Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 12 - 30 giugno 1908

318 RIVISTA POPOLA RE si sentivano trasdnare parecchi deputati radicali ; i quali proprio durante la discussione della legge da famigerati segretari di federazioni d' impiegati rice-. vettero lettere, che si potevano considerare corne insolenti intimidazioni e come vergognosi ricatti. + Ho segnalato le attenuanti al servilismo dei deputati ; sento il dovere di far cenno delle altre in favore degl' impiegati. Si spiega la loro condotta e si attenua la loro responsabilita inquadrando la fenomenologia, che li riguarda in una condizione di cose più vasta e più profonda. Essa non è chè una .particolare manifestazione, come dissi alla Camera il giorno ;s Giugno, di quella assenza di solidarietà, che imperversa tra gl'ltalianì; di quella mancaza del senso dello interesse collettivo, che insidia la esistenza dello Stato. Con tale assenza si spiega il particolarismo degli elettori e dei deputati; e senza di essa non si potrebbe comprendere anche come i singoli deputati spesso nella Camera deviino da quelle che dovrebbe esser la loro genuina funzione e divengono i rappresentanti, non dell'Italia, ma di questo o quell'altro paesuncolo, di questo o quell'altro piccino interesse, spesso in contrasto con quello generate; e divengano i patroni, i paladini, dei ferrovieri o dei post-telegrafici , degli insegnanti delle scuole medie o dei demaniali; degli impiegati di dogana o degli uscieri giudiziari. Caricando un poco le tinte si potrebbe dire che tutte le classi, tutte le federazioni, tutti i gruppi d'interessi in Parlamento trovano i loro particolari difensori ... Meno il popolo italiano! Questo carattere degenerativo della nostra vita pubblica è più accentuato dove meno si sarebbe atteso - tra i socialisti e temo forte che tra breve, per quello sciocco spirito d' imitazione che tutto domina, lo sarà anche tra i repubblicani, che hanno le più nobili e grandiose tradizioni dello spirito di abnegazione e del sentimento della solidarietà nazionale. C'è da meravigliarsi di queste dolorose assenze? No ; esse sono il prodotto fatale della nostra storia, della nostra secolare educazi0ne, che attraverso aff eredità ne ha fatto un carattere etnico. Gl' Italiani sono stati divisi per tanti secoli' e nello Stato per tanti secoli hanno riconosciuto il loro nemico. Ora uno Stato, che incarni il sentimento della nazione, non vive che da cinquant'anni appena; e in cinquant'anni non si è potuto rifare un nuovo sentimento, non si è potuto distrurre quello formatosi e sviluppatosi attraverso ad innu• merevoli generazioni; perciò nei funzionari, nei deputati, negli elettori, nei ministri manca il senso dello interesse collettivo che fu dono delle minoranze che formarono l'Italia e che ha bisogno ancora di lunghe e forse dolorose prove, per divenire retaggio di tutte le classi e di tutta la nazione. -- DoTT. NAPOLEONE CoLAJANN1.;/ Gli abbonati che chiedono cambiamento d' indiriz.z.o, -- sono pregati di unir sempre la fascetta colla quale si spedisce il giornale. È il lussosoeialmente dannoso 1 In un recente articolo dal titolo « Divagazioni economiche sulla funzione sociale del lusso », pubblicato nella « Riforma sociale » dello scorso novembre, il signor Roberto Michels discute ampiamente degli effe li economi ci del lusso, conclu - dendo che questo, pur essendo moralmente dannoso, è socialmente utile. A tale scopo il Michels, dopo avere ricordato che il lusso si sottrae ad una definizione complessa e profonda, e che alcuni oggetti, i quali in altre epoche erano considerati di lusso. oggi sono di consumo generale, chiama ipotetica l'accusa che il lusso distrugga la materia prima, e scrive: « Il fenomeno non potrebbe verificar::ii che in casi eccezionali. Cosa vuol <lire che il lusso distrug~a la materia prima cagionando la povertà? Se le parole hanno un senso quelh osservazione nnn può avere altro significato che il seguente: il lusso s' impadronisce dei generi di prima necessità, e siccome a) il lusso non serve che ai ricchi e b) il popolo ha pur bisogno di quei generi di prima necessità così - logicamente - il lusso, come direbbe Henri Martin, cc fait passer dans les mains de quelques uns les deniers arrachés aux sueurs de la multitude,>. In via astratta la cosa è possibilissima. [ ricchi hanno il capriccio, in un anno di cattiva raccolta, di comperare quasi tutto il pane disponibile, a scopo di farne chi sa quale uso di lusso, magari per ciarlo come nutrimento ai cavalli. O i ricchi si mettono in possesso di tutto il legno disponibile, forse per un gusto di soffitti in intarsio. Allora, naturalmente, il lusso avrebbe cagionato la fame e il freddo alla povera gente, perchè avrebbe dis• rutto, a danno dei più, le materie prime. Ma questi casi sono dei casi creati artificialmente, e non ctei casi concreti dei .. quali avrebbe ad occuparsi l'economista. Dopo tutto l'economia politica non è metafìsica magica ,.. Pur tuttavia lo scrittore non c;iisconviene, che ad una parte dell' umanità i nco:n be la necessità di produrre tanto da soddisfare i bisogni di tutti, e che gli operai addetti alle industrie di lusso prelevano i beni atti a soddisfare i loro bisogni non dallo stock di merci prodotto da essi stessi, ma da quello prodotto da altri operai adibiti alle produzioni di merci di consumo generale, concorrendo così ad assottigliare la somma di beni utili all'urna• nità. Che questo sia un male il Michels ne conviene, e perciò si resta sorpresi quan<lo in seguito egli afferma, che, abolito il lusso, gli operai addetti a tali industrie, lungi dal passare alle industrie utili non troverebbero più lavoro, giacchè, essendo già disoccupati parte degli operai di queste ultime, i nuovi arrivati non troverebbero occupazione, ed aggiunge: e Fino a che continuerà ad esistere il così detto esercito di riserva inaustriale, il dire che la produzione di oggetti di lusso abbia come conseguenza la penuria della mano d'opera nelle industrie utili in prò delle industrie inutili, è semplicemnte una contraddizione in termini. Soltanto la scomparsa della disoccupazione potrebbe dare origine a fare diventare il lusso un problema economico; ipotesi della quale oggi giorno non è veramente il caso di parlare ». E' vero che il lusso si sottrae ad una definizione esatta, e che non è facile trovare la linea di demarnazione tra esso e la comodità. Ma a proposito di tutti i nomi astratti può farsi la medesima osservazione. Chi può precisare il confine tra l'3giatezza e la ricchezza, o tra la virilità e la vecchiezza? Dovrà solo pc rciò dirsi che non esistono la rie - chezza e la vecchiaia? Sebbene tra le une e le altre si sviluppi una zona neutra, su cui possono

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