Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 1 - 15 gennaio 1909

4 RIVISTA POPOLARE gheria, e di tutti gli Arciduchi che formano la Corte Dicono quei giornali che il terremoto è stata nna terribile lezione toccata agli I tali ani e che dovrebbe persuaderli a badare ai fatti loro e a non ingerirAÌ nella grande politica interns.zionale. So~giungono, con singolare sfacciataggine, che si dovrebbe amqiirare la grande generosità dell'Austria, " che non approfitta « della catastrofe siciliana per passare la frontiera e e invadere l'Italia ..... • Nessuna parola sarebbe bastevole, per quanto rovente, a stigmatizzare siffatto linguaggio, incomprensibile in bocca di alleati, indegno di uomini civili, che hanno cuore ed in coot1·asto tanto stridente con quello di tutte 1e altre nazioni del mondo. Nè a diminuire la dolorosa impressione di tali sfoghi sciacalliani dei clericali e dei militaristi austriaci può bastare la nota dell' ufficioso Fremdenblatt, che vorrebbe togliere importanza ai cennati giornali. Il linguaggio degli organi delle Corte austriaca. è l'indice più sincero dei sentimenti, che vi prevalgono e di ciò che dobbiamo e possiamo attenderci da un giorno all'altro. Il monito è severo e non andrà perd11to. Riesce più doloroso a noi, che per le ragìoni tante volte esposte avevamo sperato che i due paesi a.l di quà e al di là dell'Isonzo potessero vivere sempre in pace; ma non dobbiamo e non possiamo dimenticarlo, I giornali austro-ungarici non si sono mostrati solamente impudenti ed inumani; ma a,nche imprudenti. Essi dimenticano che l'Austria è circondata da nemici, che aspettano il momento opportuno pe~ isbranarla. E se l'Italia. in quel momento si nnisse a loro? • I consoll ltallanl contro l'Italianità nella Dalmazia. - L'Austria ne ba fatto una delle sue : ha sbandito la lingua italiana come lingua ufficiale dalla Dalmazia.· I vi prevalgono gli Slavi-croati e se si fosse preteso che essi non dovessero servirsi della propria lingua negli atti ufficiali si sarebbe preteso cosa assurda ed ingiusta; ma tutti gli Slavi-croati intendono l'italiano, ch'è l'idioma, che li ha iniziati alh, civiltà. Perciò si poteva lasciare l'una e l'altra lingua.L'Austria, invece, mentre nega l'Università agl'italiani dell'Impero, dà un altro colpo all'italianità sbandendo la lingua di Dante dalla Dalmazia. Come se non bastassero le ostilità contro gli italiani da parte del governo austriaco, ai loro danni cospirano quelli che dovrebbero esserne i naturali difensori, cioè i consoli del Regno d'Italia, se è vero ciò che dice il Ris01·gimento di Zara. I vi c' é un Regio console , che tutte le sue simpatie le riserba ai Croati alle cui feste e solennità si affretta ad intervenire. Invece rifugge da quelle degli italiani, come se fossero degli appestati. Gl'Italiani della Dalmazia sperano che Barzilai porti la coea alla Camera; e noi ci associamo a loro, quantunque convinti della inutilità del richiamo . • La ghigliottina In Francia. - Ci manca tempo e spazio per dire all'orrendo spettacolo che la Francia ha dato colla quadruplice esecuzione della pena di morte di Bethune; ce ne occuperemo ampiamente nel prossimo numero. + Stefano Canzio. -- Mentre siamo in macchina e lei manca ìl tempo per dirne diffusamente, ci giunge da triste nuova deìla morte di Stefano Canzio, vittima el proprio cuore e del proprio coraggio. Una polmo- !-ite presa per dar opera e consiglio nello spegnimento di un incendio, ha spezzato una vita spesa tutta per la patria. Stefano Canzio fu uno dei generllli che e del suolo plebeo la patria esprime » di quei generali che nascono ed operano in tempi eroici, come quelli che circondarono Napoleone e Garibaldi. E Canzio fq tra i più cari all'Eroe, che gli dette in moglie la figliuola Teresita. Fu uno dei mille; fece la campagna del Trentino, fu a Mentana e a Digione, dove rifolse il suo valore al comando dell'esigua ma eroica cavalleria dei volontari dei Vosgi .A Prenois, sopratutto, egli si copri di gloria.. Fu p8r poco tempo rappresentante di Ferrara alla Camera. Propose, uno dei primi, la. riduzione della reo - dita. Studiò e formulò un progetto di organizzazione militare che ci avrebbe dato un esercito più agile, meno costoso e meglio rispondente ai fini della difesa nazionale. Ne ebbe molte lodi, ma il progetto rimase progetto perchè l' elemt>nto militare lo combattè vigorosamente. E l'opposizione si spiega: Stefano Canzio era un generale che aveva guadagnato il diritto a comandare, guardando in faccia al nemico e conducendosi eroicamente al fuoco, mentre gli altri sono i generali di Custoza e di Adua, quei generali cbe hanno bisogno di settimane per studiare il piano di salvataggio per le vittime dei tremuoti. E tra un generale degno della epica Musa d'Ariosto e quelli che tutto al più sono degni di quella allegra di Offembach, il mondo ufficiale italiano non poteva esitare nella scelta. Canzio muore a 72 anni, un'età che non gli pesava sulle spalle vigorose e che non gli impediva di lavorare come un giovine di trenta e di correre a portare il suo aiuto in un incendio. Come è triste vedere ogni giorno assottigliarsi le fila di quegli uomini che poco o nulla pensarono a sè stessi e che tutto dettero per darci una patria; uomini che non vissero 1-,er buscar ciondoli e medaglini, ma per rendersi ntili, sempre che furono richiesti della loro opera e del loro consiglio ! NOI Felice Dagnlno. - Il vecchio cospiratore, il più vecchio ed uno dei più cari tra. gli amici di Ginseppe Mazzini, che fu tante volte ospitato in sua casa. e nella villa Giuseppina, è morto nella fede repubblicana immutata! Egli scompari in un momento in cui l'Italia ha rivolto la propria attenzione alla grande catastrofe della Sicilia e della. Calabria; perciò la sua morte è passata quasi inosservata. Chi scrive lo conobbe nel 1868 per mezzo di una lettera di presentazione di Mazzini e ricorda ancora dopo quarant'anni con quanta emozione entrò nel fa. moso Caffè del teatro Carlo Felice per consegnargliela. D'allera in poi restò sempre legato a lui da affettuosa amicizia. N. C. 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