430 RIVISTA POPOLARE 1\1:acominciumo senz' altro a vedere con quali idee si accos~ino allo studio delle varie que::itioni attinenti alla scuola. ♦ Sostengono essi fin dal principio che a nessuno, può baR·,are la cultura speciale inerente all'arte che professa o alla condizione in cui vive, ma tutti, a qua• 11mgne classe apparteugano, banno anche bisogno d'una cnltura generale, non per tutti ugnale ma varia, e che devono ravvivarla senza tregua. Questa cultura g-enerale la scuola può dare solo in minima parte, ed anzi in questa non s'impartisce che un'eri:di7.ione frammenbuia ed enciclopedica, ogni giorno più farraginosa, tau to che l'insegnamento di viene « una pletorica, frettolosa, spasmodica accumulazione di fatti, e t11tto si riduce per gli alunni ad uno sforzo di memoria inces snnte e ansimante» (1). Invece che abituare i giovani a riflettere, ad associare, a capire, a ragionare , li obblighiamo ad « uno sperpero forsennato di energie >, ad « un noioso e passivo lavoro di ascoltare e ripetere e dimentiC'are eri• cominciare >. E questo avviene anche perchè gli insegnanti crescono sempre di numero nei vari istituti e sempre più si specializzano (il che all'istruzione vera torna di gravissimo danno, come dimostrarono anche il Villa.ri, il Credaro, il Cesca, il Colozza, -il Gentile), e per lo più si credono in obbligo di moltiplicare la congerie dei fatti da introdurre nella. « cu1tnra generale > dei giovani e di travasare in essi t,utta la loro scienza. Contro questa « cultura generale > male intesa, esagerata, della quale gli autori non pronunziano il nome che con disprezzo e sotto il cui peso comicamen~e descrivono oppress~ acca.sciato chi senza frutto è costretto a rimpinzarsene l' intelletto: contro questa « cultura generale >, che 11el liceo di venne a poco a poco enciclopedica, e ben presto informò tutta la sezione fisico matematica dell'istituto e di là entrò anche nelle altre sezioni. rendendo la preparazione sempre più scarsa per la pletora degli insegnanti, e perfino la scuola tecnica inquinò e snatnrò fin dal suo nascere: contro di essa., tutto il libro del Salvemini e del Gallettj è una fiera ed una santa battaglia. E invero, se, come osservano, è indifferente che l'alunno sia licenziato dalla scuola con dieci, cento, mille fatti di più, « non è niente affatto indifferente che attraverso la scuola egli abbia o non abbia acquistati gli strumenti per procurarsi da sè nella vita la nozione dei fatti di cui avrà via via bisogno, e sopratutto l'abitudine dello sforzo intellettuale e del metodo nel lavoro , il bisogno delle idee (1) Ricordo un articolo recente del Momigliano, il qual1::, lamentando che nel così detto corso complementare sui grandi scrittori stranieri si vogliano far conoscere ai giovani con un'ora sola settimanale « i capolavori di tutte le letteraturt: dell' orbe terraqueo », dice che « vien fatto di domandare se le au:::!acie di modernità siano ispirate non dalla lettura e dalla meditazione dei grandi pt:dagogisti, ma dalla lettura del giornale il111strato Je sais tout, che si trova in vendita a cin quanta centesimi in tutte le stazioni ferroviarie, viatico gradito agli i-faccendati ~ (F. Mom:gliano, L'insegnamento della filosofia e la scienza di cultura umana, in Coenobium, Il, 2, pag. 29-49). Non è questa però la modernità propugnata dal Saivernini e dal Galletti ! chiare e logicamente concatenate, il gusto della. inizia tiva personale, la forza e il coraggio di ess~re sè stesso, l'attitudine a servirsi rettamente della sua ragione e della sua volontà, il sentimento più alto che sia possibile dt-lla dignità umana, la disposiz.ioue a guardare i fenomeni da più lati e dall'alto, la capacità di comportarsi davanti a qualuuq ne questione, non come un pappagallo dotto, ma come un uomo ignorante si, ma ca pace di osservare, capire, rettamente volere, energicamente operare>. Fin qui non ho che riassunto brevemente il primo capitolo, ma nè qui nè altrove la pallida mia esposizione può dare un'idea adeguata del calore che deriva al I 1bro dalla profondità delle convinzioni dei suoi autori. Bisogna vedere con quale vivacità essi polemizzino con gli avversari, trattando di tutti i problemi della Acuola e dell'istruzione pubblict1.e privata, dai più vasti e complessi ai più minuti e in apparenza meno importanti, con ricchezza e acutezza di osservazioni e larghezza di citazioni e di raffronti con gli altri paesi civili, di ogni genere d'istituti e di ogni riforma rifa. cendo anche la storia (1), che per lo più è storia di errori senza fine! Render conto di tutto il libro è impossibile e dovrò quindi limitarmi a spigolare qua e là. ♦ Contro tutto il nostro sistema scolastico sbagliato gli autori esercitano la loro critica severa, ma giusta. Ora, con le cifre alla mano, dimostrano che la distri • bnzione geografica delle scuole classiche in Italia è capricciosa (2); ora mettono a nudo i difetti delle Fa coltà di lettere, dove s'impara bensi il metodo della ricerca, ma non il contenuto della scienza : dove agli studenti manca il tempo di lavorare per conto proprio, nel primo biennio per la pletora delle lezioni e degli esami obbligatori, nel secondo, in cauga della famosa tesi di laurea, ossia della composizione d'nna monografia, dotta e profonda ed erudita fin che si vuole, ma alla formazione del futuro insegnante non meno inutile che le scuole di magistero come sono presentemente ordinate : dove infine più che giovani r.apaci di adat - tarsi alle difficoltà dell'insegnamento secondario si formano specialisti , tutti assorti « nell'analisi minuta e nella esposizione metodica di un breve ambito di fatti e di fenomeni> e che hanno quindi « perduto il senso della prospettiva e della misura > (3). Qui 1:1ilamenta la mancanza di un assistentato o ti ocinio didattico e se ne rivelano le necessità pedagogiche, e si tracciano i principi ( 4) ai quali dovrebbe ( 1) Si può vedere rispettivamente nel Il , nel lV e net V cap. quali siano state le vicende della Scuola tecnica e degli Istituti e della Scuola clas_sica , ma un po' dappertutto sono citate le riforme, con cui pare che i nostri governanti abbiano voluto sbizzarrirsi, specialmente in quest'ultima. (2) p. 237. (3) p. 377· 385 e 396 403. Dice anche il Gentile, citato a p. 1 5, che (( l' educazione scientifica dei nostri insegnanti , i quali fanno poi le nostre scuole, non dà uomini : dà, nei casi più favorevoli, i trascrittori di codici , gli editori di testi, gli indagatori di fonti , gli studiosi della satira del 500 e della novella del 300, i dantisti; dà gli studiosi non di filosofia, ma di etica, ma di pedagogia, ma di storia della filosofia: dà uomini ritagliati, per così dire, sul fondo dell'umanità ». (4) A quei principì sottoscrivo io pure con la sola eccezione
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