Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 22 - 30 novembre 1908

RIVISTA POPOLARE 597 è tale estremo di farisaismo , contro il quale ogni coscienza libera non pu6 a meno di ribellarsi. A suo tempo noi ci levammo contro la Suprema Corte di Cassazione che in un momento di aberrazione giuridica e morale consigliava la impunità di reati comuni per motivi politici. Ma il caso Campanozzi è diverso, assolutamente diverso; il suo reato formale, se ci fosse, rappresenterebbè un atto di coraggio civico di giovamento alla cosa pubblica o che nuocerebbe soltanto ad un ministro. L'impunità, quindi, sarebbe stata consigliata dalla più elementare opportunità politica non solo, ma anche dal senso della moralità pubblica e privata. Ora qualunque legge quando si trova in confìit to colla opportunità politica e col senso morale dev' essere violata , violarla è opera meritoria. Il reato del Campanozzi , poi , non è di quelli iscritti nei codici penali e chiaramente formulato ; ma è di quelli , variamente determinabHi ed apprezzabili secondo le varie circostanze del momento e lo stato di animo di coloro che dovrebbe giudicarlo. La inopportunità politica e morale della pnnizione del Campanozzi risulta lampante per altre circostarn:(:. Il Campanozzi e la Federazione postelef{raftca tra i funzionari sono stati tra quelli, che hanno biasimato i metodi anarcoidi. Di ci6 bisognava tener conto, almeno come di un'attenuante. Di più. Sinora i funzionari si sono riuniti, hanno discusso hanno attaccato e biasimato più o meno viva• cemen te i superiori e lo Stato a difesa degli interessi propri e della propria classe. Tutta la Relazione Campanuzzi, specialmente la parte terza nella quale si occupa del la politica protezionista del ministero delle poste e telegrafi , dalla prima all' ultima parola, è intonata alla difesa dello interesse pubblico e del miglioramento dell' importantissimo servizio pubblico affidato ai postetelegrafici. Si può dissentire sulle proposte e sulle critice del Campanozzi; e la Rivista qualche dissenso fece manifesto; ma nessuno potrà negare le buone, le eccellenti inten• zioni del funzionario, che ha giustificato la esistenza della associazioue di cui fa parte e la partecipazi6ne attiva di tutti i funzionari alla discussione dei rispettivi dicasteri come una collaborazione delle per• sone più competenti nei rispettivi rami di servizio pel loro miglioramento, e nello interese dello Stato, dei singoli cittadini e di tutta la collettivita. La punizione di un funzionario che pel primo mette da parte gl' interessi corporativisti e inizia la collaborazione dei funzionari all'opera di riforma tanto utile e tanto attesa dei pubblici servizi è un errore politico mostruoso, che dovrebbe essere seguito dalla punizione severa di chi l'ha commesso. Ciò avverrebbe in qualunque altro paese in cui la opinione pubblica cosciente dei propri interessi è vigile e si sa fare rispecchiare dai corpi che la rappresentano ; ciò non avverrà molto probabilmente in Italia, perchè è fiacca la pubblica opinione - se pur si possa dire che essa esiste - e la fiacchezza propria trasmette al Parlamento. Fa Rivista Facciamo v1v1ssima preghiera ai pochi gli abbonati che non ancora hanno pagato l'abbonamento, di volerlo fare colla massima sollecitudine, per risparmiarci sensibili spese. Dacionc~oirus~i iazi~aelrisi aumni vesita I risultati dolorosi del concorso ultimo per re- ~lut~re _150 alunni giudiziari provocarono una polemtc~'. mteressante sulle colonne del Giornale d' J. talia. Intervenni nel Giornale di Sicilia di Palermo con due articoli, nei quali rimontai ai risultati degli esami universitari per spiegare la debacle dei concorsi giudiziari. Fedele al mio metodo positivista non volli ge · neralizzare e mi limitai a scrivere in base alla mia conoscenza diretta, alla mia esperienza personale nell'Università di Napoli. I miei articoli mi procurarono due lettere di Ludovico Mortara, a di Carlo Fadda, che confermli no e illustrano il mio assunto e che per la importanza dell'argomento veramente vi tale mi permetto di pubblicare. La lettera del Mortara è grave assai perchè prova che certi deplorevoli inconvenienti non son') propri ed esclusivi della Università di Napoli, dove potrebbero spiegarsi col grande affollamento degli studenti, ma anche delle altre Università del Regno, che si trovano in diverse condizioni. La frase caratteristica del Carrara che egli riferisce serve a spiegare lo scadimento della magistratura e come fosse deplorevole l'antico sistema di reclutamento dei magistrati. Quella del Fadda ammonisce che colla buona volontà le cattive consuetudini si correggono. Della utilità della correzione ho una prova in una comunicazione verbale fattami dal Mortara: ai candidati del concorso giudiziario che furono bocciati all'Università di Genova non dette il suo contributo. Mi piace aggiungere che il collega Professore Melucci, che per molti anni insegnò nell'Università di M0dena, assicurommi esservi severi gli esami e che i giovani ivi laureatisi raramente caddero nei concorsi. Quale insegnamento pei giovani, che prendono troppo alla lettera i versi di A. Fusin,ato ! La quistione è importantissima e riguarda l'Italia tutta. La estensi~ne che vi danno le cennate lettere, perciò mi indica la opportunità di riprodurre la disL.ussione sulle colonne della Rivista Popolare , dove riproduco lievemente modificati i due articoli del Giornale di Sicilia e li completo col pensiero dell' attuale avvocato generale presso la Corte di Cassazione di Roma e del Prof. Fadda. Comincio dalla pubblicacione dei due miei articoli. I. Il fallimento dei concorsi giudiziari Sul Giornale d'Italia si è svolta una polemica sulla quale non si richiame.rà abbastanza l' attenzione degli Italiani, che s'interessano alla cosa pubblica. Il soggetto della polemica non potrebbe essere più vitale: il fallimento del concorso per r 50 posti di uditore giudiziario. Si può parlare di fallimento per l'ultimo concorso, come per qualche altro precedente? Certamente. Infatti su 379 candidati ci furono : approvati con media complessiva di 1/10 N. 99 » » >> 6/10 N. 66 non idonei . N. 214 Ciò per gli esami in iscritto. Agli esami orali si presentarono 95 candidati, dei quali solo 84 furono approvati. Questo risultato, che si ripete da qualche anno, allarmò giustamente, e un alto magistrato (anonimo! Male assai ...) ne scrisse al Giornale d'Italia attribuendo il fallimento un poco alla severità della

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