Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 8 - 30 aprile 1908

216 R I V l S T A P O P O L AR E pagati, persecuzioni, licenziamenti di maestri, fatti su due piedi, dai Consigli Comunali e tante e tante cose che vi mettono la tristezza nell'animo e vi fanno commiserare la sorte del povero insegnante delle scuole elementari. Per fortun-t le cose sono cambiate in gran parte, anche i maestri comunali, nominati a vita, non sono ora gli schiavi dei consiglieri e possono vivere con piena indipendenza e libertà; ma, quando il de Amicis, scriveva, le cose non andavano perfettamente così, onde egli scrivendo quel libro, che ora potrà parere esageralo ed ingiusto, fece opera umana e manifestò ancora una volta il suo amore per i maestri e la scuola ponendo, come si dice, il dito su· una cancrenosa piaga di Italia. Manifestano appunto questo suo trasporto per la scuola primaria gli altri suoi libri di racconti, bozzetti o ricf)rdi : La maestrina degli operai, Fra scuola t casa, il Cuore, Discorsi ai fanciulli e qualche capitolo degl' interessanti Ricordi del 1870-71, dove, descrivendo una premiazione parla della efficacia che hanno simili cerimonie - purtroppo andate completamente in disuso nelle nostre scuole - sull' animo dei ragazzi. Il teorico non fu altrettanto felice quanto lo seri ttore di bozzetti: egli riuscì nell'analisi, ma non nella sintesi. Due cose, secondo me, l'attestano: i precetti e i consigli eh' egli, nell'Idioma gentile, ha voluto dare intorno alla linguu suscitando un vespaio di critiche da parte dei competenti (i più indulgenti tentennano la testa indecisi se approvare o disapprovare); e i suoi bozzetti sociali. Il de Amicis, studiosissimo della lingua, andò come il Manzoni - di cui imitò felicemente lo stile ed appunto perciò il ·Flamini lo chiama « epigono » della scuola manzoniana-a risciacquare i suoi cenci in Arno e notò nel suo taccuino le maniere di dire e le frasi della sua padrona di casa e studiò con amore il Vocabolario - e lo studio del vocabolario egli sempre consigliò di poi - e consultò a più riprese il Fanfani che parecchi anni fa era un giudice autorevole in fatto di lingua. Riuscì in tal modo ad avere una forma limpida, facile, scorrevole, che tutti capiscono ma che non perciò cade nella sciatteria e nella volgarità; e si meritò poi l'onore di esser nominato socio corrispondente dell'Accademia della Crusca. Il suo stile piace, quantunque ci siano delle piccole mende - e in quale scrittore non se ne trovano? - e quantunque sia alcune volte troppo abbondante di parole. Nell' Jdiuma gentile egli dà utili precetti, ma parecchie delle sue teorie sono ...e. rrate: ci sono in cambio dei bozzetti molto graziosi e dei dialoghi arguti dove si canzonano parole e frasi errate della lingua corrente. I suoi bozzetti sociali che il Nerbini di Firenze raccolse in volume col titolo di Lotte civili, sono piene di sentimento e di delicatezza; ma come dicevamo, essi non rivelano il forte ragionatore, ·molto influirono sul cuore dei giovani convertendoli al socialismo più di certi astrusi articoli_ che i giornaletti socialisti pubblicano. Anche nei bozzetti sociali il de Amicis appare qual' era un uomo dall'anima gentile e buona: egli ha descritto le lotte, le persecuzioni cui, un tempo, venivano fatti segno i socialisti; penetrò - osservatore invisibile - nelle famiglie e vide quali animate discussioni, quali bàttibecchi e rabbuffi cagionavano le nuove idee: i figli in discordia col padre che sbirciava i titoli dei libri e protendeva le labbra leggendo quelli dei giornali. Notò il disprezzo dei borghesi per gli uomini di parte socialista, magnificò la prima bontà e semplicità, e il disinteressato accordo che regnavano tra gli umili operai e i professionisti e si commosse profondamente, quando si trovò per la prima volta in un circolo elettorale socialista. Afermò quindi, contro quelli che volevano spiegare a modo loro il suo soçialismo, che fle sue idee erano quelle del partito socialista dei lavoratori: e depose per Filippo Turati e per altri imputati innanzi ai tribunali mili, ari del 1898. Il de Amicis scrisse al Turati - come questi ha detto-che s'era convertito al socialismo appunto leggendo gli articoli della Critica Sociale. Io mi spiego che del Primo maggio tante volte annunziato siasi pubblicato solo il primo capitolo: da una parte l'entusiasmo del neofìta per le teorie da poco accettate, dall' altra l'unità e la con.cordia del partito socialista che allora andava rassodando le ossa senza trovar tempo per oziose polemiche; ma quando queste dilagarono e l'entusiasmo del de Amicis si fu alquanto calmato allora gli parve inutile, o poco opportuno pubblicare un romanzo a tesi socialista. Oramai le tendenze diluviavano e non sarebbe stato agevole navigare in mare sì tempestoso. Questa credo che sia la ragione per cui i lettori attesero invano, ogni prima vera, la pubblicazione del Primo maggio ( r). L'uomo ebbe una gentilezza e una bontà pari allo scrittore e mai forse in alcuno furono tanto d'accordo gli scritti e le azioni: gli amici suoi lo adorava no, quelli che lo conoscevano solo attraverso i suoi libri lo amavano grandemente. In poche famiglie italiane - credo - era un ignoto. Il suo nome veniva balbettato - come tuttora lo è -- dai bimbi, variamente accentato, come quello di uno scrittore da Il' ingegno potente che volesse molto bene ai fanciulli, e veniva ricordato dai giovani e dagli uomini maturi con affetto e stima. Un profumo di gentilezza e di soavità spirava da ogni suo lavoro. Egli adorò la mamma per cui scrisse delle poesie affettuose e sentite e volle, una volta, che un suo libro fosse pronto per l' onomastico di lei. A Trieste, dopo un banchetto offertogli, ringraziò- in nome di due madri: 'una vecchia, oscura e modesta; l'altra giovi ne, forte e gloriosa: l' Italia. Uguale adorazione ebbe pel figliuolo Furio che s'uccise a Torino: per lLJ.iscrisse de le pagine commoventi: In tua memoria, figlio mio ! E questo tragico dolore lo martoriò come un cilicio per tutto il resto della vita. Ora egli è scomparso, ma non scomparirà giammai dalla nostra memoria, nè dal nostro cuore, giacchè egli tornerà ogni volta che noi rievocheremo gli anni della nostra fanciullezza o della adolescenza, quando per lui sentivamo più che affetto un entusiasmo sincero e profondo, anzi un furore e un'ossessione. ( 1) Il de Amicis cominciò a lavorare intorno Primo maggio tra il 1891 e il 1892; e nel '91 scriveva al Direttore della Nuova Ant.: (( A suo tempo, La pregherò di pubblicare nel l 'Antopologia un capitolo del libro, che sto prerando, intitolato il Il primo maggio ». Ma il primo capitolo fu pubblicato dc po undici anni, nd 1902. Arturo Graf ritiene che il manoscritto di•tale romanzo non sia stato distrutto, ed egh racconta eh~, quando il de Amicis preparava il materiale pel libro, si faceva da lui leggere dei volumi tedeschi: e durante la lettura, seguita semore con vivissima attenzione, il de Amicis talvolta restava sospeso, o si rannuvolava, vedendo intricarsi la matassa, e farsi men semplice e men maneggevole la materia del libro che non volle più pubblicare. Il de Amicis prevdeva che il libro fosse destinato a spandersi in tutto il mondo esercitando s0pra in numerevoli spiriti un influsso gagliarJo. - L'eJitore Treves poi discorrendo col Direttore del Mar 1occo, ha d:!tto che al de Amicis pel Primo maggio furono offertt: centom;la lire: il New Jork Herald e la Neue Freie Presse se ne disputavano la primizia per le !1)ro appendici. Ma egli non era contento e non volle mai piegarsi a pubalicarlo, rt:putando che sarebbe apparso inferiore ali' aspettati va.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==