Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 15 - 15 agosto 1908

394 RIVISTA POPOLARE e controfirmò i relativi decreti Giuseppe Zanardelli, che di esso non potè mai essere considerato come un tiepido sostenitore - vi fu indotto da quelle che a lui parvero supreme necessid, indotto a ciò dalle notizie mendaci che le autorità locali gli fecero pervenire e - perchè nascondere questa sua debolezza? - sospinto dalla paura di essere giudicato inferiore a Crispi nella energia. Passo sopra alle simpatie verso il liberalismo nella politica economica, che alla stregua· della realtà egli fece sempre tacere, e mi fermo invece sulla decisa antipatia verso la politica coloniale - almeno verso quella politica coloniale, che la fatalità e gli errori dei governanti imposero malauguratament~ all' Itali:1. Dell:t sua antipatia verso la politica coloniale si ebbe un primo indizio nella facilita colla quale dispose la Inchiesta governativa sull'Africa-in seguito alla mia mozione per una Inchiesta parlament.tre, suggeritami dai delitti del Livraghismo. Nel secondo ministero che fu un prodotto della disfatta di Adua, i suoi intendimenti manifestò più apertamente colla cessione di Cassala, colla pace conchiusa con Menelik, colla scelta di Mar• tini a governatore dell'Eritrea; scelta ch'era una ga• ranzia di una politica pacifica e non animata dal maligno spirito della revanche, come i fatti dimostrarono. L'articolo della Nuova Antoloiia sul libro di Lord Cromcr, infine, rivelò intero l'animo suo avverso alla disgraziata avventura africana ; articolo, che ha potuto suggerire uno sciocco giudizio ad • un clown parlamentare, ma che risponde pienamente a verità ed agli interessi reali del nostro paese. Nè si parli di contraddizione da certi critici facili e leggeri, che avrebbero voluto, che egli avesse abbandonato definitivamente la colonia giacchè era convinto che essa era di danno e non di giovamento. Costoro di_menticarono che anche oggi tra i più convinti avversari della politica coloniale se si venisse ad un referendum ben pochi voterebbero per l'abbandono della colonia, perchè al danno materiale presente contrappongono il danno_ morale maggiore che da tale atto v~rrebbe. E se la politica prudente di Di Rudinì suscitò aspre critiche , una più radicale che fosse arrivata all'abbandono a•;rebbe dato buon Qiuoco ai auerra- •J b fondai, che avrebbero ricondotto sugli scudi Crispi con nocumento infinitamente maggiore della cosa pubblica. La politica coloniale, poi, ha servito come pietra di paragone tra Di Rudinì e Crispi nel modo di intendere il regime rappresentativo. Crispi voleva richiamare Barattieri dall'Africa, ma subi la volontà di Umberto 1 ° e lasciandolo in Africa assunse la sua grande parte di responsabilità nel disastro di Abba Ca rima. Umberto 1. 0 rifiuta vasi di firmare il trattato di pace con Menelik, ma Di Rudinì rimase fermo al suo posto e finì coll' imporgli l' atto di cui costituzionalmente rispondeva il ministero, ponendogli, di fatto, il dilemma : o venire nella grave determinazione di licenziare di sua autorità il ministero, o di firmare ]'atto che il ministero gli sottoponeva e di cui costituzionalmente assumeva la responsabilità. Antonio Di Rudinì della vecchia destra di Sella e di Spaventa aveva preso un caposaldo: quello della supremazia del potere civi le sulla Chiesa che rispondeva ai suoi senti men ti di anticlericalismo, tanto profondo e sano quanto meno teatralmente affermato. Quanti lo conoscevano davvicino non si sorpresero del suo ordine del giorno e del suo voto sul l' insegnamento religioso e non sospettarono menomamente che l' uno e l' altro gli fossero stati suggeriti da quella volg:tre schermaglia parla men tare, che mira alla conquista del potere, che sapeva assumere qùando le condizioni parlamentari a lui lo conferivano; ma che non ricercò mai creando artificio..: samente le com bina1.ioni, che a lui dovevano farlo pervenire. Della sua credenza nella superiorità dello Stato laico sul potere ecclesiastico si ebbe prova recente in occasione delle dimissioni di Prinetti nel suo secondo ministero , alle quali non furono estranee le relazioni e le visite scambiate tra il ministro lombardo e l'arcivescovo di Milano. Poi venne il suo telegramma al depuuto Rota-il famoso telegramma di 'Bergamo-; il quale se rimase senza risposta o meglio se la risposta andò a Giolitti e non a -:hi lo aveva invi~ito, più che altro dimostra, che Di H.udini si era sbagliato credendo il Rota un anticlericale, mentre egli era semplicemente un clericale che si differenziava dal suo avversario nel desiderio ardente di fare atto di servilismo ministeriale. La prov:1 decisiva della sincerid e nobilta del suo anticlericalismo la dette nel momento supremo in cui l'uomo fa getto <li ogni infingimento e si rivela rigorosamente qu:1l' è. Ebbene in tale·---momento supremo, e quando era conscio del la im minenza della morte, egli respinse con tutta la serietà . e la garbateua, che gli erano consuete, i cosi detti conforti della religione. • Con ciò egli dette una lezione solenne di carattere a molti mangiapreti da strapazzo , che in fin di vita per paura dell' al di là o per b:-isse convenienze rinnegano tutto il loro passato. E l-Ome fu commovente , nobile ed istruttivo il dialogo breve e solenne tra il morente e l'impor• tuno prete che credette; in extremis di poter prendere possesso del.l'anima sua ! A Monsignor Beccaria, che glieli offriva e che quasi gli faceva comprendere che l'offerta venh·a consigliata dal Re, egli rispose con forza : « Per questo ella non può esser venuto, perchè non richiesto !... Coi miei precedenti , alla mia età, in un istante come questo non si rinunzia ai propri crnvincirnenti .... ». Il punto (ulminante. delle convinzioni politiche , dell'on. Di Rudini, infine 1 veniva r:Lppresentato dal suo ardente :1more per l'unità della n:12ione, del suo alto sentimellto deib italianita. Iniziò la sua vit,1 politica affermando tale sentimento tr:1 i pericoli delle fucilate di Palermo e ad esso tutto avrebbe sacrificato. ~icchè, se non fossero state realmente pronunziate le p:1role che negli ultimi momenti, tra un deliquio e l'altro, gli sonn state messe in boe• ca, sulla patria gra11de, sul conforto che sentiva sa• pendo di morire quando l'Italia era divenuta. grande, certo è che esse rispondevano meravigliosamente ai suoi desideri, ai suoi voti , al suo intimo pensiero e ne riassumevano la vita. Questo credo di potere affermare serenamente sull' uomo, eh' è scomparso e col quale mi sono intrattenuto moltissime .rolte nelle più svariate occasioni e nella più schietta intimità ... Il giudizio mio complessivamente favorevole allo scomparso uomo di· stato scaturisce dallo esame dei

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