Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 10 - 31 maggio 1908

.. RIVISTA POPOLARE 265 « Ces mots etait accueillis par des applaudi- « pernents répétés. E la déclaration dans son en- « sernblc soulevait une double salve d'appl LUdisse- « men ts sui vie d'une ovati on prolongée en l'hon- « neur du rapporteur M. Camillc Pelletan. « .__,'heurcest venue, pour le parti rz.dical et ra- <c di..:al-socidiste, qui a maintenant ìe pouvpir, cie <e passer des paroles, des applaudissements et des « ovations, aux actcs. Comme la nationalisation des « chemins dc fcr, com me la nationalisasion des mincs, <ela nationalisasion dcs assurances s'impose. Elle << offre le moycn, ou bien de dégrever les as:;urés - « le pub\i..: -- par des tres-fortes rcductions des « primcs, ou b1en, si le:i tarifs actucls sont mainte- <c nus, de fouruir d'import;intés ressources au budget <e de b solidiaritè sociale >>. In Italia il monopolio delle assicurazioni s' imP?nc_, più che negli altri paesi, per le seguenti rag10111: 1. Per le speciali condizioni telluriche e idriche del paese, molti e gravi disastri si avvicendano ogni anno. Ed ogni anno, insufficientemente e non equamente, vi vengono impegnate enormi somme, non solo dalla benehcenza privata, ma anche dall'Erario, che nel 1906 p. e. s'impegnò per 40 milioni. La relativa assicurazione, come abbiamo detto, non può farsi che dallo Staro, che nel peggiore degli eventi straordinari, non potrebbe perderci mai più di quello, che vi destina oggi ; e nelle condizioni ordinarie, per lo meno, non dovrebbe perdervi niente. 2. Lo spirito della previdenza non è entrato ancora, come dovrebbe nella coscienza del Paese : predomina il senso della sfiducia. Lo Stato rassicura tutti; e giova molto la sicurezza che in ogni caso gli utili dell'assicurazione non andrebbero a bene(ìcio di una Compagnia sfruttatrice, ma dello Erario pubblico. 3. In Italia ci sono troppe Compagnie di assicurazione; e perciò in generale deboli, molto dispendiose, e poco produttive. Per questo la maggior parte degli affari, agevo• landosi l'emigrazione del capi tale nazionale, sono gestiti da molte Compagnie straniere, (sebbene non tutte egualmente solide e morali); mentre intanto quasi nessuna delle Compagnie italiane agisce all'estero, malgrado la concorrenza fatta con tariffe più basse. 4. L'Erario largisce larghissimi sussidi per le assicunzioni operaie. Potrebbe risparmiarli più efficacemente nel campo dell'assicurazione naz-ionale. 5. I depositi alle Casse di risparmio postali potrebbero godere di un interesse più elevato, e perciò pol rebbero enormemente aumentare; se venissero impiegati a servizio dell'assicurazione nazionale. On<l'evitarc le conseguenze di crisi improvvise , si potrebbero stabilire dei premi da sorteggiarsi a benehcio di dati depositi unitari aventi la scadenza di qualche anno 6. L'utile dell'assicurazione nazionale potrebbe contnbuirc a fronteggiare l'apparente perdita dell'Erario per la necessaria abolizione del monopolio del lotto. Perciò noi ripetiamo per la seconda volta le parole pronunziata da Pelletan al Congresso radicale di Parigi del 1905: cc L' heure est venue de passer des paroles, des ap- <c plaudissemenls et des orations, aux actes. Comme « la nationalisation des chemins de fer, la nationa- <c lisation des assurances s'impose. Elle offre le moyen, « ou bien, de dégrever !es assurés - le public - « par dcs tres-fortes reductions des primes, ou bien, <e si les tarifs actuels sont maintenus, de fournir <e d'importantes ressources au budget de la solida~ « rietè sociale. • Roma, maggio 1 908. Prof. Eì\L\.NUELE P1sAN1 Per le case rurali nelmezzogiorno Sta innanzi al Parlamento un disegno di lPgie sulle case dei contadini nel mezzogiorno e nella Sicilia , di cui è relatore l'on. Di Scalea. Su tale disegno di legge un amico , cbe desidera rimanere sconosciuto ci manda queste opportunissime osservazioni, cbe noi raccomandiamo e all'on. Di Scalea e ai deputati tutti. L' art. 2 della legge 15 luglio 1906 N. 383 per le province meridionali, per la Sicilia e per la SRrdegna dispone col 2° comma la esenz;one dalì' imposta fondiaria per « le case le quali site in centri abitati servano di personale abitazione e sieno di proprietà di contadini i quali provino tale lo1'0 qualità. ~ L'art. 83 della stessa legge ordina al Governo di presentare al Parlamento entro il 30 giugno 1907 il disegno di legge che deve regolare l' esenzione di cui sopra. Ora si è saputo dai giornali cLie il Governo ha adempiuto al suo dovere e cbe fra poco si dovrà discutere dal Parlamento il disegno di legge che dà attuazione al 2° comma. Si è saputo pure dai giornali che fra i limiti entro cui dovrebbe restare ristretta l' esenzione è posta la condizione che il contadino non possegga altri beni oltre la casa. Questa condizione - a prima vista ragionevole - può dar luogo a delle vere ingiustizie se il testo della. futnra legge non sarà opportunamente emendato. Ed eccone la dimostrazione. Per disposizione della legge sull'imposta fabbricati vigente da 30 anni in tutta Italia ( e mai conosciuta. abbastanza dalle province meridionali nonostante la loro pletora di avvocati) sono esenti dall'imposta le case che servono o all' abitazione dei coltivatori manuali della terra ( siuno salariati o gli stessi proprietarii) o al deposito dei prodotti agrarii e loro prima manipolazione oppnre al ricovero degli animali addetti all'agricoltura; il tutto subordinato alla condizione essenziale che casa e terra sieno dello stesso proprietario. In pratica avviene che la concessione della esenzione si fa dipendere anche dalla quantità della terra al cni servizio è posta la casa di cui si chiede l'esenzione e ciò pel riflesso che la casa rurale non è altro che uno strumento atto a produrre quel reddito che forma l'oggetto dell'imposta sui terreni (1). Dato tale concetto vigente nell' applicazione della legge fondamentale (art. 8 della legge 6 giugno 1877 N. 368-1)si verifica spesso il caso che l'esenzione viene negata a chi pur trovandosi nelle condizioni estrinse- (1) In altri termini : si esige un certo rapporto prudenziale fra la quantità d'!llo strumento e la quantità della produzione. E ciò forse non è ingiusto secondo le leggi attuali.

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