Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 23 - 15 dicembre 1908

RIVISTA POPOLARE 641 verso il pm vario avvicendarsi al potere dei partiti, mira alla soluzione dei problemi vitali, che sono al di sopra dei suoi metodi. La questione universitaria nelle terre italiane soggette all' Au - stria non è questione che riguardi quella nazione soltanto. Noi non ce ne possiamo disinteressare; ed è necessario che un componimento si trovi. Questa è la verità. Nella piccola Svizzera, che pur consta di tre elementi etnici, le scuole cantonali hano tutte ordinamenti diversi , e nelle superiori, nel Politecnico di Zurigo, per esempio, il più celebre dei suoi istituti, tutti i corsi sono bilingui. L'elemento tedesco è sì in prevalenza ; ma v'è luogo per cattedre regolari di lingua, di letteratura e di storia italiana, e vi sono sconosciute le ingiuste ed inutili prevalenze di nazionalità. I corsi paralleli austriaci invece - che erano se non una soluzione un qualsiasi modo di transazione - non hanno potuto vivere, perchè i pregiudizi di preponderanza assumono in Austria da parte dei tedeschi e degli slavi delle forme selvagge di aggressione. Il governo austriaco non tien conto di questo fatto; o meglio non tien conto per negare agli italiani ciò a cui essi lìanno diritto, in nome specialmente della più nobile e più antica tradizione della loro cultura. L'Università di Trieste , dicono, sarebbe minacciata da un violento destarsi di appetiti e di agitazioni slave. Ma agli speciosi pretesti nessuno crede : la verità è che si teme di fare di Trieste la citadella di un irredentismo molesto e pericoloso. E questo è un errore. Gli italiani - e la nostra diplomazia specialmente - dovrebbero contribuire a dissiparlo, se pur si tratta di un erron., e non piuttosto d'un ripicco misero e vano, di una di quella ostina• zioni senili che non si vincono non che colle buone ragioni, neppure colla violenza. Perchè è impossibile che una nazione, la quale ha incontestabilmente una potenza ordinatrice ammini - stratrice di primissimo ordine e quale altre potrebbero con profitto imitare, non senta che dare a ciascuno il suo mezzo migliore per impedire certi conflitti che pure alla fine dovranno scuotere quella compagine che appar salda soltanto per l'abilità di tutti coloro che ne han saputo con sottili e sapienti artifici congegnare le parti. E ai giovani italiani noi diciamo con trepida commozione che non s'agitino violentemente. E' un danno che essi fanno certamente ai loro fratelli, è un danno che potrebbero f<rse attirare sulla loro patria stessa. Questi moti impulsi vi sono senza dubbio generosi; ma mP.glio è tacere e ricordare; meglio è, raccolti, tentare sè stessi e contribuire poi con tutte le forze (e i giovani le hanno) a creare la nuova coscienza politica italiana, quella che la faccia una volta finita con ogni sorta di corruzione, che spezzi tutte le più innominabili clientele, che scacci nell'ombra chi vuol prevalere senza intelletto e senza coscienza, che accenda gli <!ntusiasmi più nobili che ora si soffocano sotto il più misero cinismo, che guardi con purezza di cuore e con lucidità di mente fiduciosa in faccia all'avvenire. Questo si chiama preparazione. E vada questa parola di augurio e di conforto agli italiani aggrediti ed aspettanti (Ma.r- {Occo, 29 novembre. • M. Ferraris: IJ rincaro delle p1gtont ( 1). - Il rincaro delle pigioni si accentua e costituisce la maggiore preoccupazione delle classi medie e disagiate. li male crese e la questione dei fitti diventa il problema precipuo della vita do mestica, amministrativa e sociale della capitale. La relazione del prof. Montemartini già avvertiva, nella scorsa primavera, un profondo squilibrio fra l'aumento della popolazione e lo sviluppo delle abitazioni, cosicchè, alla fine dell'anno passato, si calcolava una deficienza di circa 20,000 camere. Dal 1897 ad ottobre 1908 in Roma i vani nuovi sono cresciuti in media di 4,434 ali 'anno; ma la popolazione è cresciuta di 13,591 ab. all'anno. Gli abitanti, quindi, supenrno di ~, 157 ali' anno il numero delle camere destinate ad alloggiarli, anche senza tener conto dei vani industriali ! Che fare? Una sola soluzione è possibile: aumentare rapidamente la costruzione di nuove case, in modo da colmare la deficienza del passato e da fronteggiare il continuo aumento della popolazione. A Roma occorrono almeno 1.2,000 camere all'anno (1) Il rincaro delle pigioni in Italia è generale, esorbitante, perciò assai volentieri pubblichiamo un riassunto di questo articolo, che riguarda R0ma. Il problema è identico da per tutto, La Reda,ione nel prossimo decennio, ossia 120,000 camere in dieci anni, con una spesa totale di circa 240 milioni di lire. Due sono le forze economiche, che in ogni paese provvedono alla costruzione di nuove case: l' ini;riativa privata, sotto forma di speculazione individuale o di Società anonima o cooperativa; I' ini,iativa pubblica, sotto forma di Enti ed Istituti aventi fini sociali e che affittano le case al prezzo di costo. Or se la ini1iativa privata più non provvede alla fabbrica - zione delle case occorrenti per Roma, è indispensabile vi provveda l'iniziativa pubblica, altrimenti Roma resterà senza le case necessarie alla sua popolazione. Municipio e Governo sanno benissimo che le case non si improvvisano: se la fab • bricazione rallenta oggi, avremo la crisi acuta fra due o tre anni al più. Si pensi al1'Esposizione del 1911 e si provveda I Ci fu un tempo a Roma, dal 1882 al 1887, in cui si costruirono in media 2 1 ,ooo ambientì all'anno: in sei anni si fabbricarono circa 12 5,ooo camere, pari~ ad un 'intera città. Da calcoli istituiti dal commendator Bodio risulta che nel periodo r,he va dal 10 gennaio 1882 al 31 marzo del 1888, furono spesi dall'industria privata in fabbricati Ji abitazione circa 2]5 milioni di lire, vale a dire in media circa lire 40 milioni ali 'anno. Pur troppo, in quel periodo si procedette con disordine e si creò la crisi dell' abbondama, come oggi soffriamo della crisi della scarsità. Adesso occorre la metà delle costruzoini di allora; ma mettiamoci in grado di costrurle con un programma concreto. Questo programma si sintetizza nel progetto di Roma moderna a Pta:na d'Armi. Il Governo paga fitti ingenti per i suoi uffici e li dissemina in tutte le parti della città, con grave danno del buon andamento delle pubbliche amministrazioni, nel tempo stesso in cui rincara le pigioni a carico dei cittadini. Il Comune è nell'identica dolon sa necessità. Governo e Comune mancano di fabbricati per i loro uffici, come i cittadini mancano di case per le loro dimore. Oggi.1ì lo Stato ed il Municipio pagano oltre un milione di fitti ali 'anno per più di 5 ,ooo camere sottratte all'abitazic-ne dei cittadini: il riordinamento dei pubblici uffici in Roma, in appositi palazzi - parte a Roma alta e parte a Piazza d'Armi - realizzerebbe un'economia per il bi· lancio, e lascierebbe libere migliaia di camere ad uso privato I Perchè dunque non deve essere possibile una opera bene - fica, sollecita, e filantropica che insieme armonizzando gli interesri dello Stato e del Comune, e le necessità imprescindibili della popolazione, liberi Roma da questa minacciosa crisi degli affitti, che pesa sulla vita, pubblica e privata, della intera città? L'area di Pia?.Za d'armi col resto tra Monte Mario e il Te• vere misura circa 1,600,000 metri quadrati, e si presta alla costruzione di un'intera città, Anche nell'ipotesi che \' area coperta si riduca a poco più di un terzo e che circa due ·erzi siano destinati a piazze e vie, ampie e belle, ed a piccoli giardini, la superficie di Piazza d'Armi ed adiacenze, coperta di fabbricati a 5 ed a 6 piani, buò contenere circa : 10,000 camere per Ministeri ed altri uffici pubblki; 100,000 camere per abitazione privata di impiegati e di cit-- tadin i in genere. Se queste nuove 100,000 camere fossero costrutte in circa dieci anni e se, grazie ad una savia e liberale politica delle abitazioni, esse venissero affittate al preno di costo, Roma moderna, a Piazza d'Armi, risolverebbe per il prossimo decennio il problema delle pig:oni della capitale. Infatti, alle nuove case di Piazza d'Armi conviene aggiungere tutte quelle che gl' Istituti, le Società cooperative ed i privati andrebbero costruendo n0n solo in Roma alta, ma in tutta la periferia della città. Io allora Roma potrebbe avere una dotazione di camere proporzionata al fabbisogno: e le nuove case, a pre;r,ro di costo, entrerebbero come elemento impor• tante nella determinazione dei fitti. Utilizzata bene, essa apre l' adito ad una soluzione graduale ed efficace dello tormentosa quistione del rincaro delle pigioni: in caso diverso, il problema, a nostro avviso, diventa insolubile. L'area di Piazza d' Armi, per circa una metà, è di proprietà comunale, grazie alla legge del 1907; quindi è fuori di tutte le lunghe e compiicate procedure della dichiarazione di valere e della espropriazione, Il prezzo deve essere determinato dal Municipio e se questo non si propone di farvi una speculazione - a danno dell' intera cittadinanza - Piazza d'Armi è quella che megiio si presta alla costruzione di case da affittarsi a mite preLzo ed aventi l'alt,o a beneficio fine di attenuare le pigioni.

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