Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 19 - 15 ottobre 1908

RIVISTA POPOLARE DI Politica, Lettere e Socia I i Hirettort,: Prof. ~AJ>OLJiJONJCiOJ LA.JANNI (Deputato al Par1amento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese Italia: a11110 lire 6; semestre lire 3,50 -JiJstero: anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 Amministrazione: Co1'So Vittorio Emrmuele, n. 0 LL5 - NAPOLI A11110 XIV - Num. 19 ABBONAM~NTO POSTALE Boma, 15 Ottobre 1908 Facciamo vivissima preghiera a tutti gli abbonati che non ancora hanno pagato l'abbonamento, di volerlo fare colla massima sollecitudine. Dirigere, fino a tutto ottobre, lettere e vaglia al Dott. Napoleone Colajanni, Castrogiovanni (Sicilia). SOMMARIO: Hll avveulnrnnl,I t, ~Il 1101111111: Noi: Pei fischi allo Czar - Napoli per Matteo Renato Imbriani - Pel Giubileo d1 Gius<!ppe Cebare Abba - Le dimenticanze di Lord Cromer - Il nuovo Marocco - Errata corrige - A. A.: La serrata dei cotonieri inglesi - La Rivista: L'imbroglio Balcanico e il fallimento della po:it1ca di Tittoni - Dott. Napoleone Colajanni : Insistenza doverosa : Sospendiamo il dazio sul grano - Dott. Gaspare Ambrosini : La separazione tra Chiesa e Stato come metodo? - Sperimentalismo sociale (Le leggi sociali d'assicurazione in Germania) - Emilio Fogg Meade: Gli Italiani sul suolo americano (Uno studio su i' immigrazione) - G. Rundo; Dopo I' VIII Congresso Magistrale - Guglielmo Ci'6!>i:JimannVoelardita: Rimpatri e partenze - Antonino Filastò : La delinquenza collettiva in Calabria - lti vista delle B,I vlst,e : Ddl' inutilità della Riforma protestante (Mercure de France) - Per attenuare una crisi industriale (Giornale dei lavori pubblici) - Il problema dei senza lavoro (Revue Economique internationale) - La trasformazione della Turchia (La questione finanziaria (Econo)lliste français). - Recensioni. GLI PrVVENIMENTI e GLI UOMINI Pel fischi allo Czar. - Se ne discorre di nuovo, percbè di n11ovosi parla del via~gio in Italia dell'Imperatore di .R11ssia. • Noi siamo o~gi contrari a questa manifestazione ::;entimentale , come lo eravamo quando l' on. Morgari esplicitamente propose l' ostile accoglienza. Ci manteniamo decisamente avversi per ragioni di utilità collettiva ed anche in omaggio a quell'amore per la pace, di cui .Morgari e i socialisti italiani si dicono tanto teneri ed entusiasti. Non escludiamo perciò le ragioni sentimentali sconsigliando vivamente i fischi. L'amicizia della Russia mai è stata tanto utile ali' Italia quanto in quei:ito momento. L'amicizia della Russia rappresenta il contrappeso più sicuro alle mal celate ostilità del mondo ufficiale austro-ungarico; e se essa sia µreziosa. quando da ogni parte si conviene che siamo impreparati alla difesa del confine orientale e che i nostri ordinamenti militari sono in isfacelo non è chi non. vegga. La percezione esatta della nostra situazione politica e militare ha fatto tacere le ire partigiane, le aspirazioni antiministeriali e ha indotto la stampa di tutte le gradazioni a salutare il convegno di Desio tra Isvolsky e '11ittoni come un lieto e grande avvenimento. Anche i giornali socialisti lo banno accolto bene ; con entusiasmo il Tempo di Milano. I soli a disentire sono stati i nostri amici della. Ragione; e ce ne duole. Essi hanno ragione quanrlo rimproverano al governo della monarchia di avere ridotto il paese a malpartito colla sua politica estera e militare da dovere sperare nell'aiuto del governo dello Czar ; e 0ggi , in minori pro porzioni si riproduce forse la situazione che Alberto Mario rimproverò al lo stesso governo della monarchia ali' indomani della occupazione di Tunisi. Ma disgraziatamente , gl' Italiani non avendo voluto , potuto e saputo togliersi d'addosso la dinastia sabauda, non si può e non si deve in odio alla monarchia danneggiare gl'interessi più vitali della nazione. La monarchia può passare e spei·iamo che passi; la nazione resta. Abbiamo detto che c'è un lato sentimentale nella intesa italo-russa: essa, infatti, costituisce la migliore garanzia pel mantenimento della pace, che rappresenta la quintessenza dei sentimenti umanitari. Ma i fischi allo Czar comprometterebbero tale intesa? Non lo ·crede l'on. Bissolati, che nell'Avanti, ha pubblicato un articolo a base di sofismi anzichè di buone ragioni. In fondo egli , pnr senza manifestarsi entusiasta dellà proposta mor~ariana, dice che il rispetto al galat,eo oggi meno che mai può_ s~rvire d~ baRe alla politica internazionale che rispecchia 1 grandi interessi dei popoli ; tanto vero , egli soggiunge , che noi siamo bt1oni alleati dell'Austria, quantunque Francesco Giuseppe sia venuto meno ad ogni convenienza non rèstituendo la visita in Roma al Re d'Italia. Proprio questo esempio maledettamente zoppicante . è quello che· distrugge ogni parvenza di ragionevolez~a nel ragionamento del Direttore dell'Avanti. E' precisamente 111, scortesia usataci dall' Imperatore Austroungarico, che ha reso incerta e vaciU-ante l'alleanza tra l'Italia e lo Stato limitrofo ..... Se questa alleanza è stata rinnovata non ostante la scortesia usataci, ciò,. malauguratamente, si deve alla nostra impotenza militare ; un poco anche all' amore p~r la yac~ , che sarebbe sicuramente compromessa se 1 Itaha s1 staccasse dalla Triplice. E questo affermiamo oggi al di fuori di tutti i buoni motivi, che da molti anni c'inducono a ritenere preferibile, neìl'interesse d~ll'Italia, l'accordo coll'Austria-Ungheria più che quello colla Germania. In ultimoJ contro la convenienza dei fischi, aggiungiamo che il rispetto del galateo nella politica internazionale ha tanto più valore qJ.1anto più persona!~ è il potere dei fattorf della medesima. Si può concepire che un affronto fatto ad Edoardo VII non venga tenuto in gran conto dall'Inghilterra, dov~ è prep~mderante il potere del Parlamento. Ma s1 può dire la stessa cosa della Russia dove tutti i poteri si accentrano nello Czar? Ciò che questo possa lo. dimostrò anche lR pazza guerra contro il Giappone. N. B. Questo stelloncino era stato scritto e corretto prima che scoppiasse la bomba nei Balcani. Gli avvenimenti i ultimi ha'.lno, forse, reso più improb.1bile la venuta dello Cz~r; ma hanno reso più preziosa l'amicizia della Russia._ Perciò lo manteniamo immutato.

506 RIVISTA POPOLARE ♦ Nap( t per Matteo Renato lmbrlanl. - A N~- ,li si e inaugurato un busto a Matteo R.:-- uato IL • .-iaµi con largo concorso di popolo, di sodalizi, di bandiere ed anche delle rappresentanze 11fficiali del Parlamento, del Municipio di Napoli, di Corato e di Torre del Greco. • Dire che il ricordo marmoreo era dovuto e meritato è dire poe(\; dire che il momento in cui venne inaugnrato era i! più opportuno sarebbe contrario a verità. Infatti Matteo Renato Imbriani, come bellamente dimostrò parlando di lui Roberto MirabelJi, che glifo amico e fratello, rappresentò la sintesi più alta del patriottismo fattivo e non verbale, della rettitudine nella vita pubbliea e privata, dt:Jla sincarità spinta sino all'inverosimile, del carattere nel Aenso più bello e completo della parola. E tutto questo, ahimè! in questa ora triste decade, precipita ... La inaugurazione del ricordo per sacrifizio e virtù di pochi suonerà rampogna e sprone al miglioramento della nostra educazione e della nostra azione ? Speriamolo ! Intanto notiamo che Irene Scodnik, la vedova inconsolabile, modello di virtù domestiche e di vita intemeratissima, sopratutto eminente per la sua modestia, era assente dalla festa. Cosi doveva essere e la circostanza non sarebbe stata degna di rilievo se altre vedove di uomini pii1 o meno illustri· non dessero frequente e doloroso spettacolo di vanità. Ad Irene Scodnik in quest'ora vada il nostro reverente saluto e volgendo a lei il nostro pensiero siamo sicuri che se Matteo Renato Imbriani rivivesse con tutto l'entusiasmo di cui egli era capace ci griderebbe: Grazie! ♦ Pel giubileo di Giuseppe Cesare AbbaI nostri lettori conoscono che non siamo usi con soverchia fac' 1it.!\ a commemorare i morti ... e molte meuo l Vl Vl. Ma quando i vivi e i morti presentano doti rare non esitiamo a consacrare a loro qualche stelloncino disadorno ma riboccante di sincerità. Oggi perciò nei ci associamo al Comitato di Cairo Monlenotte, cbe al proprio concittadino Giuseppe Cesare Abba, ricorrendo il 70° anniversario della sua nascita ha voluto coniare una bellissima medaglia d'oro colla sua effip;ie rassomigliantissima ed ha fondato un opera di beneficenza scolastica che prende nome dal suo. ~ plaudiamo al repubblicano Astorre Copetta che propose che il Consiglio comunale di Brescia, dove da molti anni l'Abba vive, gli accordasse la cittadinanza onoraria, votata per acclamazione. In G. Cesare Abba rispettiamo uno .dei Mille e il soldato valoroso di Calatafirni, di Palermo, di Milazzo, • del Volturno nel 1860, di Bezzecca nel 1866. Questo, però, non ci sarebbe bastato a dire di lui C'è di più: Abbll è artista e letterato di raro valore. C'è di meglio: egli à 70 anni conserva i vecc}li ideali sinceramente e largamente democratici e di lui non si riuscì a fare un volgare servitore della dinastia sabauda,.:iche 'a suo benefizio falsifica la storia. Ne dette prova nelle ultime polemiche sulla parte avuta da Cavour nella spedizione dei Mille e che noi ricordammo. Chi scrive ha avuto il piacere di vederlo_ da recente a Brescia e provò sinceriHsimo rompiacimen to nel tro- -varlo vegeto e diritto della persona e diritto di coscienza : gli anni· non ne hauno infiacchito nè i mu • sco,i, nè la meute, oè il cuore. Poss·:t conservarsi I 11ngamente a-l'Italia e alla democrazia, esempio vivente di ~·irtù cittadina ai giovani, che di tali esempi banno bisogno. ♦ Le dimenticanze di Lord Cromer. - Il generale Luchi110 Dal Verme, ch'ebbe parte nelle trattat!ve par la cessione di Cassala a.Il' Inghilterra nell'ultimo nirmero della Nuovr. Antologia pubblica 11n documentato e sereno articolo, in cui corregge q 11alche asserzione erronea del precedente articolo delJ' onorevole Di Rudinl e rnetie in evidenza le di1uenticanze di Lord Crorner in quanto si riferisce al valore spiegato dagli italiani attorno a Cassala e ai grandi servizi resi daJl'Italia all'Inghilterra intArvenendo nella lotta contro i Dervisci del Sudan .. Sul primo punto noi deploriamo che l'on. Dal Verme abbia atteso la morte dell'on. Di R11dinì per èontraddirlo. In quanto al secondo gli diamo ragione piena ed intera. Lord Cromer è un grande amministratore benemeri_to del proprio· paese; ma egli mof::ltrò sempre dell'antipatia verso i! nostro e non si lasciò mai sfuggire l'occasione di punzecchiare l'Italia o gl'Italiani mentre governava l'Egitto. Un giorno, ad esempio , accusava Martini di favorire la tratta degli schiavi; un altro giorno in un rapporto alla Regina s,11!' am ministrazione egiziana per dimostrare che la delinquenza egiziana non era allarmante non sapeva far di meglio che paragonarla a quella italiana; .e cosi via ... Figuriamoci se egli si sarebbe mostrato equamine e grato verso gli italiani nel suo libro! BRne ha fatto, dunque, l' on. Dal Verme a rinfrescargli la memoria. ♦ II nuovo Marocco. - Gli avvenimenti nei Balcani hanno fatto perdere di vista gli ultimi incidenti Marocchini, e l'atteggiamento delle varie potenze di fronte a Mnlai Hafid. Ormai la lotta violenta, nel Marocco, è finita. Abd-ul-Aziz si ritira a vita privata, il suo ultimo luogotenente, l'intrepido M' Tong11i si è arreso ed ha riconosci11ta la sovra.nità di Mulai Hafid; ed il nuovo Sultano mette mano ora a pacificare e riorganizzare il paese desolato dalla recente guerra e dall'opera .... eivilhzatrice dei francesi e degli spagnuoli: ~ vi riuscirà se le potenze Europee Jo lasceranno libero di agire. Tale è la richiesta della Germania : e sembra aStiai onesta, come equa è pure la risposta della Germania alla Nota Franco-Spag-nola, risposta che, in termini cortesi ma fermi, consiglia la Francia e la Spagna a non essere troppo strozzine verdo il Marocco, poichè ora la questione della indennità è forse la pi11 aspra di tutta la faccenda. La Nota Franco-Spagnuola faceva un po' troppo capire che chiedendo una impagabile indennità per l' occnpazione di Casablanca ed il ristabilimento del1' ordine nei porti Maro.chini, la Francia intendeva mettere nel Marocco una ipoteca che il povero disperato paese non avrebbe mai potuto saldare, e la Francia cosi avrebbe pot11to considerare il Marocco una. sua proprietà. L' intervnto e la fermezza della Germania salvano , in questo caso, il Marocco. La Germania, visto che non può pigliarsi il Marocco per sè sola, tende a che neppure altri se lo prendano, ed esige che la indipendenza del Marocco rimanga intatta in tntte le sue forme. Noi. perciò, in questa occt1sione diamo lode - e ci accade di raro il darla - alla Germania e ci augnriamo che la Francia non accolga i cattivi consigli, che gli vengono dal Leroy-Beaulieu. L'illustre economista, infatti, nell'ultimo numero dell' Economiete francaise raccomanda di non contentarsi di una ind~nnità inferiore ai 60 milioni. E come mai potrebbe pagarli il Marocco? Qnindi pagamento d'indennità, si; ma anche adeguato e ragionevole valore della medesima indennità. Mulai Hafid è tutt'altro che uno stupido. Egli conosce e sente tutte le difficoltà della s•1a situazione: i snoi dqveri di Sultano del più fanatico fra i popoli musulmani , ed al tempo stesso di regnante che vuol condurre a buon porto il suo regno e che deve di

RIVISTA POPOLARE 507 conseguenza non aguzzare gli appetiti di possibil!- divora.tor1 . e tenersi in buoni rapporti con loro. D1 qui la dichiarazione ufficiale di ~ulai Ha~d , dichia-: razione fatta prima ad un giornahsta, e. npet1_1ta poi nella lettera diretta da M11lai Hafid al corpo diploma tico di Tangeri, e che qui vale la pena di riportare : La lotta recente per il trono marocchino-ha detto e scritto il nuovo Sultano - ha provato. « Che sono io che sonodesiderato come sultano dalla popolazione. Se un ingiusto ed inutile i_ntervento stra-: niero non avesse avuto lnogo non v1 sarebbero mai state discordie interne. Le potenze europee sembrano dubitare della mia capacità di mantenere l'?rd_ine_n_el paese. Pertanto io ho già inviato delle m1~s1001 rn Europa per assicurare le poten~e dell~ mia buona volontà di conformarmi all'atto d1 Alges1ras. Nessuna di queste missioni è stata presa in consi?erazi?ne. I~ informo oggi l'Europa che ho la ferm~ mten~10oe d1 conformarmi alle condizioni dell'atto di Algesiras per tutto il tempo che esse saranno rispettate dalle potenze firmatarie. Se le potenze desiderano che una nuova conferenza abbia luogo, io sono pronto ad accettare la loro proposta. Tutte le clausole contenute nell' atto di Algesiras devono essere immediatamente rispettate ». . .. Questlol,dichiarazioue, che del resto è la npet1z1one succinta di un'altra che Mulai-Hafid fece tempo fa, 1100 può non essere presa in considerazione dalle potenz~ Europee, e non può uon avere un grande va.101:e·Mula1 Hafid è de8iderato dal la popolazione Marocchrna co~e coh,i che saprà. conciliare gli interessi ~el . commer_cio e dei rapporti con gli Europei con la d1gmtà , la 1~-: dipendenza e gli interessi del suo popolo. I notab1h del paese, lo conoscono come uomo devoto al Cora~o, come uomo amR.nte della libertà del suo paese; egli è noto per un severo spirito di equità ~razie al q~ale le provincie governate da lui erano, prima della _r1vofozione le meo-lio amministrate del Marocco. Egh non ba le àebolezz~ di s110fratello per le superficialità ~ gli spm·ts della civiltà ; è acuto poli~ico, fede_le agl~ usi del paese, ed alla religione dei suo_1anten_ati. _Egli offre dunque, personalmente, nna sohda se1:1e_d1garanzie-di buon governo al suo popol~. Quali s;eno le sne idee di questo buon governo egli espresse_ tem~o fa, in un suo rescritto, dopo la sua proclamazione 10 Fez : Conservazione della religione maomettana_, conservazione degli usi del paese, difesa e mantemme~to della indipendenza ed integrità del . Marocco.; ordme nelle provincie , repressione del bngantaggi? , equa imposizione e riscossione dei tribn ti , libero 1~gresso al commercio Europeo, rii;petto delle clausole. di Alge1:1iras.A queste la nota Franco Spagnola aggrnnge pagamento della indennità: ciò che è giusto .s~ la do-: manda della indennità è equa; rispetto degli 1mpe~m presi dai suoi predecessori , ciò che può essere logico o assurdo, secondo gli impegni. Mulai Hafid dichiara nettamente ch'egli non vedrà di mal occhio gli Euroµei commerciare nel paese;. ma non potrà e non vorrà mai tollerarli come padroni. Il che è un monito all'Europa, e specialmente alla Francia , che già vedeva 1tn nuovo I.mpero , ~ v_asto, aggiunto all'Algeria. Noi avremo mvece, md1pendente, un nuovo Marocco. ♦ ♦ La serrata rdel cotonieri lnglesl.-Mentre la questione dei 'disoccupati si fa di più in pi~ se_ria, e tumulti, e risse accadono in tutte le grandi città d'Inghilterra; mentre Lloyd George prima, poi Asq 11i_th e finalmente qualche giorno fa Whinston Churcbil I parlano affermando che il governo sente i I dovere e la responsabilità di rimedia.re alla Aituazione dolorosa, nel Lancashire è scoppiata una delle più gigantesche serrate che abbiano avuto lungo in Inghilterra: la serrata dei cotonieri. A dire il vero i proprietari delle fabbriche hanno precipitato la situazione perchè, in ~ondo, a loro fa comodo in questo momeuto che la pr~duz~one si arresti. Se gli operai avessero accettato la riduzione del 5 °/ 0 su i salari proposta dai padroui , è più che che probabile che questi ultimi avrebbero t_rov~ta qualche altra buona ragione di conflitto per riuscire nell'intento di sospendere la produzione senza troppo dirlo. La pletora del prodotto che non si vew1e è grande nel Lancashire. I proprietari potrebbero venderlo a prezzi più bassi, senza per questo ve?dere a perdita, ma hanno preferito prendere un at~egg1amento di battaglia e provocare la serrata. Essi d~l resto! hanno seguito gli esempi che dannò loro gh operai coo-li scioperi. Oo-gi circa 150 mila lavoratori sono I:".) o . . sul lastrico· alla fine del mese per la n percuss1une della inatti~ità delle filande nelle industrie e lavora: zioni connesse 1 milione e mezzo di operai sarn.nno senza lavoro: se la lotta durerà oltre il mese di .novembre si calcola che il numero dei disoccupati in seguito alla serrata. raggiuno-erà circ~ i 3 I"?ilioni. Questo è uno dei tanti episodi dell' egois~o .de, capi~ talisti inglesi. Dal licenziamento dei commessi e degli impiegati privati che hanno raggiunto l'età di qua· rantacinque anni, alla pratica dello sweati'Y}-gsys~em che la legge proibisce ma. che i fabbricanti praticano impunemente, alle serrate destinate a fare smal tire la pletora del prodotto, le manifestazioni d~l f~·oce erroismo capitalista ino-lese sono innumerevol1. Ed è n '"' I questo egoismo che prepara e sca.va lentarueute a tomba alla organizzazione economicu. attua.le dell' I?- ghi. 1 terra. Vana.men te i protezionisti. col Reform_ ta_riff, che Balfour stesso qualificò come mcapace. d1 nmediare al male, i liberali ed il governo co~ 1 pro~vedimenti per i disoccupati, le pensioni per i vecchi! le dichiarazioni umanitarie· ed i socialisti con le aspira- ' zioni platoniche al tocca-sana Marxista pensa_noe cr~- dono arrestare il precipitare vertigino:30 degli eveut1. Ieri un disoccupato a Trafalgar Square diceva: badterebbe che ognuno di voi avesse due acri. di terra e _saremmo felici; e quasi eco di que:3te parole 10 _unmeeting di cotonieri serrati un operaio diceva : " noi dovremmo poter lavorare a conto nostro, ecco la soluzione > ._ In realtà in Ino-hilterra si prepara la più grande rivoluzione econo~ica del nostro tempo. I più l'aspettano dall'America, che non può dare e non darà_- almeno per lungo tempo - nulla di nuovo: è l'Ingh_1lterra elle con le sue sopravvivenze di sistemi feudalt_, co~ I' e-: goismo dei suoi capitalisti, le masse enormi dei RU0 1 operai organizzati, ed il senso di giustizia del popolo Inglese darà la prima spinta ad 11nrinnovameuto sociale. Certo lo sciopero e la serrata dei cotonieri 8ar~nno composti ma forse non così presto che non abbiano ' ' ' • Errata corrige. - Nel N. precedente della Rivista vi sono alcnue cifre che devono essere corrette. A pag. 487 la ricchezz~ del Pi~awnt~ dev_'essere segnata 20,88 e non 24,88 ; il ca.neo tributario della Lombardia. dev'essere 14,99 e non 14,29._ . . prodotto prima i loro inevitabili frutti. A. A. Un libro di vera attualità è l'opera del Nelle somme delle percentuali del carico. tnbu~ano e' è una frazione di O 26 in più. Ma questo heve errore è nello studio stess~ del Pantaleoui e non si poteva correggere, arbitrariamente sottraendo da qualche dato. NOI Dott. NapoleoneColajanni Perla economia n zionalee peldaziosulgrano L. 3,UO. Per gli abbonati della Rivista L. 1, 7O

508 RIVISTA POPOLARE L' in1broglioBalcanico e il fallimentodella politicadi Tittoni Non è facile giudicare' della politica estera a chi non conosce tutti i termini del problema; non è facile sopratutto quando i fattori degli avvenimenti sono numerosi e aggrovigliati, quando la situazione si muta e si complica rapidamente e continuamente. Riesce difficile giudicarne anche a noi che da1I894 in poi abbiamo guardato gli avvenimenti orientali con una direttiva che crediamo cmnforme ai principi democratici ed agli interessi italiani; direttiva esposta replicatamente nella Rivista popolare specialmente in occasione della mozione Barzilai sulle ferrovie balcaniche. Comunque, ora come •sempre tenteremo di essere obbiettivi, inspirandoci al solito inesorabile realismo senza preoccupazione di nuoc~re o di giovare a questo o a quel ministro, a questo o a quello oppositore, che vuole dargli il gambetto. La calma nel giudizio politico si conseguirà facilmente, s' imporrà, quando si esaminerà la sostanza degli avvenimenti balcanici e la si metterà in rapporto coi precedenti da un lato, colle previsioni e coll'aspettazione di ciò che sarebbe avvenuto dall'altro; di ciò ch'era nella coscienza di tutti. In quanto al primo punto non e' è dubbio: nei Balcani le apparenze si conformano e si adattano alla realtà. Si sapeva che in sostanza la Bulgaria era uno Stato indipenp.ente; la proclamazione della indipendenza non è che l'aspetto formale, ufficiale della cosa. D'altra parte chi dubitava che l'AustriaUngheria nella Bosnia ed Erzegovina non esercitasse la sovranità? L'annessione esplicita non distru.çrge che un inutile eufemismo, una ipocrisia politica. Sul primo punto i precedenti storici del pari lasciavano prevedere anche ai meno avveduti ciò che è avvenuto. La Rumania era vassalla e si proclamò indipendente; la Serbia era vassalla e si proclamò indipendente. Altrettanto si dica del Montenegro. Perchè mai ciò ch'era stato lecito agli altri Stati vassalli non doveva esserlo alla Bulgaria? Mistero! I Bulgari sotto Battemberg hanno poi mostrato di essere soldati valorosi come i Rumeni mostrarono di esserlo sotto le mura di Plewna. Se mai i soli Serbi si sono mostrati immeritevoli dell' indipendenza per diversi motivi. Ma l'indipendenza della Bulgaria è stata, per così dire, covata dall'Austria-Ungheria; una Bulg:uia indipendente, quindi, la dà un alleata sicura in Oriente. Lasciamo stare tutto ciò che si riferisce alla politica in connessione colla gratitudine. L' Austria dette un grande esempio d'indipendenza del çuore verso la Russia; non si capisce perchè la Bulgaria che della stessa indipendenza del cuore dette un esempio verso la stessa Russia, debba rimanere legata dalla gratitudine verso l'Austria. Comunque sarebbe colpa degli altri Stati di Europa l'aver lasciata all'Austria-Ungheria la missione di favorire il principio di nazionalità rispetto alla Bulgaria. Le stesse riflessioni si presentano sul signiGcato della occupazione della Bosnia ed Erzegovine. C'è forse un solo uomo politico che crede sul serio che l'Austria avrebbe rinunziato a quella occupazic,ne ? C' è chi crede alla rinunzia della occupazione della Tunisia da parte della Francia? C'è chi crede allo spontaneo abbandono dèll'Egitto da parte dell'Inghilterra? Solo una rivoluzione o una guerra possono costringere alla cessazione delle occupazioni; che costituiscono delle sovranità di fatto. Abbiamo un esempio recente di queste cessazioni di occupazione: quella della Marci uria abbandonata dalla Russia. Ma ci vollero i due anni della tremenda guerra Russo-giapponese I All'Austria p~i l'azione svolta nei territori occu • patì dava una specie di diritto a fare ciò che ha fatto. Essa portò nella Bosnia e nell' Erzegovina l'ordine e la civiltà; essa vi sviluppò strade, scuole, buona amministrazione: tutti gli elementi del rrogresso. Ciò che, se non erriamo, venne <limosirato altra volta dall'on. Generale L. Dal Verme (1). Ohi se si potesse dire altrettanto dell'azione svolta dal governo italiano nel mezzogiorno, in Sicilia e in Sardegna I Superfluo aggiungere che il programma del prossimo Congresso internazionale, se si svolgerà con~e è stato ao nunziato non potrà essere che una farsa indecente. Perchè il Congresso? Per protestare contro la violazione del tratta.to di Berlino .... Quale il programma? L'approvazione di quelle violazioni .... La diplomazia europea era abbastanza discreditata; quest' ultima sua opera non potrà che discreditarla maggiormente. + Nulla di prn umoristico o di più ipocrito delle indignazione che solleva la violazione del Trattato di Berlino, che si scorge in questi avvenimenti, che alla fine hanno messo in armonia le apparenze colla realtà. Non c'è Stato che abbia diritto d'indignarsi e di scandalizzarsi di questa violazione. • I trattati del 1815, più solenni di quello di Berlino, furono violati a danno del\' Austria ed a benefizio dell'Italia. 11 trattato di Parigi del 1855 fu violato dalla Russia appena vide la Francia ridotta all'impotenza. . La Prussia violò il· trattato sullo Schleswig-Holstein a danno della Danimarca prima e dell' Austria dopo. Oh! perchè mai doveva rimanere inviolabile quello di Berlino del 1878, che aveva già subito tante lacerazioni minori? Sinora non ci fu Stato in Europa, cui riusciva incomodo un solenne trattato e che non lo abbia lacerato appena le occasi on i si presentarono propizie per lacerarlo senza pericolo o con una somma minima d'inconvenienti. Le occasioni e la forza fanno sorgere i trattati; •la forza e le occasioni li fanno distruggere. .. + La violazione del trattato di Berlino riesce nocivo all'Italia? Se l' inarandimento di uno stato limitrofo dev'es- o . sere guardato con sospetto certamente non possiamo rallegrarci di ciò eh' è avvenuto, quantunque in questo caso, come si è detto prima, l' ingrandimento in realtà datasse da 30 anni -- dal trattato di Berlino - che autorizzò l'Austria ad occupare. la Bosnia e l' Erzegovina. Tutti i danni, tutte umiliazioni dell'Italia e la sua posizione incerta e contraddittori a non cleri va no oggi dalla violazione, ma dalla conclusione del Trattato di Berli no. ( 1) Nell'ultimo numero del Courrie,· Européen mentre in un articolo (L'irtdependance bulg..ire et le devoir des Jeunes Turcs) si espongono considerazioni realistiche conformi alle nostre, in un altro di un bosniaco, Boijdar Nicachinovitch, si nega ogni benemerenza del!' Austria e le si rimprovera che si sia appropriate le.. ri-6orse dei boschi e delle miniere della Bosnia e della Erzegovina, nonchè alcune inutili cruddtà.

RIVISTA POPOLARE 509 ~ quel trattato a noi riuscì infausto non perchè nt. uscimmo colle mani nette - ciò che poteva essere un titolo di onore, se non avessimo mostrato dei desideri di acquisti e di compensi tanto più inutili ed umilianti in quanto non furono soddisfatti - ; ma !JCrchè a Berlino si esplicò l'opera infernale di Bismarck nello inimicare Italia e Francia offrendo diabolicamente ad entrambi l'offa di Tunisi. E' il Trattato di Berlino che pesò e pesa sinistramente su tutta la nostra politica estera, perchè attraverso ali' occupazione di Tunisi e ai fatti di Marsiglia, spinse l'Italia alla Tf'iplice alleanr_a. La Triplice alleanr_a fu voluta da tutti i monarchici italiani; i quali lo guardarono come la salvezza dell'Italia, anche per 1~ avversioni che sentivano per la repubblica e per la paura che essa inspirava. Allora e sempre fu sola la democrazia a protestare contro una alleanza che ci legava le mani verso i confini orientali senza darci alcun affidamento di sicurezza; allora e sempre fu sola la decrazia a protestare contro le esclusive preoccupazioni dinastiche e governative di difesa militare contro la Francia, senza mai alcun accenno a difesa contro l'Austria. L'irredentismo bastardo, di cui fanno mostra oggi alcuni monarchici è a base di menzogna o di smemorataggine e si ha il diritto di dichiararlo sospetto più dell'amore pei portafogli ministeriali, che dello interesse del paese. + Si dice che gli ultimi avvenimenti rinforzeranno gli Slavi nell'Adriatico. Ma gli -Slavi ci sono già dall'altro· lato, numerosi e forti. A cacciarneli non bastano le navi ..... di carta pesta e le retoriche imprecazioni dei ciarlatani letterari; non basterebbero le navi di ferro, che invece di lanciare improperi e invettive lancia .sero bombe distruttrici. Le condizioni etniche di una regione non si modifìcano a colpi di cannone. E quando certe condizioni etniche esistono, una politica saggia deve tenerne conto. Del resto la forza nuova che verrebbe agli Slavi non dovrebbe dispiacere agli Italiani. Se gli Slavi detestano gli italiani non detestano meno violentemente i Tedeschi. Informino i fatti di Lubiana, la dieta Boema ec. In questo sviluppo ci sarebbe un utile contrappreso all'elemento tedesco, che storicamente 1u sempre più infausto a noi pel passato e che non ci affida per lo avvenire. Gli avvenimenti recenti d'altra parte rinforzando o saturando di odio verso l'Austria tanti staterelli balcanici - Serbia, Rumenia, Bulgaria, Grecia, cui sarebbe costretta ad allearsi la Turchia - creerebbero attorno all'Austria-Ungheria una cintura, che le sarebbe di freno. Sulla politica che presto o tardi saranno costretti a seguire tali staterelli contiamo di più contro gli appetiti austriaci, che sulla d.bile rinunzia annunziata come uno zuccherino dal vecchio Francesco Giuseppe all' occupazionne del Sangiaccato di Novi_ Baz~r; a!!o _nel quale si vorrebbe vedere una nnunzia piu importante: quella della marcia su Salonic.co. L'AustriaUngheria rinunzierà a tali generose rinunzie _se gli avvenimenti futuri la incoraggeranno a nmangiarle. Su questo punto non sia mo ingenui ed ottimisti. + << L'Italia, s1 soggiunge, rimane a bocca asciutta colla lacerazione del trattato di Berlino, come era rimasta quando venne conchiuso. L'Italia per l'ingrandimento dell'Austria-Ungheria - che non è il latto di oggi; bisogna ripeterlo - noq ottiene alcun compenso » Quali compensi? Dove? A Tripoli? In Albania? A Trento ? A Trieste? Se l'Italia volesse oggi occupare Tripoli forse non incontrerebbe che platoniche_ proteste da parte delle potenze europee. Dovrebbe osare e prepararsi a breve guerra più contro i Tripolitani, che contro la Turchia, la cui flotta non potrebbe misurarsi colla nostra. Moltissimi Italiani caldeggiano questo atto di brigantaggio ad imitazione di quelli compiuti dalle.altre nazioni, non noi, che riteniamo dannosa la politica coloniale a base di conquista e che. non vediamo nella Tripolitania quello sbocco alla nostra ern igrazione , che altri grottescamente vi scorgono per ignoranza della geografia, della economia e degli insegnamenti , che vengono dalla storia della colonizzazione. L'atto sarebbe audace e gradito non solo ai nos- ri burleschi imperialisti, ma anche alle masse. Questa è la verità. Ma l'atto sarebbe la più sfacciata negazione di quella politica delle nazionalità, 1n nome della quale è sorto il nostro Stato e per la quale vorremmo insorgere contro l'Austria. Non parliamo di un compenso nell' Albania, di cui possiamo desiderare, dobbiamo anzi desiderare, l'autonomia; ma non l' occupazione , che sarebbe per noi una sorgente di guai inesauribili-a parte l'iniquità dell'atto. L'idea della occupazione è tanto stramba che gli Austriaci , a noi più avversi se l'attribuiscono per renderci ridicoli ed odiosi. Non abbiamo avuto mai molte speranze di vedere unire Trieste all'Italia. L'Austria non potrebbe rinunziare al suo solo sbocco nell'Adriatico che in seguito ad una guerra per essa disasfrosa. La Germania si opporrebbe all' avvenimento con calore uguale , se non maggiore, dell' Austria. L' evento, adunque, non potrebbe essere che il risultato di una guerra colossale, nella quale Austria e Germania dovrebbero rimanere irrimediabilmente disfatte. Ora la possibilità di una guerra siffatta, come Italiani e come democratici, la guardiamo con terrore. Resterebbe il compenso di Trento e d'una rettifica al confine orientale. Noi crediamo che a questo con una politica più ferma e più savia si sarebbe arrivati con non grande resistenza da parte dell'Austria. Ma all' uopo sarebbe occorsa una prudenza maggiore da parte dell' irredentismo rumoroso di altri tempi ed una preparazione militare quale non ebbimo mai. Tutta la nostra politica della Triplice al' 1nza avrebbe dovuto essere più chiara , più sincera , più dignitosa , più italiana. Ma noi entrammo nella Triplice all'impazzata, come se fossimo minacciati dal pericolo di morte imminente. Per lunghi e lunghi anni tutta la nostra preparazione fu contro la Francia come se questa dovesse essere l'eterna ed implacabile nostra nemica; come se l'Austria potesse e dovesse essere l'eterna e fedelissima nostra amica..... Quando pe~sammo di mutare rotta ci accorgemmo che i maggiori pericoli di gL1erra disastrosa ci venivano dalla rottura della Triplice; ci ae::corgemmo che ai confini orientali eravamo assolutamente indifesi. Tutti gli ordinamenti militari nostri , infìne, sono tali che non consentono di sperare in una vittoria, nè contro l'Austria, nè contro la Francia. E' responsabile la democrazia di questa impreparazione militare? Niente affatto, checchè ne dica il generale Perruccheti sul Corriere della Sera: il Parlamento, non ostante l'opposizione più o meno vigorosa della Estrema sinistra, ha votato sempre tutte le spese mjlitari che il governo ha chiesto. Di più: l'Austria Ungheria spendendo meno. o quanto noi ha saputo preparsi magnificamente. In quale modo balordo e disonesto sono stati

510 RIVISTA POPOLARE sperperati i miliardi in Italia venne documentato dalla inchiesta sulla guerra. E' tutta colpa del governo italiano - non di questo o di quel ministero , di questo o di quel ministro - , adunque, se noi siamo militarmente impreparati ... + Fu giuocata l'Italia in questa circostanza? Se l'on. Tittoni, conscio della nostra situazione militare, seppe preventivamente di ciò eh' è avvenuto e vi si adattò tacendo bonne mine à mauvais jeu , l' ltulia diplomaticamente non fu giuocata. Se invece il suo amico D' Ae_renthal gli nascose tutto ciò eh' è avvvenuto e lo menò pel naso, allora l'Italia fu realmente giuocata. il discorso di Carate Brianza fa nascere il sospetto che l'on. Tittoni nulla sapeva della lettera dcll' lm peratore Francesco Giuseppe, 'che lo ha colto all' improvviso. In questo caso all' on. Ti ttoni non rimane che una sola cosa da fare: andarsene, come se ne andò •Cairoti quando fu giuocato da Barthelemy Saint Hilai re alla vigilia della spedizione di Tunisi. La politica estera di un paese è subordinata sempre alle sue coi.dizioni finanziarie e militari; ma non si deve ingannare un paese con una straordinaria suffisance e còn certe grandi arie, che riversano il ridicùlo sulla nazione quando alle parole grosse non corrispondono gli atti . quando si ricorre alle parole vaghe e inopportune per coprire la propria ignoranza. E tali sembrano quelle pronunziante dall' on. Tittoni a Carate Brianza. Gli ultimi episodi diplomatici poi i1lustrano meglio il fallimento della politica di Tittoni. A lui si era rimproverato che non tanta amicizia coi governanti austriaci non fosse mai riuscito ad ottenere per gli Italiani dell'Austria quella uguaglianza di trattamento, cui Jà diritto la stessa costituzione dello Impero; a lui si era rimproverato che la sua fosse una politica di servilismo che non riusciva ad ottenere nemmeno l'università italiana a Trieste. Ma a Tittoni, si era dato il merito di avere stretto dei legami politici con la Russia, che in un avvenire prossimo o lontano potevano dare buoni frutti. Di quei legami si avevano avuto i primi segni nella quistione delle ferrovie balcaniche; la visita d'lsvolshy a Desio parve essere la conferma palese e solenne di una nuova fase della nostra politica estera ed il paese tutto all' on. Tittoni non risparmiò le lodi. Ma quando col colpo di testa dell'Austria Ungheria nella Bosnia e nell' Erzegovin ':I doveva aftermarsi la nuova politica e se ne dovevano raccogliere i primi buoni frutti si verifica un fatto assolutamente sbalorditoio:si proclama alta e solenne l'intesa tra la Francia, l'Inghilterra e la Russia e da quclla in tesa viene esclusa l' Italia .... E allora a che si riduce la strombazzata visita di Desio? Ad una vera ciurmeria umiliante per l'Italia e pel suo' ministro degli esteri; ciurmeria che pei commenti che suggerì alla stampa ufficiosa mise di malumore l'alleata - nemica Austria e non ci assicurò l'amicizia della nuova triplice, che pur poteva servirci di baluardo contro tutti i possibili tuturi colpi di testa di D'Arenthal e 9-i Francesco Giuseppe. Quello che fu annunziato come un grande succcsw politico si è trasformato in. una umiliazione ed in un aumento di difficoltà e di pericoli. Noi, perciò, che non approvammo pel passato il vento di fronda contro l'on. Tittoni, senza voler fare dello irredentismo, ci associamo completamente alle manifestazioni popolari contro di lui e vorremmo sperare che la Camera dei Deputati nella sua prima riunione, visto che egli non sente la dignità e il patriottismo di dimettersi, prevenendo una discussione i ncrcsciosa, che potrebbe far piacere soltanto ai nemici d'Italia, lo mandasse via con un voto solenne e non preceduto da chiacchiere vane. La Rivista Insistenza doverosa (l) Sospendiamiol daziosul grano Gli avvenimenti balcanici, per quanto gravi, non devono distogliere l'attenzione degli Italiani da quello che è il problema interno più lllinaccioso: il caro prezzo del pane. Compio quindi il mio dovere ritornando per la terza volta in breve tempo sulla necessità impellente di sospendere il dazio sul grano; e vi ritorno anche sia per ribadire l' urgenz~1 del provvedimento, sia per correggere erronei giudizi sul valore dello stesso provvedimento ; poichè è bene rammentare che io invoco la sospensione e non l' abolizioae del dazio , e della distinzione capita le reputo opportuno esporre le ragioni. ♦ L' Avanti commentò il mi.o articolo pubblicato nella 'Rjvista popolare ~el 30 settembre. C' è accordo sui punti essenziaii, sulla necessità di sospendere il dazio sul grano ; c'è una o_sservazione, però, che non posso e non· devo lasciare passare inosservata. L' ..Avanti dopo avere rilevato la notevole diminuzione d::lla produzione dal Lazio in giù negli anni 1907 e 1908 aggiunge : « Ciò conterm~ doloro- « samente che il dazio sul grano , contrariamente « a quanto scriveva pure recentemente la Tribu~~ « toccando ieri.l'altro i due argomenti della cns1 « vinicola e della crisi granaria , non è valso affatto « a stimolare la produzione in quelle -regioni alle « quali specialmente - e sono le regioni meridionali - « si sosteneva avrebbe recato beneficio la protezione « doganale ». In questa osservazione c'è un errore di fatto ed uno di logica, (;;he vanno corretti. In fatto non è conforme a verità il dire che il dazio non è valso a stimolare la produzione. Basta ouardare aila curva dei prezzi e della produzione dal 1871 al 1894 e quella degli stessi elementi <.~al 1895 al giorno d'oggi per convincersi del contrano; cioè della efficacia grandissima stimolatrice alla produzione che ha avuto il dazio. Dal 1870 ,il 1874 si ebbero prezzi altissimi - da L. 32 a L. 38 il quintale: prezzo medio della l.a e della 2.a qualità - e la produzione aggiunse le cifre più alte del regime liberista: se la me~110ria non mi tradisce vi i:u una media produz10ne totale nel quinquennio di circa 50 milioni d~ ettolitri e di circa 10 ettolitri per ettaro. Cito a memoria; ma non posso sbagliare che di poco. Cominciata la .:oncorrenza straniera, diminuiscono rapidamente i prezzi, diminuisce la superficie coltiv~ta, si abbassa la produzione totale e scende la produzione per ettaro. Ciò risulta con evidenza schiacciante. da questo prospetto : ( r) Questo articolo in parte venne pubblicato nel giornale L'Avanti.

R I V I ST A P O P 01L A RE 511 Prezzo Superficiecoltivata Produzione medio 1870 74 Circa Ettari 5,000,000 Etto!. 50,898,000 L. 34,64 1879-83 )) » 4.800,000 )) 46,562,oco » 24,64 1886 90 , )) 4,300,000 )) 42,043,000 li 22,65 1891 -95 , )) 4,300,llOO , 44,524,000 )) 22,32 1896 900 » )) 4,500,000 )) 45 188,000 )) 25,36 1901 905 )) )) 5,200,000 , 57,327,000 )) 25,12 Nel 189+ il prezzo medio delle <lue qualità discese a L. 19,22 e la produzione a 42,850,000 ettolitri, nc:ll'anno successivo a poco più di 41 milioni ! Questo rapporto tra la discesa dei prezzi e la diminuzione della produzione voglio ancora illustrare coll' esempi_o tipico che traggo da un mio libro. Scrissi negli Avvenimenti dì Sicilia e le loro cause nel 1895 - ed allora ero un fanatico liberista ! -: « Venne in Sicilia poi la depressione: venne altret- (< tanto intensa e rapida, anz.i fulminea, e venne ad un « tempo per colpa di governanti e di eventi che si « sottraggono all'azione della volontà umana. Ecco << alcuni dati eloquenti di questa depressione. La « pro~uzione del grano •- in Sicilia - da ettolitri « 7.7 44.981 nel 1891 discese a 4.366.696 nel 1892; « a 4.365.300 nel 1893; e il prezzo e contempora- « neamente disceso da L. 19.48 per ettolitro nel 1891 « a L. 18.91 nel 1893 » (pag. 85). Dat 1894 i11 poi a misura che si elèva il dazio protettore aumenta la superficie c;~ltivata,_anche al di sopra della superficie del quinquennio 1871-74; aumenta la produzione unitaria sino ad oltre 12 ettolitri nel 1906 e nel 1907; aumenta la produzione totale sino a 59 milioni circa di ettolitri nel settennio 1901-907. Nè è vero, come affermò la Tribuna per comodità della propria tesi, che questa media venne elevata per la produzione eccezionale del 1907 - oltre 62 milioni e mezzo di ettolitri. Anche nel 1906 si ebbe un raccolto di poco inferiore. Infine non va dimenticato che nell'anno 1908, in cui si ebbero oltre nove milioni di ettolitri meno del 1907 e circa sei milioni meno della media del 1901-907, q oasi tutta la perdita· venne data dalla Toscana, dal Lazio, dal Mezzogiorno, dalla Sicilia e dalla Sardegna ; ed un poco anche dal Piemonte. E queste regioni tutte negli anni precèdenti avevano visto aumentare la propria produzione. Perchè nel 1909 e nel 1907 la produzione diminui fortemente nel Mezzogiorno, in Sicilia e in Sardegna ( nel 1906 ci fu aumento sulla media nel Piemonte, in Toscana e nel Lazio)? Per la spaventevole siccità, di cui son pieni i giornali d'Italia, di cui tutti sanno ]a cronaca do~orosissima ! • Ora l'acqua, dicono ]acini, Caruso, Giglioli, e tutti gli agronomi più eminenti è il migliore dei concimi, il concime indispensabile, per la coltivazione del frumento. Ebbene si pt:Ò pretendere che il dazio sul grano possa regolare le piogge? Ed ecco l'errore di logica! Pure il dazio accrescendo la convenienza della coltura in parte fa risentire meno le sinistre conseguenze Jella siccità colle arature profonde, coi dovesci ecc. Ciò che si verifica nel settentrione d'Italia, dove la produzione per ettaro del frumento oscilla tra 15 e 20 ettolitri. Ma nel Mezzogiorno e nelle due isole nou siamo ancora alle arature profonde, alla seminagione colle macchine, alla concimazione diretta del frumento, ai dovesci ecc. ; appena si è difl:usa la concimazione delle leguminose. I provvedimenti che meno farebbero sentire la deficienza delle pioggie non vi sono largamente adottati perchè manca la coltura tecnica, perchè mancano i capitali. Ecco perchè il dazio sul grano in tali regioni non ha potuto dare tutti i benefizi che ha dato net l'Alta lta lia e che sono stati e si mantengono prodigiosi in Francia. Dove la produzione gi,\ basta al consumo e i prezzi, non ostante il dazio di lire 7 - appena 50 centesimi inferiore al nostro - si mantengono sotto lire 23 al quintale e nell' autunno del 1ço7 si rnantennero anche inferiori ai preui di Londra e di Liverpool, cioè dell'Inghilterra, senza alcun dazio .... Sul provvedimento che invoco e sul quale insisto e insisterò tenacemente, però, bisogna intendersi: invoco la sospensione e non l' abolizione del dazio sul grano; consiglio che il governo sL1autorizzato a ristabilirlo per decreto reale quando i prezzi tornassero bassi in guisa da renderlo necessario all'agricoltura e alla economia nazionale. Perciò dissento profondamente dall'amico Turati che a Firenze nel congresso socialista manifestò propositi ingiusti e pericolosi. Egli disse: « A Salvemini che si mc . iglia come « noi ci preoccupiamo solo del dazio sul grano e non « di quello che protegge le industrie, quasi che faces- « simo una questione di Nord e di SnJ, rispondiamo « che il problema della protezione che è risolto in « dottrina non lo è ancora nella pratica. Cosi De- « Viti De Marco che è il più grande libe_ro scam- « bista, quando si è trattato dei vini delle Puglie ha « messo molto acqua protezionista nel suo vino libero << scambista. Inoltre per molte industrie la cosa è incerta. « Per i grani è pacifica. Se attaccheremo tutti e due, « avremo tutti contro di noi. Se divideremo la que- « stione forse riusciremo, anche per l'appoggio degli << altri partiti >>. Il deputato per Milano aflermando che la convenienza del liberismo per i grani sia pacifica mostrò soltanto che egli non ha seguito gli studi schiaccianti che si sono pubblic,1ti nel ]ournal of the 'l{pyal Statistic' s Society o f London e le discussioni dotte e vivaci che si seguono da akuni anni io quà nella omonima societa di Londra. Da quelle discussioni e da quelli studi risulta a lucè meridiana che l'agricoltura inglese è stata irrimediabilmente rovinata dall'abolizione del dazio sµl grano. Ciò va ricordato anche ali' Econornista di l·irenze che in questi giorni ha t'Ìl)etuto i più, ridicoli sofismi contro il dazio sul grano, tentando ,ìimostrare che la cerealicoltura non è tutta l'agricol.·ura ec. ec. e dimenticando semplicemente di dirci che cosa· si dovrà coltivare, a questi chiari di luna di crisi irrimediabile del vino, su q nei milioni di ettari di terra nd quali non si può coltivare il grano enza il dazio. Fra i grandi Stati il liberismo agrario nou impera che nella sola Inghilterra; ma nella stessa sola lnghilterra impera del pari il liberismo i11Justriale e se l'esempio dell'Inghilterra, aduoque, vale per dichiarare pacifica la teoria liberista in quanto ai grani , vale altrettanto per dichiararla pacifica in quanto alle industrie. La distinzione di Turati, perciò, è stata illogica e imprudente ; pare che essa sia filiata dalle preoccupazioni delle classi lavoratrici lombarde; le quali

512 RIVISTA - ed hanno ragione - si sono finalmente convinte che il protezionismo è necessario alle industrie italiane. Di che si ebbe prova evidente alcuni mesi or sono quando nella Camera del Ltvoro di Milano il socialista Dell' Avalle, che n'è. il segretario, fece votare dai metallurgici un òrdine del giorno col quale si raccomandava la protezione industriale. Mantenere il protezionismo per le industrie che prevalgono fortemente nel settentrione; desiderare il liberismo per l'agricoltura che prevale del pari enormemente nel mezzogiorno equivale a condannare il mezzogiorno a vendere a buon mercato ed a comperare a caro prezzo; e. viceversa pel settc:ntrione. Il risultato di questa politica doganale opportunistica ed iniqua sarebbe tale che io son sicuro che l'amico Turati riflettendoci su avra il coraggio di rinunziare ai propositi manifestati nel congresso di Firenze. Ciò in nome della logica, della onestà, del patriottismo (1). ♦ Quanti sanno che io fui e sono sostenitore del dazio su] grano e non conoscono come e perchè lo fui e lo sono, dando prova della loro leggerezza se non della loro malafede, si divertono a presentarmi come un San Paolo convertito sulla via di Damasco, come un politicante che non sa tener,. fede ad. alcun convincimento, ad alcuna teoria. Ora io, più che a difesa mia , a spiegazione e giustificazione piena ed intera della causa che oggi propugno con quella energia che mi viene dalla profonda sincerità delle convinzioni - a giustificazione, cioè, della invocata sospensione del dazio sul grano, mi credo nel dovere, più che nel diritto, di riprodurre qualche breve brano del mio libro: Per la economia nazionale e pel dazio sul grano che rappresenta oramai - mi si perdoni la immodestia - il vangelo del protezionismo agrario. Ciò che qui riprodu-::o, prima di azzardare giudizi ingiusti sulla pretesa mia contraddizione, dovrebbero leggerç gli scrittori del Resto del Carlino, del Roma di Napoli e di altd giornàli. A pag. 15-16 di detto libro scrissi: « Il dovere di abo- « lire ogni dazio di entrata s'impone allorquando c'è deficienza di l( un dato genere ; e per la deficienza soffre la collettività. E' 1< categorico il dovere quando si tratta di un genere di prima « necessità : ad esempio il grano, che costituisce la base dele l' alimentazione dei popoli ci vili. Perciò come avvertii nella « Nuova Antologia (ottobre 1898) fu evidente, enorme, im- « perdonabile l'impreveggenza del ministero Di Rudinì, che non 11 si dette per inteso, sin dal mese di luglio 1897, della defi- « cienza mondiale del raccolto dei cereali ... ». , E' chiaro : quando il prezzo del grano si eleva al di là « dell'ordinario si deve in tutto o in_parte sospendere il dazio di (1) L'egregio prof. Albertini dice nella sua Libertà economica di avermi domandato più volte perchè io ritenga che l' Inghilterra ha fatto bene ad affidarsi al liberismo agrario verso la metà del secolo XIX e che l'Italia farebbe male ad imitarla anche nel principio del secolo XX, quantunque ci siano molti punti di somiglianza tra l' Italia di oggi e l' In· ghilterra di ieri. Questi perchè li ho abbastanza ampiamente esposto nel libro più volte citato: Per la economia na,iona/e ec. e in diver,,i articoli e non sento il bisogno dt ripetermi. In ogni modo li espongo in poche parole; l'Inghilterra verso la metà del secolo XIX era industrializzata; l'industria era divenuto I' interesse di gran lunga prevalente; e tale risultato aveva ottenuto col protezionismo imposto anche colla violenza e disonestamente ali' Irlanda e ali' India. In Italia ancora l' agricoltura è l'interesse di gran lunga prevalente. POPOLA « di entrata. Ciò si deve per sentimento umanitario e per ra- « gione politica. Sarebbe cosa sct:llerata vedere· le popolazioni « sottoposte al tormento della fame; quando e' è il mezzo dì 1< elimin ire o di attenuare il male , sarebbt: imprudente , im- « politico che i governanti per la loro ostinazione provocas- « sero tumulti, sommosse, che si sa come cominciano e non << si sa mai come finiscono ... ». 11 Questo pericolo dei tumulti, che possono terminare in 11 rivoluzione, non può.nemmeno affrontarsi in nome dell' in- • teresse del1' erario: anche. rimanendo nei limi!i del tnmulto, « facilmente represso, la protesta della fame produce tali per- « dite dirette ed indirette per la finanza pubblica, da superare 1< la perdita che. si sarebbe. avuta colla sospensione del dazio 1< entrata. E lo sa il ministro del Tesoro del regno d' Italia , « che ha potuto valutare al giusto la cocciutaggine dei g◊ver - nanti del 1898 ! ,. Anche gli analfabeti, anche i bricconi, dovranno convenire che da me era stato prèvisto il caso della sospensione del dazio nel modo più preciso e us- - sativo. Indicai allora le condizioni, che consigliano, anzi impongono, il provvedimento? Le avevo chiarat1}et1te esposte neì 1901 in <letto libro. A pag. 17-18 , a proposito del disegno di legge Sonnino-Boselli (21 febbraio 1894) nel quale si accordava al Governo coll'art. 2 la facoltà di sospendere il dazio, si legge: « Ritengo preferibile la dizione proposta dalla Comm. par- (\ lamentare e dal suo relatore Vacchelli , eh' è la seguente: • E' data facoltà di moderare e sospendere per de<:reto reale « l 'applicaz:one degli aumenti di alcuni dazi approvati con l'ar- (< ticolo precedente quando la media del prezzo del frumento (< nei principali mercati nazionali superi per un mese le lire 25 al quintale ». « ..... Che il prezzo di lire 25 al quintale in media sia oggi « ritenuto rimuneratore, risulta da innumerevoli testimonianze. « Però confesso che il limite imposto da quest'articolo, che 11 fu ritirato inopportunamente coll'accordo del Governo e della « Commissione, mi sembra ancora troppo rigido. Può il prezzo « del grano superare le lire 25 senza che ci sia il menomo 11 malessere nella popolazione; può trovarsi al disotto, ed an - « che di molto , ed essere massima la sofferenza delle masse (< Il benesse,.e o la sojferen,a non risultano dal semplice preno 11 del grano, ma anche da quello degli altri generi e sopra - , tutto dalla domanda di lavoro e dal livello dei salari >>. Nel 1901, infine , a giustificare la nessuna convenienza di sospendere il dazio sul grano, facevo i s~gu_enti raffronti e le seguenti tipiche consideraz10m : « Dinanzi alla vigorosa agitazione dei partiti popolari per (< l'abolizione del dazio sul grano si presenta legittima questa « domanda: siamo oggi nelle condizioni dell' inverno 1908 ? Est « periculum in mora ? » « I prezzi nostri si mantengono oggi (nel 1901) relativamente « elevati ed oscillano tra lire 25 e 27 al quintale ; ma in genti naio 1898 oscillavano tra lire 28 e 32. Di più le condi:rioni 11 generali dei mercati differiscono profondamente da allora « ad oggi. In dicembre 1897 a Parigi il frumento valeva lire « 29,87; il 25 gennaio 1901 era 19, 15; •a New York il 15 « cembre 1897 si aveva lire 18,49 e lire 18,30 ad Odessa; « scendevano rispettivamente a lire 15,30 e lire 14,10 il 23 « gennaio 1901. Interessa altresì conoscere che le quantità di ((grano disponibili nei paesi esportatori sono molto considere · • ti volt » (pag. 19). Da questi dati che si riferiscono al 1897 e 1901 risultano queste differenze schiaccianti: 1. In Italia oggi, in ottobre - cioè quando sono

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