Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 6 - 31 marzo 1908

158 RIVISTA POPOLARE Camere del Lavoro, in alcune partecipano alla dìrezione unitamente ai socialisti. Alla costituzione di nuove Camere essi poi si adoprano attualmente a Torre Annunziata, Sulmona e~c. Sull'azione re-- pubblicana nelle lotte del lavoro basterà citare quanto sotto il titolo sindacalismo rurale, sc:-iveva l' anno scorso Paolo Mazzoldi nel Mouvement Socialiste e nel Divenire Sociale: , l' ideale morale e lo spirito rivoluzionario di questa dottrina (la mazziniana) . danno ai contadini repubblicani, di Romagna, come a tutti i lavoratori d'Italia, uno spirito di classe ed un senso razionale del diritto e della giustizia che si trova difficilmente nei lavoratori socialisti ..., Giustamente aggiungeva il Mazzoldi che le dottrine vanno giudicate dopo il loro risultato patrico. Il partito repubblicano i tali ano si addimostra nella dottrina e nella pratica un partito eminentemente sociale ed operaio. Ed è perciò che esso trova tra i lavora ~ori sempre maggior seguito e vede salire i 18,661 iscritti del 1901 a 21,690 nel 1902, a 25,347 nel 1903, a 30,402 nel 1905. Oggi il partito repubblicano, coll' aumento verificatosi negli iscritti in questi due uitimi anni e collo sviluppo preso dalla Federazione Giovanile Nazionale la quale conta alcune migliaia d'iscritti, sta per eguagliare per forza di organizzazione il partito socialista col quale gareggierà nobilmente nel campo economico quando gli operai repubblicani nel loro prossimo Congresso avranno fissato a sè stessi uniformità di criteri e di azione. Cupramontana, gennaio 1908 OuvrnRo ZuccARINI 111 ~EGICIOIO comefenomenodella vita sociale Lisbona dette scarsi segni di lutto e ancor pm scarsa materia di « corrispondenze >l agl' inviati speciali dei maggiori fogli quotidiani, i quali si attendevano la rivoluzione come effetto immediato degli sconvolgimenti politici, che fornirono il piombo alla carabina di Buiça e dei suoi complici il primo febbraio: la rivoluzione non è facile materia di antiveggenza, e i portoghesi , che tranquillamente si accalcarono nelle vie percorse dal sontuoso corteo del povero re Don Carlos e del principe Luigi Filippo, tranquillamente appresero che fossero deposte rose sulle tombe dei regicidi, ai quali si pensa, perfino, di erigere un ricordo marmoreo. La tragedia di Praca di Commerco, che potrebbe essere per generare una di quelle correnti morbose di simpatia per il delitto , le quali sembrano una reversione atavica delle folle, è tra le meglio atte a prospettare un viluppo di cause ed effetti tra loro interferenti, che costituiscono, nei giudizi sui regicidii, quella continuità di gradazioni, che va dalla cieca esacrazione, all'ostentata apologia del reato. Il regicidio, che oggi pare esercitato in regime di monopolio dagli anarchici (che potrebbero anche aver partecipato coi repubblicani , o esser restati· estranei alla strage dei Braganza), è, invero , un delitto più antico che forse non si creda. In un primo momento storico il regicidio non è possibile, perchè tra gente che non è anèora assurta all'organizzazione statale non vi è un capo, che raccolga così considerevoli forze, da non poterglisi opporre resistenza: non sorge la necessità della violenza subdola contro la persona preminente, ma si oppone ad essa un'associazione faziosa di forze. Così in un periodo storico immediatamente successivo, quando sorge la figura embrionale del regno , i documenti, che non narrano se non le gesta dei re, ci insegnano che di essi quelli che non morirono di morte naturale furono uccisi appena le sorti si mos:rarono avverse agli eserciti che guidavano, essendo, com'è noto, quei popoli in continua guerra tra di loro. E la storia dell'antico oriente narra di crudeltà di quei re, consone solo alle barbarie dei tempi, di fronte alle quali s' attet1ua l' orrore per il truce assassino anarchico: Nabucodonosor, imperatore della Caldea, per esempio, fatto prigioniero Sedicia, re di Giuda, gli fece trucidare sotto gli occhi i t-ìgliuoli, e quindi, accecatolo, lo fece, sembra, ammazzzare in Babilonia. Il regicidio, come delitto politico, è considerato nel1e leggi più antiche; ma è arduo rinvenirne i primi esempi. Prestando fede alle versioni storiche di Erodoto, si avrebbe nell'antico oriente l' assassinio del così detto Pseudo-Smerdi; ma troppi dubbi sorgono sul racconto di quelle vicende. Certo è, però, chi i primi regidicidi, che compierono la strage per ragioni politiche , furono principi e pretendenti al potere, cht! soppresse1·0 il rivale: troppo grande era il prestigio del sovrano, circonfuso nella luce dell'adorazione religiosa, perchè altri che non pretendesse alla stessa onni possenza , armasse il suo braccio contro di esso. Resta immune dal regicidio l'antica Grecia quando l'aristocrazia e la democrazia, l' oligarchia e la demagogia costituiscono di fronte nuclei di forze avverse: solo fuori di questo ~ioco di partiti se ne ricordano esempi anteriori come quelli di Ipparco, finito col pugnale da congiurati, e posteriori come l'assassinio di Artaserse e quello memorabilissimo del grande Filippo. Alla storia greca fa singolare contrasto quella romana , che è tra le più ricche di regicidii , che cominciano dalle più antiche leggende e proseguono fino alla catastrofe dell' Impero, da Tazio a Tullio Ostilio, a Tarquinio Prisco; da Coriolano a Cima, a Clodio, a Pompeo, a Cesare , re, principi , duci ammazzati sempre a colpi di pugnale , raramente soffocati. Campeggiano figure celebri di congiurati, come Catilina e Bruto. Gl'imperatori tribuni, gl'imperatori militari, gl' imperatori colleghi quasi di regola finiscono per opera di congiurati: così Tiberio, Caligola, Galba, Vitellio, Domiziano, Caracalla, Eliogabalo, Alessandro Severo, Massimino, Aureliano, Floriano è così di seguito. E tutti sempre spenti a colpi di pugnale, salvo qualcuno che, come Commodo, finì di veleno. Tanta copia di regicidii può solo o romanzescamente o antropologicamente -- fa lo stesso - spiegarsi con natw·ale predisposizione della gente latina a violenza anorcoide: invece, una palese ragione storico-sociale chiasisce con evidenza la portata del fatto constatato. Nella Grecia la salda organizzazione dei pdrtiti , come si disse, contrapponeva forze associate , e lo spegnere una persona non lasciava sperare nessun pratico risultato: in Roma, invece, dove il potere tendeva ad accentrarsi nelle mani di un solo uomo, che assai spesso ne abusò, e gli odii degli oppressi e le ingorde brame dei rivali conversero su di lui e ne generarono la strage. Il sostrato sociale di così grave delitto politico è nei mali profondi, che inquinarono quelle costituzioni economiche. Nella storia del medio evo non mancano, certo, i regicidii; ma non vi è quella morbosa frequenza che si riscontra specie ai tempi dell' impero, in Roma: Alboino è strangolato, Maometto muore di veleno, assassinato è Lamberto, assassinato è Berengario. Ma per un certo tempo v'è assenza di regicidii celebri, e prevalgono in seguito o stragi compiute dalle folle briache, o veneficii. Celebri gli assassinii di Cola da Rienzo e Galeazzo Sforza, com-

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