliario ò disposto ed organizzato, se non proprio per oltraggiare lh gi11Btizia , certo perchè si possa - volendo - oltraggiarla impunemente dai criminali, che hanno interesse di sfuggirla, ai funzionari disonesti, che trovano utile trafficarla. La giustizia, insomma, è una bella cosa; amministrata µerò da quella brava gente che sono gli avvocati, diventa uua cosa br11tta, una cosa che sgomenta e che a voltt"l nausea. Sotto la toga dei giudici - giacchò la giustizia non può camminare altrimenti che colle gambe dei giudici - spesso si drappeggia la ingiustizia più impud.ica. Ohe l'organi8mo giudiziario nostro sia difettoso lo 1 i velano, non tanto i continui progetti d'invocate riforme, quanto le continue inchieste e i provvedimenti disciplinari contro alti e bassi ·magistrati. Tutte le riforme poi mii-ano troppo in alto e poco in basso, e non banno mirato affatto a quella grande piaga del vicepretorato cosidetto onorario - lucus a non lucendo - piaga coBÌ cancrenosa e puzzolente da rivoltarci i-le non fos::iimo abituati a quella cancrenfl. e a quel puzzo, così da farceli sembrare fenomeni normali, men tre Bono patologici. Se µer un po' ci proviamo a concentrarci in noi stessi per guardare spassionatamente addentro nell'istituto del vicepretore onorario, noi lo troveremo originariamen1e illogico, lo riconoseerewo profondamente immorale, quar,i creato apposta per sfiduciare il corpo della magistratura e per disilludere le popolazioni. che ne sono le vere vittime, e quindi sempre le più bramose di giustizia giusta. Ed in vero si deve osservare anzitutto che il viceprdore onorario permette la grande incongruenza dell'avvocato esercente che, mentrd da un canto fa il difensore o l'accusatore, rìall'altro fa l'istruttore e il giudice. Ecco la grande menzogna, causa di grande corruzione, e perciò causa di grandi ingiustizie.

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