Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 24 - 31 dicembre 1908

RIVISTA POPOLARE 647 fonda, invincibile, ci fa dimenticare in questa ora di dolore. Di uno non può tacere: di Nino Di Leo Egli av·,icinavasi alla settantina. Era ingegnere valoroso; a lui si dovevano gran parte degli edifizi scolastici di Messina e non poche condutture di acqua della Sicilia, tra le quali quelle di Troina; una ne improvvisò con rapidità miracoiosa per far dimi - nuire o scomparire il colera in Palermo ne] 1884. Cittadino rettissimo e coraggioso combattè tutte le camorre del suo paese ed a lui, a Bonfiglio, a Ludovico Fulci si deve se un contratto rovinoso e disonesto per l'acquedotto di Messina venne annullato. Intransigente col clericalismo, ciò non ostante venne sempre eletto plebiscitariamente consigliere comunale in una città , nella quale i clericali da molti anni avevano preso il sopravvento. Giovanissimo seguì Garibaldi nel 1860 e si battè a Milazzo; lo seguì nel 1862 e chi scrive lo conobbe aù Aspromonte; lo seguì nel 1866 nel Tirolo e nel 1867 nell'Agro Romano e nel 1871 in Francia dove fu aiutante di campo di Garibaldi. Non venne mai meno alla fede repul 1blicana-mazzi niana e di lui senza la benchè menoma paura di esagerare si puo dire che fu un cavaliere senra macchia e senza paura I Di fronte al terremoto Noi Italiani siamo sempre come i fanciulli. Ci esaltiamo e commoviamo e piangiamo e gridiamo qu~ ndo ci accade una sventura, e poi, quando essa è passata, ce ne dimentichiamo e continuiamo a vivere in spensierata noncuranza. Dimenticheremo anche, senza trarne alcun insegnamento, questo tremendo terremoto, che, se non per estensione ed intensità di fenomeni fisici, certo per numero di vittime è il più spaventoso che la scienza e la storia ricordino? Probabilmente sì, ed una nuova catastrofe ci troverà egualmente impreparati, come ci hanno sempre trovati tutti i precedenti cataclismi sismici e vulcanici. Quindi, per quanto il monito sia forse vano, non è male ricordare, che noi viviamo sopra una terra fatta dai tremuoti e dai vulcani e dobbiamo quindi esser sempre pronti a fare i conti con queste possenti torze naturali, che, se ci danno, a lunga scadenza, vantaggi e benefìcii, ce li fanno anche scontare a prezzo di lagrime e di sangue. L'Italia infatti, con la sua catena alpina ed appenninica, è una terra di recente formazione geologica, di cui la parte ultima a formarsi ed ancora in formazione è proprio l'estremo lembo di Calabria, che solo da poco, da quando cioè l' uomo è apparso sulla terra, si è sollevato di ben mille metri sul mare. Tale sollevamento, e gli altri movimenti da cui è accompagnato. si manifesta con le scosse di terremoto, che producono a lor volta le onde di maremoto e di aeremoto con gli altri minori fenomeni concomitanti. Un piccolo crollo di trenta centimetri di ampiezza, come è stato questo ultin"?o, abbatte le grandi città e fa centinaia di migliaia di vittime. Non è quindi retorica ciò che Leopardi ha cantato del nostro uman seme, Cui la dura nutrice, ov' ei men teme , Con lieve moto in un momento annulla In parte, e può con moti Poco IDt'n lievi ancor subitamente Annichilare in tutto. Non ci culliamo dunque rn obbliviosa spens1eratezza; impariamo a conoscere ·qual'è la terra che ci regge, bella e terribile, e ad essa adattiamo i nostri mezzi di vita, in modo che ogni suo moto, ogni sua eruzione non ci sorprenda e devasti ed atterrisca, ma trovi ciascuno di noi erta la fronte, armato e pronto a combattere ed anche, se occorre, a soccombere, ma eroicamente, senza strascico di miseria e di dolori. Messina e Reggio risorgeranno: quella sul magnifico porto naturale, dove la punta di Trinacria quasi si uncina al continente; questo forse sulla piattaforma di Villa S. Giovanni , che è quasi una testa di ponte verso l'isola: entrambe sugli attuali cimiteri. Ciò non ci atterrisca: tutta b terra è un cimitero, su cui e di cui noi viviamo. Ma a rendere meno spasmodiche le gra~1di crisi di morte, cerchiamo di edificare città di case piccole, basse, ben fondate, ben costruite, resistenti ed elastiche, come si addicono alla nostra terra, che ci ha squassati e ci squasserà per lunghi secoli ancora, senza perciò estinguere la vita e la civiltà d' Italia. E non ci facciamo atterri re dalle fantasie geo lo giche delle aree di sprofondamento, in cui la Calabria è destinata prossimamente ad inabissarsi. Fantasia per fantasia, si può anche immaginare un astro ad orbita parabolica, che venga ad urtai e la terra e faccia, con una grande fiammatci, di noi e del nostro pianeta una nuova stella nel cielo. G. DE LORENZO Dopo la catastrofe (Lacrudeltà della natureal'insipiendzeaglui omini) L'annunzio della distruzione di Messina e <li Reggio produsse in me quella stessa spaventevole impressione che dovettero provare gl' italiani e gli uomini tutti del mondo civile. Quella impressione si sente, non si descrive. Messina mi ricor - dava giorni per me lietissimi e soddisfazioni inetlabili. A Messina vivevano amici miei da fratelli, che amavo da oltre quarantadue anni ..... E l'incertezza della loro sorte, l' impossibilita di avere notizie divenute tormentosissime, mi sospinsero ad andare ad attingerle direttamente. Par1:ii da Napoli il 30 Dicembre col Tebe, e con me partirono tre generali, i senatori Todaro e De Martino, la rappresentanza della deputazione provinciale con Salvatore Girardi , le squadre di medici comandati dai professori Gangitano e Spinelli, 150 medici mili tari comandati dal Generale Ferrero, altri reparti di truppa - tutti commossi e animati dall'ardente desiderio di alleviare la sventura e le sofferenze dei nostri superstiti fratelli di Messina ..... La natura crudele volle rendere più grave e più uggiosa la catastrofe col cielo cupo.' colla piogg!~ dirotta , col mare tempestoso ..... Ciò rendeva pm tristi gli animi. Non so e non voglio provarmi a descrivere ciò che sentii nell'animo alla vista dell'orrendo spettacolo di Messina distrutta e turnante. So che in me e in tutti era ardentissimo il desiderio di porre il piede a terra per assolvere quanto p" 1 \ rapida men te poteva ciascuno il compito proprio. Vicino al nostro vapore c'era ancorata una nave ~a. guerra colle sue brave lance a vapore. Sulla nave

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