Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 6 - 31 marzo 1908

150 RIVISTA POPOLARE comodo alla dinastia sabauda per essere accettata da noi ad occhi chiusi, che sappiamo come senza quei pronunciamenti non avremmo avuto tutto quel movimento che condusse alla formazione della nazione. Siamo, però, con lui quando concitatamente formula il suo atto di accusa un pò contro tutti con queste parole: «L'opera del Ranzi e del PensieroMilitare si è svolta nell'ombra, quasi clandestina, ignorata non solo dal gran pubblico e dagli uomini politici, ma anche dalla gran massa degli ufficiali; ignorata, o mal cor.osciuta, perfino da quelli stessi che l'hanno alimentata del loro ap~oggio e della loro simp.1tia, perfino dalle autorità militari e giudiziarie che I' hanno tollerata. E' solo così che si possono spiegare le proporzioni assunte dall' incrPdibile fenomeno, e le simpatie generali che esso in questi ultimi tempi ha incontrato in tutta, o quasi tutta, la stampa italiana. Ed è per tutte queste persone che io ho scritto: per gli ufficiali. principalmente, che hanno finora alimentato col loro concorso 1' opera nefasta, senza a vere un' idea esatta di ciò che essa è: io son c<::rto che molti di essi, la maggior parte, vedranno con disgust0 in quale mala compagnia si sono imbrancati, e si ritrarranno inorriditi. Per la commissione d'inchiesta, perchè veda, esamini, giudichi, e ne tragga norma per le sue conclusioni. Per gli uomini politici e per la stampa di tutti partiti ; per tutti coloro, infine, che sono ancora in Italia ad amare sinceramente la libertà, ed a pensare che la potestà civile dello Stato debba essere al sicuro da qualsivoglia attentato. Sappiano essi che il giorno in cui fosse dato agli ufficiali di organizzarsi, lo Stato sarebbe in loro mani, e sarebbe asservito al Militarismo ». tt L' ignoranza e la cecità dei nostri demagoghi non sa dare al militarismo altra forina, che quella stereotipata di uno strumento di dispotismo monarchico; e non sa che, nella storia, la forma più comune del militarismo fu quella deile milizie indisciplinate in mano di governi deboli ; ne fioriscono esemplari rigogl•osi, anche iti giorni nostri, nelle repubbliche <lel1' America latina. Oggi, i pochi ufficiali chè si agitano sono incoraggiati, perchè la causa che li muove non è politica ; perchè sono ritenute legittime e gius•e le ragioni del loro malcontento, e conf0rmi al pubblico interesse i provvedimenti da essi invo-:ati. Chi garentis1..e che domani - entrati che sieno nell'esercito nostro certi costumi - gli ufficiali, già organizzati per i: miglioramento delle loro condizioni, non pensino di far sentire in altra occasione, per altro motivo, il peso della loro volontà ? In questo momento, un' agitazione a scopi) politico nell' esercito è impossibile, e su questo riguardo si può riposare tranquilli, perfino sul più cosciente e sul più evoluto partigiano dei Pensiero Militare. Ma chi può dire che, seguitando di questo passo, sarà in un avvenire più o meno prossimo sempre così? Galba è ancora lontano oggi. Ma Galba ha ora a sua disposizione mezzi più rapidi che ne!!' anno settant'otto dopo Cristo. La ragione e il torto non sono mai assoluti, del resto, ma relativi. Assoluta è la necessità che una forza cosi pericolosa alla libertà civile, quale è la forza armata. non si corrompa e non degeneri. Che sarebbe avvl!nuto della repubblica, della Francia, se l'ufficialità fr,rncese avesse fatto sentire la propria opinione al tempo del boulangismo o de1l' affare Dreyfus; dell' Austria, se l' ufficialità ungherese avesse manifestato, comunque, il suo modo di vedere e di sentire sulle questioni che si sono agitate fra Vit:nna e Budapest? li popolo serbo delirò di riconoscenza per gli officiali che, a prezzo del loro onore, liberarono il paese dalla tirannia di un ep:lettico e di una avventuriera. Ma i regicidi sono ancora padroni a Belgrado. E l' esercito serbo sconterà quando che sia cnn una novella Slivnizza l' ignominia del Konak, come l'esercito francese di Napoleone Ili scontò a Sédan e a Metz. I' onta del 2 dicembre », • Un esercito, dove per qualsi3si motivo in qualsiasi circostanza, sotto qualsiasi pretesto, siano tollt:rate comunque manifestazione collettive, è un esercito votato indeprecabilinente alla disfatta 11. Sì, questo modernismo che arriva a minacciare i~ Parlamento perchè agli ufficiali subalterni sia accordato un aumento di stipendio è un pericolo vero per la democrazia. Noi che abbiamo combattuto i sjndacati dei funzionari, e i loro scioperi non possiamo che logicamente e inesorabilmente combattere il modernismo sindacalista dei mili tari, cento volte più disastroso. « Agli ufficiali, avverte il Di « Giorgio, non può essere permesso per una suprema « necessità di Stato, di associarsi e di far valere cul- « lettivamente le loro ragioni ». Se ne hanno, aggiungiamo noi (1). ♦ In questa grave discussione snl modernismo e sulla disciplina dell'esercito, noi non abbiamo trovato idee chiare e precise sulla organizzazione dell'esercito e sul suo reclutamento. Certamente tanto il Di Giorgio quanto il Ranzi saranno favorevoli alla riduzione della ferma. eh' è stata sostenuta da due generali deputati, dal Marazzi e dal Pistoia e eh' è stata testè bocciata - parrebbe incredibile, se non fosse vero! - dai depurati non militari, interpreti forse del pensiero del Ministro della guerra .... borghese. Ma il punto che maggiormente c'interessa conoscere è quello dell'ordinamento elvetico. Noi non lo proponiamo nella speranza di ottenerne diminuzione nelle spese militari; ma siamo convinti e ardenti partigiani di tale ordinamento perchè a parità di spesa potremmo almeno riposare tranquilli sulla sicurezza e sulla difesa dello S~ato. E su questo punto tace il Di Giorgio e creJiamo che non abbia parlato chiaro il Ranzi_ Il Maggiore Di Giorgio, però, non si è limitato ad esporre i danni e i pericoli del modernismo militare; ma ha accennato francamente alle cause prime ed ai possibili rimedi per arrestare il malcontento nell'esercito; e nelle ipotesi enunziate sui rimedi, ce n'è una, sulla quale pienamente conveniamo. La causa prima dei lamenti, egli dice, sta <e nel <e ristagno della carriera proJotto dalla grosse am- <c missioni alla scuola militare quando furono creati <e i due nuovi Corpi di arm:ita: in due anni usci- « rono da Modena quasi 2000 sottotenenti e poco « meno di 5000 ne uscirono nel decennio 1882-1892 » (pag. 70)_ Egli ritiene• che siano sconvenienti ed esagerate le geremiadi degli ufficiali sulla loro condizione economica. cc Parecchi ui'fìciali hanno perduto, scrivendo <e su pei giornali, ogni senso di misura e di decenza « nel parlare della loro miseria. Il Ranzi giunse 3 <e scrivere sul Corriere della Sera che alle grandi <e manovre incontrò ul-ficiali che rimanevano senza cc mangiare perché non avevano denari per pagarlo ... » (pagina 12). Egli è però convinto che bisogna accelerare la carriera e migliorare la condizione economica degli ufficiali. cc Queste due questioni della carriera e del trat- « tamento, vanno risolute, e presto, e senza riguardo <e a spesa. E se dovessimo portare un aggravio che « il bilancio dello Stato non può sopportare , ebbene, <e si abbia allora il coraggio di sopprimere, tre, quatcc tro, sei corpi d' armata, di rinunziare alla costru- « zione delle nuove artigliere, di munire la frontiera (1) Siamo lieti di constatare che il nostro giudiz;o collima con quello della Vita lnten1a1ionale di Ernesto T. Moneta. Ivi discutendosi del modernismonell'esercito si conchiude: « Sinora i'opera del Ranzi, mostrando il pericolo cui si andava incontro, sferzando, anche se troppo v10lentemente, l'indifferenza e l'apatia di coloro che so::io preposti all'esercito, ha fatto del bene. Ma ove la sua propaganda, almeno parte della sua propaganda continuasse con le istesse forme e gli stessi metodi, gran pericolo vi sarebbe di tristi e.tfetti •. « Guai se con la disistima verso i capi e verso le istituzioni riesce a radicarsi nell'eser-:ito lo spirito d'indisciplina. Guai se nella vita militare, che dev' essere di amore, di patriottismo, di abnegazione, vien suscitata la libidine del guadagno, oltre quel giusto che è doveroso. L'esercito di cittadini animati da un' alta idealità verrebbe trasformato in un esercito di pretoriani I , . r (< La discussione sull'esercito dev' esser fatta, con fervore, con insistenza, con vivacità, sempre con elevatezza, sempre fuori dell't:sercito. Altrimenti a lungo andare, i mali che ne potrebbero derivare sarebbero superiori a quel po' di bene che è possibile ottenere ». I

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==