Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 14 - 31 luglio 1908

RIVISTA POPOLARE DI Politica, Lettere e Scienze Socia I i IHrettore: Prof. NAPOLEONE COLAJANNI (Deputato al Par1amento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese lf,a.Ua: anno lire 6; semestre lire 3,50 - J~stero: anno lire 8; semestre lire 4,50 • Un numero separato Cen t. :-lo l\mministrazione: Gm·so Vitto1'io Emanuele, n.0 115 - NAPOLI Anno XlV - Nnm. 14 ABBONAMENTO POSTALE ltoma, 31 Lugllo 1908 SOMMARIO: (Hl avvenlment;I e gli nomini: Noi: fl trionfò di Nasi - La parola di Roberto Ardig6 sulla quistione universitaria - Una bella sorpresa - Il viaggio di Fall1eres. - li tranello infame - [mpresa Africana --- Il conservatorismo di Vittoria regina èi'fr:ghilterra - Le riforme sociali inglesi - N. C. Una lt:ttera di Ettore Ciccotti - Dott. N. Colajanni : Il modt:rnismo socialista - La Rivista: Elettori alla Nurra - Rag. Vittore Ghedlnl: li dovere degli impiegati -- Lo Zotico: Le lt:ttere di un prete modernista - GiuseppeCipriani : Influenza Sociale di alcunt: forme d'arte inferiore -i Salvatore Giaquinta: Schietti e ~agliardi - Slculus: Gli arabi di Tuni5ia contro l'analfabetismo - Mario Pilo: Stelloncin letterari - lti vista delle ltl viste : Le minacce di Nunzio Nasi e il dovere degli Italiani (La Stampa - La congestione del Porto di New-York (Cassier's Magar_ine) - Il si1?nificato dt:lla intervista di Reval (Fortnightly Review) - I mali del « Locai Government Board 11 (Contemporay Review) - Qutl che insegna uno sciopero che non esiste (Critica Sociale) - Il nuovo spirito in Turchia (The Nation) - Recenslont. Facciamo vivissima preghiera a tutti gli abbonati che non ancora hanno pagato l'abbonamento, di volerlo fare colla massima· sollecitudine, per- risparmiarci sensibili spese per rinvio di circolari o di mandati postali. • GLI Pr VVENI1'1EI'lTI e GLI UOMINI li trionfo di Nasi. - Nunzio Nasi trionfa non solamente a Trapani, ma in Sicilia. Q11el movimento di cui noi soli nbbiamo a suo tempo segnalato la importanza oggi non potrebbe essere messo in4Iubbio 1rnnza dar prova di cecità. Q11ali siano i fattori di questo trionfo, che addolora profondamente l'animo degli italiani tutti, che amano la Sicilia, non abbiamo bisogno di ripeterlo. essendocene occupati molte volte. La stampa del continente lo ha giudicato severamente ed unanimamente, almeno da Napoli in sù; e all'estero qnella severità, che altra volta venne manifestata dalla socialista Petite republique oggi vieue espresso dall'organo più autorevole del partito conservatore, dal Temps. Abbiamo detto, _contrRdd1cendo alcuni nostri amici politici e personali - da Alessandro Tasca al Principe di Trabia, da Luigi Lodi e parecchi altri, - che il trionfo di Nasi non è circoscritto a Tra pani, ma che il vento di follia partitosi di là si è scatenato s11tutta l'Isola e, come avviene in tutti i periodi di profondo perturbamento morale e intellettuale e come si verifica quando imperversano le psicosi collettive, la buona fede, il movimento si è propagato in tutti gli strati e si è impadronito dell'animo popolare, che ha quasi sempre imp11lsi genert,si, se non ponderati. Coloro che, come il Saraceno, generosamente s' ,illudono, e dicono che la Sicilia non è solidale cogli en tusiasmi di Trapani, non hanno chiara la visione della realtà. Si; è vero, che a Catania solo la minoranza votò 11er Nunzio Nasi; è altrettanto vero ..:be a Palermo non riuscì nemmeno nella minoranza ed ebbe meno voti di Palizzolo nelle precedenti elezioni; si dice pure che hanno scb.rso valore le elezioni plebiscitarie di Partinico, di Siracu~a, di Terranova e di altri minori paesi; si ammetta che nè i giornali importanti dell'Isola, nè gli ·uomini politici di qualche valore siano apertamente per Nunzit) Nasi. Ma che cosa si potrà dire per attenuare il significato della votazione plebiscitaria di Messina - non pit'.1quella di Mazzini , ma quella dell'Arcivescovo e di Padre Mistretta? Amici nostri carissimi ci hanno scritto 1,,er dimost_rarci che Me8sina votò plebiscitariamente per Nunzio Nasi per significare il suo malumore contro il governo che la trascura, ne lede gl'interegsi, ne offenJe la dignità; per protestare contro un Prefetto balordo, quale il Trinchieri, che dovunque va si fa riconoscere per quello che è, per 11n inetto imprudente. Ma se fosse vero tutto questo, accanto al nome di Nunzio Nasi avrebbe dovuto uscire trionfante dall' urna una lista di repubblicani, di socialisti, di clericali intransigenti decisamente avversi al governo ed al suo Prefetto. E invece .. invece accanto a Nunzio Nasi, accanto a Giovanni Noè, fanno corona i nomi dei clericali più devoti e più ligi al governo, al Prefetto, e io pari tempo all'arei vescovo ed al Banco di Roma, che nell'avvenimento, forse, rappresenta il determinismo economico ... Perciò uoi siamo cogli anonimi, che, con o senza vituperi,· per farci dispetto, ci annunziano che tutta Messina è per Nasi; perciò oggi, come sempre, riconosciamo e proclamiamo alta la verità anche qnando il riconoscerla e proclamarla ci umilia e ci rattrista. Aggi·ilngiamo che il movimento del nasismo non va giudicato dalle manifestazioni esteriori più appariscenti e legali, ma sopratutto dalle altre che meglio rispecchiano i sentimenti delle masse. Altri rida, ad esempio, degli eutnsiasmi che destano in tutti i cinematografi di Palermo l'inno a Nasi e la mimica dei suoi discorsi. Noi non ne ridiamo e guardiamo paurosi all'avvenirfl. Quid agendum intanto? Per rispondere a questo interrogativo occorre rifarsi al programma di azione futura adombrato da Nnnzio Nasi nei suoi discorsi di Trapani e al punto più importante sul quale c'è il consenso della grande maggioranza dei siciliani, ma sul quale egli abilmente .scivola e non appoggia. Il punto, cni ci riferiamo è quello della autonomia della Sicilia. Ce ne occuperemo di proposito nel numero prossimo , più a soddisfazione della nostra coscienza, che colla speranza di convincere gli altri. Il programma di azione futura di Nunzio Nasi a noi sembra, infatti, che a' incardini esclusivamente su questo: 1 ° sull~ intenzione di dimostrare la propria

366 RIVISTA POPOLARE innocenza.; 2° sulla disonestà degli altri uomini politici e dei suoi predecessori a Ila Minerva. Evidente mente il secondo assunto non servirebbe che ad illustrare il primo; forse a sostituirlo completamente, dimostrando, però, che l'Italia ufficiale condannando lui e lasciando impuniti quelli, che fecero più e peg9;io di lui, adoperò due pesi e due misure - adoperò, cioè,_ una bilancia falsa. Con ciò verrebbe spiegato e giustificato tutto il movimento siciliano ed accreditato lo assurdo e bestiale pregi11dizio che ,:;icondannò Nunzio Nasi, solo pe1·chè s1eiliano..... Nessuno troverà da ridire sul tentativo di Nunzio Nasi di dimostrare la f)ropria innocenza; è umano, è anche doveroso il tentarlo pe_r l' onore proprio e dei propri concittadini. Si deve plaudire a q nesta intenzione, per quanto tardivamente tradotta in atto. Non è meno in tsres8ante il secondo assunto; nel qnale oltre la parte che vorrà e potrà rapprresentavi N11nzio Nasi, ce n'è nno che spetta agli Italiani tutti di promuovere e realizzare. Gli amici di Nasi, più che lui stesso, da parecchi anni hanno fatto accenni minacciosi alle responsabilità. altrui; ora vi ha accennato lui stesso. Ebbene a noi sembra che sia arrivato il momento di parlare franco ed aperto, se non si vuole dare contorno di realtà al sospetto, che quelli accenni non mirano che ari intimidire. In quest'ora solenne Nunzio Nasi, se non vuole passare per _un_volgare ricattatore, che nelle complicità degli altri cerca la. propria assoluzione, deve dire tutto quello che sa su tutto, su tuttì e contro tutti: contro gli amici e contro i nemici di ieri e di oggi. Nella verità intera da lni detta ci sarebbe un inizio salutare di rigenerazione, che potrebbe servirgli di lavacro. Ma se egli non sentirà questo dovere. devono sentirlo gl' Italiani ; deve sentirlo il Parlamento, se non lo sentirà il governo. Il Parlamento e gl' Italiani devono provare alla Sicilia, nello interesse supremo dell'Unità della nazione, che la legge è uguale per tutti: pei Siciliani e pei non Siciliani. Su questo imperativo categorico noi ci associamo completamente alla Stampa di Torino, della quale nella Rivista delle riviste pubblichiamo un articolo onesto, elevato, opportuno. Annunciamo, intanto, che in .conformità del pensiero nostro e di q nello dell' autorevole giornale di Torino l'on. Colajanni ha mandato alla Presidenza della Camera la seguente mozione: La Camera convinta che in nome de.'la giustizia e dei più alti interessi politic?'. , sia necessal'io assodare ogni sorta di responsabilità nella gestione della cosa pubblica, delibe1·adi nominare una Commissione d'inchiesta parlamentare, con ampia facoltd di fm·e indagini sull' Amministrnzwne del Ministero della Pubblica Istruzione. > Questa Inchiesta era utile ieri; è divenuta assolutamente indispensabile in seguito al fallimento dell' Inchiesta governativa. + La parola di Roberto Ardlgo sulla qulstlone unlversltarla.-In seguito a ciò cbe i:,crivomlllo nel uumero precedente della Rivista in risposta ad Arcangelo Ghisleri ed alla Ragione confessiamo che ci tormentava il dubbio di essere stati troppo severi vers l'nno verso l'altra. Ma una lettera di Roberto Ardigò indirizzata all'amico Ghisleri ci ha tranquillati, perchè ci appre::le che il grande filosofo positivista ebbe la nostra identica impressione e non la nascose al Ghisleri, che si può considerare come un suo amico e discepolo predilettocchenellaRivistarepubblicana nel 1878 comineiò a farlo conoscere largarnento al pubblico italiano p11bblicll.ndo la sua Mora.le dei positivisti. Ciò si rileva dalla lettera dell' Ardigò, che La· Ragione ha pubblicato nel N. del 18 luglio. Come sia venuta la lettera si apprende dal seguente brano del cappello che la precede : « L'illustre nostro amicc Ardigò, egli pure, nelia lealtà sua ci sc:riveva parole dolenti e di meraviglia per i nostri articoli. Subito replicammo, confidenzialmente, spiegando ciò che per i nost:i lettori non interessati a Ila guestione era per sè 3tesso chiarissimo, e cioè che la Ragione non era contraria agli aumenti di stipendio nè poteva e'>sere sospettata in proposito >>, « L'onorando uomo ci ha rt:plicato con una lettera molto cortese, ehc riproduciamo integralmente ». Ed ora ecco la. lettera dell' Ardigò, che ci pare costituisca un atto di sindacalismo teppistico assai di - verAo da que1lo della lettera del N 11rra. Non è vero amici della Ragione ? Padova, 15 luglio t 908. Caro Ghisleri, Nobilissima è la lettera che mi seri ve e conforme al bel carattere che sempre mi sono compiaciuto e mi compiaccio di riconoscerle ». E non dubito menomamente , che Ella sia avverso alla cultura superiore. Ma il giornale mi dà l'impressione che , applaudendo al voto ingiustificabile e disastroso della Camera , concorra , e indebitamente affatto, a screditare presso il pubblico la classe e l'opera dei rappresentanti della cultura superiore. . Sicuro I Vi so:10 tra i professori universitari di quelli che non fanno il loro dovere, dunque i,adano alla malo,.a tutti gli altri che, il loro dovere, lo fanno, e in modo da fare con questo onore ali' Italia. E con loro quindi vada alla malora la loro opera per la superiore cultura. E' questo il modo di favorirla e di raccomandarne la stima e l' apprezzamento al pubblico? Ma no, si dice ipocritamente. Prima riformiamo I' Università, e poi del bisogno ( pur presentemente urgentissimo) dei professori ( anche di quelli che non hanno bisogno per sovve nire alla cultura superiore della riforma, che è sempre qualche cosa di ipotetico e di utopistico) , e poi del bisogno dei professori parleremo ! Sì: I' ipotesi utopistLa della riforma universitaria in cinquant' anni non si riuscirà a cc ncretarla. E così i professori che fanno il loro dovere aspettino cinguant' anni e poi vedremo! Ma , si insi.~te ancora, la riforma bisogna aspettarla , per· chè infine adesso l' opera d1 un professore universitario (e di tutti in massa) si riduce a tre orette per poche settimane dell'anno di chiacchiere qualsiasi. Questa buffonata anche sì aggiunge; e il giornale tiene bordone. Tre orette di chiacchiere qualsiasi per poche settimane dell'anno? In insegno da cinquantasei anni.· L' in.segnare collo studio che vi si richiede mi ha sempre costato il lavoro di ben otto ore per tutti i giorni dell'anno , nessuno eccettuato. Più di duemila ore ali' anno. Ed è così in realtà, o press' a poco, l'opera del professore universitario, se si prescinde dai pochi, che mancano al loro dovere , e che devono essere chiamati all'ordine da quelli che hanno il dovere di farlo, e non che siano invece addotti a scusa della denigrazione indegna degli altri. Otto ore al giorno tutta la mia vita , e vivendo nel modo più modesto e ristretto , senza mai i mezzi per U'1 po' di svago, pur tanto necessario per riavermi dalla fatica. Ora in ultimo accarezzavo la speranza che almeno l'estremo anno della mia vita (essendo adesso nel!' ottantunesimo) potesse re· starmi da assicurarmi un loculo al cimitero. Ma no. Neanche questo mi sarà dato. Ed è così che I' Italia ha a cuore la cultura superiore ? E che il giornale rigeneratore abbia da darle ragione? Ecco l' impressione che mi lasciò il giornale e che mi ha fatto seri vere la lettera che Le ho diretto. Con tutto questo si assicuri che io Le voglio bene assai come sempre Le ho volu·to. Aff.mo Prof. Roberto Ardigò + Una bella sorpresa - Ci par di vedere i gravi diplomatici europei grattarsi le vuote e polatissirne zucche. La Costituzione in Turchia! Il movimeuto e giovane turco• trionfante I E trionfante con dichiarazione

RIVISTA POPOLARE 367 netta di intolleran?.a per la intromissicne della diplomazia enropea negli affari interni della Turchia. Tanto trionfante cbe lord Grey ba già dichiarato ai Comuni che l'Inghilterra ritira le sue proposte per la Macedonia I.. Questo è un caso grave: una sorpresa che più sorprendente non avrebbe potuto essere: e scoppiata cor;i, ali' improvviso senza che nessuno ci pensasse. PovE\ra diplomazia I R1an1 i amo i fatti ; gioveranno a dare la fisionomia, e, fors' anche. le ragioni del movimento. Dnnque. Nel 1876 deposto Habdnl-Aziz fu proclamata a Costantinopoli la Costituzione. L' iradé del Sul tane prometteva la Camera dei Deputati, il Senato etc.: natural mente la promessa rimase promessa: la Costituzione fu un pio desiderio. Vennero poco dopo i primi massacri di Armenia, e poi le agitazioni nei Balcani, poi la guerra. Russo-Turca, e il cosidetto riassetto delle provincie balcaniche: riassetto che non è stato mai serio. La Grecia,· dal cRnto suo s'impegnava nell'ultima disgraziatissma guerra Greco Turca, mentre di più iu più i focolari rivoluzionari agitavano la Macedonia e le bande bulgare e greche massacra.vano gli abitanti dei tre vilajets di Monastir, Uschub e Sc11tari. La diplomazia europea instituita la gendarmeria in Macedonia e fatte - s11la carta - le riforme, riteneva che tutto dovesse 1-1nd,;reµf'r il meglio nel migliore dei paesi possibili. Cieca, come sempre, e, come sempre, tendente più a sodisfare ambizioui e riscaldare o. intralciare gelosie, non 1:1iaccorgevd. che un fervido movimento si produceva nell' 1mµero Turco d'Europa, e che si preparava una vflsta rivoluzione. I e giovani Turchi? , roba di ridere: movimento non serio. Questa l'opinione della diplomazia. Intanto i giovani Turchi profittavano di tutti gli ern,ri della dipl0mazi?, di tutte le difficoltà del governo imperiale, del malcontento dell' eserc·ito, della stencbezza degli Armeni di vedersi costantemente burlati. E, naturalmente, hanno fatto strada. I soldati non pagati, le popolazioni non difese; e soprat11tto lo spirito di maggiore giustizia e onestà penetrato nel popolo contro i sistemi del governo di Ildiz-Kiosk hanno fatLo si che quello che pareva desiderio di pocbi sognatori è diventato il movimento irresistihile di na.nzi al q ua.113 è necessario cedere. Ed il Sultano ha ceduto. L'irncordo dei giovani Turchi con gli Armeni è or!llai un fatto accertato : i cristiani seguono il moviment~ nel quale essi hanno tutto da guadagnare. E l'Europa , la diplomazia europea, guardu. ora, sbalordita, il fatto nuovo. Fatto nuovo, gravido di conseguenze, si noti; poichè i e giovani Turchi, sono tutti imbevuti di idee moderne anche a proposito di ciò cbe ba rapporto con la indipendenza delle nazioni nei loro fatti interni. E questo appunto è il punto scabroso per la diplomazia europea. La questione della Costituzione , della Camera dei Deputati, del Senato, della libertà di stampa e di riunione, del diritto agli impieghi per tutti i sudditi turchi, sia qualunque ia loro religione, della lib0rtà personale sono questioni di carattere interno ; ma a queste i e giovani Turchi, ne aggiungono un'altra che risulta dalle condizioni speciali dell' Impero Turco: dic<mo: « Le potenze europee non devono a vere il diritto dì immischiarsi dei nostri affari in terni. E' una q uestione d'indipendenza nazionale che dà nettamente di frego a tntti i trattati della Turchia, dal trattato di Berlino in giù , . Quet1to è ciò che mette nel l'imbarazzo le grosse zucche di ploma.tiche le quali non pos8ono _nettamente avversare il movimento costituzionale - e lo desiderebberv molto - o d'altra parte ve lonn, nel trionfo dei "giovani turchi» svanire in brevi istant.i tutto il lavoro fornato e sndato - in realtà contro la Turchia - da trent' anni ad oggi. C1ò che , naturalmente, mette i diplomatici in serio imlnrazzo. Naturalmente il Sultano n rn vede di bu0n occhio il movimento, m't siccome non è sicuro di n~ssuna delle parti del ~•10 eser0it-1 ha Ci3Ìuto. FJr3e in lui è anche il se~ret) - e IA~ittim - desiderio di li b~rarsi dàl le in~e1·en1.e della rliplomazia eu,·Jpea. e cede - con mag. gior buonA. voglia che non ~embri - alle richiedte dei ribelli. E' certo dunque che il movimento dei e giovani Turchi> reca un nuovo e ;1on suppo,to coefticiente nella politica d'a~setto dei Balcani e nella politica. della. Turchia. ed è destinato ad avere un!\ grande influenza ed una grande importanza in tutta la politica europea. Quest0 per ciò che il movimento rappresenta dal lato politice: dal lato m1rale n 1n p0,siamo a meno di osservare che in Turchia, paese che la imbecille civiltà europea chiama barbaro, il Sultano h-1.dato la Costituzione senza far troppo lavorare il b:i=a, e senza mas· sacrare i suoi fedelissimi sudditi: RI ,i~no in questo momento; in Ru,sia paese civile, cri~ri ,no, con un sovrano henedetto e, pare, ben vist0 da D •J il bo= a lavora in media 8 voite la settimana percbè il benedetto e cristiano sovrano intende non mantenere ciò ohe, in nn' ora di livido terrore, promise. E si continna, naturalmente, a chiamare barbara la Turchia l Incoogrnenze della civiltà I + li viaggio di Fallleres. -Pace, pace e pece; Q11esto diranno i brindisi di Copenaghen, di Stocolma, di Reval , di Cri8tiania : pace dicono i Sovrani del Nord, e pace ripete Fallieres. I partigiani della visita del presidente della repubblica allo Tsar giustificano il viaggio di Fallieres con la necessità di dimostrare la seria ed assoluta volontà di pace della Francia e delle nazioni che le souo amiche ed alleate ; del che non dubitiamo. Ma ci piace però osservare che la pace è imµosta e, più, mauteunta dal desiderio e dagli interessi dei varii popoli. I detentori francesi di titoli Russi hanno tutt'altro che il desiderio di vedere la nazione che detiene tanto del loro capitale mettersi in avvent11re dalle quali non .-,anno poi come potrebbe uscire. Ma intanto proprio ora la Germania ha terminato la costruzione del poderoso campo di Elsenborn, disposto proprio in modo da permettere ad un corpo d' armata tede'3co di invadere il Belgio senza temere i famosi cannoni del forte di fregi , che fino ad oggi signoreggiarono e difesero le vie del Belgio dalla possibilità d'11na invasione Germanica. Non bis0gna farsi illusioni ~ul gioco molto pericoloso che giocano in questo momento Inghilterra, rrancia e Russia. La lenta ed ostinata opera di Eduardo VII, che sembra veramente, checohè dicano in contra.rio i s110i ministri, volere recingere di un cerchio di armi e di ostilità la Germania, e che, bisogna riconoscerlo, è quasi ri11scito nel suo intento; mentre è da un lato un fattore di pace, ponendo il turbolento Kaiser nella certezza della propria inferiorità , può essere da.li' altro anche una provocazione alla guerra. A ben eonsiderare è bene che l' Au::itria sia dilaniata da discordie intestine, e che l'Italia sia militarmente d~bole; come è bene che la Russia Hia debole e che i cap: tal i sti francesi non intendano - nepp;1re per amore di patria - rischiare a. perdita il loro denaro. Ma questa situazione potrà dura.ve un pezzo? Q11esto è il problema che interessa; poichè il mutare di questa situazione rischierebbe forte di compromettere quella pace della quale tutti parlano volentieri , ma ohe nessuno però affretta. con i fatti più che cou le parole. Intanto Fallieres viaggia le Corti nordiche messaggero e rassicuratore di pace, e per la pace vedremo il Pl'e3idente repubblicano dare la mano allo T::iar che impicca i liberali del suo regno. Ed è doloroso che il Presidente della. repubblica dia qllesta stretta di mano allo Czar; rria non bisogna meravigliarsene. Fu la Russia degli Czars; che impe:U la nuova aggres:1ione che Bismark voleva compiere contro la Francia; e:i è stata. l'alle~nza colla. R11ssia, çhe ha rirla.to autorità e pre:itigio in Europa alla Francia.

368 RIVI3TA POPOLARE • 1,. tranello lnfame.-All'ora in cui ~cnviamo il martirologio Russo si sarà arricchito d' un nome di più. Wassilieff, avrà subito la pena alla quale ~oc_ondannò il tribunale militare; ed alla quale lo ha rnv1ato il servilismo abietto del Consiglio federale Svizzero. La Svizzeri\ era, ed è stata anche nel lontano passato, cousiderata come il rifugio ospitale ed inviolabile dei profoghi politici. Più volte il governo del piccolo paese rifiutò di estradare i rei di delitto politico. Ed erano rifiuti nobili e degni. Erano begli atti di umanità - ed anche di giustizia - ai quali i combattenti dei partiti politid si fidarono in piena~. sicurezza. Ora non più: Kilacbiski prima, poi Was-'t silieff sono stati dati dalle mani liberali del Governo 1 Svizzero a q nelle del boia dello Tsar di Russia. In difesa di queste estradizioni codesti fornitori del capestro imperiale dichiarano, e lo fanno stampare su i loro giornali, che la colonia Russa in Svizzera si rese intollerabile; che i rivoluzionari russi stabilendo nel paese le loro fabbriche di bombe, i loro giornali clandestini, e, qualche volta, castigando, su territorio svizzero, i feroci funzionari dello Tsar compromettono la tranq uill1tà del paese stesso e l'ordine pubblico. Ebbene ciò è falso. Vi è stato uu tempo in cui Ginevra, e Basilea erano - assai più di oggi - centri atti vi e fervidi del movimento rivoluzionario russo. Il circolo dei Tchjomski - i terroristi che giustiziarono Aleesandro - avevano a Ginevra il loro comitato direttivo; la Svizzera rifiutò di estradare Hartmann , rifiutò di estradare la Sassoulich. Kropotkine vi stette lnngo tempo indisturbato: no, no la ragione per cui oggi i 1 Consiglio Federale ba estradato W assil ieff non è cosi alta come, per sua difesa, pretende ; no è una ragione ben più volgare, ben più vile ; ignobile addirittura. Da lungo tempo gli svizzeri hanno abbandonato le loro belle qualità di cittadini liberi. Da. lungo tempo non c'è più nulla di comune fra i montanari d'oggi e quelli che seguit-ono Guglielmo Teli alla battaglia di Morgarten. Gli Svizzeri d'oggi sono un onesto e pacifico popolo nel quale predomiuano µ:li sguatteri ed i camerieri d'albergo. Ed il Consiglio Federale ne cnra amorosamente gli interessi. Questione di materialismo economwo. Da albergatori premurosi dei loro interessi, e desiderosi di servire bene i loro clienti e non perderli essi cercano di evitare i rumori, le noie intorno ai loro alberghi ed il Consiglio Federale seconda i desiderii del popolo anche se per ciò è necessario calpestare le tradizionali leggi di ospitalità del paese, e farsi, di tanto in tanto, provveditore del boia. I grandi burocratici russi, i membri della nobiltà fedele allo Tsar, e gli affiliati e i capi dei e Cento Neri>, del clero russo, della Corte russa, tutti quelli che dal regime attuale russo traggcno potere , denaro e vantaggi, e cbe tlrano e sono clienti del popolo Bviz, zero, quasi per una tacita intesa ne hanno boicottati gli alberghi: uaturalmente il Consiglio FedPralo di questo popolo di camerieri è corso al riparo. Kilachisk~ prima, poi Wassilieff sono stati il pegno offerto dagli alber~atori della Svizzera ai loro clienti russi. Pegno gradito e che - speriamolo per il bene ed il maggior commercio di questi..... industril!,li - porterà i suoi buoni frutti, tanto più succosi in quanto che fecondati da vittime umane. Si dice che nna parte degli uomini politici Svizzeri chiederanno il « 1·eferendum • su l' abrogazioue µara e semplice del trattato di estradizione con la Russia. Il « 1·eferendum » sarà respinto; basta leggere i giornali svjzzeri più importanti , e quelli che più rispecchiano l'opini ·oe pubblica per essere persuasi. Non per nulla ,~li ~vizzeri sono stati i mercenari di tutte le oppressioni, e non per nulla, oggi, son diventati gli albergatori di tutta Europa. Ora ch'e3si facciano i loro interessi di albergatoriche il Oonsiglio Federale cura con t.anto amore - noi non troviamo a ridire; ma che esssi continuino a dirsi ospitali, a far credere ai profughi politici che su la loro terra la loro libertà. sarà inviolata: che essi adeschino - con questa che è ormai una tramontata legf1;8nda- i rivoluzionari ad andare nel paeee questo è fciò che chiamiano, e che è infame. ~ E' il tranello perfido teso ai combattenti di ogni ·idea; è la dedizione vile, per vili e volgari interessi, alla tirano ia più bieca di ogni più pallida ombra di libertà, L'ospitalità. Svizzera! Ahi si: d'oggi avan_ti i _rivoluzionari, i profughi politici, tutti i persegu1tat1 per un sogno di libertà dei popoli e che pensava.no poter essne sicuri dalle grinfie dei peniecutori, nel paese che ospitò, perseguitati, Mazzini e Bakonnine, d'oggi avanti lo sappiano bene, lo ricordino sempre; l'ospitalità svizzera significa tradimento; significa cRpestro; tanto più certo quanto più il delitto per cui alla Svizzera sarà chiesta l'estradizione, sarà coroe. quello del Wassilieff, puramente politico. Da notare, per la storia, nn11 illusione di più svanita e venuta al suo posto una vergogna di più. + Impresa Afrloana. - Dunque i « quattro predoni >, di scia.guratA. memoria , si sono ti-asformat,i e ritornano su la scena qualificati come e ottanta, o forse cento fucili di vecchio mo.iello inservibili •. Sarà vero? Poichè ~i ricordiamo di nna impresa Africana che cominciò con e quattro predoni > e terminò in quel modo per noi doloroso che t,1tti sanno. Indubbiamente è necessario che le tribù Somale a noi soggette sentano che esse possono essere protette e difede da noi co.ntro le scorrerie e razzie delle tribù confinanti. E' neced• sario, perchè il commercio si stabilisca attraverso il nostro possesso Africano, e poicbè la Cùlonia pos ➔a un tempo o l'altro, tosto o tardi, esserci ecrnomicamente utile , ohe vi regni la pace, e cbe il nostro dolllinio sia temuto, rispettato e indisturbato. E quindi è, qualche volta. necessario ricorrere alla forza delle armi per far rispettare il nostro buon diritto Ma si è ben tenuto calcolo di ciò cui si va incontro? Poichè questo è il serio pericolo: l'ignoto. Ora noi temiamo che alla Consulta si spinga il nostro paese in nna impresa per la quale non si è snfficientemente preparati. Si dice: Noi abbiamo da fare c.:,n le tribù Bimal, le quali sono audaci , battagliere , feroci , fanatiche, coraggiosissime ; ma poco numerose e male armate. Sarà. vero? Noi temiamo molto di queste otti1uistiche affermazioni , poichè in realtà il paese dei Bimal non è conosciuto; è stato si, in parte traversato da nostri esploratori, ma traversato soltanto, studiato uo. Dicono che informazioni giunte alla Consulta , ci devono tranquillizzare e che i Bimal saranno soli nella lotta con noi. Questo può essere: specialmente se si prenderanno buone misure per non subire, proprio alla prima , uno scacco - sia pure lieve - poicbè , se ciò accadesse, il fatto a noi contrario assumerebbe nna importanza enorme che vi volgerebbe tutta a nostro danno. Si dice altresi che tutte le misure sono state prese, per la buona riuscita della operazione militare. E stà bene, e vogliamo sperarlo: e lo speriamo. Ma il fatto d'iniziare ora questa. operazione , ora che il controllo del parlamento non è possibile non ci sembra molto chiaro: anzi temiamo che di qualche cosa più seria si tratti che non la sottomissione dei Bimal: e se questo non è, che cosa è? PoicLè uoi crediamo che il Paese, il quale paga di denaro e di vite, abbia il diritto di sapere in quale barca. lo si vuole imbarcare e per quali lidi, e con quali mezzi di navigazione.

RIVISTA POPOLARE Comunque, noi temiamo forte, che quest'Africa maledetta non servirà mai ad altro che a strapparci uomini e milioni. In compenso ci procurerà le chit1.cchiere e le profezie dell'on. De Marinis e degli altri bagoloni, che gli rassomigliano. + Il conservatorismo di Vittoria regina d' Inghilterra.- Sul carattere sull'azione esercitata dalla madre di Edoardo VII sono diffusi pregiudizi, che ]a cortigianeria e il servilismo degli scrittori e <i.egli uomini politici del suo tempo hanno accredit!l.tO come verità storiche indisc11tibili. Fu chiamata Vittoria la pacifica; fo considerata come informata a spirito libe'rale; e fu additata come i] modello di Regina costituzionale, che regna e non governa. G' Irlandesi ali' epoca del suo giubileo e delle sue nozze di diamante - nel 60° annò del suo regno - in una apposita pubblicazione-riassunta nella vignetta, che rappresentava Vittoria come una strega che con una face in mano portava dapertutto la distruzionedimostrarono che mai il Regno Unito aveva fatte tante guerre quanto sotto Vittoria la pacifica. Essa regnava ...... e governava: e imponeva i ministri prediletti e respingeva quelli antipatici anche quando i ministeri li formava Gladstone. Che cosa fosse il suo· liberalismo e come fosse imbevuta del vecchio spirito dinastico e reazionario lo ha dimostrato testè Roberto M irabelli spigolando in un carteggio inglese, cioè nell' epistolario della stessa Regina Vittoria. Questa sobria, accurata spigolatura, l'amico Mirabelli ba. fatto in un articolo pubblicato dalla Ragione (24 luglio) nel quale dimostra in base a documenti inconfutabili, che la Regina Vittoria nel 1860 tutte le sue simpatie le aveva pei Borboni giustificandole col più vieto e balordo criterio della legittimità e dell'avversione per qualunq 110 innovazione. Ciò si capisce: i Re, diee Bagehot, sono conservatori per istinto, per prnfes:-;ione. L'epistolario della Re~iua Vittoria ha procurato all'amico Mirabellì una bella soddisfazione: gli ha dato la prova, che i ministri inglesi nel 1860 non pensar~no e non tentarono mai di ostacolare il passaggio d1 Garibaldi dallR Sicilia nel continente meridionale e si ~osero in aperto conflitto colla loro regina. Mira-- belli sostenne questa tesi con sforzi di logica e colla es~gesi accura_ta dei documenti diplomatici nella polemica contro 11 Luzio. Questi gode fama di storico leale. Vedremo se se ne ricorderà. + Le riforme sociall Inglesi. - Bisogna riconosrere al gabinetto inglese presieduto dallo Asquith il d~_,ide~·iogrande di giovare alle classi popolari; di avviare 11 paese su la via delle grandi riforme sociali. Indubbiamente non è da oggi che la preparazione a questo stato di cose è incominciato, e bisogna dire altresi che l'attuale governo raccoglie i frutti dell'amministrazione savia dei governi - indifferentemente liberali o conservatori - che lo hanno preceduto: ma ha P?r_ò_ilme_rito di_ o~are, prima di tutto, malgrado le crit,cne e il pess1m1smo degli avversari; e di deV?lvere a p_roftito dei ~eno abbienti la parte disponibile della ricchezza naz10nale, mentre il governo conser~atore l'aveva attribuita con insuperabile sfacciatagrne o scandalo senza pari, ai suoi partitanti. Infatti ognuno ricorda che il sopravanzo dei parecchi milioni di sterline in un bilancio dell'ultimo gabinetto conservatore, fu diviso e a titolo di incoraggiamento • fra i di versi landlords del paese. . Il gov_ernoliberale invece dispone della ricchezza nazionale m modo più onesto e più giusto. La pensione per la vecchiaia, le leggi contro l'alcoolismo, le leggi a favore dei centri operai, su l'igiene, e le abitazioni dei µoveri; le leggi per l'abbellimento delle città, tutto ciò tende alla realizzazione di quel programma massimo de_l partito liberale che di molto si avvicina al prog1·amma socialista dei riformisti italiani, e che è il primo passo verso quel miglioramento delle conrlizioni di vita del lavoratore inglese che è il sogno e l'ideale ostinatamente perseguito dall'lndipendent l"abour Party (partito operai-1 indi p1mdente). Naturalmente tutto ciò non può essere attuato senza ledere interessi, ,senza dispiacere ai grossi proprietari; senza attirare ~ul capo dei membri del governo tutti i fulmini e tutte le ire lei partito conrervatore che si vede tolto ·di mano parecchie piattaforme elettorali con le quali :;perava tenere a bada gli e1ettori ora che il famoso btocco del « Tariff Reform • si è sgretolato. La riforma più di tutte battuta in breccia è la pensione per la vecchiaia: e si capisce: i capita.listi prevedono un leggero aumento della tassa sn la rendita e , natural mente, urlano allo sfacelo dell'Inghilterra e alla rovina delle sue finanze : al che Lloyd George, il pàtrocinatore della legge, risponde, che: « non si imp,,verisce un paese quando, con lieve sacrificio dei cittadini fortunati, si alleggerisce la miseria della vita di quelli che non ebbero beni di fortuna•. Il che, per quanto giusto, suona ostico ai conservatori. NOI + Una lettera di Ettore Clocotti. - Ricevo e mi affretto a pubblicare: Potenza, 24 luglio 1908. Caro Colajanni, , Nel tuo articolo ._ D~lli al professJre I ~ prendendo occasione da alcuni miei articoli di cui pure segnali l' elevatezza, mi ti proponi, modestamente come ipotetico esempio col dire: « Se io la pensas,i come lui ne uscirei sdegnosamente, tanto « più se fossi costretto a non fare lezioni per mancanza di .. studenti.. ... • Io, caro Colajanni , non ho avuto mai bisogno che alcuno mi desse precetti quando si trattava di assolvere il mio dovere; e avrei gittato via la cattedra-come altra volta lasdai che me la rubassero - se ciò mi poteva venire imposto da una qualsiasi considerazione morale. Ma la tua osservazione è, premettimi , poco concludente come è anche un po' grossolana. Esci tu dalla Camera, pur avendo dell'ambiente e di molti de' tuoi colleghi un' opinione assai peggiore di quella da me manifestata sull' ambiente uni ;.rersitario? E perchè dovrei rinunziare io alle cattedre da me guadagnate per concorso, se - attraverso soperchierie che fanno onore al mio carattere e dopo essere stato messo fuori del!' insegnamento per cinque anni -mi sono trovato sbalzato in una Facoltà dove qualche volta manc:ano studenti , e dove del resto ho cercato di rendermi in vari altri modi utile? Perchè tu, deputato e siciliano, non proponi opportune modificazioni ali' ordinamento universitario ? Perchè tu, deputato e professore a Napoli, non rilevi l'anormalità del fatto, che, mentre nell'Università ove tu insegni vi sono studenti di storia antica moltissimi e non vi è il professore e in altre Università vi è il Professore non vi sono gli studenti ? Ma non mi sarei occupato della tua frase poco felice , se non avessi dovuto notare un'altra inesattezza. A proposito della mia osservazione sul contegno de' sessantotto profe~sori di Berlino di fronte al caso Arons, tu evochi ciò che avvenne - quarant'anni addietro - pel Coneri e il Carducci e dì cui tu mostri anche ignorare i particolari. Quarant' anni addietro I Ma molti secd1 addietro, dove ora regna Giolitti, v'erano anche C. Fabrizio, i Catoni e M. Bruto I Tu dici: « Io non so che cosa farebbero i professori italiani ti se si presentasse il caso Arons .... » Risponderò io al tuo dubbio , riparando alle tua labilità di memoria. Vi è stato peggio del caso Arons. Nel caso Arons il Governo voleva impedire l'insegnamento e i profes. ori protesta - vano. Nel caso dell' umile sottoscritto, nel giu 5 no del 1 '97, furono i professori a proporre che il loro ct.:l •ga non veni0.~,0 rinominato straordinario per dichiarata rag1:me politica. E ciò dopo che in recente occasione gli stessi pro:.!ssori avevano elogiato il modo d'insegnamento del loro collega·, e il Preside aveva certificato che egli aveva tenuta estranea la politica.

370 RIVISTA POPOLARE alla scuola , mantenendosi nel campo della critica dotta e serena I E qu!lnti professori credi tu che, in tutta Italia,· fa cessero quel che fecero i sessantotto di Berlino pel CftSO Arons? Uno solo! Vero è che quest'uno si chiamava G. I. Ascoli, e voleva bene tutti gli altri. Ma era uno ! E quando 1· umile sottoscritto, privato nel 1898 della cattedra che aveva tenuta con onore sette anni, chiese la libera docenza , tro ,ò la più ostinata resistenza nel Consiglio Superiore dell' istruzicne e l'opposizione venne sopratutto da tali, che non sono nè il Mommson nè il Vircho'w-oh, tutt'altro!- ma che hanno scappellate a dritta e a sinistra, come non ne ebbero nè il Mommsen, nè il Virchow I Tante altre cose potrei aggiungere se ne valesse la pena , e se non mi ripugnasse scendl.!re a particolari personali. Che se - lo rilevo purchè tu lo rilevi - tu repubblicano _ sci stato chiamato alla cattedra senza concorso - non dico senza merito - e io son tornato dopo il successo di VbfÌ concorsi regio prcfessore, la ragione è molto _più complessa. L'Italia è un paese fiacco dove non d sa volere nè il bene nè il mah:; la tu.a repubblica non fa paura a 11essuno; e col socialismo il Governo gioca a rimpiattarello; e pc I momento non c'è convenienza a sollevare_ quel· po' di rumore che forse verrebbe anche dalla rimozione di un professore. Ma se domani il Governo o una cricca politica vi avranno la loro convenienza, troveranno dieci, venti, cinquanta prc,fessori di - sposti a servirli come li hanno trovati i1·,altra occasione. Ex facto oritur jus, dicono i tuoi colleghi giuristi ; ed è sui fatti che si deve ragionare. Cerca , dunque , di assodarli prima di oplnare; e senza rancore credimi. Aff.mo Ettore Ciccotti Non sono uso a. sofisticare - potrebbe dire altrettanto l' amico Ciccotti ?-; perciò non solo pubblico integralmente, senza nemmeno togliere qualche accenno ad insinuazioni contro di me, la lettera ; ma vi aggiungo queste dichiarazioni esplicite: Confesso che avevo dimenticato completamente il caso suo, q11autunque mi pare che sia una eccezione, se lo avessi ricordato ne avrei tenuto conto per stigmatizazrlo ; e confrsso che ho avuto torto nel porre la domanda , che posi. sui professori senza studenti. Accetto il consiglio che mi da. e alla riapertura della Camera presenterò analoga interrogazione sugli studenti senza professori, che fanno i I paio con i professori senza studenti. E se me ne dimenticassi lo prego di rinfrescarmi la memoria. E giacché sono alle confessioni sugli errori da me commessi dichiaro che errai nel giudicare del caso del Prof. Valente in base ad un frammento della sua lettera. Egli aveva, infatti, biasimato il voto della Camera. sul progetto d1 ,._.iglioramento economico dei professori. Questa. dicbia1. 21:>ne faccio tanto più volentieri in quanto il Prof. Valente ignora il mio articolo e sul1' errore ha richiamato la mia. attenzione un comune amico, il Prof. Coletti. N. C. Il modernismo socialista Lo stelloncino consacrato a quell' incosciente, che scrive ed agisce in nome della Federazione degli Impiegati civili di Milano e che dava smentite umoristicamente sdegnose a chi era in condizione di sorprenderlo colle mani nel sacco, ha prodotto una enorme impressione. Si sapeva che certe imprudenti armeggioni facevano sconvenienti pressioni sui deputati in ogni occasione per soddisfare i propri interessi; ma nessuno credeva che si potesse arrivare al ricatto. Dalla lettera del 'Nurra risulta all' evidenza che si vuol fare della politica il più basso contratto di com• pra vendita del proprio voto e della propria influenza. Io credo che tanta sfacciataggine non si sia vista che nelle peggiori organizzazioni elettorali di America e nei famosi Comitati - i Caucus - che dirigono le campagne elettorali di oltre Atlantico e che devono essere completate dallo spoil system in caso di successo. Il grave documento che venne pubblicato dalla Rivista nel numero precedente dà la misura del1' abbassamento morale di chi parla e seri ve in nome della classe dei funzionari e che io vorrei augurarmi di vedere sconfessato dalla parte sana della medesima, che ritengo sia la più numerosa, ma che tace o per viltà o per amore del quieto vivere, eh' è la pàssion~ prevalente tra gl' Italiani, se pur si può adattare la parola passione a tale stato di animo. ♦ Se lo stato di animo precedentemente notato non fosse un malcomune si vedrebbe discussa e flagellata con maggiore vivacità la lettera del Nurra che vorrebbe dare la misura giùsta della sincerità politica dei funzionari, in nome dei quali egli scriveva. Ma nella capitale morale dove fu elaborato lo scandaloso tentativo di ricatto, si è levato una voce calma, ma severa, che ha apprezzato al giusto il fatto; è quella del Corriere della Sera. Il giornale di Milano, che aveva precedentemente riportato quasi intera la lettera del Segretario della Federazione e ii commento breve della Rivista nel N. •del 21 Luglio consacra al ricatto il suo articolo di fondo. Ne riproduco qualche brano. « La questione trascende l' atteggiamento e l'epistolografia di questa o di quella persona, dice Il Corriere, e involge un grll ve problema morale, di cui è necessario si renda esatto conto la pubblica opinione, in generale, e in particolare quella parte più ragionevole dei dipendenti dello Stato che pensa ancora di poter conciliare i doveri del proprio ufficio coi diritti della propria coscienza ». « Il sofisma di cui fanno largo uso gli agitatori Jegl'impiegati poggia ingannevolmente su un princifJio di libertà. Si dict:- con l'aria trionfale di chi ha a prima giunta previste e sgominate tutte le obbiezioni - che il cittadino il quale è entrato al servizio dello Stato non ha ,per questo rinunziato al diritto sacrosanto di pensare con la propria testa e di avere e di di professare quelle idee politiche che gli paiano migliori». « Il fatto è che nessuno pensa di contestare al cittadino Impiegato la libertà d'essere soda'ist~ piuttosto che clericale, o repubDlicano piuttosto che monarchico ... « Ma dalla premessa delle incoercibile libertà di pensiero alla conseguenza d'un atteggia :r. ento politico determinato, non dalla proppria coscienza, non dalla natura delle proprie opinioni, ma da un certo particolare interesse personale c'è tutto lo svolgimento, piutt0sto disinvolto, d' un sofisma immorale. Abbiamo avuto occasione di dirlo altre volte e oon ci stancheremo di ripeterlo : questo commercio di coscienze in vista d'un aumento di stipendio o d'un miglioramento di carrièra è la rivelazione d'uria decadenza del concetto di dignità che è deplorevole per le sorti d'una nazione e non può, in partico • lare essere rassicurane<.! e lusinghiero per nessun part,to. Si ) . giu lica scandalosa l'azione dell'elettore che otlre il suo voto a un candidato per danaro o per altro vantaggio person9:le e si è poi disposti a considerare con simpatia o almeno con indulgenza il tonteguo dell'elettore che promette a un ctrndi dato il suo voto a patto che questi, andando in Parla mento, sia disposto a subordinare gl' interessi generali ed essenziali d~lla mizione a quelli dell'elettore stesso o della classe a cui egli appartiene. Non occ?ri-e ddfon?ersi i~. argom~nta~ioni pe_r. dimostrare come male mtendano 1 propnt dovert e 1 propru diritti quel deputato che porta alla Camera la servitù di tali compromessi e quell'ekttore che crede ed afferma di roter mercanteggiare in tal modo il suo voto. Ogni -1,uestione Ji giustizia è in questi casi o:trepassata e non rimane in realtà, che una questione di prepotenza ». . . . « E se il sistema della prepotenza dovesse cost1tutrs1 categoricamente nella vita politica italiana, se gl' impiegati, occupandosi soltanto dei loro interessi nell'attività pubblica na zionale entrassero in un partito, come corporazione, apertamente e risolutamente, dovrebbero allora - come accAde in America e come dicono che avvenga ancora in Ispagna ·- adattarsi' a seguire nella buona e nella cattiva fortuna, le sorti del proprio p.1rtito e a sub;re nelle condizioni della carriera

RIVISTA POPOLARE 371 e conseJuenzedi disfatte politkhe. Ma a tanto c essi non vorrebbero arrivare, essi che alle apparenze della giustizia tengono ed hanno ancora la sens\bilità delle parole troppo crude ». tt E occorrertbbero infatti parole assai dure per giudicare l' at·c:ggiamento d'un gruppo d'una classe di cittadini che mirano a forzare o deviare I' azione del parlamento sotto lo stimolo della paura elettorale. Perchè c'è un dilemmadal quale non si può sfuggire: o gl'impiegati hanno maturata nella loro mente la bontà delle teorie socialiste, e allora non s' intende la minaccia di diventaie ciò che si è, o nel partito socialista vedono solamente un mezzo di creare imbarazzi al Governo e di metter paura ai deputati malcerti del futuro nel loro collegio, e allora il loro contegno è ancor più biasimevvle, e in esso vi avrebbe l'assoluto disconoscimento di ciò che può o,- gnificare educazione politica i! di tutti gli elementimorali che de<·onocostituire la dignità di un uomo civile ». e Questo insistere e persistere nel giocare con le opinioni fa ìntenJere fino a qual punto la politica può diventare lo strumento di tutte le opinioni particolari e come, in tale stato di cose, corre rischio di rimanere sopraffatto l'interesse generale del paese Peggio: questa disposizione a considerare i partiti - che pur vogliono avere un serio contenuto politico e sociale- come dei semplici spauracchi e le idee come dellt: armi ;.er le ve-idette e dei rifu"i pei rancori, dim(stra quanto cammino si debba ancora fare er arrivare alla piena educazione civile degli italiani 1 • Il fatto che un giornale come Il Corriere della Sera si associò nel mio giudizio sulla lettera ricattatoria a chi conosce i metodi polemici della stampa socialista lasciava comprendere che sarei stato accusato, come altre volte, di conservatorismo. E infatti la coincidenza nel giudizio venne già rilevata da Claudio Treves nel Tempo (22 luglio). Non mi fa nè caldo, nè freddo ; nè ho bisogno di ripetere ciò che altra volta scrissi qui stesso e nel Lavoro di Genova. Se questo fosse un tòrto per me lo sarebbe più grave per Turati, per Bissolatj e per altri rappresentanti del socialismo riformista; i quali ebbero spesso le lodi degli organi del governo per la loro temperanza e ragionevolezza. Si sa ciò che rispose Giolitti ad una mia interruzione alla Camera: con quella risposta il Presidente del Consiglio volle stabilire· la netta distinzione tra il mio sovversismo e la benemerenza di Turati, che stava entro l'orbita delle istituzioni • e che poteva diventare Ministro sotto la Monarchia; ciò che esplicitamente e lealmente dichiarò Bissolati nella Nuova Antologia. Di che nè mi sorpresi, nè credetti mai che il fatto costituisse un demerito per Turati, quantunque i socialisti rivoluzionari e i sindicalisti gliene movessero e glie ne movano aspro rimprovero. Come e perchè ciò eh' è un merito per Turati secondo i socialisti riformisti possa divenere un demerito per me, il cui conservatorismo repubblicano è oggi ciò che era 30 anni or sono, non vale la pena d'indagare. Ma l'articolo accennato del deputato per Milano, che porta il titolo significativo di Revolver elettorale ! non si limita a segnalare l' approvazione che era venuta alle mie critiche da parte del Corriere della Sera; va più in là. Nitscianamente, direi, che va al •·di là del bene e del male. Claudio Treves, infatti, sorge a difesa non del solo caso Nurra, ma di tutto un sistema che a quel caso s'informa e ne fa un titolo grande di onore al partito socialista, che lo ha adottato e allargato nell'applicazione. Nulla di più paradossale e di più anormale di un uomo d'ingegno non comune costretto a difendere una cattiva causa. Il sofisma ed un certo speciale coraggio , che si suole chiamare di ordinario con parola più cruda, allora inesorabilmente vengono fuori da ogni linea e da ogni parola. Così Claudio Treves per difendere il contenuto della lettera del Nurra e proclamarlo corretto ed altamente meritorio non esita a paragonarlo nè più nè meno all'avviso di un giornale o di una rivista, che mette tra le condizioni di abbonamento il relativo prezzo da pagare. Nurra avrebbe detto ai deputati: « volete i nostri voti? respingete la tale legge ! )>. Il direttore del giornale e della rivista direbbe a chi desiderava l'uno o l'altra: « Vuoi la rivista? Paga cinque lire e l'avrai ! >>. Offenderei me stesso ed offenderei i lettori della Rivista se m'indugiassi a combattere siffatto paragone e le conseguenze) che ne scaturiscono. Del resto non è facile oppugnare certe differenze, che vengono avvertite o no secondo il diverso senso morale degli individui ; e ciascuno è padrone di averne uno, che anche non possa riuscire gradito ad un altro. Il Treves, perciò, considera questi rapporti come negoz.i;_ nei quali il partito socialista ha messo la sincerità, conchiudendoli alla luce del sole, mentre prima tra il parroco e il candidato si conchiudevano di nascosto. In ciò egli vede « una « enorme conquista di educazione politica », che si deve al partito socialista ... Ora il caso Nurra, disgraziatamente per Claudio Treves, mancherebbe· della caratteristica che stabilisce la legittimità del negozio: della pubblicità, eh' è la condizione sine qua non in questo caso, delle sincerità. Se nella lettera non si trattava di un ricatto politico, perchè non renderla impersonale, pubblicandola in un giornale che fosse l' organo dei negozi della Federazione degli impiegati civili di Milano? La lettera, invece, era indirizzata al singolo deputato; era tanto poco pulita, che non era destinata alla pubblicità. Se la conobbi io, e poscia dalla audacia del Nurra fui costretto a pubblicarla, ciò si deve ad un vero accidente. Se questo poi è un negoz.io legittimo e altamente morale non si comprende perchè non sia altrettanto legittima e morale la vendita dei voti. L'elettore come il direttore del giornale o della rivista, dice al candidato: « Vuoi il mio voto? Dammi cinque o cento lire; se no, non l'avrai e lo darò a chi me lo pagherà anche di più >>. Il Direttore del Tempo ·previde il ragionamento e mise le mani innanzi conchiudendo con altri paragoni, che a me sembrano mostruosi, per quella relatività dei criteri morali, che non si possono ridurre nè a forme giuridiche, nè a formule matematiche. Egli aggi unse: t( La legittimità del contratto è sicura appena non si possa dire che chi lo propone non lo fa per calcolo di interessi personali, ma per calcolodi interessi generali, interpretati, s'intende, secondola propria particolarecoscienza.Turpe è colui che mercanteggia il suo voto per cinque lire , o per un impiego o per una grazia. Ma l'amnistia, ma l'insegnamentoreligioso, ma la libertà degli impiegatisono ..-. evidentementeconcezionico~tradditorie,ma sempredi interessi generali. Sono idee politiche di cui è lecito cercare il trionfo da parte dei partiti imponendoleai candidati ed ai deputati che vogliono godere dei voti dei partiti che le propugnano I ». Il paragone tra il movimento per l'amnistia, di un fatto, che doveva riuscire a beneficio altrui, di individui che si ritennero iniquamente condanna~i, con la lettera Nurra mi sembra semplicemente mostruoso. 11 paragone colle leggi Pelloux, coll'insegnamento religioso ecc., di assoluto ed incoutrastabile interesse generale, rappresenta uno sforzo sofìstico gigantesco. Che nello Stato giuridico ci fosse stato, attraverso allo interesse di una classe, quello dei singoli individui, che la compongono; attraverso alla forma degli interessi morali nella legge sullo Stato giuridico non ci sia stato quasi esclusivamente l'interesse materiale, solamente chi ignora la genesi e le manifestazioni del movimento dei funzionari può affermarlo ..... Claudio Treves non

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