ha un paladino, i-l n. 34 una testa di guerriero, il n. 64 un guerriero con la spada sguainata ed un altro con la lancia in resta, il n. 82 un busto di guerriero e un elmo con corazza. Il n. 83 ha una sciabola e una testa di guerriero, il n. 84 ha una testa di guerriero con l'elmo, il n. 85 un bracciale, un elmo di guerriero, una spada, il n. 87 un guerriero con la sciabofa sguainata, il n. 87 un bracciale, una testa di guerriero e un'al tr<1piccola testa di guerriero, il n. 94 una testa di guerriero. Scene a due o a quattro personaggi di soggetto cavalleresco (Niceforo) sono dipinte sulle C,.lfrette della Sicilia, ove tanto è popolare l' effigie degli eroi e segnatamente di Ruggiero, come pure a Napoli e nei paesi del mezzogiorno ai memori credenti ricordano dalle icone delle vie il mistero d'oltre tomba creature umane orribilmente cruciate tra vampe infernali e ghigni diabolici. Ma sono documenti e pagine di vita che vanno dileguando: a Napoli, scomparso il Molo, finirono i cantastorie, di cui oggi resta solo qualche spurio rappresentante fuori Porta Capuana e qualche illustratore di rom~nzi d'appendice all' Immacolatella; ultima e tipica figura fu quella di Meniello che lasciò una collezione di manoscritti, comprati da L. Chiurazzi. Essi vertono unicamente su Cronache antiche e fatti cavallereschi, ed il Chiurazzi che li ha quasi tutti pubblicati con edizione stereotipa, mi diceva che di tali lavori e della letteratura del genere sono lettori numerosi e appassionati gli emigranti. Curiosa letteratura, che A. Graf chiama argutamente letter!}tura a un soldo, della quale fanno parte il Libro dei Ladri, la Storia dei cinque ladri, Girolamo Lucchini famoso ladro, Giuseppe Mastrilli, Lazz.arino e la sua banda, Assassino Stoppa, il processo Fadda. Il teatro di marionette prende e suggerisce argomenti al teatro popolare col quale s'intreccia; hanno infatti molti lavori comuni e sinanco le illustrazioni dei manifesti delle compagnie dialettali ricordano da vicino i cartelloni dei teatri di marionette. Oggi sono anche::da ricordare i quadri del cinematografo, che in forme nuove d'arte rivelano la dolorosa pertinenza della inferiorità della psiche popolare e specialmente in certi locali, giacchè i grandi agglomerati umani, in modo più accentuato dei modesti, presentano una topografia artistica oltre che sociale, economica, etnografica. Verso il 1820 la prima Compagnia comica napoletana rappresentava drammi a forti tinte e tragedie con combattimenti ad arma _corta ed erano accetti al pubblieo, sopratutto alcuni drammi che rappresentavano le vicende eroiche di Carlo V, e fu al Sebeto prima e sulle scene del San Carlino poi che Raffaele di Napoli creò il earattere del guappo morto insieme con lui. Fu anzi dal teatro dialettale che la forma d'arte di cui discorro esulò sui teatri di marionette, (Scarpetta) e, strano destino, le arti sorelle, battuto sincronamente, nelle rispettive proporzioni, il cammino della gloria, dovevano tutte e due essere mortificate se non distrutte dallo stesso laccio di morte. Perchè insieme al monumento glorioso della commedia dialettale, il S. Carlino, cadevano sotto il picc:)ne sventratore i teatri di marionette della Marfna e di Piazza Castello, ne' quali più che altrove il popolo ammirava Tisaferno, scherniva Astolfo, fischiava Macone, commiserava Berlingieri, consigliava Orlando, quando sulla scena lo vedeva << in pericolo, stanco, affamato, stretto in un cerchio terribile dai turchi splendenti di corazze. " (F. Russo, Rinaldo). Fu per le ballerine di due teatri della marina, il Sebeto e Stella Cerere-E. Boutet ricordava di recente il fatto-uno dei tanti di una catena dolorosa - che due facchini del Molo si ac379 il coltellarono, entusiasta l' uno del gonnellino di seta e delle gambe ben tornite di Patatella, entusiasta l'altro della simpatica testa di Stella, sulla cui bocca una macchia bianca significava un sorriso. Nell'accettare però i rimedi che Alongi propone per i teatrini, cioè igiene e sorveglianza dei locali, proibizione delle quotidiane carneficine, relativa moderazione di linguaggio, aggiungerei: che si sopprimessero o si modificassero i cartelloni che, di visi a due o più riquadri, come quelli dei cantastorie, di cui parla Ferri ne' - I delinquenti nell' arte - rappresentano gli episodi più salienti del fattaccio con colori sgargianti, energia comica di mosse, strane fogge di vestire, aggrovigliamenti fantastici di persone: quante armi, quanto sangue, quante ferite in quelle figurazioni, non si sa se più orride o più grottesche! Tali cartelloni dovevano mancare o essere, dirsi così, più umani in Torino ai tempi di Brofferio che in un suo libro così scrive: « io aveva ci rea sette anni, allorchè sopra l' osteria tenuta in Castelnuovo da Giacinto Clemente si vide un cartello sul quale stava scritto-'-- Grande teatro di burattini - questa sera rappresenta Ginevra degli Almieri, ossia la sepolta viva con Gerola ladro in sepoltura >>. Sono lieto di finire queste mie note, ricordando una magnifica pagina della letteratura a un soldo del medioevo, quando cioè ancora l'epopea romanza alimentava lo spirito guerresco, come tra l'altre cose dimostra un trattatello manoscritto attribuito ad Alfonso il Savio - De iis quae sunt necessaria ad stabilimentum castri tempore obsidionis et fortissime guerre, ove tra le altre cose che non devono mancare nel castello assediato si mettono romancia et libri gestorum, specificandone alcuni: Alexandri Karoli et Rollandi et Oliveri, ecc. » (Raina): de iis animabuntur et delectabuntur, conclude espressamente il libretto. Mentre l' arte trovadorica languiva e raggiava per l'Italia dalla scuola sic il ian1, la gaia scienza dello amore cavalleresco, a Firenze gli ordinamenti comunali e le costumanze civili ispirano immagini e simboli al canto popolare prima, al nuovo stile del Guinicelli e della sua scuola poi. Ogni fatto della vita cittadina riviveva nella popolare; il sirmentese di A. Pocci saliva mordace dalla Piazza al Palazzo della Signoria; la musa vigile amareggiava l'anima iraconda di Papa Martino ed esprimeva una ardente giostra di poesia attorno nll' esistenza eroica di Frate Gerolamo. Il D'Ancona (1) potè scrivere giustamente: « Fu detto in altri tempi che la Francia era una monarchia assoluta, temperata da canzoni : potrebbesi dire anche con egual ragione, che Firenze fu un Comune nel quale la poesia era uno dei poteri pubblici. Pubblico potere che nella vita significava consapevolezza, nell'arte rinnovazione coi poemetti dei canterini, dei quali il D'Ancona riferisce 60 titoli, tralasciando quelli citati dal Medin sorge sulle rovine dell'epopea cavalleresca un'epopea nazionale, ispirata esclusivamente da fatti e figure della vita italica, nella quale il popolo consacra la sua storia e i suui ideali. E' una legge vecchia: ii ritmo della vita con vicenda alterna, si perenna e si rinnovella nel ritmo dell'arte. GIUSEPPE CIPRIANI APPENDICE Titoli di produz.ioni teatrali popolari La partenza di cinque paladini dalla corte di Francia ovvero il formidabile duello di Orlando I! Troiano, Rinaldo e Aldo bello. (1) La poesia pop. italiana, Livorno 1906 p. 47.
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