Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 8 - 30 aprile 1908

RIVISTA POPOLARE 215 tutti sono studiati i pettegolezzi e le miserie di una piccola città galleggiante sul mare. Così della Spagna, la terra dell'epopea, egli descrive l'anima nobile e cavalleresca , i fanatismi e i pregiudizi, le corridas, i combattimenti dei galli, la gelosia delle donne armate di pugnaletto con cui fanno la· festa all'amante tradì tor e ( è in un sonetto che il de Amicis ne parla) : l' Olanda ci è descritta con le sue brume e i suoi canali, le serve che hanno l' ossessione della pulizia e che lucidano gli ottoni della porta d'ingresso o levano la polvere dalle commessure dei mattoni con lo spillo e i contadini che conoscono le lingue straniere, tra cui l'italiano (uno infatti ce ne fu-se la memoria non m'ingannache recitò al de Amicis , scandendo bene le sillabe, il primo verso della Divina Commedia: <e Nel mezzo del cammin di nostra vita l ») Costantinopoli .è poi la città cosmopolita che ci è pre senta la nella sua gloria di luce e di arte, nel suo splendore e nelle sue miserie, nell'architettura variamente doviziosa, nella ricchezza dei linguaggi e dei costum: che vi s'incontrano, negli episodii più caratteristici ed importanti della storia antica e moderna, nella sua varietà infinita, nei suoi ba1ars, nei suoi harems e nei suoi ladri : tutta una ricca fantasmagoria di luce e di colori abbaglianti. Ma in tutto quanto il de Amicis vede e sente, osserva e descrive non e' è un nesso, non una sintesi (ed è forse questa una delle mende dei suoi viaggi ed insieme uno dei suoi lati originali), ma egli vede ed ascolta e poi scrive quel che ha veduto e quel che ha udito, da viaggiatore intelligente e colto e senza il proposito di annoiare alcuno con osservazioni o prediche. Sicchè i libri di viaggi del de Amicis-come altri ha detto recentemente-non sono pittura di uomini e cose, ma fotografia accurata, anzi spesso istantanee. Eppure quanta verità in quelle istantanee e quanta semplicità, che naturalezza e che conoscenza del cuore umano ! ., .J : ~ - Nei Ricordi di Parigi invece non descrive minutamente la città, come ha fatto nel Costantinopoli - uno dei suoi libri di viaggio giustamente più pregiati - ma dice le sue rapide impressioni su Parigi ·e sui Parigini e da uno sguardo all'Esposizione universale del 1878. Quello che più interessa in questo libro sono i capitoli dove parla lungamente di Victor Hugo e di Emilio Zola, due scrittori che il de Amicis visitò durante il suo soggiorno a Parigi. Se il secondo studio ci dà delle interessanti notizie circa il modo in cui Emilio Zola - la gran bestia nera di tutti i preti e letterati simbolisti e romantici - scriveva quei suoi pregevoli romanzi di cui preparava con minuziosa cura il materiale; il capitolo che riguarda Victor Hugo è una mirabile d:pi ntura del romanziere e del poeta fecondissimo e insieme una delle critiche più sincere , più spassionate , più belle che sull'opera di lui- siansi scritte: giacchè altri o troppo lo bistratta dicendo roba da chiodi del romanziere dalla macabra fantasia o troppo entusiasticamente lo esalta, mentre il de Amicis ragionando bellamente dei pregi meravigliosi e dai difetti abbominevoli dell'autore dei 1.l1.iserabili ne fa un'analisi fine, acuta ed artistica, e descrive sentimenti e impressioni che hanno provato tutt' i lettori intelligenti delle opere di Victor Hugo, il quale « dalla prima all'ultima pagina è serr.pre presente, despota, orgoglioso e violento, e ci fa della leaura una lotta. Ci caccia innanzi a spintoni, ci solleva, ci rialza, ci scrolla, ci umilia, ci travolge nella sua fuga precipitosa, senza dar segno d'avvedersi che noi esitiamo. Balziamo rapidissimamente fra i più opposti sentimenti che può_suscitar la lettura, dalla noia irritata all'entusiasmo ardente, come palieggiati dalla sua mano. Eterne pagine si succedono in cui l'Hugo non è più lui. Egli travia, erra a tentoni nelle tenebre e delira. Non sentiamo più la parola del!' uomo, ma l'urlo e il balbettio del forsennato. E i periodi enormi cascano sui periodi enormi, a valanghe, oscuri e pesanti, o piccoli incisi sui piccoli incisi, Gtti e rabbiosi come la grandine, e s'incalzano e s'affollano confusamente le assurdità, le vacuità, le iperboli pazze e le pedanterie. Vittor Hugo pedante ! Eppure sì; quando ci esprime cenro volte l' idea che abbiamo afferrata alla prima, quando ci mostra lentamente ed ostinatamente, una per una, le mille [accette d' una pietra eh' egli crede un tesoro e che è un diamante falso. E in quel frattempo, mentre sonnecchiamo o frerr iamo, ci si affacciano alla mente le analisi spietate dei critici, le vie dei classistici, gli anatèmi dei pedanti , gli scherni dei suoi infiniti avversari e stiamo per dire: Han ragione I Ma che I Arrivati in fondo alla pagina, v'è un pensiem che ci fa balzare in piedi e gridare:-No per Dio I Hanno torto l - una frase che ci s' inchioda nel cervello e nel cuore per tutta la vita; una parola sublime, che si compensa di tutto. E l' Hugo è di nuovo là ritto e gigante sul piedistalio che vacillava>. Un altro brillante bozzetto critico è quello su Ulisse Barbieri, lo scapigliato romanziere e drammaturgo che ha qualche punto di contatto con Victor Hugo: con una forma spigliata e facile il de Amicis c'informa dello strano modo di vivere e dello strano modo di scrivere di « colui che tinse il mondo di sanguigno,, (1). Ma, dicevo, nel de Amicis bisogna soprattutto ammirare lo s~rittore di bozzetti: 1a sua fantasia non era molto agile, egli non scriveva racconti che avessero un intreccio molto complicato, no: i suoi racconti, le sue novelle, i suoi romanzi mancano di una trama e non sono che bozzetti o sequela di bozzetti tutti vivi, coloriti, reali, umani; ma il de Amicis era un osservatore sagace e fine e tutte le cose, anche quelle più insignificanti, fornivano a lui lo spunto di una novella o di un bozzetto. 11 Romanr_o d'un maEstro, che mette a nudo le infìnite miserie, i disagi e le amarezze dei maestri, « i paria dell'alfabeto , i pio-nieri della civiltà ,, ci presenta una quantità di tipi e di macchiette che non sembrano creati dall'immaginazione, ma realmente esistenti. Questo libro è l'odissea d' un maestro elementare che ballottolato in diversi comuni, a causa delle solite bizze da cui tanto facilmente si lasciano pigliare i beoti ed analfabeti coasiglieri dei comunelli rurali, egli, eh' era entraro nell'insegnamento con l'entusiasmo nell'anima, si avvilisce e fìnisce col perdere ogni fede nella giustizia: abbandona allora i libri e si dà al vino tanto da capitare qualche giorno ubbriaco in classe: da questa abbiezione il maestro Ratti, giacchè è proprio lui il protagonista, è tratto da una benevola paternale del Provveditore di cui egli era stato alunno e allora, ottenuto un posto a Torino, egli torna con amore allo studio e ripiglia affetto all'insegnamento. Ma nel tessere questa semplice tela il de Amicis vi fa stilare innanzi una grande quantità di tipi: segretari comunali, assessori della pubblica istruzione che non sanno leggere, sindaci che vorrebbero far delle maestrine le proprie ganze, preti ailegri e ubbriaconi, maestrine che la pretendono a letterate, sagrestani che aspettano il gran crac, parroci, farmacisti, piccoli borghesi e poi bizze, dispettucci, angherie, soprusi, stipendi non ( 1) Ha scritto Dino Mantovani : « E discorrendo d1 autori e di libri con gli amici , V<!rsava nel lepido e sottile conver sare il suo mirabile talento di critico, che troppo scarsamente esercitò scrivendo ». (Nuova Ant. r. 0 aprile).

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