Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 24 - 31 dicembre 1908

RIVISTA POPOLARE tervistare e disse di rne, che andai per tante ore a Messina, quante bastavano per calunniare. A questa stolta provocazione risposi serena111ante . con questo telegramma: Jl!linistro Ll1.irabello - Roma u Affermate cosa non vera dicendo che nel biasimo coinvolsi tutta marina italiana; invece esplicitamente separai responsabilità elemento direttivo da quella degli ufficiali e dei marinai. Il povero e volgare sistema nel quale vi sentite ridotto non mi duole se non· pel decoro, per la dignità del governo d'Italia e a giudicare tra la lealtà mia e la vostra basta più ancora che il concorde giudizio di tutte le perwne che videro le cose, la semplice cronologia dei vostri provvedimenti sulla cui deficienza, sulla cui confusione, sulla cui lentezza non occorre ritornare. Calunniatore fui detto anche da altri in altri casi e ri-sposero per me i fatti. Voglia la fortuna d'I 1alia far bastare a smentire voi questa volta la realtà dolorosa delle cose avvenute. Firmato : Colajanni ». Jl ministro della Marina ha risposto col seguente pietoso telegramma : On. Colajanni - Napoli. « Ritenete come respinto il vostro telegramma e le asserzioni in esso conttnute che non mi tangono, tanto mi sento superiore alle vostre insinuazioni e calunnie. Firmato: vice-ammiraglio C. Mirabel/o » Poche altre parole di conclusione. Dopo la pubblicazione della mia prima lacònica lettera al Puntalo; dopo l'anticipata pubblicazione delle bozze dell'articolo precedente nello stesso Pungolo è venuta tale valanga di conferme, anche nei giornali, che stanno pel governo, come Il :Messaggero, che si deve ritenere assolutamente impazzito, se pur la ragione abbia mai avuto, il Ministro della Marina, che osa ancora negare la luce del sole e che le proprie gravissime responsabilità vorrebbe far dimenticare, lui che il proprio dovere non ha fatto, tentando vituperare chi lo ha sempre compiuto - sopratutto in questa occasione. Il tentativo del vice ammiraglio Mirabello è doppiamente ignobile e miserevole : 1 ° cercando, con insuperabile e insuperata malafede, cnnfondere la causa propria con quella di tutta la marina, che io tenni rigorosamente separate e distinte ; 2° cercando ridurre ad una meschina quistione personale una grande quistione d' interesse nazionale, qual'e quella della organizzazione della difesa navale, che messa alla prova in una occasione tragica si è mostrata spaventevolmente deficiente. Qualunque altro uomo, che sentisse della propria djgnità a quest'ora si sarebbe dimesso ; in qualunque altro paese sarebbe costretto a dimettersi. Per molto meno e per un episodio doloroso, che non lo riguardava personalmente in Francia si dimise il ministro della marina Thompson ; in Italia Mirabello resta, trova il suo tempo a rispondere colle insolenze alle accuse e spera, torse, di avere coniata una grnnde medaglia speciale per lui , che disonerebbe coloro che _gliela dessero ... N. C. GLI ftVVENIMENTI e • GLI UOMINI L'a■soluzlone di ClfarleHo.- Dunqe i giurati di Campobasso - posteri volgari senza cravatt.a, come nella sua infinita gratitudine e cortesia gli ha qualificati il Cifariello stesso - i dodici villani innalzati a dignità di giudice hanno assoluto l'artista! E indubbia,uente far la pelle alla propria moglie , cuopri rla di fango, recitar durante due mesi la commedia, e cavarsela pulita è opera d'arte. Ma è anche vergogna somma per il nostro paese, che un uccisore possa tornare alla sua arte di'letta - c'è il caso di domandarsi se è quella di far plllitamente la pelle ad un'altra moglie , o di scolpire dei marmi - ; ed intanto possa maltrattare i giurati che lo hanno rimandato a ca1:1a. libero e pulito da ogni macchia. Notiamo che i giurati hanno avuto quello che si souo meritato. Ma quello che ci sembra anche più scandaloso è che il Presidente non abbia voluto nsare di quel suo diritto, che il codice gli accorda, di mandare al mauicomio il reo giudicato infermo di mente. Del resto questo è uno di quei casi i quali vengono a confermare ciò che tante volte si è detto, e che orma.i tutto il paese ripete: il nostro ordinamento giuridico è difettoso tutto, da cima a fondo, nei Codici, nella Proeedura Penale, nei metodi di espiazione delle colpe. Più elementi banno concorso a favorire la scandalosa assolnzione; prima di tutti il lungo carcere preventivo: poichè Cifariello per quanto sia risultato dal processo auirna arida ed egoista ed oscura; per quanto abbia assassinat~ la moglie, è pur sempre un uomo: ed il patimento di quattro anni di angoscie e di torture nell'attesa, patimento che i giurati han dovuto sentire ed hanno certamente valutato , è stata Ja. più grande, la più valida· scusante alla colpa dell'uomo. Egli non è ri1tscito simpatico nel processo ne non che per questo solo: e lo disse egli - questi quattro anni di tortura, sono stati la vera pena. Logica, quindì, - quantunque rivoltante - l'assolnzione. Ma noi sentiamo di dover assurgere a considerazioni più generali. L'assoluzione di Cifariello non è che una fra tante simili, di simili delitti. E' d1 n'iue che il vo- .lere della vita - qua.udo è v: ta di d0n na - è diminuito? Si direbbe. Ma la legge non fa distinzioni: ed in un caso solo la legge, antica e moderna , ammette J'uccissione del coniuge infedele, solo quando isorpreso in flagrante delitto di adulterio . .Ma noi abbia1110 1 ormai, fatto del tribunale un teatro, dell1'\.tragedia. come farsa, o meglio un buon tema a scandali piccanti a r~- velazioni lubriche, a esibizioni mostn108e d'ind~nnenti insanguinati, di strumenti d'omicidio, <]i sopra-luoghi sciocchi ed inutili. Bisogna abolire tutto ciò: la maestà del la giustizia esula da.li' aula della Corte , quando al reo è concesso rimbeccare presidente e testimoni e avvocati della Parte Civile, quando nel tribunale non è più la ricerca nuda, semplice, arida della verità, ma è il dilagare dello scandalo, il perdersi in vaniloquenti ciarlate di avvocati che per tirare in lungo ripetono dieci volte, in dieci forme differenti uno stesso! argomento; quando il processo è uno spettacolo prelibato - non raro - che i magistrati

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