l{!VISTA POPOLARE 435 fazione della ricchezza, fossile vivente di età e di s:stemi tra- ·montati ! Ma condizione resa più acuta dal fatto che, mentre le forme economiche restano ferree e fisse, le soprastrutture ·psicolo~iche invece che ne derivano, e le esigenze più squisite -ed i bisogni nuovi che si formano negli uomini si diffondono rapidamente e si importano da una plaga all'altra determi- .nando tutta una nuova atmosfora sociale. Di guisa che la Sardegna in pieno artigianato feudale, essa -~he non ha ancora una borghesia moderni. industre e trafficante, che non solo non ha l' agricoltura industrializzata dall'applicazione della chimica e della macchina , ma che persevera nell'uso virgiliano di scalfire la madre terra coli' aratro ,chiodo - ebbene la Sardegna non ha già l'adeguato e correlativo tipo di vita patriarcale proprio di questa forma di vita -economico sociale, ma ha invece una colluvie di studenti e di professio!listi improduttivi che assottigliano gli scarsi proventi delle classi reddituarie ; ha delle sartorie di gran lusso, ha dei teatri; dcli' illuminazione elettrica, consuma mille frivolezze, mille oggetti più o meno costosi ma imposti dall'uso quotidiano, dalla civiltà più raffinata, dai gusti più ingentiliti e più moderni ... ma che sono nondimeno uo vero anacronismo economico, un'anticipazione acerba di un'epoca che non è ancor venuta, o che non è peranco matura. Ciò naturalmente non inerisce alla buona o male disposizione degli abitanti - dipende da una mera necessità obiettiva di or~ine superiore che incombe fatalmente su quelle popolazioni meno progredite che hanno l' infelicità di convivere con .altre più progredite in uno stesso momento storico e che noi - come l'arguto lettore ha già inteso - ci limitiamo a se- .gnalare. Questi che gli isola. i potrebbero giustamente chiamare gli gli svantaggi della civiltà, concorrono sensibilme.1te a rendere più acuto il disquilibrio economico e quindi morale e sociale in cui l'isola resta, e di cui sono un indice sanguinoso e sintomatico gli avvenuti conflitti. Accanto a questo esiste un altro squilibr'o di origine più recente tra produzione locale e consumo determinato dal!' e. ·sportazione dei generi alimentari aumentante vertiginosamente in causa specialmente dell'enorme sviluppo che va assumendo come città di consumo la capitale d'Italia , la quale, per ragioni di relativa vicinanza comincia ad attingere largamente pel suo fabbisogno dal mercato sardo - ma senza che aumenti in egual misura nell' isola la produzione dei generi stessi, onde ·si ha per contraccolpo un'artificiale ma transitoria elevazione nel costo della vita - elevazione che riesce più gravosa in quanto è scarso ed ha perciò maggior valore il capitale monetario nell' isola. + Abbiamo inteso di fermarci anzitutto sull' elemento economico in quanto è il più irriducibile - allo stesso modo che trattando della fertilità di un terreno occorre prima isolare il fattore geologico che ne costituisce la struttura. Ma questa doverosa premessa ci dà ora il diritto di affermare senza ambagi che il problema sardo - come tutti del resto, in ultima analisi, i i:roblemi italiani - è esclusivamente un problema politico. Come il Nitti ha statisticamente dimostrato per tutta l'Italia meridionale, anche la Sardegna non ha ritratto alcun giovamento dalla unificazione politica della Penisola; e la migliore riprova si é che k sue condizioni hanno cominciato a volgere .al peggio proprio dall' anno 1861. Infatti le province dd Nord d • Ila lia aveano un' immediato interesse industriale e commerciale da ritrarre dall'unificazione nazionale. Regioni situate a ridosso dell' Europa Centrale da cui .avevano facilità di attin · gere le materie prime pei loro impianti industriali - esse avevano bisogno di un largo campo di sfogo pei loro manu- .fatti e per tutta la loro projuztone nel resto della penisola, campo di sfogo che era loro conteso dal frazionamento della nazione in altrettanti stati con relative barriere doganali che offrivano un ostacolo insormontabile alla pen :trazione e1 ali o sfruttamento dei mercati stessi. Cosicchè quando questi stati in una colle loro barriere precipitarono (e caddero per opera precipua degli uomini del Nord giacchè i n~stri eroi da Mazzini a Cavour a Garibaldi sono quasi tutti nordici) si videro le regioni centrali e più ancora le meridionali ed insulari d' Italia inondati dai prodotti della industria del settentrione che ne ritraeva uno straordinario incremento, ed invasi dalla folla garrula dei loro viaggiatori di commercio. Dunque l' unità nazionale, oltre che ai miti virgiliani et alle idealità dantesche servì a qualche cosa di più praticamente prosaico, ed è bene sia stata fatta. Ma, che ne ritrasse la Sardegna? Essa che non aveva nè poteva avere industrie di cui lanciare i prodotti, concorse nelle spese e nei debiti per le guerre dell'indipendenza unitaria; e quando questa fu raggiunta il nuovo stato trovò modo di guastarsi colla Francia per una questione coloniale che a lei non interessa va affatto ... essendo essa stessa una colonia ; i porti francesi si chiusero d'improvviso ermeticamente alla abbondante e tradizionale esportazione dei .prodotti isolani specialmente dei vini e del bestiame, e la Sardegna ricevette un colpo mortale da cui non si è mai più riavuta nè accenna a riaversi. Ma il nuovo stato fece di più; occorreva che le frontiere del Nord fossero munite specialmente di fronte ad eventuali velleità di rivincita dell' Austria sulle antiche provincie - ed ecco questo giovine stato che usciva stremato dalle aspre guerre combattute e dalle lunghe convulsioni interne, gettarsi a capofitto per avere amica l'Austria, e per vedute puramente dinastiche, in braccio alla Triplice che le imponeva un assetto militare assolutamente sproporzionato alla propria resistenza economica, e la costringeva a tassare i contribuenti in modo da vincere il record del fiscalismo in confronto di qualunque paese del mondo. Senoncbè il pagamento di siffatti tributi che riusciva e riesce sopportabile alle provincie della Alta Italia, e gravoso a quelle del centro, diventava addirittura esiziale pel mezzogiorno ed in ispecie per la Sardegna dove essicava le fonti stesse della ricchezza e &!Ila produzione spargendo a piene mani su tutta l' isola il sale della sterilità, disseminando paralisi e morte, ed intaccando perfino il capitale fisiologico (ciò che ancora le resta va) della sua popolazione - come siamo in grado di rilevare da recenti dati ufficiali aulle leve militari. I quali ci dicono che di tutte le provincie italiane quelle che offrono una percentuale più elevata per numero di individui scartati alla leva e cioè per numero di denutriti, sono le due pro ,incie di Sassari e Cagliari, e precisamente questa pit1 di quella. Nella leva· dei nati nel 1883 la Sardegna ha dato l'impressionante cifra del 71, 50 •f O di ,ion idonei, mentre ve;-1ti anni prima dava il 54,10 °lo- e ciò malgrado che i sistemi di valutazione della idoneità fossero allora più di oggi rigorosi. Su di un contingente complessivo di 11800 uomini visitati nelle due provincie si ebbero nientemeno che oltre 4800 scarti, e di questi oltre la metà erano dichiarati denutriti. Chi si dà carico del valore sintomatico e della eloquenza dimostrativa che hanno i risultati ufficiali delle leve militari, siccome quelli che rivelano la degenerazione progressiva ed il grado di decadenza organica a cui la miseria fisiologica allo stato cronico condanna un intero popolo - potrà apprazare tutta la gravità di questi risultati. Ed accanto ad essi fanno bella mostra le statistiche delle espropriaz;oni fiscali per mancato pagamento di imposta che ci danno una cifra veramente sbalorditoria, e ne Ile quali pur anco l'isola infelice tiene il più incontrastato primato. Si aggiungano a ciò le tasse elevatissime dei dazii doganali •
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