' RIVISTA POPOLARE 149 ~ zione fra ufficiali - una ,,era e propria camera • militare del lavoro ... » (pag. 26). Noi che a suo tempo abbiamo flagellato il linguaggio della Riscossa dei demaniali, noi che abbiamo negato il diritto allo sciopero dei funzionari civili, non possiamo che associarci completamente al Di Giorgio nel condannare severamente questo tentativo di costituziona dì un sindacato dei militari, che potrebbe riuscire. a qualçhe cosa di più pernicioso di uno sciopero. A favore del Ranzi sta una circostanza, che a noi è nota e che forse il Di Giorgio sconosce. In varie riunioni di uftìciali inferiori avvenute in casa del Direttore del Pensiero militare, questi dette consigli di calma e di prudenza con parole ardenti e stìdando la violenza e la improntitudine degli intervenuti. Egli insomma esercì tò spessissimo una vigorosa ~zione moderatrice. Ma rimane sempre il fatto che il suo giornale è divenuto il centro della organizzazione, per mezzo della quale si è, per così dire, disciplinata .... l'indisciplina! ♦ Il maggiore Di Gìo;-gio assurge a considerazioni malinconiche ed umilianti per l' ese-rcito italiano dopo avere constatato e documentato qual' è stata ed è la propaganda del Ranzi e del Pensiero mililitare. Lasciamogli la parola. « In nessuno esercito europeo avvi.;ne nulla di sirnil~. dice il Di Gioq~io. In Francia il bulangismo prima, il dreyfusismo dopo, I' applicaziont! ddla legge contro le congregazioni, le liste di spionaggio, sono statt! questioni al paragone· delle guaii il nostro disagio mora 1e .iiventa risibile; gli utficiali vi sono di· sgraziatamente divisi in passioni alte ed ardenti : legittimisti e bonapartisti, repubblicani t! socinlisti, clericali e massoni; qualche ministro della guerra, il generale André per est!mpio, è ricorso a mezzi di governo che da noi non si oserebbero neppure ptnsare. Ebbene, al di sopra delle loro P.assioni e del loro malcontento, e' è, per gli ufficiali fraacc::si, a tenerli uniti, una idea possente, luminosa, Jominatrice, la Francia; e' è un limite, che nessuno osa varcare - 1• onore professionale ; c' è un freno al quale tutti, docili. o indocili, si sentono sottc, messi - la lealtà militare. Gli uffi.::iali bigotti, allievi dei ge· suiti, fecero il loro _doloros0 dovere fino in fondo. Quando in qualcuno la convinzione rersonale, la passiont! politica, il pregiudizio di parte prc:valse, v' è stata la ribellione aperta, ma individuale franca, coraggiosa, non la congiura dissimulata e prudente. Gli ufficiali r belli, piuttosto che sottomettersi a un potere che a un dato momento giudicarono esiziale alla Patria, spezzarono fieramente lii loro spada, non scriss..:ro indirizzi collettivi ed anonimi, non fondarono un giormile, non si costituirono in camera militare del lav0ro. E il tenente colonnello Picquart combattè da solo la sua bell:1battaglia contro lo stato magg!ore; e, neppure nel momento triste della sconfitta volle uscire dal fiero isolamento, e non cercò nel!' esercito il concorso di coloro - e saranno stati assai numerosi - coi quali aveva comuni sentimenti ed iJee. Egli. volle il trionfo della verità e della giustizia, ma non lo vJlle a prezzo dell' onore del!' ésercito, della salute della P.a ria ». « In Austria Ungheria. Tutti sanno da quale feroce inconciliabile dissidio sono dilaniate. le varie nazionalità dell'impero:- boemi, tedeschi, rumeni, magiari, croati, italiani, sloveni. Recentemente la questione della lingua di servizio - una quc:stione cioè ehe riguarda vu diretta:n<.:nte l' t:S•!rcito - accese passioni terribili nella nazione u1:igherese, e rinfocdò vecchi rancori, e f.:ce germogliare propositi ribdli. Ma nell' esercito non vi fu una s_ola manifestazione; Prevalse su tutto I' onore professionale, la fedeltà hl giuramento, la devozione al Sovrano. E sono i due eserciti che s' accampano, doppi di numero del nostro, ai nostri c0nfini ». 11 A che del resto guardare fuori di casa ? Non era stato forse, finora, anche il nostro esercito un vero modèllo di Jisciplina? Non era passato, puro e illibato a traverso le prove più dur~ è più decisive? ln esso avevano potuto tr0var posto, e fondersi, gli_ufliciali eh' erano venuti su con Garibaldi _equelli che erano venuti su nell' esercito austriaco, gli ufficiali del re di Sardegna e del re di Napoli e del granduca di Toscana ; 'crt!denti e. l•beri pensatori ; liberali e retrivi - e a nessuno era ••stata chiestafper l'ammissione l'atto di fede religiosa o politica, S'immagini che tempesta di passioni politiche, di prt:giudizi- di regione e di casta, _diantipatie personali, doveva ribollire in quelle anime. Ma la sottomissione ali' idea astratta dalla disciplina, rese possibile la sottomissione a capi o invisi o antipatici o disam}lti; e, dall'amalgama di tante forze divise ed avverse, potè la Patria comporre, dopo la secolare servitù, un esercito di cittadini. Avemmo -- !e sacre Ombre mi perdonino la evocazione, in questo momento, profanatrice! - avemmo l'esempio di Mazzini e di Garibaldi : mai, nè nei giorni di Aspromonte, nè in quelli di Sarnico, nè in quelli di Mentana; nè quando più impetuosi imperversarono gli sdegni magnanimi e gli impeti di ribellione contro la mediocrità dei tempi e la ignavia degli uomini; mai essi non attentarono alla unità morale e alla disciplina dell'esercito. E restano fra le pagine più eloquenti di Mazzini, quelle dov'egli si difende dall'accusa di aver fatto propaganda di indisciplina nell'esercito; e scriveva dopo Aspromonte, a proposito delle vittime di Fantina : Garibaldi non pensò mai di riunire d'intorno a sè gli ufficiali dell'esercito suoi antichi seguaci. E lasciò a tutti i soldati del suo paese l' esempio dd famoso 11 Obbt!disco >) dove la sua anima raggiungeva il culmine della grandezza morale. Più che un generale, più che un suddito, egli era· stato fino allora come una potenza alleata; un uomo diverso di lui ne avrebbe profittato per ribellarsi, per fare un bel gesto, per discutere, - e avrebbe concorso potentemente alla rovina della Patria. Egli obbediin omaggio all'interesse lial paese, che imponeva, in quel momento, unica via di salvezza, la conclusione dell' armistizio ; in omaggio alla. lealtà militare, che vietava di resistere a un ordine del comando ». (pag. 56 59). ♦ Il Di Giorgio ha buon giuoco contro il Ranzi, che esige dai suoi abbonati e commilitoni nella campagna contro la disciplina, una .fiducia cieca, e che lo seguissero ciecamente e non vorrebbe che gli ufficiali avessero alcuna fiducia nei loro superiori; ma egli credo che esageri molto quando col semplice indebolimento della disciplina spiega le disfatte dello esercito borbonico e prevede giorni tristi pel paese se l'esercito si dovesse presentare contro il nemico nelle condizioni odierne. La sconfitta e la vittoria sono il risultato di numerosi fattori , nè abbiamo bisogno di ricordarli ad un coltissimo ufficiale come egli è. La forza morale è uno dei precipui fattori della vittoria; ma è soverchio semplicismo ridurlo alla disciplina. Comunque di questa non intendiamo negare la importanza. Ma l'aspetto che ora c'interessa maggiormente è quello politico. Per gli antimilitaristi all' Hervè i mali segnalati dal Di Gìorgio devono essere cagione di pa;~za gioia perchè rincrudendosi ed allargati.dosi, essi condurrebbero alla realizzazione, del loro ideale : allo spettacolo di soldati che invece di tirare sul nemico tirano sui propri ufficiali. Ma noi che teniamo in gran conto il concetto, meglio la realtà della patria; noi che non ci nascondiamo i pericoli, ai quali è esposto il nostro paese e che sappiamo che l' herveismo è pianta che non ha attecchito negli eserciti dell' Austria e della Germania, dove anche i socialisti fanno aperta professione di patriottismo; noi che dell' herveismo ci siamo dichiarati avversarii inesorabili e non da oggi, dividiamo le preoccupazioni del Di Giorgio su questo modernismo ranziano che, contro le stesse intenzioni del suo autore, condurrebbe agli stessi risultati dell' herveismo. Noi gli diamo sopratutto ragione per ciò che afferma sul militarismo, come fenomeno politico, di cui in Italia , egli afferma, sinora non vi era stata mai l'ombra. « Il primo accenno al milita ·ismo, la prima « manifestazione allarmante, è codesto modernismo « che ci vogliono gabellare come cosa democratica • « e che ha finora incontrato - sembra incredibile! cc le simpatie della parte più avanzata del liberalicc smo italiano » (Lettera al Corriere della Sera). Così é. Noi non potremmo sottoscrivere alla filosofìa della Storia enunziata dal Di Giorgio, che spiega le scoò.fitte del 1848 e t849 coi pronunciamenti del 1821 ; filosofia della storia, che fa troppo
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