RIVISTA POPOLARI! 21 a leggere questo volume nel cui ricordo recente io ho trovato molto conforto a non disperare mai, ne anche in un frangente come questo, del mio Paese. Ma io avevo presenti pure, ora, come una suggestione con· fortatrke, anche altri due volumi letti in dicembre, essi pure francesi, col titolo PETITESVILLBSo'ITALIE, dovuti alla fervida penna d'Andrea Maurel (Paris, Hachette ): piccole non tutte, veramente, perchè fra le altre stanno Padova e Verona, Parma e Modena, Bologna e Milano: forse l'autore pensava a Parigi! ... Ma non importa : che bel libro, comunque, anche questo ! Esso non pretende naturalmente, di scoprire l' Italia e di rivelarla al mondo, quantunque (lo nota l'autore stesso) questa sia stata sempre, da tre o quattro secoli, un po' la mania di tutti i francesi che si piccassero d'arte, di letteratura, di storia, di filosofia, e che venissero a visitarla: e (soggiunge) questa mania fu pur sempre sopportabile : gli è, che l'Italia è così ricca, che per quanto si seguiti a percorrerla e a commentarla ìn lungo ed in largo, sempre ci resterà qualcosa di nuovo da vedere, da comprendere, da spiegare, da divulgare. Nè Stendhal, infatti, nè Taine, nè Bourget, senza parlare dei viaggiatori del Settecento, hanno certo esaurito il soggetto senza fine : le sensazioni, le emozioni, i giudizi, le malìe che ingenera uno spettacolo di natuta o d'arte in un temperamento, in un carattere, in un intelletto, in un 'anima, variano enormemente non solo secondo gl'individui, ma anche, e più, secondo i momenti storici : una stessa cosa parla a una generazione un dato linguaggio, e ad un'altra un linguaggio affatto diverso. Al Maurel sembra (ed io gli do ben volentieri ragione) che dopo i profondi rivolgimenti politici , morali , e persino religiosi, che in Francia ha occasionato (non già prodotto) l'affare Dreyfus, dividendo nettamente anche là tutto il popolo in due grandi fazioni, i Neri ed i Rossi, anche il Palazzo vecchio, il Marzocco, il Duomo, Or San Michele, debbano apparire al francese pellegrinante per Firenze sotto una nuova luce, che certo non li illuminava ai tempi di Luigi Filippo o di Napoleone III, o anche semplicemente di Grévy o di Carnot. Ed egli, infatti, l'autore, vede davvero le cose nostre passate e presenti, le opere d'arte come le vicende politiche, il paesaggio stesso come i costumi, da un punto di vista assolutamente nuovo ed originale : s1cchè ne nasce un libro curioso, piccante, suggestivo, pieno d'interesse e di vivacità, nella lettura del quale siamo 11empre eccitati e tormentati insieme dal piacere deil'imprevisto, dallo stimolo del paradosso, dalla voglia di contreddire, dallo impulso di gridar « bravo l » E il paradosso (paradosso geniale e felice) comincia l fin dalle prime pagine, dov ~ dice, e giustamente, che per capire e approfondire Firenze non basterebbe la vita d' un uomo: e che val meglio, quindi , uscirne fuori dopo un solo e sin tetico abarbagliamento d'arte e di storia, a guardarla dal di fuori, a cercarne le irradiazioni più semplici, piu chiare, più facilmente analizzabili e intelligibili, a San Gimignano, • la città dolente »; a monte Oliveto, (< un opulento deserto •; a Lucca , a Pisa, a Pistoia, a Prato, ad Arezzo. E, finisce il paradosso, almeno nel primo volume, con le profezie che lo chiudono : l'Italia è ormai delusa (dice) della sua unità, e dd Savoja, e di Roma; lombardi, veneti, toscani, romani, napoletani, emiliani, sono uniti nella gioja d' 6ssersi hberati dal - l' Austr:a, dal Papa, dal Borbone, dal Granduca , dai Duchi; ma lo sono anche nel bisogno d'essere restituiti a sè stessi, alle loro vere e piccole patrie, le regioni, le provincie, i co munì; l'unità fu il mezzo, non il fine de·la liberazione; essa è utile alla monarchia, ma nient'affatto al popolo; e questo comincia a capirlo, e, sotto la pressione di tale antagonismo d'interessi, sotto la spinta della coscienza atavica repubblicana, sotto l'umiliazione dell'alleanza austro-tedesca che in fondo è un ritorno larvato al vassallaggio d' un tempo, sotto la vergogna dell'ingerenza sempre crescente , per quanto dissimulata, della Chiesa cattolica nelle faccende civili, avrà un giorno uno scatto violento e decisivo : cd allora raggiungerà la sua costituzione definitiva nella forma che la natura e la storia le impongono, della repubblica federale , con Roma, la quarta Roma, alla testa. Del resto ... chissà ? Ma tutto ciò non è già più a proposito di Firenze e della Tosèana, ma di Venezia e del Veneto, e più particolarmente di Arquà-Petrarca dov' egli arriva dopo Bergamo , Brescia, Verona, Vicenza, Padova e Mantova : e ciò basta a provare a quante e quali ampie ed alte divagazioni politiche la fantasia del Maure! sappia ed ami slanciarsi dalla devota concontemplazione di un monumento o dalla magnifica descrizi?ne di un paesaggio. Nel secondo volume , il viaggio prosegue , sempre ricco di sorprese e di fascini, per I' Emilia, per le Marche, per l'Umbria: Milano, Pavia, Piacenza, Parma, Modena, Bologna, Fer - rara, Ravenna, Rimini, Pesaro, Urbino, ed infine l' Umbria ancora, come nell'opera dello Schoeider, ma con che diverso criterio I Più largo in certo modo; ma anche più fantastico e men positivo: qui ci sono, più che là, delle rappresentazioni icastiche dei luoghi veduti e delle cose studiate ; ma tutto, a me, od almeno molto, mi sembra stilizzato, accentuato , inciso, colorito con una c.:rta esuberanza : Mantova è una città completamente sgretolata, dove non si osa appoggiarsi ad un muro per tema che crolli , nè far troppo rumore nel dubbio che ciò comprometta la stabilità del'e volte; a Milano è im • possibile farsi un'idea di ciò che sia il Duomo e. lume di luna coi suoi merletti di marmo projettati sul firmame"lto stellato, perchè a Milano piove a dirotto, continuamente; d' altronde Milano non è ancc-ra proprio I' [talia: è appena « ,\i già I' Italia » : l'anticamera, insomma, anzi l'atrio del Bel Paese; e va bene ! Pavia è non solo vecchia , ma defunta addirittura, dove ogni cosa più nobile sopravvivente della gloria antica è stata barb1ramente distrutte, e dove non si parla più che dei Cairoli e di Garibaldi: e menomale ariche questo ! Piacenza, poi, la facile chiara e geometrica Piacenza, è un labirinto, anzi il labirinto per antonomasia, dove il forestiero fatalmente s'ingarbuglia e si perde e gira senza fine e non ritrova mai la via dell'albergo o della piazza mag~iore o della ferrovia ; a Modena, arrivando a mezzogiorno , . I' ora del pranzo , par cii esser giunti in una città assolutamente abbandonata, e si dubita che l'intera popolazione sia fu01i: se si tos,e, un'eco infinita risponde dsgl' infiniti portici silenziosi ... E cosi via ! Ma, d'altra parte, che belle, calde, eloquenti, ispirate pagine sul Correggio, per esempio, e su Ravenna, la città fantasma, coi prodigiosi mosaici di Galla Placidi a, di San Vitale, del Battistero , dei due Santi Apollinari; e su Cesare Borgia ed i cc ndottieri del Rinascimento; e su l'angolosa, aspra, inerpicata, fosca, secca città di Urbino, che pur diede i natali al più dolce, al più fino, al più delicato, al piu squisito dei geni della pittura; e sui Montefeltro, sul loro castello , sulla loro corte di poeti, di pensatori, d'anisli; e su Terni e le sue rumereggianti e ferventi cascate ; e su Perugia, vista con così diversi occhi da quelli, piu calmi, più critici, più tedeschi infine, od almeno -più perifericamente e renanamente francesi dello Schneider, e su tutte le deliziose meraviglie che si radunano intorno ed in mezzo alla Piazza, con tanta sapienza edilizia tagliata di sghembo e angolosa ed irregolare. Ma i confronti, gustosissimi ed istruttivissimi, su Perugia e sull' Umbria, eh e tutta quest' ultirr a parte del libro suggerirebbe , mi porterebbero così in lungo , da invadere tutto un numero della • Rivista »: mi basta aggiungere solamente che, a differenza delll_o ,chneider, il Maurei conosce, ama, e cità, a proposito del C,itumno , il nostro grande poeta, e che n V
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