RIVISTA POPOLARE DI Politica, Lettere e Scienze Sociali Hir~ttorn: Prof. NAPOLEONli}COLAJANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese I i.ali a ; :111110 li re 6; semestre lire 3,50 - }~stero: anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. ao 4mminìstrazione: Corso Vittorio Emmmele, n.0 115 - NAPOLI Anno XIV - Num. 24 ABBONAMENTO POSTALE ltoma, 31 Dicembre lH08 SOMMARIO - La catastrofe: A. A.: La sventura immane - Messina nella storia - Nino Di Leo -- G. De Lorenzo: Di fronte al terremoto - Dott. Nap. Colajanni: Dopo la catastrofe (La crudeltà della natura e l'insipienza degli uomini) - GII a V\ 1\111lmt,nl,I e gll uomini: Noi: L'assoluzione di Cifaridlo - Fanatismo di reazionari - La Russia difende ... il buon diritto ! - I socialisti ungheresi. - La Rivista: Avremo il blocco democratico contro i I blocco reazionario ? - Ar., tonio Martino: Dopo il processo delle Leghe del Trapanese - P.flbertoMlchels: Guglielmo II e il popolo tedesco - Glacoff'~ Pavone: (Lettere.dall'Argentina) Il pensiero di E. Ferri sugt'• • --· ~rati- ltivlsta delle ltlvlsC;e: Arteappucata: f gioc_attoli (Kunstwart, r 5. dicembre) - L' PM~ ~· ,ero (World's Work, dicembre) - L'avvenire· della Turchia (New Revue, r5 dicembre 1908ì - New Revue, r5 di;embre 1908) - Il Senato in crisi ? (Rasseg11a contemporanea, dicembre rgc8) ,< civilizzato n la Bosnia (Fortniglltly Rewiev, dicembre 1908). -- Re('enslonl - Ind~ce dell' ...,. LA CATASTROFE lì& seiagai,a immane E ancora una volta, con più ira, con maggiore violenza la natura si è voluta accanire contro le terre sicule calabresi. Ma i piccoli borghi, le cittadine minuscole, le capanne isolate non sono bastate alla furia devastatrice: nè la Calabria sola è stata regione sufficiente alla desolazione, e le due belle città che dai due scali Ulisseidi si guardavano ridendo al mare e al sole non esistono più, cadaveri enormi che hanno l' una per lenzuola funebre il mare , l' altra per tomba le sue stesse gigantesche rovine. Da Pompei ed Ercolano ad oggi la storia d' !talia, anzi del mondo non ricurdava una tanto immane sciagura Poco meno d' un secolo e 1 ezzo fa, nel 1783, il terremoto aveva visitata e squassata Reggio di Calabria, ma non le aveva aperto, come oggi una tomba nel mare, non l' aveva cancellata, con un tratto di rombo e di rovina dal numero dell città Italiane. E Messina pareva destinata a ridere sempre dalla sua marina ricca di palme e di aranceti, al dolce mare, al folgorante sole. Opgi lungo quella marina vengono pazzi di terrore i superstiti, ed il sole è scomparso dietro le nubi, ed il mare, compiuta la opera di rovina, gorgoglia ancora, nelle ultime onda te minacciose. Non più ai piedi dell'Etna, non più di là da un breve braccio di mare) salutano le nevi del vulcano gigante due bianche città ; oggi viene di la un grido disperato d' aiuto, un singhiozzo d' angoscia che stringe i cuori. E da tutta la costa Calabra, da tutta la Calabria e dalla costa orientale sicula viene ancora un appello disperato al soccorso. Venti morti quà, là cinquanta, altrove cento, poi mille poi diecimila, poi più tanti ancora, l'ecatombe che non si conta pià. E i morti sono i felici : essi che più non sanno ora l' ambascia del vivere dove non è più nulla, senza più nulla. E sono i vivi che invidiano i morti, i sepolti nel silenzio delle gravi macerie della grande città, col fuoco che serpe fra gI'interstizi della pietra e compie l'opera della devai,tazione e della purificazione. Scoppierà l'epidemia forse, se. provvido il fuoco non arde i morti sotto le macerie. Ed hanno ancora ragione d'invidiare i morti, queti.i che la catastrofe risparmiò, quelli che la rriorte non volle serbandoli a più Jura mi<;eria; essi fuggiti se:-1inudi nei rovinio delle case. ,\ seminudi rimasti ora, sotto il rovaio che punge, e la 1_ ioggia che gela; nei giorni freddi , nelle notti • 1e senza casa, senza vesti, senza pane: oh ! fra- ~ felli d'Italia, a questi scampati dalla catastrofe fatti ' -~ anche f)iù fratelli dalla sventur~, porgiamo largo l'aiut\,J: l'aiuto della parola che parte dal cuore e scende al cuore e consola, e l' aiuto dell'opera che lenisce le miserie, che allevia i mali, che diminuisce la gravità dei danni; che anche nell'ora del dolore più cupo, fa ribalenare ali' anima dei • provati il raggio della speranza. Oh! donne d'Italia siate madri, anche per i bambini che la sciagura ha fatti orfani, e che non sanno da chi nacquero; siate sorelle dei superstiti, dei miseri che oggi vagano stupidi ti fra le rovine
~ RIVISTA POPOLARE di quelle che furono le loro case, loro borghi, le loro città. E non venga a loro dai fratelli la dura parola che li spinga ad abbandonare il mal securo suolo della patria: ma nel conforto, e nell'aiuto di tutti trovino essi la ragione di vivere anzi sull'instabile suolo, opponendo alle ire, od alle necessità della natura, la forza , la volontà dell'uomo che resista e viva. Dica ai fratelli provati dalla sciagura, il soccorso dei più fortunati fratelli , eh' essi devono mutare il loro costume, la forma e la materia delle loro case: che c'è dall'altra parte dell'emisfero un popolo forte, il Giapponese, che ha vinto le stesse ire della natura, e ch'essi devono vincere, essi pure, così. Ma intanto, a uomini, a donne,_ a giovani d'Italia, intanto urgono ogni dove e d'ogni soccorso nelle sciagurate regioni. O fratelli, stringa la sciagura il più forte legame, trionfi del dolore l'amore, sentano i colpiti che la grande famiglia è oggi tutta ed una per loro e con loro, e date, date, date: sotto tutte le forme: mandate vesti ; mandate coperte , medicinali; denaro, non ci sono oggi poveri e ricchi cui scegliere, cui preferire: oggi _a Messina, a Reggio, a Palmi , a Bagnara chi vive ancora non ha più nulla: fratelli d'Italia ai fratelli visitati dalla s_pietata morte date, date, date I Queste parole vibranti furono scritte dal nostro Agresti non appena fu nota la immane sventura. Oggi siamo lieti ed or - gogliosi di constatare che in ogni angolo d'Italia senza appelli, senza sol!ecitn:oni, senza rettorica, senza teatralità, ma con uno slancio ed une spontaneità superbi si fa e si da generosamente. La triste congiuntura, almeno a questo è servita: a fondere in un solo sentimt:nto gl' italiani tutti a dare la prova più splendida della esistenza dalla unità morale della nazione. Di più: la catastrofe spaventevole ha somministrato occasione per una solenne afterrnazione di solidarietà internazionale, umana. La si ebbe sul luogo dagli eroici marinai russi e inglesi; si è ripetuta da governi e popoli: dal!' America del Nord ·alla Francia, dall'Inghilterra alla Russia, dai colossi e dagli Stati miscroscopici - da tutti! Messina nella storia. - Il titolo pre.enzioso di questo stelloncino non faccia sperare al lettore di trovarvi tutto ciò che si potrebbe e dovrebbe scrivere di Messina. Vogliamo soltanto dare rapidissimi cenni. La posizione splen 1ida di Messina, che domina il passaggio tra il mare Ionio e il Tirreno, dice il Rumpelt, adescò i Greci, che nell'ottavo secolo avanti Cristo vi fondarono la colonia di Zancle o Dancle, come viene chiamata in alcune antichissime monete. I Cartaginesi riconobbero l'importanza del suo possesso ma non poterono sottoporla al loro dominio e nella guer. a contro Dionigi di SiracuS1 la rasero al suolo. Dionigi, che possedeva Reggio la ricostruì e la popolò coi suoi soldati. Dopo varie vicende del periodo ellenico, nel 264 avanti Cristo, i Romani chiamati .n ajuto contro Gerone Re di Siracusa ne fecero la base delle loro operazioni in Sicilia; come tecero i Normanni nella lotta contro i Saraceni. Le Crociate la resero prospera, e gli Svevi la resero forte tanto da poter resistere a Carlo d'Angiò che voleva vendicarsi dei Vespri Siciliani. Sotto gli Spagnuoli divenne una importante città commerciale; ma essi vollero privarla dei s~oi secolari privilegi e ne provocarono la insurrezione. La guerra civi e che ne seguì (1674-79) la fece decadere rapidamente, tanto che alla fine della medesima i suoi 120,000 abitanti si ridussero a 15,000. Di Messina due pagine storiche rc:centi vogliamo specialmente ricordare: la lotta titaoica contro l'esercito bo bonico padrone della Cittadella nel 1849 e la lotta contro il governo italiano per costringerlo a togliere la condanna a morte, che pesavèl sul capo di Giuseppe Mazzini. Nella prima tutta L cittadinanza si coprì di gloria; gli atti di eroismo e di abnegazione non si possono contare. Nella seconda lotta civile e politica ver ·mente splendida, gli elettori di Messina insegnarono al governo dalla Monarchia Sabauda, ch'era un segno di nerissima ingratitudine, .m vero parricidio morale, mantenere la condanna di morte che aveva colpito Giuseppe Mazzini dopo il tentativo rivoluzionario di Genova del 1857. Messina lo elesse deputato nel 1866; la Camera annullò l'elezione. Messina lo rielesse un altra volta e poi una terza volta; e lo avrebbe rieletto sempre, non ostante gli sforzi e i maneggi del governo, se questo, finalmente, vergognoso della propria opera, coll'amnistia non avesse reso possibile a Giuseppe Mazzini, che aveva infuso la sua anima nell'Italia nuova, di poter porre piede liberamente· nella sua patria. Ed ora Messina non è più I Risorgerà? Un tedesco, che ama sinceramente la Sicilia, dov'è vissuto per lunghi anni, il D. Alessandro Rumpelt, nota che alcune grandi città sono dove sono per un accidente; ma altre non possono es5ere se non dove sono. Perciò se un cataclisma umano o naturale, momentaneamente le fa scomparire, dopo un tempo più o meno breve risorgono. La posizione di Messina, egli dice, ha qualche cosa di caretteristico; essa è dove per necessità dev' essere; essa è un esempio notevole nel mondo di questa specie di fatalità topografica. E noi crediamo, che se immediatamente non si può pensare ad una vera ricostruzione di Messina cui osterebbe anche l'immenso accumulo delle macerie, il punto dove fu Messina rimane necessariamente centro della difesa milita re dello stretto e testa di linea tra le ferrovie della Sicilia e quelle del continente. Attorno a questo centro, necessariamente, ripetiamo ìa parola, risergeranno edifizi che vorremmo costruiti razionalmente, si formerà una vita economica-sociale, risorgerà la nuova Messina. Au5uriamocela prospera, civile, generosa, intelligente come l'antica; più dell'antica fortunata e risparmiata dai cataclismi della natura. ..d&AJW Nino Di Leo. - La rivista non ha il tempo, nè lo spazio bastevole per dire di tutti gli uomini eminenti, che ha fatto scomparire tragicamente la scomparsa di Messina e Reggio. Lieta che tragli scampati siano Giuseppe Bonfiglio, l'incrollabile repubblicano, Ludovico Fulci, il giurista illustre, Salvemini lo storico apprezzatissimo anche dagli avversari politici, Giuseppe Oliva, l'insegnante che nel diritto internazionale sa innestare la dottrina di Mazzini, Sanfelice le cui ricerhe biologìche da lunghi anni condotte con rigore di metodo superato soltanto dalla modestia, e tanti altri che la emozione pro-
RIVISTA POPOLARE 647 fonda, invincibile, ci fa dimenticare in questa ora di dolore. Di uno non può tacere: di Nino Di Leo Egli av·,icinavasi alla settantina. Era ingegnere valoroso; a lui si dovevano gran parte degli edifizi scolastici di Messina e non poche condutture di acqua della Sicilia, tra le quali quelle di Troina; una ne improvvisò con rapidità miracoiosa per far dimi - nuire o scomparire il colera in Palermo ne] 1884. Cittadino rettissimo e coraggioso combattè tutte le camorre del suo paese ed a lui, a Bonfiglio, a Ludovico Fulci si deve se un contratto rovinoso e disonesto per l'acquedotto di Messina venne annullato. Intransigente col clericalismo, ciò non ostante venne sempre eletto plebiscitariamente consigliere comunale in una città , nella quale i clericali da molti anni avevano preso il sopravvento. Giovanissimo seguì Garibaldi nel 1860 e si battè a Milazzo; lo seguì nel 1862 e chi scrive lo conobbe aù Aspromonte; lo seguì nel 1866 nel Tirolo e nel 1867 nell'Agro Romano e nel 1871 in Francia dove fu aiutante di campo di Garibaldi. Non venne mai meno alla fede repul 1blicana-mazzi niana e di lui senza la benchè menoma paura di esagerare si puo dire che fu un cavaliere senra macchia e senza paura I Di fronte al terremoto Noi Italiani siamo sempre come i fanciulli. Ci esaltiamo e commoviamo e piangiamo e gridiamo qu~ ndo ci accade una sventura, e poi, quando essa è passata, ce ne dimentichiamo e continuiamo a vivere in spensierata noncuranza. Dimenticheremo anche, senza trarne alcun insegnamento, questo tremendo terremoto, che, se non per estensione ed intensità di fenomeni fisici, certo per numero di vittime è il più spaventoso che la scienza e la storia ricordino? Probabilmente sì, ed una nuova catastrofe ci troverà egualmente impreparati, come ci hanno sempre trovati tutti i precedenti cataclismi sismici e vulcanici. Quindi, per quanto il monito sia forse vano, non è male ricordare, che noi viviamo sopra una terra fatta dai tremuoti e dai vulcani e dobbiamo quindi esser sempre pronti a fare i conti con queste possenti torze naturali, che, se ci danno, a lunga scadenza, vantaggi e benefìcii, ce li fanno anche scontare a prezzo di lagrime e di sangue. L'Italia infatti, con la sua catena alpina ed appenninica, è una terra di recente formazione geologica, di cui la parte ultima a formarsi ed ancora in formazione è proprio l'estremo lembo di Calabria, che solo da poco, da quando cioè l' uomo è apparso sulla terra, si è sollevato di ben mille metri sul mare. Tale sollevamento, e gli altri movimenti da cui è accompagnato. si manifesta con le scosse di terremoto, che producono a lor volta le onde di maremoto e di aeremoto con gli altri minori fenomeni concomitanti. Un piccolo crollo di trenta centimetri di ampiezza, come è stato questo ultin"?o, abbatte le grandi città e fa centinaia di migliaia di vittime. Non è quindi retorica ciò che Leopardi ha cantato del nostro uman seme, Cui la dura nutrice, ov' ei men teme , Con lieve moto in un momento annulla In parte, e può con moti Poco IDt'n lievi ancor subitamente Annichilare in tutto. Non ci culliamo dunque rn obbliviosa spens1eratezza; impariamo a conoscere ·qual'è la terra che ci regge, bella e terribile, e ad essa adattiamo i nostri mezzi di vita, in modo che ogni suo moto, ogni sua eruzione non ci sorprenda e devasti ed atterrisca, ma trovi ciascuno di noi erta la fronte, armato e pronto a combattere ed anche, se occorre, a soccombere, ma eroicamente, senza strascico di miseria e di dolori. Messina e Reggio risorgeranno: quella sul magnifico porto naturale, dove la punta di Trinacria quasi si uncina al continente; questo forse sulla piattaforma di Villa S. Giovanni , che è quasi una testa di ponte verso l'isola: entrambe sugli attuali cimiteri. Ciò non ci atterrisca: tutta b terra è un cimitero, su cui e di cui noi viviamo. Ma a rendere meno spasmodiche le gra~1di crisi di morte, cerchiamo di edificare città di case piccole, basse, ben fondate, ben costruite, resistenti ed elastiche, come si addicono alla nostra terra, che ci ha squassati e ci squasserà per lunghi secoli ancora, senza perciò estinguere la vita e la civiltà d' Italia. E non ci facciamo atterri re dalle fantasie geo lo giche delle aree di sprofondamento, in cui la Calabria è destinata prossimamente ad inabissarsi. Fantasia per fantasia, si può anche immaginare un astro ad orbita parabolica, che venga ad urtai e la terra e faccia, con una grande fiammatci, di noi e del nostro pianeta una nuova stella nel cielo. G. DE LORENZO Dopo la catastrofe (Lacrudeltà della natureal'insipiendzeaglui omini) L'annunzio della distruzione di Messina e <li Reggio produsse in me quella stessa spaventevole impressione che dovettero provare gl' italiani e gli uomini tutti del mondo civile. Quella impressione si sente, non si descrive. Messina mi ricor - dava giorni per me lietissimi e soddisfazioni inetlabili. A Messina vivevano amici miei da fratelli, che amavo da oltre quarantadue anni ..... E l'incertezza della loro sorte, l' impossibilita di avere notizie divenute tormentosissime, mi sospinsero ad andare ad attingerle direttamente. Par1:ii da Napoli il 30 Dicembre col Tebe, e con me partirono tre generali, i senatori Todaro e De Martino, la rappresentanza della deputazione provinciale con Salvatore Girardi , le squadre di medici comandati dai professori Gangitano e Spinelli, 150 medici mili tari comandati dal Generale Ferrero, altri reparti di truppa - tutti commossi e animati dall'ardente desiderio di alleviare la sventura e le sofferenze dei nostri superstiti fratelli di Messina ..... La natura crudele volle rendere più grave e più uggiosa la catastrofe col cielo cupo.' colla piogg!~ dirotta , col mare tempestoso ..... Ciò rendeva pm tristi gli animi. Non so e non voglio provarmi a descrivere ciò che sentii nell'animo alla vista dell'orrendo spettacolo di Messina distrutta e turnante. So che in me e in tutti era ardentissimo il desiderio di porre il piede a terra per assolvere quanto p" 1 \ rapida men te poteva ciascuno il compito proprio. Vicino al nostro vapore c'era ancorata una nave ~a. guerra colle sue brave lance a vapore. Sulla nave
648 RIVISTA POPOLARE per telegrammi certam~nte do.ve.vasi conc~scere ~h_e il Tebe portava generali, ufficiali, sold~1t1, mcd1c1, soccorsi di ogni genere .... Se non lo s1 sapeva, lo si comunicò immediatamente col portavoce. Credendo, sperando che si .sarebb~ro tatti_ di~cendere subito i tre aenerali coi mezzi, d1 cm disponeva la nave da gbuerra, mi feci present.ar~ a du~ di essi dal collega De Martino e h pregai_d1 darmi posto nella . loro im.barcazione. Consentirono_ ...:on molta cortesia. La n11a, però, era stata una illusione : la nave di guerra non si curò dei gen~rali? perciò a certo punto mi decisi in una a due dt essi e ad un tenente colonnello di affidarci alla prima barchetta, alla sola barchetta, che si accostò al Tebe. E fummo bene avvisati ciò facendo. Tutto quel ben di Dio che poteva salvare migliaia di vite u1:1ane , lenire tante indicibili sofferenze, potè commciare lo sbarco dopo ventottoore e completarlo dopo quarantotto... A terra nessuno ci aspettava. Parlammo con un ufficiale scampato al disastro; m~ eg~i nulla sapeva e nulla ci potè dire sulla orgamzzaz10ne_ e sul comando ...:uidovevano dirigersi i generali. Col 'cuore affranto dalla vista dei primi afiamati e dei primi feriti, semi~udi sotto la Rioggia, incominciammo a muoverci verso la ferrovia sul suolo screpolato fangoso do·,e prima era una magnifica strada tra il mare e la Palazzata, che formava l' oraoglio di Messina ..... b Dopo pochi passi incontrai De Felice, Ba~naba Giordano, Felice Pulejo; e poi Colnago e altn venuti da Palermo da Catania, da Siracusa ed anche da Valguarnera (Caltanissetta). ~on parole i_nutili: abbra...:ci e lacdme. Vinta la pnma commozione a scatti cominciai a domandare: Bonfiglio? E De Felice: vivo I Trattenni il respiro per la emozione e sperai ! E Nino De Leo? ~orto l E _Noè? morto! E Petrina? Morto ! E Nicola Pulci? morto !..... Affranto non continuai nelle domande ..... Ci portammo sul piccolo vapore dell' Uni?ne agrumaria di Catania , comandato da due bra_v1 ~ buoni Triestini , i fratelli Mauro , e là appresi gli eroismi compiuti dai marinai russi e in~lesi e dall~ squa<lra catanese comandata dal De Felice; là seppi dell'assenza, o quasi, della marina italiana nell'opera di salvataggio e di carità ..... Il vaporino era carico di feriti ~ la. se~a doveva partire per Catania. Dove poteva nfugiars1 la squadra catanese? Ecco il problema. Sapevo ...:he la ferrovia era in es_erciz~o.e a chi mi poneva la domanda tormentosa nspos1 ingenuamen te : nei vaKoni I E De Felice : Non ce ne sono I_ E i fratelli Mauro , i buoni Triestini: Ld non et sonochecirca 400 affamati cheaspettan_opane e ~equa da tre giorni e ai quali porteremosubito tutto ciò che e' è a bordo.... Allora decidemmo di andare a parlare coi ministri Bertolini e Mirabello , che si trovavano su di una nave d·1 guerra. Un marinaio ed uno dei fratelli Mauro sotto la pioggia scrosciante con una fragile barchetta condussero me e De Felice sulla nave dove trovammo il collega Gesualdo Libertini accorso da Caltagirone I due ministri ci accolsero con cortesia ed erano, come noi profondamente addolorati. Chiesi : E Reggio? Non potei ottenere alcuna notiz~a. preci~a.... Questa incertezza sulla sorte della v1c1na città, quattro giorni dopo la catastrofe, mi sbalordì (1). Sul vapore Raffaele 7.{_ubattino,cl:e veniva d~lle ln<lie e che aveva caricato a Mess111a profughi e feriti a centinaia ed aveva scaricato tutte le sue provviste feci ritorno a Napoli nella stessa sera del 31. Appena arrivato telegrafai ali' on. Giolitti le mie doloro ·issime impressioni su ciò che avevo visto e specialmente su ciò che avevo appreso da co~oro , che sin dal primo momento si erano trovati sul luogo dove una volta fu Messina e mandai dal1' Express questa lettera agli amici del Puntoìo: « Ritorno a momenti da Messina. Messina fu e non credo possa piu risorgere. Ogni descrizione e inferiore alla realtà. « Come ho telegrafato a momenti all'on. Giolitti, non occorrono medici, - si ricordi che il Tebe ne aveva portato circa 200!- non occorrono anime generose non occorre denarocontante ; occorrono acqua, pan;, baracche, provvedi menti per seppellire I Occ0rrerebbe sapienza, energia, autorità ; mancano. ~on è l'ora della critica; la faremo a suo tempo, tnesorabile. Forse mialiaia di vite umane potevano eso . . . sere risparmiate, se i socc.or~i fo~s~ro a~·nvJtl 1n tempo; ciò che fecero mannat russi, 1ngles1 - ve~amente sublimi! -e la squadra catanese con De Felice, vaporetto Unioneagrumaria comandat? fratelli Mauro - triestini! - lascia comprendere ...:1òche avrebbe potuto farsi. Con dolore, con vergogna constatiamo che alla flotta italiana non può tributarsi la stessa ammirazione che dobbiamo tributare illimitatamente ai marinai russi. E ci6nonper colpadeinostri s,,ldati ed ufficiali, semprepronti ad ogni pericolo ». Nap. Colajanni Ciò che scnss1, non per l'eccitamento del momento, ma colla coscieoza <li compiere un dovere nel la mia non sospettata ingenuità,. non cre<le~o c~e avrebbe ricevuto correzioni o smentite; tanto 11 11110 aiudizio corrispondeva esattamente e rigorosameute ~~Ilaconvinzione ch'era nell'animo di tutti. Non lo credeva anché' perchè parlandone c~n ~a _ufficialedi marina il aiorno 2 mestamente 1111 s1 uspondeva: Pur troppolei ha detto la verità I Non l? credeva, perchè era a mia cognizione che il corrispondente Martini della Tribuna aveva telefonato e telegrafato al suo giornale il giudizio più severo d_i un altro ufficiale di Marina, che si trova a Messtna. Non lo credeva percbè tutti i gio_rnal_i che a~e~o _lett~ - nessuno dei quali repubblicam o soc1alist1 ; _g10~a avvertirlo - in tale giudizio conveniva~o: D1 111_10 non e' era che la forma rude che 1111e propna; quella forma rude, che adope~o ugu:tln:ente ve:s<> gli amici e verso gli avversan, verso 1 borghesi e verso i militari, nella gioia come nella sventura .... Niente altro. Mi ingannai. Una rettifica ufficiale. n~i ~enn,e dal capo del governo, dallo stesso on. G10l1tt1; un .1 ltra dal sottosegretario per la marina, on. Aubry ; un altra prudentissima e in~onclude~ te so~to forma di lode alla marina dal Sindaco di Napolt, ma non (1) Da Girardi e da altri ho appr~so con. vi~issim~ compia: ciu.ento che se ptr Reggio si provvide tard1ss1mo, s1 fu assai felici nella scelta d1.:gli uo~in(, Agiscono mag~11fic_ame_nt~ e concordi il ComunJante Cagm, il Generale Mazzttelli e 1I Generale Dc ChaurnnJ.
R!V1STA POPOLARE 649 <lai Marchese Del Carretto, ch'e ul luogo delb sventura e che ha visto ed udito. Non avrei risposto a queste rettifiche e smentite perchè I' on. Giolitti più che altro si limitò ad numerare le disposizioni prese dal governo, che non valgono a correggere il mio giudizio; per.::he le parole dell'on. Aubry in sostanza lo confermano ; perche il telegramma del Sindaco di Napoli, che non si sa chi sia, e tanto vago ed indeterminato che pnò applicarsi all'opera del miuistro, a quelle delle navi o a quella spiegata nell'Arsenale di Napoli. E su questa come dissi a Floriano Del Secolo, che m'intervisto per conto del Pungolo, non ho che parole di ammirazione grandissima. Mi decide a rispondere la dichiarazione che trascrivo e che il Mattino ha pubblicato sotto questo titolo : La marina italiana giustamn:!è protesta cGntro indegne accuse. Ecco il documento imprudente: « Nel momento in cui tutti i cuori degli Italiani, << compresi da un solo palpito di desol:izione, san- « guinano per la immane sciagura che ha colpito due « fiorenti Città e care sfortun:lte regioni, e che, sti- « molati da un tale palpito tutti, s.enza distinzione « di classe, aspirano a contribuire in qualsiasi torma, « a rendere meno disastrosi gli efietti spaventosi della « catastrofe, l'on. Colajanni, anzicche porgere opera cc di consiglio e di carità sotto l'impulso di una im- « pressione che non può essere che la corrispondenza « inqualificabile di prevenzione, si erige a giudice ine- « sorabile e lancia alla Flotta Italiana atroce accusa. « Lasciando che la realtà emerga da più obbiettive « constatazioni, gli ufficiali e marinai d'Italia, pur « deplorando lo spettacolo sconveniente al quale sono « trascinati non possono frattanto sottostare a tale « insinuazione, resa più maligna da un crudele confronto, « e si ribellano con tutta l'anima loro di italiani e di « soldati contro questo monopolizzatore della filantropia, « il quale trae profitto dalla sventura nazionale per dare « sf ago alle sue passioni partigiane >>. Ernesto Filipponi, capitano di vascello ; Giavanni Cerrina Feronì, capit. di fregata; Luigi ..Arcangeli, capitano di corvetta; Pompeo Pallavicina, tenente di vascello. Se questi disgraziati avessero serbata l~ stessa misura dei loro superiori avrei lasciato correre; ma essi, che certamente non hanno l'onore Ji conoscermi, si sono permessi di attribuirmi delle inqualificabili prevenzioni parlano di insinuazioni di malignità, di monopoli di filantropia ecc. ecc. • A costoro rispondo rapidamente spigolando nei giornali cose gravi, che io non avrei dette , che possono anche intaccare il buon nome degli ufficiali e dei soldati che io ho messo fuori quistione ! Non presto fede a ciò che ha riferito un capitano di trn vapore inglese di ufficiali e marinai che fumavano tranquillamente le igarette nel porto di Messina l'indo1 1ani della catastrofe; e non presterò fede ad altre voci pubblicate dai giornali e che sono ancora più dolorose; non mi farò forte della conferma generica, ma illimitata, che al mio giudizio viene dalle notizie trasmesse dai corrispondenti della Tribuna, del Pungolo, dell'Avanti, del Roma, del Corriere di Catania, dell' Qra di Palermo; nè mi contento <lella conferma esplicita che mi venne dal V:1dalà direttore della Gazzetta di Messina , o del De Felice-, perche socialista, o dell'on. Di Bugnano, quantunque monarchico ed ex sottosegretario di Stato. Ma invito i sottoscrittori di quella protesta a smentire i seguenti fatti specifici e determinati, che espongo senza rispettare l' ordine cron,,logico per fare più presto. l. Il 7{,oma del 3 gennaio scrive: Un reduce di Villa S. Giovanni narra che il sindaco ebbe promessa di soccorso da un comandante di una torpediniera ..... E il soccorso arrivò come quello di Pisa. 2. Il corrispondente dell'Ora di Palermo (2 gennaio) scrive: Qualcuno ci aveva fatto sperare, ieri sera, un rifugio a bordo di qualche navè. Aspettammo nelle tenebre, nella notte, sino al tocco, inutilmente ». 3. Ali' Avanti (3 gennaio) si scrive: « Abbiamo interrogato altri reduci da Messina Tutti confermano cne turbe di superstiti, assiderati, morenti, nudi, invocavano disperatamente aiuto da Reggio alla nave« Sardegna» (1). Ma la corazzata se ne stav,t superbamente immobile e nessuna scialuppa si staccava per soccorrere cotanti sventurati imploranti soccorso. E mentre i disgraziati chiedevano aiuto . alla nave cadde un muro che ne seppelli dieci ! Solo allora si staccò da bordo una scialuppa-una sola scialuppa. Natural mente tutti volevano salirvi; molti caddero in mare, e a quelli che riuscirono a salire fu vietato l'accesso a bordo della nave. Preghiere, minacce furono vane ! Si chiedeva del pane. Ma inutilmente ». « Ma vicino alla « Sardegna» c' era la corazzata russa già piena, e da essa i bravi marinai russi che assistevano a quella scena, gettarono ai disgraziati pane, frutta, panni ». Questa fu la narrazione testuale che un reduce fece al Roma del giorno 2 a conforma del mio giudizio. Potrei aggiungere per averlo saputo da vittime del disastro che il comandante della Sicilia non permise che si scendessero le scalette per far salire i feriti; questi da ufficiali e da marinai - che io non ho contuso coi loro superiori - venivano fatti salire quasi di nascosto. Il comandante certo vedeva ; ma il regolamento forse non permetteva che fossero adoperate le scale che poterono adoperare i legni da guerra russi e • l • I 111g es1 .... • 4. Dal signor Giuseppe Battaglia , uno scampato dal pericolo, appresi che il comandante della Piemonte non volle ripartire da Milazzo per Messina perche ..... doveva fare la pulizia e mettere in ordine la nave ..... 5. Si vuole sapere come s'intende la disciplina della marina da guerra? De Felice narr~t nel « Corriere di Catania » del 31 dicembre : « Il colonnello De Stefano alla mia richiesta di aiutare coi suoi uom101 la liberazione di gente che invocava soccorso sotto le macerie rispose : « Ho ricevuto ordine di aspettare che lo stato maggiore tudii il piano di salvataggio generale , (,) Da un telegramma del comandante della Sardegna al Roma di Napoli, risulta che quella navt! è alla Speiia.
\ 650 RIVISTA POPOLARE dividendo la città in molte sezioni, per potere agire simultaneamente ... Sono quindi dolente di nou potere agi re ». Esagera, calunnia il deputato socialista? Ecco la parola del monarchico onorevole di Bugnano: << Si è dovuto al Re personalmente ed alla Re- « gina, che han dato prove mirabili ed instancabili « di iniziativa superiore ad ogni elogio, se è stata « presa la decisione di trasporta re i profughi e i « feriti sulle nostre navi da guerra che, del resto, « erano ben poche ed insufficienti. E per questa « mancanza di navi, noi abbiamo visto morire sotto « ai nostri occhi oltte sessanta persone di freddo, « di fame, di sete ». Dicano gl' insolenti ufficiali di marina se i loro superiori si potevano mostrare più stupidi e più disumani ... 6. Ma il meglio per me e il peggio pei suddetti signori viene ora. Lo stesso Mattino, che annunziava la risposta alle mie indegne alunnie, nel numero precedente e nello stesso numero, nella stessa facciata che conteneva le insolenze contro di me, pubblicava corrispondenze, che co:itenevano questi brani : « :Messina,•·3 I dicembre « L'acqua ~ mancata completamente, i medicinali « erano scarsi. Si comprende che il corpo dei soc- « corritori si è trovato di fronte a difficoltà inaudite: « ma l'opera delle navi russe ed inglesi che l'altro ieri << ed ieri, a vergogna nostra erano sole a Messina, si << è mostrata perfetta al paragone che noi non ab- « biamo fatto una gran bella figura , anche nel seuso << internazionale. Tutti i profughi appena vedevano « apparire da lontano le bellissime uniformi di sai- « vataggio dei russi coi loro caschi di tela cerata « che danno loro l'aria di guerrieri colla celata, ar- « mati di tutto punto per la lotta colle rovine, « con accetta , picozza , funi e silenziosi , freddi, « obbidienti a un cenno dell'ufficiale che li pre- « cedeva colla sciabola sguainata, si dirigevano di- « speratamente verso quei moscoviti, come li chia- « mavano, benedicendoli e pregandoli di preferirli « nel soccorso. Quando le rovine di Messina sono « state frugate da bande di sciacalli che frugavano « i morti e le pietre in cerca di danaro , i russi << hanno protetto l'ordine pubblico, col revolver spia- « nato ». In un'altra corrispondenza allo stesso Mattino da Milazzo in data 1 a Gennaio (cinque r,iorni dopo la catastrofe...) si dice : << Il servizio telegrafico è peggiorato anzi che migliorare. L'acqua mane.a completamente e da bordo Jelle navi non ne e stata scaricata e non ve ne e una goccia sola alle ambulanze per feriti. I profughi sono sotto la pioggia, senza coperte, senza tende , s enzi pan e e senza acqua. Questo è il rtsultato della disorganizzazione. Senza che vi faccia la storia abituale della illogicità e degli errori burocratici , citerò solo questo: l' unico porto più vicino ove sianvi viveri è Milazzo , il cui sindaco venne, ieri a Messina per offrire dei rifornimenti giornalieri di viveri, purchè si mandasse a f, ·er1derliper una torpediniera che avrebbe a'nrhe congiu~it,~Messina con la linea della ferrovia, via Palermo, onc.~sareùbe stato felice scaricare molti feriti. « Al sindaco fu rìsposto che lo si ringraziavà, ma che non si aveva l' autorizzazione dal Minì · stero di spedire una torpediniera. Solo questo fatto e quello di non aver sbarcato le coperte ha prodotto certo la morte di quattro o cinquecento persone. Bisogna essere· qui per constatare come non si sia fatto nulla assolutamente nulla e come la popolazione vagante di quattro o cinquecento uomini sia abbandonata completamente ». Ma chi sono questi atroci calunniatori della marina, questi denunziatori della disorganizzazione? Aut,onio e Paolo Scarfoglio..... i figli del direttore del Mattino ..... Il loro padre li ha bollati sanguinosamente ..... ( l) + Ciò che importa in questa dolorosissima contingc:nia non è la mia difesa personale ; non è la dimostrazione della balordaggine e della iniquità dei miei accusatori-calunniatori. Ciò che importa al paese, ciò su cui doverosamente si deve insistere sono la insipienza, la lentezza, le contraddizioni, le responsabilità <lei capi e la disorganizzazione dei ministeri, cui spetta la difesa dello Stato. Su questa responsabilità e su questa disorganizzazione i giudizi sono concordi, tutti più tspliciti e severi del mio. Ne scelgo alcuni. 11 Roma scrive, dopo la narrazione della crudeltà della Sardegna : « Dopo quattro giorni alcuni superstiti non hanno ancora ricevuto un solo pane ; nella stiva del Tebe vi sono da due giorni parecchi quintali di pane, ma il comando in capo non ha dato ancora l'ordine di sbarco e donne e bambini muoiono di inedia sulla spiaggia. « I primi reparti di truppa giunsero sul posto senza alcun utensile per gli scavi. Il 1° gennaio, dopo quattro giorni giunsero zappe, badili, vanghe, non ancora completamente _disJ,ibuite. Nella notte le operazioni di soccorso ~- cfovettero sospendere per mancanza di apparecchi di illuminazione. Delle torce furono inviate ieri l' altro ma non si sa su quale piroscafo ed in quale imballaggio siano chiuse. Sono questi fatti che sembrano piccoli ma che hanno una ripercussione enorme nell'organizzazione dei servizi e sono stati causa della morte di migliaia di persone. La nostra squadra impreparata, sfornita di tutto, non ha potuto accogliere che pochissimi profughi. E' deplorevole che in troppi casi - occorrendo potremo documentarli coi nomi e datei nostri marinai , cosi generosi in tante occasioni, abbiano usato un contegno freddo e qualche volta disgustoso perfino , nella tristissima ora presente. Molte volte , per vero, la colpa non e stata degli equipaggi. E' nelle mie mani una lettera di un ufficiale di una nave da guerra-che di fronte agli orrori di · Messina e di Reggio , si esprime cosi : << L' organizzazù 1ne italiana? Una buffonata! Una meschinità ! E se domani avvenisse una guerra sarebbe lo stesso o peggio I Siamo al quarto giorno e la gente dorme ancora fuori, alla pioggia, ed ha fame I >> ( 1) Mi si sssicu1 a che iniziata questa polemica e pubblicato il mio arti ~olo nel Pungolo le corrispondenze dei fratelli Scerfoglio vengono corrette o soppresse. So con certezza che parecchi grandi giornali del continent~ sopprimono le corrispondenze più compromettenti ....
RIVISTA POPOLAR~ 651 Gobbi Belcredi, precisamente a proposito della mia denunzia conferma sul Messaggero con um1 corrispondenza dai luoghi del <lisa tro, il mio giudizio nei seguenti termini : « Ordini e contrordini si seguivano con perfetto disaccordo e per ottenere le più piccole cose, cioè il permesso di fare qu:1lche cosa, bisognava e bisogna rivolgersi a venti persone, che si trovano pedettamen te in grado di non potere accordare nulla, perchè bisogna sentire il prefetto, il generale, l'ammiraglio, il commendatore, tutte persone gentili, amabilissime, ma non proclivi alle decisioni, e lontani dal desiderare di assumersi responsabilità ,, . « Con questo sistema, che cosa è accaduto? E' accaduto che l'acqua c'era e c'è a bordo <lei piroscafi, ma non si distribuisce; il pane c'è a tonnellate, ma non si distribuisce; le tende ci sono, ma per gl' intelici messinesi non se n'è alzata una sola; le zappe, i badili sono arrivati a montagne, ma non furono messe subito nelle mani di chi poteva adoperarle; la polizia del porto manca: quando arriva una nave si fa fermare fuori dello scalo >). « Io sono arrivato col Duca di Genova, all'alba, e ancorammo fuori fino alle 14. Finalmente siamo entrati in porto, ma nessuna nave concesse un rimorchiatore per sbarcare i salvati, 2700, e fu ordinato di sbarcarli con barche di salvataggio. Ci volevano tre giorni. Allora il comandante in seconda del Duca, visto due barconi inoperosi, li sequestrò e li attaccò ad una corda che fece legare alla banchina, e con questo sistema, che adoperò a quanto mi si assicura anche Noè, che fu il primo. navi- . gante rammentato dalla storia, le truppe furono sbarcate, tirandosi a terra con le corde in un giorno e mezzo: dei viveri e medicinali nei giorni appresso ». « Del Duca di Genova si doveva fare un ospe• dale, poichè è una nave nuova, ampia, comodissima, ma appunto, per questo vi si stabilì il comando supremo, mentre avrebbe potuto funzionare più rapidamente stando a terra sotto un baraccone; e ben due ore e mezzo furono impiegate, dico due ore e mezzo per discutere la pianta ... delle mense, vale a dire il protocollo della pancia, cioè l'ordine dei posti a seconda dei filetti del berretto e delle antichità delle commende ». Agostinoni, altro corrispondente dal luogo della sventura, scrive al Pungolo: « Le nostre autorità militari, di terra e di mare, senza distinzione, non hanno capito il carattere dell'opera da compiere, non hanno sentito l'immènsità della nostra sciagura, non hanno avuta la rapida visione di una strana guerra da combattere di nn insolita vittoria da strappare ». « E' bastato assistere a qualche sbarco per esserne arckon vinto ». « La regia Marina, perfettamente impreparata, parte tardi, arriva ultima e sbarca il suo carico all'indomani con la stessa serenità con cui s'indugia un yacht di bontemponi >>. {< Si rifiuta un manipolo di soldati ai volenterosi assillati dal dubbio , si sospendono i permessi di disseppellimento per tre giorni perchè mancano le braccia, e nello stesso tempo s' impiega un'intera giornata a barcare un vapore carico di quei soldati che fra due g1orm saranno ancora men utili di ieri ». « E' mai possibile una simile lentezza in guerra?». Cose più dettagliate e ancora più gravi, di ritorno da Messina, ha detto l'avv. Girardi, figlio del Deput:no ad un redattore del Roma. ll dottor Antonino Anile scrive nel Pungolo (3 gennaio) : « Dove sono le quattro divisioni navali che ammirammo nelle ultime manovre? Dove i ue incrociatori tipo Garibaldi cosi veloci ancora ? Quale opera avrebbero potuto compiere laggiu nel mare ancora convulso passando da un paese· all'altro, da un'isola all'altra! Quale mobilitazione avrebbe potuto esser salutata con più entusiasmo dal popolo d'Italia? Quale occasione perduta. on. Mirabello, perchè il cuore metallico delle vostre navi palpitasse, unisono al cuore di tutto il popol_o d'Italia!». « Ancora, mentre scrivo, non sono laggiù che le tre navi della divisione volante e due piccoli incrociatori e poche torpediuiere. Gia le voci imploranti tacciono e un lugubre silenzio è sulle rovine, e, se qualche altra nave potra partire dagli Arsenali dello Stato, non porterà pane, ma calce perche una col tre bianca si distenda sul lutto ! ». L'on. Di Bugnano arrivato sul luogo del disastro col Sindaco di Napoli riferisce: « Nel porto erano poche navi e una disorgani zzione generale· deplorevolissima. Non si sapeva a chi rivolgerci, a chi domandare spiegazioni, da chi avere informazioni per recarci nei punti ove mag• giormente il nostro soccorso fosse stato utilè ed efficace; tanto che, con un atto disperato il sin• daco e gli assessori giudicarono opportuno di impiantare all'aperto, subito, sulla banchina, una specie di ospedale da campo per apprestare i primi soccorsi ». Il prof. Rizzo, direttorè dell'Osservatorio <liMessina, a chi gli domandava : - • « Trova giustificate , professore , le critiche « fatte ali' azione lenta ed inefficace del nostro et esercito e della Q0stra marina ? Ha risposto : - « ln verità si. Io che serenamente ho visto ed osservato, ho potuto notare che più chè il ritardo non può essere assolutamente glustificata l'incertezza con la quale i primi soccorsi vennero apprestati ». « Ho udito il generale che per primo venne ir:iviato sul. luogo del disastro, iniziare una discussione lunga, minuziosa e inopportuna con gli ufficiali sul luogo più acconcio ove stabilire una stazione di soccorso. Per il che io protestai, forse troppo energicamenre, con lo stesso generale. Pensi che i russi non perdettero ua solo minuto non appena sbarcarono a terra : e che il loro servizio di soccorso improvvisato immediatamente funzionò egregiamente fra la soddisfazione generale ». Ed asprissima protesta contro il Generale Mazza fece il pro!. Albanese di Palermo. . . Giovanni Cimolo, il valoroso avvocato giornalista terribilmente provato dalla sventura, dalla sua Reggio crive alla Vita (3 gennaio) : « E' possibile che, quello che riuscirono a fare
652 RIVISTA POPOLARE il Sindaco Del Carretto, quattro valorosi assessor~ e pochi volenterosi, non. p_oss_a~are !1e~sun~- dei poteri dello Stato?-. Noi italiani oigi e~ sen.1a1110 avviliti di non avere in tanta colossale sciagura eh~ la cooperazione meravigliosa dei marinai russi , pe~ quali la nostra ammirazione non ha confine.. Due navi russe , 'Bogadir e Slava sono in porto come due emanazioni di opere miracolose ». E ~entano gli ins0lenti ufficiali di ~11a:ina, ~he alle t.ifese - impossibili - hann_o sost1t~1te _le Ingiurie: Bugn:ino, Anile, G<:bb1_Belcred1, Cuaolo, De iiartino Aaostinoni , Girardi ec. ec. ec., sono tutti monarchici be qu;-:si tutti ministeriali! Ma que,to é nulla. Habemus confitentem re~m. . L'on. Aubry, il sottosegretario per la n:a.nn~ d1~ chiara : « Bisogna tener conto delle cond1z10m dei luoahi della generale agitazione che regnava a bordo b ' d , . delle navi impreparate e si compre~ era ~o_n~es.1~ umano eh~ qualche ufficiale, nella 1mposs1b1hta d1 prestare soccorso alcun~, stretto dall' angoscia per questa sua impotem.:. a, abbia potuto, con qualche scatto ruvido, coprire questo suo dolore ed allontanare la folla che implorava soccorso». Strano, inconcepibile dolore questo dolore, che si manifesta colla crudelta verso coloro , che dovrebbero suscitarlo ! Egli poi mi domanda: « Saprebbe <li_rel'~rn._Co- « lajanni che cosa doveva tare la manna 1tahana « più di quello c~e ha _fatto?»:, l{isposta lacomca mia : « C10 che ha fatto la « marina rus.sa, la inglese e la squadra di Catania!». « Ma la squadra russa, replica l' on. Aubry, era « vicina, a due passi dal luogo della . cata~trote .... u E poi alla squadra russa venne lasciato 11 ~om- « pito della carità; a quella. italia?a _l'altro ~1 re- « primere ali atti di saccheggio o d1 br~gantagg10 ... » E quest~ difesa è infelice perchè non corrispon~ de a verita. Se la squadra russa era a due passi, sul luogo della catastrofe, c'erano parecchie to~pediniere e il Piemonte sul luogo stesso del disastro • a Palermo , a Napoli , cioè a due passi o al più a tre passi c'eran~ parecchie navi, che pote~ vano sopraggiungere al 1~1assimo . C?~ due ore d1 ritardo. Nè è vero che c1 fu la d1v1s10ne del lavoro: nel primo momento spettò ai marinai russi tanto il compito della carità, quanto quello della repressione ..... + Ultime osservazioni. L'on. Giolitti ha enumerato le disposizioni prese! e. per p~rte mia aggiungo che mi consta che egh 1mmed1atamente telegrafò a Napoli dando ordini p~rchè .!utto procedesse con sollecitudine e senza nsparmu. Ma vediamo, però tutta l' azione del governo seguendo le date (1). . La catastrofe avvenne nelle prime ore del 28 dicembre. Si poteva riparare facendo partire per Messina tre ministri e cinque generali soltanto? Ah I no. Altro occor~eva. Occorreva, dice Ciraolo, far presto, presto, pruto ! Ebbene i provvedimenti più ( 1) Sulle date, sulla possibilit_à di spedii e ~Itre .~avi pront~, equipaggiate e fornite nel I~ ~ag1011e (6 G_enna10)e e una corri• spondenza dalla Spezia add1r1ttura _sch1ecc1an_te_.Da sola dov~ebbe bastare a provocare la destituzione di:! ~1nrst~o della Marina, d~I suo sottosegretario e di qualche amm1raglro. seri per la salvazione di migliaia d' infelici s1 seauono con quest' ordinè : 0 Il Nord America, con una vera ambulanza parti col senatore Durante e con Pantano il 1 ° gennaio cinque giorni dop~ la cat~str:ofe. Le disposiziom del Ministro della guerra per I? invio di 4 ospedaletti ecc. ecc. sono state prese 1! 2 gennaio. Sei giorni dopo l~ catas1rofe· . La Campania e la Taorrmna con 4500 letti _non_ erano arrivate a Messina il 4 gennaio. Otto giorni dopo la catastrofe !.... . . Ma non è evidente che q uest1 letu non potranno raccogliere oram;-ii che morti o_m~ribondi? . Peggio ancora : al salvatagfs10 s1 sot~ras~ero nav1, eh' erano già ~1 rri vate a Mes;ma, la Vittorio. Emmanuele, per ritornare a N~pol_.1.. ·\ prendere il Re ! E qui due domande _nnalt : 1. Ha _o non ha la flotta italiana delle nav1-ambulatlze? Se non le ha h impreveggenza è semplicem~nte spaven~evole ; se le ha e non le ha mandato chi doveva, la 1mpreveggenz:t, aggravata dalla inumanità è altrettanto spaventevole. 2.0 Alcuni mesi or sono la stampa di tutti i colori ebbe lodi grandissime per la rapidità - in 48 ore si disse - della mobilizzazione della flotta destinata a fare una dimostrazione contro la Turchia. Ora oggi si presenta questo diler~111ia: o l_amobilizzazione rapida non fu vera e s'mgannò _1Ipaese ; o fu vera e uon si ripetè adesso, che non s1 tratta va di una dimostrazione e la cosa è indegna di uom1111 di cuore e d' Italiani .... 11 mio giudizio fu ritennto da alcuni giusto, ma inopportuno e intempestivo. Costoro non conoscono gl' Italiani : essi dimenticano che domani il processo di un qualsiasi Cifariello non avrebbe più richiamato l'attenzione. loro. Dovevo tacere, come qualche Chimirri sugger!sce? No. Era mio dovere parlare, e parlare alto e chiaro. Gli esempi dei si!enzi _disastrosi sul~e. condizioni della marina e dell esercito, sono ternb1lmente celebri. Tacque o menti Le Boeuf e la Francia ebbe Sedan ; e tacquero o mentirono tutti gli Alexeiefl: e la Russia ebbe Port Arthur e Muckden. Ma perchè ricordare esempi stranieri? Tacquero gl' Italiani e tollerarono che un Persano comandass~ la Hotta e l'Italia ebbe il danno e la vergogna d1 Lissa I Re Vittorio Emmanuele III, è corso sul luogo della catastrofe. Sia lode a lui. Ha destituito un Sindaco ed un Ingegnere capo eh' era umano pe:isare che abbiano perduto la testa; e torse poteva risparmiare la severa misura. Ma Vittorio Emmanuele III meglio farebbe se destituisse quelli dei suoi mi~1~stri e dei suoi ammiragli, che sono responsab1h.- Il. popolo lo a.mmirerebbe e spererebbe nella v1ttona se la guerra un giorno dovesse sopraggiungere. DoTT. NAP. CotAJANNl 11 vice ammiraglio Mira bello tornato. a Ro~na, carico degli allori mietuti ~el po~to. d~ ~essma, ignorando forse la unanim1tà dei gmd1z1 che lo condannavano inappellabilmente, non contento d~lle proteste del Sottosegretario di Stato per ~aMan~a e delle spacconate dei suoi dipendentl , s1 fece in
RIVISTA POPOLARE tervistare e disse di rne, che andai per tante ore a Messina, quante bastavano per calunniare. A questa stolta provocazione risposi serena111ante . con questo telegramma: Jl!linistro Ll1.irabello - Roma u Affermate cosa non vera dicendo che nel biasimo coinvolsi tutta marina italiana; invece esplicitamente separai responsabilità elemento direttivo da quella degli ufficiali e dei marinai. Il povero e volgare sistema nel quale vi sentite ridotto non mi duole se non· pel decoro, per la dignità del governo d'Italia e a giudicare tra la lealtà mia e la vostra basta più ancora che il concorde giudizio di tutte le perwne che videro le cose, la semplice cronologia dei vostri provvedimenti sulla cui deficienza, sulla cui confusione, sulla cui lentezza non occorre ritornare. Calunniatore fui detto anche da altri in altri casi e ri-sposero per me i fatti. Voglia la fortuna d'I 1alia far bastare a smentire voi questa volta la realtà dolorosa delle cose avvenute. Firmato : Colajanni ». Jl ministro della Marina ha risposto col seguente pietoso telegramma : On. Colajanni - Napoli. « Ritenete come respinto il vostro telegramma e le asserzioni in esso conttnute che non mi tangono, tanto mi sento superiore alle vostre insinuazioni e calunnie. Firmato: vice-ammiraglio C. Mirabel/o » Poche altre parole di conclusione. Dopo la pubblicazione della mia prima lacònica lettera al Puntalo; dopo l'anticipata pubblicazione delle bozze dell'articolo precedente nello stesso Pungolo è venuta tale valanga di conferme, anche nei giornali, che stanno pel governo, come Il :Messaggero, che si deve ritenere assolutamente impazzito, se pur la ragione abbia mai avuto, il Ministro della Marina, che osa ancora negare la luce del sole e che le proprie gravissime responsabilità vorrebbe far dimenticare, lui che il proprio dovere non ha fatto, tentando vituperare chi lo ha sempre compiuto - sopratutto in questa occasione. Il tentativo del vice ammiraglio Mirabello è doppiamente ignobile e miserevole : 1 ° cercando, con insuperabile e insuperata malafede, cnnfondere la causa propria con quella di tutta la marina, che io tenni rigorosamente separate e distinte ; 2° cercando ridurre ad una meschina quistione personale una grande quistione d' interesse nazionale, qual'e quella della organizzazione della difesa navale, che messa alla prova in una occasione tragica si è mostrata spaventevolmente deficiente. Qualunque altro uomo, che sentisse della propria djgnità a quest'ora si sarebbe dimesso ; in qualunque altro paese sarebbe costretto a dimettersi. Per molto meno e per un episodio doloroso, che non lo riguardava personalmente in Francia si dimise il ministro della marina Thompson ; in Italia Mirabello resta, trova il suo tempo a rispondere colle insolenze alle accuse e spera, torse, di avere coniata una grnnde medaglia speciale per lui , che disonerebbe coloro che _gliela dessero ... N. C. GLI ftVVENIMENTI e • GLI UOMINI L'a■soluzlone di ClfarleHo.- Dunqe i giurati di Campobasso - posteri volgari senza cravatt.a, come nella sua infinita gratitudine e cortesia gli ha qualificati il Cifariello stesso - i dodici villani innalzati a dignità di giudice hanno assoluto l'artista! E indubbia,uente far la pelle alla propria moglie , cuopri rla di fango, recitar durante due mesi la commedia, e cavarsela pulita è opera d'arte. Ma è anche vergogna somma per il nostro paese, che un uccisore possa tornare alla sua arte di'letta - c'è il caso di domandarsi se è quella di far plllitamente la pelle ad un'altra moglie , o di scolpire dei marmi - ; ed intanto possa maltrattare i giurati che lo hanno rimandato a ca1:1a. libero e pulito da ogni macchia. Notiamo che i giurati hanno avuto quello che si souo meritato. Ma quello che ci sembra anche più scandaloso è che il Presidente non abbia voluto nsare di quel suo diritto, che il codice gli accorda, di mandare al mauicomio il reo giudicato infermo di mente. Del resto questo è uno di quei casi i quali vengono a confermare ciò che tante volte si è detto, e che orma.i tutto il paese ripete: il nostro ordinamento giuridico è difettoso tutto, da cima a fondo, nei Codici, nella Proeedura Penale, nei metodi di espiazione delle colpe. Più elementi banno concorso a favorire la scandalosa assolnzione; prima di tutti il lungo carcere preventivo: poichè Cifariello per quanto sia risultato dal processo auirna arida ed egoista ed oscura; per quanto abbia assassinat~ la moglie, è pur sempre un uomo: ed il patimento di quattro anni di angoscie e di torture nell'attesa, patimento che i giurati han dovuto sentire ed hanno certamente valutato , è stata Ja. più grande, la più valida· scusante alla colpa dell'uomo. Egli non è ri1tscito simpatico nel processo ne non che per questo solo: e lo disse egli - questi quattro anni di tortura, sono stati la vera pena. Logica, quindì, - quantunque rivoltante - l'assolnzione. Ma noi sentiamo di dover assurgere a considerazioni più generali. L'assoluzione di Cifariello non è che una fra tante simili, di simili delitti. E' d1 n'iue che il vo- .lere della vita - qua.udo è v: ta di d0n na - è diminuito? Si direbbe. Ma la legge non fa distinzioni: ed in un caso solo la legge, antica e moderna , ammette J'uccissione del coniuge infedele, solo quando isorpreso in flagrante delitto di adulterio . .Ma noi abbia1110 1 ormai, fatto del tribunale un teatro, dell1'\.tragedia. come farsa, o meglio un buon tema a scandali piccanti a r~- velazioni lubriche, a esibizioni mostn108e d'ind~nnenti insanguinati, di strumenti d'omicidio, <]i sopra-luoghi sciocchi ed inutili. Bisogna abolire tutto ciò: la maestà del la giustizia esula da.li' aula della Corte , quando al reo è concesso rimbeccare presidente e testimoni e avvocati della Parte Civile, quando nel tribunale non è più la ricerca nuda, semplice, arida della verità, ma è il dilagare dello scandalo, il perdersi in vaniloquenti ciarlate di avvocati che per tirare in lungo ripetono dieci volte, in dieci forme differenti uno stesso! argomento; quando il processo è uno spettacolo prelibato - non raro - che i magistrati
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