Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 14 - 31 luglio 1908

RIVISTA POPOLARE 385 autrice ha dovuto premettere alte sue .: scene , un di~corso per ist1uire il ltìttore (il lettore italiano, non il tedesco, od il russo, od il babilonese I) del come egli debba leggere, pronunziare, interpretare, indovinare; e, non bastando neppur questo, ha sentito il bisogno di tempestare anche il testo di note e quasi di tradurlo per intero. Ah, perbacco, ma allora è , idioma gentile » anche il romagnolo , anche il genovt:se. ancht: il tarantino, anche il basilisco, anche il logudorest: ! Fatto questo sfogo, dirò ora che il libro è tanto carino, e che io l' ho letto con gusto, come leggo con gusto tutte le cose vive e schiette, c<,me leggo i versi di Triìussa , di Barbarani, di Testoni, del Fucini stesso, e come leggo anche le cose belle e l,Critte con arte, in provenzak, in catalano, in basco: purchè nessuno mi venga a dire che in Italia, in Francia, in lspa gna, tutti debbano scrivere, parlare, pensare in così buffo ed eteroclito modo ! 'Ma il tempo incalz.i, e lo spazio stringe: ·annunzio la s..:- conda t:..dizionedi. L' EREDITA' DI PEPPINO (Torino S. T. E;, N.) racconto d' ambiente romano e popolare, relativo alla crisi, e poi alla ripresa, t:Jilizia, di Ugo Valgarenchi : buono e forte, come tutte le cose sue; e passo ali' ulcimo libro della stagione: una novità imprevista ed imprt:vedibile : UN LIBRO DI VERSI di Olindo Malagodi, (Torino, S. T. E. N.). Ma che dirne? Che il Malagodi fosse un poeta, lo si sapeva, e quindi , questo è superfluo ridirlo. Ciò che non si sapeva, è che la poesia egli fosse bravo a foggiarla anche 1n bellissimi versi: e questo, non si dimostra che in un modo: stampandone un volume, come ha fatto lui , o riportandone una manata, come fo io. Nè saprei come meglio conchiudere questa troppo lunga e pesante imbandigione di prosa. Ecco dunque IL POETA DELL'ERBA: (( L'erba, l' umi!, comune, r.1ansueta erba, fra i brevi trepidi suoi steli porta an eh' essa il suo piccolo poeta. È il grillo. Da la zolla rugiadosa canta, e alla pace degìi estivi cieli la tua folicità, terra, disposa. Piccolo, tremulo, infinito qualt: l'erba e lo scintillìo di sue rugiad6, il cheto verso nei silenzi sale : empie querulo l' erema campagna addormentata , e per le bianche strade al vìator solingo s'accompagna. Passano venti ed acqu.:: i cheti trilli su l' ondeggiante musica profonda levan con brevi innumeri zampilli ; e con quel tremolìo di canto, pare che la terra dal bujo suo risponda ali' infinito palpito stellare ». Chieti. MARIO PlLO "IYIST A DELLE ~IYISTE Le minacce di Nunzio Nasi e 11 dovere degli Italtanl. (1) - Nunzio Nasi, riscaldato alle fiamme del sole tarasconese di Trapani, è ridiventato lui; giudica e minaccia. I miscroccfali della morale, i persecutori politici annidati nel1 'Alta Corte di giustizia sono stati strigliati per benino davanti alle assise popolari, dove pareva all'esule di rivivere qualche gran scena della Magna Grecia o dei tempi classici. Alcibiade rivendicante il suo onore davanti ai gioriosi ateniesi, il gran Scipione, gettante in volto a chi lo accusava di corruziont: l'olimpico: Romani 1 oggi è l'anniversario della vittoria di Zarria; parvero men gloriosi del (< martire n quando arringava i suoi tr'apanesi davanti alla glauca distesa dell'Jonio - dalle aragoste squisite. e< I miei nemici - tuonò - son rincorsi addietro a poche porcellane del Ginori. Ben altro potrò io rivendicare in nome dell'offesa onestà a me sì cara, contro coloro che della (1) Il titolo dell'articolo della Stampa era: L'ultima t1·incta. Ci è sembrato più adatto quello da noi i.celto. La Reda 1 ione politica italiana hanno fatto un· campo aperto ai malvagi e agli audaci ». E Trapani piangeva, commossa e imprecante agli audaci e ai malvagi ... Ci inquieteremo noi, ripeteremo qui quelle dolorose e amare constatazioai che sorgono nell'animo di tutti all'inaudito spettacolo, che parrebbe fantasia mefistofdica di un vaneggiante? Ci sembra che qualche altra cosa resti a fare: sciogliere un debito d'onore. L'Italia non ha bisogno di attendere le oscure minaccie di un Nasi, o le delazioni sue, per accorgersi che con la elimi. nazione di costui dal mondo della politica e della gente che si rispetta il compito suo non è perenco finito. E' di certe malattie politiche come di talune piaghe del corpo. O bisogna lasciarle intatte, attendendo mussulmanamente l' aiuto della natura e del tempo, o, una volta immerso il ferro, è gioco·- forza andare sino all' ultimo, estirpare fin l' ultimo microbo del male. Per dimostrare a luce di sole che, colpendo Nasi, si è voluto non perseguire un uomo forte, benchè colpevole, ma liquidare un sistema, è dovere strettissimo continuare nella via bene aperta con la condanna dell'Alta Corte di giustizia, e proseguire implacabili alla ricerca delle responsabilità, di tutti i responsabili, i cui nomi già si sussurrano e anche si pronunziano ad alta voce in molti luoghi. ' (< Uno alla volta », disse Bissolati ai senatori. E questo, che era un dovere dettato della più stretta onestà, si trasforma in una impellente necessità politica. Purtroppo, fatta l'Italia, non siamo giunti ancora a fare gli Italiani. Gli undici secoli di divisioni profl nde e intestine, macchiati di prepotenze fratricide, ci pesano quale trista eredità, facendo schizzare a ogni istante quel -senso del regionalismo che è necessità di ogni uomo di Stato di concorrere con fine arte a tagliare nelle più sottili e sparse radici. Condannando Nasi come si è fatto, tutta l' Italia saoa è unanime nel riconoscere che nulla si è compiuto ali' infuori di un semplice atto di buona e non certo severa giustizia , e meno di ogni altro ha diritto di protestare il condannato, il quale si ebbe il giudizio da coloro cht: egli aveva eletto e ottenuto con ogni suo sforzo a giudici. Ma alla Minerva non egli solo ha peccato : altri ha commesso - al par di lui - dei reati , poichè , ad esempio, col danaro pubblico , dar sussidi ai propri parenti è atto non meno biasimevole di quello di darlo a dei clienti o ad amici dei clienti. E dovremmo noi sopportare che queste e altre consimili accuse uscissero dalla bocca di Nunzio Nasi dovrenm.> lasciare a lui libera questa estrema , disperata trincea, di erigersi a pubblico accusatore di reati a noi già noti, potremmo subire che il condannato di ieri ci costringesse a giudicare quei suoi predecessori da cui forse tolse i metodi di malgoverno? E, ove guasto subissimo, non avremmo compiuto - oltre il resto - opera di cattivi italiani, ribadendo quel sospetto che i siciliani ci seguono a cantare in ogni tono, di perseguitare i prodotti del!' intelligenza e dell' abilità dell' isola come se il Governo della terza Italia non fosse a questo riguardo che una prosecuzione naturale, non riveduta nè corretta , di quello dei Borboni? l siciliani hanno torto di lasciarsi traviare in tal guisa della consorteria nasiana , si dice da ogni parte. Verissimo questo dal punto di vista della ragione pura e della morale teorica. Ma se noi vogliamo essere degli uomini pratici, dei politici, dobbiamo cogliere anche le sfumature dei fenomeni, e questo che da un anno si verifica in alcune parti del regno , è un fatto molto crudo e intelligibile e con poche sfumatorc::. li popolo, che non è un filosofo, vive e si alimenta di impressioni. E se l'Italia, dopo avere - attraverso a tanti errori - compiuto un atto di fermezza, non trovasse in sè l'energia di proseguire, darebbe un motivo, non plausibile nè onesto , ma apparentemente logico, di far dire ai· siciliani che si è punito

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==