Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 14 - 31 luglio 1908

388 RIVISTA POPOLARE conseguire, sarà qualche ritocco del concordato, le due 'ore in meno degli spesati senza bestiame, o qualche soldo di più nella tariffa, un risultato che, come è intuitivo, si poteva ugualmente ottenere per vie di gran lunga più pi~ne, o a mezzo deH' abborrtto arbitrato; ma, anche a conseguire il quale, i sindacalisti -- che con s0lenne votazione preferirono ali' arbitrato lo sciopero - si misero nella peggiore delle cond zioni. La lotta infatti, come fu condotta, ha senza dubbio diminuite le ristrve dei proprietari, dalle quali dovrebbero trarsi gli aumenti dì salario, ha impoverito di milioni l' economia agricola provinciale, ha fatto esulare in gran parte il bestiame, distruggendo il caseificio, e minaccia i raccolti, ossia la fonte di vita di tutta provincia. È questa l' enorme, spaventoss differenza che pusa fra gli scioperi generali agricoli e quelli industriali. Otten ~re qual - che beneficio con questi mezzi è come incendiare la casa per cuocersi un uovo. Il beneficio verrebbe poi, e ben presto, amaramente scontato. Questo nella ipotesi migliore. Per cui è assiomatico che il metodo sindacalista - dalle due parti adottato - perde anche vincendo, e fa perdere a entrambi i contendenti, ma naturalmente molto più alla ·parte più debole. E taccio del caso inverso, cioè della sconfitta. Del caso che la proprietà minacciata contragga e trasformi le colture, intro - duca con furia artificiale le macchine, surroghi ai grani il pa. scolo, nel quale - come in Irlanda - la pecora divora il cristiano, mentre poi l' emigrazione, cui quelle genti rihittano, si fa ogni giorno più difficile. Sarà allora l' organizzatione sfasciata e seminato il sale sul suo terreno ; saranno dolori amarissimi, a sanare i quali occorreranno anni ed anni, completamente perduti pel movimento proletario. . E non figuro neppure l'ipotesi (che il destino la disperda!) che, estendendosi la lotta in altre provincie, lo sgomento delle classi dominanti imponga al Governur fiinora abbastanza neu trale, una reazione feroce e leggi restrittive, che sarebbero , disastro della democrazia e inizierebbero un nuovo periodo di convulsioni perpetue. Ad ogni modo, è certo che giocare così si.; una carta l' interesse proletario e l' avvenire democratico - se la cosa era , come io credo, evitabile - è semplicemente pazzesco. Solo un grossolano equivoco verrale può illudere che questa sia tat tica rivoluzionaria. E' tattica di reazione, della marca più pura. Si aggiunga che la lotta dello sciopero - dello sciopero a_d oltranza , o ripetuto, o sempre latente - se arroventa le passioni e gli odi, non prapara nessuna delle condizioni estrinseche ed intrinseche, degli elementi economici e delle capacità necessarie , alla futura gestione proletaria della produzione ; anzi , spaventando le altre classi e alcoolizzando il proletariato colla virtù portentosa dello sciopero, ne allontana il formarsi. Anche da questo lato, la tattica sindacalista è la negazione del socialismo. ,. Questi , e gli altri concetti che integravano questi , non erano - come apparirà a ciascuno - nè rivelazioni, nè scoperte. Erano i suggerimenti , non diciamo neppure del buon senso , ma del più trito senso comune, appena illuminato da quella elementare cultura psicologica ed economica, che si acquista, nelle medie scuole, da tutti. Eppure queste verità, ripetiamo, così semplici, volgari intuitive , parvero allora un' audacia: i più benevoli non tacquero che era, per lo meno, inopportuno il momento per proclamarle. Pensiamo, e l' evento ci francheggia, che inopportuno sia stato non averle proclamale da più bocche e più forte il che annebbiò la distinzione fra la solidarietà, così detta del cuore cogli scioperanti, ossia fra l'opera nostra di Croce Rossa per le vittime certe , e un' apparente solidarietà con lo sciopero, e dà ora buon gioco alla mala fede buffona degli avventuneri sindacalisti di impurci di falJonia. Ma fu necessario che 'lo scio - pero si protraesse per tre mesi, tra dolori e sacrifici infiniti , e che la Commissione riformista scoprisse, dopo la fuga degli eroici capitani, che lo sciopero, di cui continua a preconinare la vittoria immancabile, non solo è interamente falliti - come documentò il Bissolati nella sua poderosa intervista colla Tribuna - ma_ che esso in realtà non esiste, che esso è divenuto un trucco di speculatori , che vendono per prosecuzione di sciopero il reliquato di serrata e di disoccupazione perma - nente ch'ess1 ha prodotto; fu necessario che i sindacalisti de nudassero interamente il loro gioco con l'org;a e col vomito di menzogne e di vitul?eri a cui si abbandonano, ogni giorno, più, contro quel proletariato medesimo che fornì gli alimenti alla loro folla; fu necessario che le organizzazioni operaie si sentissero es~ngui pel salasso continno oper-ato su di loro dal succhionismo fanfarone sindacalista, tutto questo fu necessario perchè quelle verità così !lemplici, intuitive e volgari, quell'abbecè dell'economia, quei « Jue e due!' fanno quattro » della tattica, penetrassero largamente, e con efficacia d'azione, nelle coscienze proletarie; della qual cosa son già segno le deliberazioni dei tessili che si propongono di cessare i soccorsi, e maggior prova ne daranno il Congresso vicino di Modena, della resistenza, e, in quello socialista di Firenze, lo sfasciarsi augm abile dell'ibrido integralismo. Cosi fu che il sindacalismo parmense - col suo massimo cimento, racchindente il disastro - operò, per la negazione di se stesso, pel trionfo dd metodi da esso fieramente oprugnati, più che non avrebbe potuto la divulgazione di cento trattati, l' azione di r 1ille confe1enze del più perfetto riformismo. Non sarà diversa la sorte di tutte )'altre verità che il socialism ') riformista asserisce e propugna; tutte logicamente indiscindili e di un'indole sola. Non perciò tutte queste verità trionferanno rapidamente nelle coscienze e nei fatti. Sullo stesso terreno delle riforme, noi facciamo ora, in Italia, ritroso calle, dacchè l'enerzia e l'ignavia radicale sembra abbandonare - nè sappiamo se saprà ripigliare - quel che fu sino ieri programma e fede del partito: la necessaria limitazio 1e della esauriente emorragia delle spese di guerra. Ben è possibile che cotesta abdicazione crei durissime, inopinate prove al socialismo, alla democrazia, alla civiltà del paese. Ma codeste ambagi e codesta lentezza inevitabile di effettive conquiste, non chè essere argomento di sconforto e di motivo ed incrociare le braccia, debbono indursi a raddoppiare lo sforzo della propag;rnda e dell'azione affinchè dopo fe prove dolorose, abreviate quanto è più possibile, l' esperienza proletaria trovi formulate e diffuse le idee, pronte le provvi . denze, alle quali aggrapparsi, nelle quali mettere subito a frutto i dolori Fatiti. Tanto più che di coteste ambagi e di coteste I_entezza- delle aberrazioni, de:le ignavie, deile speculazioni dei partiti - condizione prima indefettibile e quella arrestata mentalità delle masse, che il riformismo socialistail quale pone l'educazione popolare non fra, ma in testa alle proprie rivendicazioni - redime ad ogni suo passo, garenten - dolo ben più a~ili e progressivamente accelerati i adempimen1i ai conati dell'avvenire. Il mondo che anticamente camminò senza testa, affidato agli istinti ciechi e bretali; che la trionfia presunzione dei fi-· losofi pretese poi prematurameote di far camminare : sulla testa; che il positivismo opportunamente rivoltò e raddrizzò sui suoi piedi, ossia sulle forze e sugli interessi reali del maggio e numero; tornerà un giorno a c11mminare sulla testa - non più su quella, piena di vento, de' filosofi - ma sulla propria. Il progresso sociale procede come i piccoli saltimbanchi

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