.. R I V I S T A PO P O L A R E 135 inalterabile. Weismann aveva avanzato la teoria che la presenza della vecchia e quel che diciamo morte naturale negli orga nismi più elevati, come contraddistinto delle forme più basse del protoplasma vivente, si risolve nel fatto cht: la morte del1' individuo sia utile alla razza, e che la selezione naturale aveva dunque, in tutte le specie che non fossero proprio le più inferiori , esterminato il poten 1 ialme>tte immortale. li signor Balfour inclinava a credere, che, in un certo senso, il principio si avvererebbbe in riguardo alle nazioni. Lo scadi mento d'un particolare gruppo politico potrebbe ridondare a beneficio della civiltà in generale e la decadenza diverrebl>e in questa guisa una condizione necessaria del progresso. 11 signor Balfour assai acconciamente tien corto della diffe renza di scadimento negli individui e nelle nazioni. La differenza a nostro parere, è così vasta da ammontare quasi a una contraddizione. Le nazioni decadono principalmente nel senso che il tempo le porti faccia a faccia con competitrici che le sorpassano. L' impero romano sembrava pronto a sfasciarsi nel terzo secolo della nostra era. Ebbe due secoli di nuova vita per una serie di abili imperatori. Le tribù germaniche, non erano allora abbastanza forti per impedire la convalescenza del sofferente, e I' impero romano si fece ad ostacolare il processo di decadimento fino all'anno 476. Se le tribù germaniche avessero mancato di sviluppare per allora la loro piena forza , la decadenza di Roma po tevasi prolungare indefinitivam;rnte. E discutibile se il popolo spagnuolo d' oggidì sia realmente peggio, persona per persona, che non sotto Carlo V; solamente che altre nazioni I' hanno superato. Gli è ben certo che la Francia di oggi è così inerentemente sana come lo era quarant' anni fa. E solamente il rapido sorgere d'un impero tèdesco che ha fornito l' occasione per discorsi sulla decadeuza francese. E se una Russia liberalizzata e democratica, in una ventina di anni, dovessi! atforrare una volta il primato d' Europa, ciò non significherebbe nece;;sariamente che la Germania fosse per intraprendere la discesa. Passar da primo a secc-ndo posto in una gara podistica non è sinonimo con l'allontanamento maggiore dal punto d'arrivo. Ed e.:co perchè i latini così ostinatamente rifiutano a lasciarsi qualificare decadenti (re/use to Jet themselves to be labelled decadents). In mancanza di retrocessione attuale, c'è sempre vita, e dove c'è vita c'è speranza· Quel che rende molto vuoto del!' odit::rno parlare di decadenza nationale, è l'indubitabile, crescente solidarietà del mondo. Secondo la teoria del commercio primitiva , ancora in uso nel Congo, forse, ed a Washington, uno dei due con traenti del contratto era destinato ad esser vittima. Gli economisti ci hanno appreso ora come il libero scambio benefichi compratore e venditore egualmente. Uno dei due trarrà il miglior partito dal mercato, ma I' intero processo si basa sul principio che entrambi ricavino profitto per un ammontare determinato. Gli è grandemente lo stesso con la moderna evoluzione storica. Le nazioni ponno competere, ma anche quando una ha decisamente la mèglio sull' altra come la Germania fece con la Francia nel 1870, bene può risultare ad ambo ! La Germania raggiunse l'egemonia in Europa, ma la Francia dalle ceneri della sconfitta imbastì una democrazia più completa che non avesse avuto dopo la Rivoluzione. Nessuna na - zione può progredire senza trascinare altre nazioni dietro a sè. li nostro sviluppo materiale se1.za parallelo non implica retrogressione per l' Europa : al contrario la Gran Brettagna, l'Irlanda, l' Europa dd nord, l'Italia nel darci la loro popolazione surplus si sono avvantaggiate esse stesse tremendously. Col commercio, col telegrafo e col cavo, coi trionfi della scienza che non conosce paese, con tali movimenti internazionali come quello pel disarmo, si rende meno e meno possibile per una nazione d'ammalarsi, di decadere senza portare offesa oltre al propri confini o marciare :verso una vita più robusta senza costi ingere altrui nella direzione medesima. ( The Nation di New York, 20 Febbraio). + Joan No,·el: l1 vrosslmo conflitto del PacificoQuel vasto mare che dalla riva nord americana del Pacifico va alle isole nipponiche sinora non è sta10 teatro di alcun conflitto ; lo diverrà tra breve. li viaggio dell' armata di sedici corazzate, così invincibile come quella del 1588, verso S. Fran• cisco non è che il prologo del dramma futuro, che prepara Roosevelt, che ha ricevuto il premio Nobel per la pace. li Giappone, che da Portsmouth ebbe l'avviso di cessare la guerra contro la Russia, a quel dramma si prepara in 1ilenzio. La lotta formidabile si pri:para, che dovrà condurre il Giapponi: alla potenza, cui aspira. Gli Stati Uniti non sono nemmeno essi preparati ; ma sono guastati dalla ricchezza e dalla fortuna, che li ha sinora pro tetti e dallo spettacolo della loro flotta. Questo futuro conflitto sarà interessante e segnerà la disfatta irreparabile di ogni ideo logia. Questa non può trattenere un popolo di mercanti, che vuole vendere o comprare, e cht: non ha che un Dio : il dol !aro. E' il mercantilismo sfrenato che sarà la causa prima ed efficiente del conflitto di domani. Rifacciamoci alle sue origini apparenti, la cui puerilità è indiscutibile. I due motivi di dissidio invocati dagli Stati Uniti sono quelli della emigrazione e della ammissione dei fanciulli giappones nelle scuole della libera America. L' emigrazione non è che un miserabile pretesto. Ha un certo valore solo per le isole Hawai, annesse nel 1898 dagli Stati Uniti, non ostante la protesta del Giappone. Ivi la popolazione era di 50,000 ab ; ma bentosto vi emigrarono 75,000 giapponesi, che oggi saranno 100,000. Dalle Hawai i Giapponesi cominciarono a passare sul continente ; ma in misura limitata : nel Canadà non vi sono che 8000 nipponici. Questa immigrazione però riesce invisa per la differenza di razza, il cui pregiudizio è stato sempre potentissimo negli Stati Uniti. L' avversione per le nuove immigrazioni è irragionevole sia perchè l>1terra da occupare non mancano; sia perchè gli 86 milioni di abitanti degli Stati Uniti. rappresenta un miscuglio di tutte le razze, in cui gli anglo-sassoni oggi non sono che una minoranza. Solo dal 1. 0 luglio 1906, al 30 Giugno 1907 sono arrivati negh Stati Uniti 1.285,349 immigrati; dei quali soltanto 56000 sono Inglesi e 34,000 Irlandesi; il resto sono Austriaci, Russi, Sia vi, lta liani, Serbi, Bnlgari. Questo miscuglio di razze deve preoccupare perchè queste orde di famelici invece di riversarsi nell'Ovest e nel Sud a mettervi in valore le terre che aspettano le braccia si fermano nello Stato di New York, nel Massachussetts, nella Pensilvania ecc. che colle loro immense città trattengono i lavoratori , che vi formano delle colonie chiuse e viventi di una vita propria, re frattari all'americanizzazione e costituenti secondo il Commissario dell' emigrazione Sargent, un pericolo sociale. Ora di fr0nte a questa immigrazione che cosa è il pericolo giapponese ? Il rapporto di Sargent, pel r906-907 dice che alle isole Hawai e nel continente non sbarcarono che 30,226 Giapponesi ; dei quali 24,531 alle Hawai. Nel continenle non ne sarebbero arrivati che 5695. Il rapporto federali: maliziosamente non dà la cifra ; ma di più non possono essere, perchè a S. Francisco non se ne danno come sbarcati che 3,539. Perchè allarmarsi per così poca cosa ? E se maggiore fosse l' immigrazione giapponesi: per quali motivi si dovrebbe respingere ? Il Yanke teme il lavoratore giapponese come un male endemico, perchè sobrio, senza bisogni eccessivi, col suo amore
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