Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 22 - 30 novembre 1908

R I VI S T A P O P O L A R E 607 stituita una Commissione intesa allo riforma del sistema vigente JJ. Prendiamo atto di questo che, a nostro avviso, costituisce il passo più difficile alla riforma; poi~hè, ammesso il pri nei pi_o che la riforma dell' art. 189 sia necessaria e possibile, nessuna discussione ci rea le sue particolarità di applicazione varrà più a impedirne, tardi, o tosto, il trionfo. Giova l'aver segnalata l'evidente grandissima importanza del fatto nuovo in sè; nè l'indole di questo scritto consentirebbe un esame analitico delle disposizioni del Progetto di legge allegato alla Relazione. Sotto tale profilo si imporrebbe una censura prelimin:ue alla sotto commissione: che dimenticando le premesse simpaticamente ardi te della Relazione, ha poi nel testo del Progetto posto ogni studio nel dare loro la minore esplicazione possibile. Il Progetto nel testo attuale risente della più ingegnosa preoccupazione per innovare pochino pochino al sistema vigente e non ledere i diritti e le condizioni di privilegio dallo stesso quesiti, Con tutta la buona voglia io non posso approvare che si limiti nel tempo e nello spazio l'esercizio dell'azione di paternità così da renderlo troppo spesso impossibile o d'esito illusorio, come si fa con l'art. 6 di codesto disegno imponendo che la domanda sia proposta, pena la decadenza, non oltre l'anno dell'età maggiore del Gglio e in ogni caso, entro i centottanta giorni dalla morte del padre. Così l'aver imposto alla madre, per proporre l'istanza di paternità, l'assistenza di un curatore speciale (art. 6), costituisce atto di sfiducia immeritata verso la donna ed un vero peggioramento nelle sue condizioni giuri<liche generali. Così l'aver parificato a diffamazione, punibile penalmente, la domanda di paternità propo)ta in mala fede (articolo 18) rappresenta una confusione antigiuridica dei principii sulla responsabilità civile e di quella penale che, invece, sono distinte e antitetiche. Ma il peggior guaio di codesto Disegno di legge consiste nella sua non retroattività in favore dei figli naturali già esistenti. Basta enunciare una simile proposizione (a'ft. 2 I) per comprendere la desolante inanità sociale del Disegno elaborato dalla sottocommissione. Coloro che prima hanno sofferto gli effetti dell'iniqua disposizione legislativa e hanno alimentato di lacrime e di sangue la santa lotta per la comune redenzione dovrebbero, essi appunto, rimanersene fuori dalla riforma I A me sembrano tali non sensi da neutralizzare senz'altro qualunque, pur ottima, disposizione del Governo e dei singoli commissari a favore della riforma da noi propugnata. Oh I non basteranno a redimere tali difetti gravissimi del Disegno, non basteranno le altre disposizioni, che difettose pur sono, benchè in minor grado, e nemmeno varranno i ritocchi che con criterio più o meno sapiente vi saprà introdurre la ragion politica, assai più che la logka giuridico-sociale, del Governo accomodante. Il Disegno di legge dovrà essere radicalmente modificato in una rielaborazione di sentimento e di coscienza vi tali delle classi popolari che il bisogno della riforma più angustia ed anima, di giorno in giorno, alla sua diretta conquista. Anche dovrà emendarsi quel concetto incompleto e impreciso della seduzione a danno della inesperienza femminile che dimostra di professare la Commissione o, più esattamente, l'autore della Relazione. Risparmiando a noi la fa ticD. e ai lettori la noia di una disamina specificata delle altre disposizioni, come del contenuto strettamente legale del Disegno di Legge, conchiudo l'accenno fugace su questo primo puntorilevando .che certo non vi difetta l' intenzione di far bene 1 e solo è a deplorarsi che voglia far bene a troppa gente e scontentare nessuno. Ma una riforma, sociale non solo nel nome, deve pure disturbare i comodi e muovere gli sdegni di qualcuno; altrimenti è.. sciroppo, decotto di malva, tutto, eccetto che una riforma. Ho pronunciate sopra due parole che esigono attenta meditazione: conquista diretta. Malgrado il sapore alquanto sindacalista, la frase corrisponde 0 rmai ad una forte realtà. E' fortuna delle parole o merito delle cose che in quelle si esprimono e talvolta, sia lecito il dirlo, si fisionomizzano? Troppi concetti non si riesce a comprenderli che enunciati da una serie di vocaboli più o meno rappresentati vi. Non so che rispondere di preciso: certo è che la frase aiutò a sorgere l'idea e nella forma meglio apparvero disegnati i lineamenti della sostanza interiore. Quella che io lanciavo nel VI Congresso giuridico nazionale in Milano (settembre 1906) p_uò, a parte false modestie, qua~ifìcarsi una frase di carriera. Io partecipavo al Congresso di Milano con idee precise e con una intima convinzione programmatica intorno alla ricerca della paternità. Però sento di poter affermare in piena coscienza che non alimentavo pregiudiziali di sorta a sostegno della mia tesi e mi tenevo lealmente disposto a vederla discussa, magari demolita dalla discussione, rassegnato a proclamarne la scoofitta se così avesse decretato il Congresso. Io comparivo davanti a un'assemblea di studiosi, aliena da passioni veramente politiche, imponente per la calma e la dignitosa consapevolezza onde aveva discusso e votato sui punti più vitali del di ritto, che un 'evoluzione incessante umanizza, aprendolo a sempre nuove esigenze di civiltà. E a quell'assemblea io dissi rudemente: dopo quarnntaquattro anni di accademia non sempre in buona fede, dobbiamo fare qualcosa di seriamente utile a pro della donna e dei suoi figli. Intorno al divieto delle indagini sulla paternità naturale ormai troppa gente si è baloccata dal 1865 ai nostri giorni : i legislatori promettendo regolarmente ad ogni tornata parlamentare la riforma dell'art. 189 del Codice Civile, senza mai tentarla nemmeno per sbaglio; il Parlamento prendendo in considerazione i molti progetti di legge (Morelli, Colajanni-GiantLuco, Zanarde lli, Sorani, Cocco-Ortu ecc. ecc.) per condannarli subito dopo al sonno venerando negli archivi; gli studiosi elaborando solenni e profonde disquisizioni circa la possibilità e convenienza dell'agognata rifo1ma senza ottenere la soddisfazione di essere, non che compresi, appena letti; i congressi di giuristi e malinconici affini diluendo tutte le linfe della filantropia teorica entro l'innocuo umanitarismo di voti platonici e invocazioni ad epoca indeterminata e a scadenza eternamente prorogabile; tutti hanno parlato, spropositando con rara costanza, tranne le classi popolari direttamente interessate alla riforma. La donna e le schiere, formidabili per numero e miseria, dei figli di nessuno si sono tenuti sempre assenti dalla ripetuta fiera di accademici rimedi. La donna e gli illegittimi non hanno mai potuto concorrere a un rn ovimen to, come il nostro, fittizio, privo dei caratteri più elementari di sincerità e di seria praticità indispensabili a renderlo proficuo e degno di fiducia da parte della massa interessata. Noi abbiamo sperato e atteso la riforma dell'articolo 189 dall'iniziativa parlamentare la quale, invece, nulla farà mai di utile al popolo senza la di lui pressione diretta e urgente. Le riforme non si mendicano dalla generosità spontanea dei poteri costituiti, ma si impongono, si conquistano, si strappano con la coalizione degli interessi di ven

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