Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIV - n. 2 - 31 gennaio 1908

86 RIVISTA « poema, il poema di Venezia, anche di Roma e « del ma,·e nostrum. E al tempo stesso porta in sè « un programma per la nazione risorta: il varo con « cui l' ultimo episodio finisce, sta alle origini di « Venezia, quattordici secoli fa, e vuole stare alle « origini dell'Italia per oggi e per l'avvenire. E' << un ricordo che si trasforma in un vaticinio. La « nave veneriana diventa la più grande nave itae liana». Ancora. « Voi potete accorgervi che moltissime « cose della Nave non si combinano con voi , (e « Corradini confessa che nessun altra opera d'arte « si è combinata meno della Nave con lui ..... E <e l'ammira I) ma ognuno deve affermare che vi è « qualcosa di sommamente grande e bello in questo « fatto, che il teatro abbia allargato tanto la sua ccscena da potere accogliere la celebrazione di una « città, delle sue originì e del suo dominio, e la « proclamazione di un dovere della nazione, dovere « rappresen tn to nell' atto di una nave che scende (( nel mare. Questo atto è sommamente bello, anche <e nella poesia, perché qui dove la tragedia finisce, cc qualcosa incomincia: incomincia la fortuna della " città lagunare e, nell'intenzione del poeta, quella cc dell'Italia mediterranea ». « Che vasti orizzonti da quel termine! » Vedremo le conseguenze serie di questa rettorica buffa. Intanto non voglio defraudare i lettori della Rivista del capolavoro del simbolismo irredentistico, concentrato nel brindisi pronunzìat) dal poeta alla fine della colazione offertagli nel Caffè Faraglia. Disse il poeta : « Se costringo la mia mal conosciuta modestia a << ricevere il calore di tanto alti saluti e se consi- « dero la bontà e gentilezza grandi che mi testicc moniano gli amici vecchi e nuovi raccolti intorno « a questa mensa, mi viene in mente un singolare <1. ,..ostume dei Veneti primi. Quegli uomini del « paese amaro. mancando di pascoli, solevano porre <e anche gli alveari sulla nave e di notte risalire i « fiumi turbolenti. Sull' alba le api escivano alla <e pastura spandendosi per le ripe ogni giorno nuove; <e poi com'erano sazie, si radunavano a bordo. I <1. marinai, avvertiti dal peso stesso che gravava la " carena esser piene le arnie, secondando la cor- « rente tornavano alle loro case di legno », <e Ecco che anch' io oggi per voi, amici e com- « pagni ho la mia nave carica del miele più dice verso. Assaporo con gioia l' insolita larghezza, e <1. ne spero i più attivi fermenti. Ma il fedele be- « vitore d'acqua, infondendone una stilla nel vino cc c~e vor:ebbe nato dalla più schietta e profonda cc vite laziale, beve da Roma - in compagnìa di cc buoni Italiani d'ogni terra - beve da Roma alce l'amarissimo Adriatico ». . Que.lle api intelli&enti e quei marinai più intelligenti ancora che s1 accorgevano quando le arnie erano piene di miele sono meritevoli di fare una compagnia veramente degnissima alla mal conosciuta modestia di D' Annunzio - quello che non trovò altro poeta degno di stargli a lato se non un certo Dante Alighieri ... Certo è che bevendo all' amarissin:zoadriatico egli intese minchionare i commensali sulle proprie intenzioni ; e i commc::nsali dicono i giornali - i commefisali che avevano do'vuto berne parecchio di quello buono de li castelli - gli fecero un'ovazione sopratutto quando l'accenno all'amarissimo Adriatico fu seguito da una strizzatina d'occhio che indicava Palazzo Venezia posseduto dall' Austria. ' Evidente, adunque, l' intenzione nazionale irredentist~ dell'opera d'arte; imperioso, perciò, il dovere d1 renderla accessibile alla nazione e non ad un gruppetto che può essere contenuto in uua sala POPOLARE del Caffè Faraglia in condizione topograGche specialmente suggestive. Risponde al compito la Nave? Si sa da Scarfoglio che il pubblico non avrebbe capito. La precisione sintetica lasciall\.ola analizzare dall'altro ammiratore, che per lo appunto ha visto nella tragedia dannunziana la finalità nazionale. ccDobbiamo ;ripetere, scrive Corradini, cose dette « le cento volte? Dobbiamo ripetere che Gabriele cc D'Annunzio, olti e il resto, rappresenta una rea· cc zione, dieci reazioni, sul teatro e altrove? Per « esempio, voi aprite la 1Vave e nella prima pagina « leggete: Il popolo libero de' Profughi, costruisce il cc pubblico Arengo sulle velme, sulle tumbe e su11e ba- <c rene. Voi cercate nel vocabolario comune, ma non « trovate queste velme, queste tumbe e queste bacc rere. E ogni pagina della Nave è carica di pace role così. Voi lo sapete, le opere del D'Annunzio « vogliono essere, oltre il resto, un Thesaurum <e italianitatis, e le Nave è un Thesaurum orgiastico. " Questo sfoggio di vocabolari parziali , di parole cc tecniche, ha un valore per la lingua, per la nar- " razione, per l'arte? Spesso anzi, come nell'esempio " surriferito, rompe l' artistica sintesi dell' espres- <c sione. Resta vocabolario morto, perchè è vera- « mente vivo sol quel tanto di lingua che è neces- <c sario per mettere in arto il pensiero, e il di più « è perdita di tempo e per lo scrittore e per i let- <c tori. Ma nel D'Annunzio noi dobbiamo spiegarci cc questo fatto come un indice di reazione: di reacc zione contro l'eccessiva povertà di tanta lettera- <c iura italiana del nostro tempo, contro sì ignobile « improprietà di linguaggio ». E qui mi fermo e rinunzio alle altre critiche dal lato estetico , artistico , che alla Nave rivolge lo stesso Corradini. Aggiungo ehe si trasforma in fastidio insuperabile di velme, di tumbe e di barene che per essere tradotte in linguaggio ordinario avrebbero bisogno di un dizionario non solo marinaresco, ma riferentesi al più remoto medioevo. E il dizionario non c' è. La tragedia dannunziana perciò può essere e non è altro, che uno studio a base della più bugiarda ed involuta rettorica che non può essere mai intesa dalla nazione, cui pretenderebbe rivolgersi. Parla agli eruditi -- ed in numero scarso - non al popolo. C'è poi un'altro lato, che la rende anacronistica o antinazionale per eccellenza nel momento attuale: è l'intonazione mistica, in contrasto con la coscienza moderna , che lo stesso Corradìni vorrebbe scorgere in tondo <1. all'ultimo episodio , nel « discorso di Marco Gratico al popolo, quando cc quegli si trasforma improvvisamente in Ulisse ». L'anacronismo politico sorge evidente da quello intervento dell'elemento biblico, che non è altro se non accorgimento coreo~rafico, ma in cui Corradini ha voluto scorgere 1 intenzione di aver voluto " cogliere nel suo primo formarsi questo fatto « di Cristo che diventa l' idolo dei predatori e dei cc conquistatori di occidente. Nasce nella tragedia <1. lo spirito che edificherà il San Mareo di Venezia. « E' lo spirito che ha presieduto alle origini delle " nazioni moderne. II D'Annunzio' n'è l'interprete. « E' un nuovo modo d'intendere il cristianesimo « al quale egli è pervenuto dal paganesimo ». Ora se· questo spirito cristiano - pagano nella tragedia e' è realmente, contraddice a quell' altro spirito reale impersonato in Fra Paolo Sarpi nella storia di Venezia; ma contraddice essenzialmente all'obbiettivo attribuitogli e da lui sintetizzato nell'amarissimo adriatico. Contraddice principalmente alla situazione di oggi: Cristo o chi lo rappresenta non è colla nave Totus mundus; ma se la intende coll' Imperatore d' Austria..... e coll' Ammiraglio \ \

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