RIVISTA POPOLARE 237 quei capi stessi che della disfatta sono e saranno riconosciuti gli autori responsabili. Ma vittoria vera non si potrà ottenere da nessuna delle parti. Se i proprietarii che vollero schiacciare il sindacalismo nella lotta attuale otte·nessero il successo del momento, rimarrebbe lungo strascico di malumore, che rigerminerà presto in odio e rinnovera, forse più gravi e più ponderati, i movimenti dell'oggi. Non è dalla coazione che può nascere una relazione durevole e schietta fra chi ha bisogno di lavorar~ per vi~ere e chi ha bisogno di far lavorare per vivere agiatamente. Sono due ricchezze inerti per se stesse, sé staccate, che unite si decuplano, la terra e il lavoro. La terra con tutta la possibilità della più grande produzione, il lavoro con tutta la potenza di portare quella possibilità in azione, -in fatto. + Ponderiamo serenamente dove nel conflitto attuale può trovarsi la colpa iniziale, o la responsabilità più gr;1ve. Nel maggio 1907 erasi concordemente stipulato, come prima abbiamo detto, un contratto. Nella esecuzione di esso ci fu dell'equivoco e quindi del malinteso: questo originò la sfiducia per la quale venne poi negato dall' una delle parti il perfezionamento dei patti contrattuali colla nomina dell'arbitrato, dapprima stabilito. Scioperi parziali da una parte , serrata generale da11'altra tentarono sanzionare o rafforzare le rispettive pretese. Ma è a ritenere che il dissidio non sorse nel contratto e pel contratto in quanto la interpretazion-:: poteva esserne diversa. Il dissidio esisteva prima de I contratto iI quale non fu che un temperamento pa togiiere il dissidio. Nel maggio 1907 il con tratto erasi accordato dietro uno sci<,pero improvviso dei contadini che avevano abhanJonat,, il lavoro, compres{; quello delle stalle. Sutto l'urgenza del his1igno i proprietarii, i111prep:1r:1tialb sorpresa, dovettero chinarsi, e me11trc: avev:1r. patito un d:111110fotte dallo sciopero - per qu:111!.odi breve dur:1t:1- furono costretti, allo scopo Lii evit:ire danni maggiori, a migliorare i p:itti e le condizioni economiche, di c ,- luro 1..'.hèil d:11_1110avcv;rn1, ori~i11:1to. Ma :rn(bc: in questa specie di dedizione non Jurono accorti. V11ikro lesinare; el,beru la visione errata delle cose; e pd v:1tll>pu11tig;io di mostrarsi i:, parte vincitori nel cu11flittu, gr: v:l!"OilO il contratto nuovo di condizioni u11c:ruse,le qu:1li furono subite dai lavoratori, forse al momento, gia paghi dei miglioramenti ottenuti. Ma col tempo, scomparsa l'urgenza del bisogno, sorse la r:1ppresaglia. E la interpretazione del contratto prestò facile il destro ai malumori e poscia ai conflitti. L' arbitrato avrebbe potuto ancora definire le controversie ; ma la Camera del Lavoro, mal guid:1t:1,non seppe approfittare della condizione di cose, che pareva favorevole ai lavoratori e per la smania dei suoi capi di affermarsi in qualche atto impressionante, diede il segno della lotta. La colpa quindi, la responsabilità, come si vede da una obbiettiva e imparziale disamina delle cose, è di entrambi i contendenti. Nè dicano i proprietarii che l'azione sovversiva fu iniziata dalla Camera del Lavoro collo sciopero: no, perchè lo sciopero non fu che limitato, localizzato ad un Comune, mentre la serrata dei proprietarii fu per tutta la provincia, quindi anche là ·dove di sciopero non era neanche sorta l' idea. Ma non dica nemmeno la Camera del Lavoro che la colpa del!' azione soprafattrice è tutta dell'Agraria per la serrata ; perchè si potrà sempre rispondere, che questa dal contegno generale della Camera del Lavoro e dall' inizio degli scioperi fu determinata. • Le risultanze dello sciopero sono gravissime. • Sono oltre trentamila i serrati (e scioperanti nello stesso tempo) in questa provincia ; e sono tutti nella parte più fertile di essa. Sono 30 mila lavoranti che potrebbero ora lavorare, secondo la tariffa e l'orario stabilito d'accorci,>, 11 ore al giorno e percepire ventitrè centesimi al1' ora. Sono dunque - come fu notato sul giornale La Ragione-cltre settantamila lire al giorno che vanno perdute pei lavoratori. È, tenuto conto dell' importanza somma dei lavori che in questi giorni necessitano alla agricoltura, di circa di un milione al giorno il danno che alla produzione vien recato~ Non è; veramente, sarebbe di un milione, se tutto andasse perduto. Ma mentre la perdita dei lavoratori è certa e irrimediabile, pei proprietari è incerta e m~no sentita: perchè non tutto da loro viene subito il danno ; ma si ripercuote sulle industrie locali, sul commercio, sulla vita, sul movimento della città e provincia ; e quindi viene suddiviso su quanti a questo movimento, a questa vita partecipano: e cioè viene diviso anche fra i lavoratori tutti, che del mancato giro di questa mancata ricchezza sentono per necessità il riflesso dannoso. Vi ha di più ; i proprietarii non tutto perdono. Abituati per la massima parte a vivere nella facile agiatezza loro procurata dalla produzione delle loro terre, essi erano presso(hè parassiti, consumatori e nulla più. Oggi invece essi stessi lavorano e consumano n:eno, mentre si fanno e sono veri produttori col loro lavoro. Ciò dovrèbbero considerare e ponderare coloro che dirigono con si po~o tatto il movimento proletario nel Parmense. Il borghese che al caflè o nell'ozio abituale spendeva, oggi non spende; economizza cioè per lo meno q ua11to gu:1d;1gna un contadino ; ma di più ; esso lavora e produce; guadagna dunque col suo lavoro la giornata. Infine non paga la giornata al lavorante. Dunque - i lavoratori dovrebbero essere onestamente edotti di questo fatto - la giornata del padrone profitta a questo come la giornata del contadino: e cioè - in altri termini - il danno pel contadino è triplo. + E chiudiamo il prolisso nostro dire con un augurio. Il pensiero del reciproco interesse possa distogliere dai propositi di fiera rappresaglia i due contendenti: e nella visione sicura di un disastroso avvenire si ispirino i lavoratori a non insistere nella resistenza: ma nella visione altrettanto sicura di una possibile
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