RIVISTA POPOLARE 275 ticolaristi che la lotta per la vita tra i popoli e le nuove condizioni delle produzione mondiale rendono ogni giorno più ardente. Lo sviluppo delle ferrovie e della marina a vapore ha sop - presso la protezione naturale della distanza, ch'era ancora efficacissima 30 anni or sono, riducendo le spese dei trasporti in proporzioni incredibili, decuplicando la velocità di circolazione delle merci e assicurandone la const>gna con una regolarità quasi matematica. La Banca cosmopolita prestando ai paesi nuovi i capitali disponibili delle nazioni ricche e aprendo alla colonizzazione dei crediti quasi illimitati, ha bruscamente messo in valore vaste regioni in altri tempi improdut tive. Questi fatti sono relativamente recenti. Nd 1875 la marina a vapore dell'Inghilterra, degli Stati Uniti, della Francia, della Germania e dell'Olanda si elevava a 3,495,000 di ton - nellate di stazza. Nel 1907 sorpassa 14 milioni di tonnellate. Nel 1862 il nolo di una tonnellata di merce da Marsiglia per l' Estremo Oriente era di L. 1 ooo ; nel 1 8;'2 era a 335 ; nel 1875 a 223; oggi e 100 lire. Nel 1875 il nolo delle pelli da lana tra BuenosAyres e l'Europa era di L. 40 il metro cubo; nel 1897 di 15; di 16,50 la tonnel 1ata d1 frumenti. Nel 1875 la Repubblica Argentina non esportava ancora frumento. Nel 1868 il trasporto di un quarter di frumento (291 litri o 224 chilogr.) tra Chicago e Liverpool costava 14 scellini e 9 denari e mezzo, cioè L. 8,23 per quintale. Questa era una prote;ione naturale di distan;a dell'Agricoltura Europea. Nel 1875 questa protezione era di L. 7,63 per quintale ; dopo il 1902 è ridotta a L. 2, 16. Nel 1875 l' insieme delle ferrovie in America , Asia ed Australia era di 150,000 chilom. e serviva per una superficie, che non sorpassava quella dell' Europa; nel 1907 nelle stesse regioni le ferrovie sono oltre 500,00 chi!. e servono una superficie quattro volte maggiore di quella dell' Europa. Nel 1875 le Jndie inglesi, la Cina, il Giappone, l'Australia, il Canadà, gli Stati Uniti , I' America centrale e Meridionale non esportavano che 7 miliardi di prodotti indigeni; nel 1907 la loro esportazione raggiunse i 20 miliardi. Questi risultati sono la conseguenza dello sviluppo della ci - viltà universale; e c'è da rallegrarsene dal punto di vista umanitario. Ma essi hanno profondamente sconvolto la situazione economica delle vecchie nazioni di Europa. Infatti le applicazioni multiple dcli' elettricità, la volgarizzazione delle scoperte scientifiche, la conoscenza delle statistiche e della produzione e del consumo , la vigilanLa della speculazione ecc. hanno trasformato radicalmente le antiche condizioni della pro:iuzione e del· commercio. L'influenza di questi nuovi fattori ha livellato i prezzi nel senso del più basso prezzo di costo e , sop- ;pressa l'antica protezione naturale della di-,tanza, sono i paesi, ,ehe per una qualunque ragione possono vendere a più buon :mercato che_ regolano i prezzi nei centri di consumo. Ora ;l'esperienza ha insegnato ai protezionisti che se è vantaggioso ~il produrre a buon mercato , non è però in facoltà delle na- ~zioni europee , agricde e industriali , il ridurre come vorreb - '-bero il prezzo di costo e le condizioni della produzione, salari, ,trasporti, imposte, servizio militare, clima, suolo ecc. dei loro ;prodotti. Sanno i protezionisti che la politica economica di ,tutte le nazioni tende oggi a sviluppare tutte le branche della ·industria indigena , affinchè essa basti al consumo interno; ✓che i paesi che creano una nuova industria hanno il vantaggio •di adoperare un outillage perfezionato e processi di fabbrica - .zioni migliori; che i governi favoriscono le nuove industrie .-sia con premi diretti o indiretti, sia colla protezione doganale. Ecco perchè i protezionisti moderni non possono più accettare ,,la formula del secolo XVI~I : laisser faire, laisser passer. Prima del 1860 il regime doganale francese era un :vero •regime proibitivo, che si prestava facilmente alle critiche dei liberisti, riassunte da De Molinari nel 1852 nel Dictionnaire • d' Economie politique. I protezionisti moderni non pensano nè .a sopprimere le ferrovie, nè la macchina a vapore, nè il telegrafo , nè il telefono , e non vogliono ritornare ali' antico regime della Monarchia di Luglio ; ma non vogliono nemmeno ritornare al regime liberista del 1860, per la mutata situa.zione economica, che ha generato il Regime doganale del 1892. I dottrinar'i del libero scambio credono che la concorrenza internazionale basti a tutto e come tanti studenti retoricamente gridano: Libera concorren;a! Libertà di scambi! Vita a bnon Mercat?! Essi facilmente accusano _il miserabile pro. tezionismo come barbaro, come una mostruosità sociale che fa pesare sulle classi laboriose le conseguenze della pigrizia, dell'ignoranza, dell'avidità dei produttori; come un regime iniq ..o che spoglia la massa a benefizio di un piccolo numero di parassiti ecc. Del resto è cosa comoda avere a disposizione e potere aduperare una formola unica, la libera concorren;a che si adatta a tutte le quistioni e conchiu:iere : « Ogni in- « dustria, che ha bisogno di essere protetta per vivere, deve « sparire perchè essa costituisce un carico, un peso morto per 11 la nazione ». Ma saremmo curiosi di conoscere l'elenco delle industriP. francesi che non avrebbero bisogno del regime compensatore, non r roibizionista, del 1892. Questo regime, infatti, mira, a ristabilire entro la misura del possibile tra le condizioni del1 'industria e dell'agricoltura nazionali e quelle delle industrie similari straniere, che per ragioni naturali - basso prezzo della mano d'opera, delle materie prime e della terra, fertilità del suolo, imposte meno pesanti ecc. - o per cause artificiali - premi di esportazioni, trust&, cartelli, depreziazione della moneta ecc.-possono produrre più a buon mercato. Con ciò non si sopprime la concorrenza;· ma si organizza razionalmente, anche a profitto del consumatore, perchè senza questo ristabilimento dell'equilibrio non ci sarebbe concorrenza possibile; poichè l'indusria straniera, posta nelle condizioni migliori di produzione dell'industria nazionale similare s 'impadronirebbe del mercato italiano e detterebbe la legge. Che cosa varrebe la libera concorrenza se le industrie nazionali sarebbero in condizioni di inferiorità rirpetto alle straniere? Essa riuscirebbe alla rovina inevitabile dell' industria e dell' agricoltura na• zionali. Ecco un esempio tipico. In Luglio 1895 A. Peel, segretario della legazione britannicadi Buenos Ayres indirizzava al suo governo un rapporto in cui si leggeva questo passo: • Nessun « paese del mondo come questo può produrre il grano a più « buon mercato. Il costo reale di produzione in una buona « annata è di lire 5,02 per I oo chilogr. Ci possono essere « delle oscillazioni annuali; ma l'Argentina, meglio degli Stati , Uniti può approvigionare l'Europa a tale prezzo, battendo • tutti gli altri concorrenti , . Posto a bordo a Buenos Ayre& il frumento valeva in Gennaio 1896 a L. I0,10 il quinta)~ con un guadagno di L. 5 per gli intermediari e siccome le spese di trasporto per l'Europa non erano che di L. 1 ,50, a Bordeaux il frumento dell'Argentina poteva essere venduto per meno dì L. 12 i IOO chilogrammi. Su per giù uguale era il prezzo di Chicago e di Odessa. Ma il frumento francese r.on costava meno di lire 20 il quintale senza beneficio del produttore. Che sarebbe stato del1 'agricoltura francese, di cui la cerealicoltura è la chiave d volta, senza il dazio di lire 7 al quintale ? A. Peel calcolava giusto la produttività dell'Argentina. Infatti l'esportazione di quella repubblica che era stata appena di 3,279,000 quintali nel 1896, gradatamente si era elevata a 29,120,000 di quintali nel 1906 07 e si calcola che possa essere di 43,319,000 quintali nel 1907 908. Quest'ultima cifra rappresenta il 43 per cento della produzione francese - 1 30 milioni di ettolitri o I oo milioni di quintali nel 1907. « Il libero scambio , diceva Leone Say , non ha che uno , scopo : permettere ai cittadini di comprare a buon mercato « le cose di cui hanno bisogno , . Ma questo non è che un
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