108 RIVISTA POPOLARE ma è pure evidente cht: lo Stato deve soprattutto incoraggiare le cantine sociali. Si può anzi dire che il Governo si è già posto su questa via conferendo premii alle migliori cantint: cooperative: ma per parte nostra continuiamo a credere eh.e la soluzione vera del problema non si avrà che mediante ia crmcessione di un largo credito di Stato alle cantine sociali. Il credito di Stato alle cantine sociali si presenta quindi, a nostro avviso, come il solo mezzo pratico ed efficace per av - viare l'enologia italiana a migliori sorti. Ma non si può dimenticare che per fare tutto c10 , e per dare , alla vendemmia • una anticipazione ai produttori , una cantina sociale di 2 5 ,ooo ettolitri richiede circa un mezzo milione di capitale. Una tale somma è impossibile trovarla fra i viticultori , per quando possono essere proprietarii di terreni di un valore di grnn lunga maggiore. li credito ai viticolturi per la costituzione di cantine sociali rapprt:senterebbe da parte dello Stato un eccellente atfare. An- _ zitutto è inutile ricordare che l' Erario bene fica del benessere generale dei cittadini e specialmente degli agricoltori. Ma giova • ancora kner presente che accordando il credito, ad esempio, al 4 per cento , lo Stato non sacrifica un centesimo , mentre guadagna tutto il maggior reddito delle tasse d'affari, dei prodotti ferroviarii, ecc., oltre all'eventuale risparmio dei sacri fici non lievi per abbuoni eccezionali sugli alcools, ecc. Ma v' ha ancora un'altra considerazione che dim0stra quale sarebbe il vantaggio dello Stato, qualora esso entrasse risolutamente in questo sistema. E' noto che mentre il trasporto per forrovia del vino avviene gradu_almente in o~ni mese dell'anno, quello delle uve si concentra quasi totalmente nel settembre, cagionando gravi disagi amministrativi e tecnici al servizio ferroviario. Lo Stato , come esercente delle ferrovie , ha quindi ogni interesse a favorire la vinificazione locale delle uve, ed a trasportare vini invece dell'uva greggia. Ogni anno , le ferrovia dello Stato devono assegnare alla vendemmia alcune diecine di migliaia di carri , diminuendo i trasporti ai grandi centri marittimi, ecc. Ciò avviene in Francia in misura assai minorn appunto perchè colà si commercia molto più in vini che in uva. Non è esagerato il dire che un sistema analogo richiederebbe in Italia un minor fabbisogno di circa 10,000 carri da parte delle ferrovie di Stato, per un valore di 70 ad 80 milioni di lire. Oggidì , le nostre ferrovie di Stato sono in questo bivio : togliere, alla vendemmia, 10,000 carri al movimento ordinario , con danno dei loro prodotti e dei traffici nazionali , oppure tenere inoperosi un 10,000 carri per circa I I inesi dell' anno , a fine di averli in pronto nel settembre, per aggiungerli alle altre migliaia di vagoni , che pur sempre occorrerebbero per mosti , ecc. Se lo Stato prestasse alle cantine sociali un centinaio di milioni al 4 per 100 non solo non avrebbe un centesimo di aggravio, ma realizzerebbe utili discreti nel movimento generale del paese e nello esercizio delle ferrovi•e. La vendemmia è infatti lo scoglio contro il quale ogni anno si infrange la regolarità del servizio ferroviario. Una vasta organizzazione di cantine sociali potrebbe pure esercitare un' influenza oramai necessaria t: benefica sulla produzione. Pur troppo ciò è doloroso a dirsi, ed anche più do loroso a farsi: ma non fer questo deve mancare il coraggio della verità a quanti si o.;cupano di qut:sti problemi. V' hanno nel mondo economico delle leggi inviolabili, come in quello fisico. Di fronte ad un eccesso di quantità , se non vogliamo scer.dere a prezzi più che vili e derisorii , non v' ha che una restrizione della produzione che dovrebbe rapidamente compiersi sia nellt: zone di montagna che danno vini scadenti, sia nelle regioni di pianura , ove la vite può facilmente venir sostituita da altre culture, come grano, rrato ecc. Tranne il caso di una successione di annate sfavorevoli, il rimedio s'impone. Più lo si indugia e più si aggrava il male come è accaduto in tutti i paesi dove si è cercato invano di resistere alla sovrabbondanza di produzione. Valga l' esempio della Grecia per le uve di Corinto e del Brasi le per il caffè. L' Italia ha tale varietà di climi e di produzioni che non dovrebbe aver difficoltà a sostituire altre colture (Nuova Anto - tologia, 16 febbraio). + , Alfred Russe! Wallace: Evoluzione e carattere.- E una constatazione dolorosa, pur nondimeno lo scenziato deve enunciarla francamente, poichè dovere dello studioso è pro clamare la verità dei fatti eh' egli riesce a constatare siano essi lieti o dolorosi per l'umanità. Da che il genere umano è apperso su la faccia dd pianeta la evoluzione fisiologica ha proceduto verso un perfèZionamento costante ed un st mpre maggiore adattamento e miglioramentu di organi , mentre la evoluzione morale non si è compiuta affatto. Il genere umano è oggi , in fatto di concezioni etiche al punto stesso al quale . era, alle prime epoche del proprio sviluppo biologico. In primo luogo è un errore credere che gli enormi progressi fatti da noi nella scienza ed il nostro dominio della natura possono servire a dimostrare la nostra superiorità su gli uomini delle età primitive. La t:videnza storica e i monumenç_i ?ei tempi antichi stanno là a provarci che la nostra natura 1ntellettuale e morale non ha progredito -in modo sensibile. In secondo luogo noi siamo obbligati a constatare che la grande inferiorità mentale dei selvaggi non è che una creazione della nostra immaginazione o del nostro orgoglio. Più si stu - diano spassionatamente e più si è costretti a riconoscere che essi rassomigliano perfettameute a noi nel foro pott:re intellettuale. Perfino gli indigeni Australiani, quantunque, gli ultimi su la scala del progresso , mostrano con la complessità del loro linguaggio, le loro regole sociali così complesse ed ànche per una innata nobiltà di carattere, l'indice di una natura psichica simile alla nostra. Se essi hanno pochi filosofi e moralisti, essi hanno altresì, paragonati a noi ed al loro numero, pochi pazzi e pochi idioti. D' altra parte troviamo nelle popolazioni del Pacifico , fra le più alte, uomini che, quantunque selvaggi dal lato materiale, sono generalmente considerati - ed in realtà sono - fisicamente, intellettualmente e moralmente, i nostri eguali, se non superiori a noi. E questi noi cerchiamo di sterminarli con gli effetti della nostra vantata civiltà. Terzo, noi non abbiamo nessuna prova che l' uomo della Età della Pietra fosse moralmente inferiore a noi. Il caso degli isolani del Pacifico dimostra che le arti semplici eh' essi pos• seggono , e le loro costruzio~i non sono affatto una prova di inft:riorità, mentre la indubbia assenza di potere selt:ttlvo del valore sopravvivente, adeguato alla evoluzione delle più alte facoltà intellettuali, estetiche e morali - che noi troviamo tanto sviluppate nell'India antì-:a, nell' Egitto ed in Grecia - indica che 1' uomo primordiale, della cui esistenza noi non abbiamo nessuna certa nozione, possedeva ugualmente queste qualità. Ma quantunque la razza umana non abbia fatto sensibi_li progressi in centomila anni , non bisogna disperare che non possa farne in avvenire. Se vogliamo che questo sia bisogna cominciare a riformare la nostra educazione, così da creare per i bambini un vero amore, e che la vera e profonda simpatia per loro, sia il primo dovere, ed il più sentito dall'insegnamento. Poi bisogna realizzare l' ideale socialista in modo che la legge naturale della selezione trovi modo di esercitare la sua influenza, specialmente nei matrimoni. La grandt: iezione offertaci da questa breve esposizione dei fenomeni del carattere in rapporto alle leggi conosciute dalla evoluzione è questa : che la nostra imperfetta natura umana, con le sue quasi infinite possibilità di bene e di male, può soltanto compiere un sistematico progresso attraverso l'educa-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==