554 RIVISTA POPOLARE Ma la stessa difficoltà della situazione doveva produrre inevitabili conseguenze. L'Italia, pur formando parte della 'l'riplice, non poteva abb,rndonare la amicizia di antica data verso r Inghilterra. Tale amicizia colla Inghilterra non poteva produrre grossi guai finchè i rappporti tra l'Inghilterra e la Triplice correvano normali; ma sorto, il dissidio anglo-tedesco, l'Italia si trovò Sllbito in una posizione delicata. E la difficoltà della situazione si a-;crebbe r,ncora quando si ripristinarono i buoni rapporti colla Francia, quando corsero tra la Francia e l' Italia convenzioni cl.i.e m)- stra vano l'intima 8~mpatia fra i due pae8i e quando per un momento parve che la Germania rimanesse isolata, o quasi, dal mondo politico. Cosi r;i è creato nel nostro paese un con viucimento che si è andato sempre più radicando, che la Triplice non fosse più necessaria, e che l'Italia avrebbe fatto meglio a gettarsi tra le braccia dell'altro gruppo occidentale al quale sì era as.:iociata la Rus~ia. Questa l·a difficile situazione che dura già da p1u anni, e che domanderebbe, per essere bene dominata, un uomo di genio ed autorevole e sperimentato al Ministero degli esteri. Poicbè , con una forza mili tare notoriamente debole di cui dispJne l' Italia, con mezzi finanziari limitati, per quanto migliorati, con bisogni sempre crescenti domandati dal suo stesso sviluppo, con la impossibilità di rimaner sola ad essere forse vittima di questi smembramenti che !ha subito nei tempi passati, e che non è detto siano assolutamente impossibili nell'avvenire, l' Italia ha creduto per un momento ad una sicura illusione, quella di essere arbitra della situazione ove si getta8se da una parte o dall'altra. E questa illusione ripetuta al paese da uomini dj Governo, o non abbastanza da essi smentita, creò pretese ed aspirazioni ed aspettati ve che non si verificarono e fecero l'effetto di disillusioni. Con espressione volgara si direbbe che per qualche tempo l'Italia dicesse: che cosa mi date e quando mi date per restare nella Triplice? - E più di un parlamentare, che domani potrebbe essere ministro degli esteri, ha detto in termini più corretti, ma che hanno lo stesso siguifìcazo: - a cho ci giova la Triplice? Ed è precisamente su questo punto che mancò l'uomo· di Stato geniale il quale dicesse subito e franco al paese : - la ':çriplice fu per noi e continua ad essere una alleanza di ~emplice difesa. Quante: volte non si è lasciato correre nel paese la voct, che l'Austria ci avrebbe ceduto il Trentino? E ne;;isuno dalla tribuna parlamentare osò affrontare la y_1rndtione annientando tale aspirazione e dicendo che il 1l're11tino non si potrebbe ~acquistare che con una guerra fortunata; 1:Austria senza di ciò, non avrebbe mai ceduto un pollice del suo territorio (1). Abbiamo proceduto nella politica internazionale come nella politica interna : gli stessi minidteri ora fauno una politica da mangiapreti, ora sembrano trattare una conciliazione col Vaticano; - ora sono minacciosi reazionari, ora ,vanno incontro ai socialisti e se ne servono ; - ora sembra si voglia seguire una politica dalle g andi vedute, ora tutto procede con una gretteria di pensiero e di concetto da mortificare chi sta osservando. Cosi è nella politica internazionale; alleati indeci:::ii, a vedere certi atti, nella Tripliee , faccia.u:.o dei giri di waìtzes con la Francia, con l'Inghilterra ed ora colla Russia, osserva ti ge1os~mente dai nodtri amici di di Berlino e di Vienna. Ma detto questo, ed osservato che l'attuale momento tipico della politica interzionale, è il prodotto d1 quesi;a nostra situazione incerta ed indecida1 non possiamo a meno di domandare: ma dove sono gli uomiui che·avreb- - (1) L'Economista avrebbe potuto e ricordare che l'on. Colajanni più volte alla Camera disse ciò , dopo ,averlo ridetto una decina di volte nella nostra Rivista. (N0t0 della Redazione). bero segnita una diversa via? Quale è il diverso programma che seriamente sia stato posto innanzi? E dobbiamo confessare che dai discorsi parlamental'i o dagli articoli dei più autorevoli periodici non abbiamo rilevato che o delle frasi vaghe od aspirazioni al meglio, che possono stare in qualunque programma, o delle tendenze che non sarebbero nella realtà ammissibili. E dunque, che si dove'Va e che si deve fare? Per noi la conclusione è una sola e non è distante troppo da considerazioni di economia politica generale. Bisogna abituarci il paese ad avere tendenze, aspirazioni e linea di condotta corrispondenti alla sua rea.le situazione economica ed intellettuale. Le sne tfòndenze devono essere esclusivan:ente verso la pace e favorire tutto ciò che, anche a costo di gravi sacrifici può assicurarla. Ogni paese ha le sue epoche, quella di raccoglimento, e quella di conquista, quella di miseria, e quella. di spendo re. L'Italia, nata da poco tempo, con tanti bisogni tecnici da soddisfare , con l'an13.lfabetismo che ne inquina la vita intelletuale, con la mediocrità dei suoi uomini, delle sue moltitudini, con la ·urgenz::i di cementare più strettamente le sue di verse parti per renderle conscie vera.men te dei van - taggi dell'unita, l'Italia non può che aver paura della guerra che la scompaginerebbe e ne metterebbe a repentaglio la esistenza, anche in causa ~della potenza clericale che essa nutre nel suo seno. M Le aspirazioui conseguentemente non devono essere che aspirazioni interne, diremo così rivolte a far l' italiano, a svolgere la agricoltura e l'industria, a riordinare le amministrazioni dello Stato, ad acc1·escere la prosperità delle moltitudini, a vincolare sempre più rer mezzo di interessi comuni le diverse parti al tutto. E da ciò stesso nasce la linea di condotta sulla politica internazionale; linea di condotta che deve avere per divisa : la modestia :dignitosa , ma che sia veramente modestia. Da più anni non vi è questione cl.i.e sorga in Europa che l' Italia non lasci intendere e.be spera e desidera qualche cosa; ultima delle grandi Potenze è quasi sempre la prHna a reclamare diritti , a pretendere compensi, il che la rende meno simpatica e la fa considerare poco seria. . A coloro che obb;ettano che intanto gli :altri Stati si allargano e serrano l'Italia come in una cerchia di ferro, bisogna rispondere che verrà il tempo della decadenza degli altri e dello splendore del paese nostro. Qnanti eventi non si ~ono verificati in pochi secoli di storia? Quale avvicendarsi di potenza e di forza tra le di verse nazioni ? Ciii può pretendere di fermai e il tempo e d1 cristallizzare i fatti quali sono 9 Verrà il tempo opportuno anche per l'Iialia, ma intanto bisogna che tnuti la sua. linea di condotta che fu già giudicata uu po' pretenziosa, in una linea di condotta modesta. Solo la modestia può evitarci delle amare disillusioni. In poco più di dieci anni, quanti ne co1Tonodal 1869 al 1870, l' Italia ha veduto compiersi a imo favore tanti · avvenimenti fortunati come nessun altro Stato nel mondo, e più per forza di cose e maturità di eventi, che per successi militari. Ora l'Italia deve farsi amare e rispettare; la 8Ua politica di ,alleanze deve esser tutta rivolta ad assicurare a sè ste3da il supremo bene della pace. Quanto più essa farà sentire di abbandonare la via della µi.odestia per percorrere quella delle pretese , tanto più si troverà esposta ad essere umiliata ; oggi sarà la Francia che si prende Tunisi dopo aver dato promessa di non occuparlo, domani sarà l' Astria che si annette la Bosnia Erzegovina dopo i convegni col nostro Ministro degli Esteri ; il Governo avrà sempre prove di malcoutento quanto più avrà lasciato concepire delle speranze arrischiate ed infondate. Per ottenere il rispetto ai diritti od i compensi per i vantaggi altrui, bisognerebbe essere forti e ricchi, e l' Italia non è nè forte nè ricca.. La Fnrncia ha dovuto ripiegare la bandiera a Fa-
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