Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 16 - 30 agosto 1908

RIVISTA POPOLARE 433 ora, ad un sopraccarico di lavoro nelle classi aggiunte o negli istituti privati (1), e, dall'altro, esser costretti con tutti i mezzi (2), anche con quello delle ispezioni, ad adempiere sempre con lo stesso scrupolo i loro doveri. Veramente all' istituzione dei così detti ispettori viaggianti gli autori si mostrano avversi e ad essi preferirebbero un 18lJ consiglieri didattici (3) : ma la· necessità ne è tanto grande che il Galletti e il Salvemiui fanno appunto viaggiare questi consiglieri didattic.;i uno o due mesi l'anno per le scuole d'Italia. Poich~ dunque accettano la cosa, tanto sarebbe che ne accettassero il nome. Si chiamino poi ispettori o consiglieri, bene ammoniscono i nostri autori che da essi non può venire una minaccia. per la libera iniziativa. e per la dignità degli insegnanti, e che le maggiori opposizioni provengono non da vere vocazioni pedagogiche, « ma dall'inerzia intellettuale di chi, amman-· tandosi di grandi frasi e invocando la libertà », cerca e sottrarsi alla fatica necessaria per ringiovanire la propria cultura e rettificare le storture del proprio metodo didattico» (4). Nè questo ancor basta, poichè ci vorrebbe pure una riforma generale dell'amministrazione e un Ministero di competenti e un comitato centrale per l'istruzione media (5), come bisognerebbe che gli aiunni facessero e potessero fare la ginnastica che ora non fanno e avessero a loro disposizione sale di ricreazione e di ritrovo A biblioteche scolastiche e tutti gli altri sussidi (6); ma da tutto questo siamo lontani per molte ragioni, non ultima quella della mancanza di mezzi, come nota il Vitelli, tanto che bisognerà accontentarsi di raggiungere a pocoLa poco, ad uuo per volta, gli intenti desiderati. Ho nominato il Vitelli. Or bene, a proposito di lui non poseo astenermi dall'esprimere la soddisfazione da me provata al vedere che un tanto maestro, apparsofin qui come il tipo più puro del classicista intransigente, è già cosi vicino alle idee del Salvemini e del Galletti da accettare di scrivere per il loro libro la prefazione. Molti dubbi infatti egli esprime, ma la forza delle cose ha trascinato lui pure, ed egli chiama bensi minorum_ gentium le scuole popolari e le moderne che si vorrebbero istituire, ma cosi le chiama « senza, ombra di altezzoso disdegno> e si mostra tanto poco conservatore che nel 'riordinamento, nella riforma sia pur razionale, e perfino nella creazione di queste nuove scuole, trova che è riposta ormai « la salute della cultura italiana• (7). Egli va anche più in là e non· si spaventa che la « scuola moderna apra tutte indistintamente le porte dell'università, anche quelle della filologia classica>, poichè « chi avrà bene educata la mente sia pur con le lingue e le letterature moderne, o non vorrà entrare per quelle porte universitarie di cui non abbia la chiave, o possiamo esser sicuri che, (1) P· 443-448. (2) P· 424-431 e 435-436. (3) p. 43i-433. (4) P· 434·435 • (5) P· 4:i7 469. (6) p. 451-454. (?) Prefazione, p. XI. entratovi a 1:1cappellotto, sarà cura sua di non farsi· metter fuori ignominiosamente> (1)~ Ora io non so se il Galletti e il Saìvemini p0tessero desiderare un assentimento migliore e più di questo autorevole alle loro idee. Le quali (l'ho già detto innanzi) non saranno tutte da accettare ad occhi chiusi, ma sono tali che, anche dove non si può interamente convenire con loro, si è nondimeno costretti a meditare, e talvolta perfino ci si sente scos.si nelle pi·oprie convinzioni r,iù antiche e tentati di dar ragione agli autori. Vogliamo qualche esempio? Non senza discussione potrà accettarsi l' opiuione che la lingua moderna da insegnare nel corso preparatorio e nelie scnole di alta cultura debba essere, anzichè il francer:1e,l'inglese (2); ma le ragioni che gli autori ne adducono son tali e tante da costringere ad ammettere possibile ~he, nel sostenerne l'opportunità, non vadano errati. E cosi non poco ci sarebbe a ridire nei particolari relati vi agli orari e alle materie da insegnare nei vari istituti (3); ma si ha intanto una base su cui iniziare la discussione. E da ultimo io, che da venti anni sostengo la necessità. di una scuola unica, accetto senz'altro ch'essa non debba nè possa. essere insieme preparatoria e complementare (4) e potrò fors'anche accettare che non prepari tanto alìe scuole di media quanto a quelle. d'alta cultura (5); ma son sicuro finiremmo col metterci d'accordo ammettendo almeno una scuola preparatoria unica., naturalmente senza latino, per le scuole di alta cultura (6). Nè in questa fiducia di un accordo definitivo io m'inganno : tanto è vero che già fin d'ora. il Salvemini e il Galletti sarebbero disposti ad istituirla per prova in quattro o cinque grandi citta. e perfino ammettono che la scuola moderna possa essere. il primo gradino per la sua creazione definitiva (7). Nella loro presente opposizione essi fanno questione non di principio, ma solo di opportunità. e di esperienza, come non rifiutano recisamente, ma solo rimandano a tempo più opportuno l'introdurre qualche biforcazione nell' ultimo biennio della scuola classica e della moderna (8). Se però convenga o non convenga istituire una scuola unica preparatoria, e quando, al caso, si debba attuarla, è problema. troppo grave e complesso, perchè si possa discorrerne nella recensione di un libro. Qui o altrove ne parlerò dunque un'altra volta. Per ora ho voluto soltanto mostrare con quanta larghezza di vedute e quale profondità di studi il Gallett e il Salvemini si siano accinti a sviscerare un problema, che per la sua immensità e ·complessità. può essere misurato e risoluto solamento da uomini di rara competenza e d'alta coscienza. Alle nostre scuole occorrono non riform ette parziali, che i facili pedagogisti son (r) Prefazione, p. XXVII. (2) p. 247 256. (3) p. 309-326. (4) Cfr. p. 65-77. (5) Cfr. p. 277. (6) Cfr. p. 278-279 e z90-300. (7) p. 296-300. (8) p. 30r.

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