RIVISTA POPOLARE 33 scolastiche dei quali , si dice, non si sa la fine; insomma è certo una ridda di diecine e centanaia di migliaia di franchi che hanno perduto la via del Tesoro Francese. N at11ralmente lo scandalo non è poi enorme : di fronte a!l' affare delle decorazioni (affare Wi ]son) e dell'altro più grande assai, del Panama, questo - se i fatti addebitati sono veri - è un piccolo scandaletto, una porcheriola di sedicesimo ordine ; ma appunto perciò non me~o disgustoso, anzi più stomachevole assai , chè si capisce e in certo modo si giustifica , il birbaccione che imbroglia per milioni e milioni stato e privati a suo magno e maggiore profitto; ma il ladruncolo che si contenta del fazzoletto, il piccolo furfantello che gratta qualche migliaio di lire allo Stato, qualche centinaio ai privtiti , appena tanto di che pRrere un ricco una settimana o un anno, qnesto spinge alla ribellione, perchè è brutto e disguAtoso insieme. E Combes e con lui il sentimento generale dei FranCPsi si è ribellato. Certamente, si dice, vi è esagerazione, forsA neppure le accuse sono vere : me se vi sono dei colpevoli devono essere puniti. ~~d è naturale anzi che lo siano severamente. ♦ Una errata-corrige sulle oose Sc.,andlnave. - Persona che conosce appieno gli uomini e gli avvenimenti della Scandinavia - e a Roma ce ne sono - ci seri ve per rilevare due errori commessi nello stelloncino: Un Re borghese che potrebbe dm· 1·agione ad Alberto Mario. Un errore di poco conto è quello relativo al signor L1rnd, che noi presentammo co111eun ex ministro. Invece egli fo per molti anni Presidente del Senato della Norvegia, dov'è popolarisRimo, ma ministro non volle esser mai. Ciò che ce lo rende più simpatico. Più grave è l'altro errore, che ci viene cortesemente rimproverato e che noi assai di buon grado correggiamo. Ci si osserva , infatti , che Gustavo di Svezia non è quel fior di Re, che dal suo atto modesto, relativo ali' incoronazione potrebbe apparire. Da principe ereditario fo avversario fierissimo della pacifica separazione della Norvegia dalla Svezia, ma spingeva anzi a capo della parte aristocratic.t, alla guerra; e se questa non si ebbe lo si dovette all'eccellente stato delle fortificazioni norvegiane. Da Rf', ora, pare mutato in meglio. La sua semplicità pRre, che sia calcolata per creare un contrasto colle feste che si fecero in Norvegia per l' assunzione al trono di Re Aakon. E se cosi fosse, noi dovremmo constatare che i Re del Nord non valgono di più di quelli del Sud. • Polltloa oolonlale, Caso De Giorgio Ranzl, eoo. - Di questo e di altri argomeo ti in tere.ssan ti siamo costretti a non poterci intrattenere in questo numero. Lo faremo in quello prossin10. NOl • Guida. - E' ,~·orta a Viareggio a 68 anni la scrittrice inglese Luisa de la Ramèe, nata in Bury Saìnt Edmunds nel 1840. Era conosciuta in letteratura. sotto lo pseudonimo di Ouida. Negli ultimi tempi i giornali si occuparono delle sue stranezze e delle sua fierezza quasi morbosa. Ridotta alla miseria essa nè rinunziò ai suoi cani, nè volle accettare soccorsi da chicchessia ; nemmeno dal governo inglese , che le aveva accordato una pensione di L. 3,750. Noi ne ricordiamo la scomparsa più che pel valore lettera.rio, pel suo grande amore alla libertà e a.Il' Italia. A difesa della libertà quando le parve manomessa. protestò aspramente anche contro gl' inglesi più liberali. Durante il governo di Crispi levò la sua voce contro gli stati di assedio e contro i tribunali militari; pìù tardi la sua protesta, anche in questa nostra Rivista, si sentì forte contro Bava Beccaris e la rPpressione dei tumulti per Ja farne nel 1898. In tutti i suoi scritti, romanzi e novelle principalmente, si sente la passione per l' Italia e con particolarità. per hL Toscana e per Firenze. Era doveroso quindi, che la sua scomparsa non passasse inosservata tra gli Italiani. N. C. Ilcommiato augurale diEnrico Ferri DaRoma inAmerica edall'America alministero? Le voci che correvano sull' allontaname'nto di Enrico Ferri da Roma e dall'Avanti hanno trovato piena conferma. Quasi contemporaneamente si ebbero: l'intervista di Ferri col corrispondente della Stampa, la sua lettera ai redattori dell'Avanti! e il suo Commiato-augurale eh' è una breve difesa del1' opera sua politica alla direzione del giornale soc!al~sta ed una previsione degli avvenimenti pross1m1. Dunque 'r-nrico Ferri lascia l'Avanti per prepararsi al corso di conferenze, che dovrà dare ir. America nell' està di questo anno. Lasciamo stare il bisogno della preparazione: nessuno ci crede, tanto più che Ferri andrà a ripetere le conferenze che da alcuni anni ha dato in varie città italiane. Se lascia ufficialmente la direzione dell'Avanti - che in fatto aveva abbandonata da molto tempo - alcuni mesi prima, egli è che politicamente si trova a disagio; e molto. Noi osservammo più volte che la differenza tra il riformismo di Turati che doveva condurre alla ri voluzione fìnale e il rivoluzionarismo verbale di Ferri, che non escludeva la riforma non era che il prodotto di un vacuo paralogismo. L'integralismo, che trionfò nell'ultimo congresso, non era in fondo che il riformismo e fu sincero in quanto se non altro in sostanza eliminò la distinzione nominale tra riformisti e rivoluzionari. Contro di loro sorgevano i sindacalisti che pel metodo e per lo scopo potranno essere i veri rivoluzionari. Enrico Ferri si sentiva a disagio nell'Avanti perchè egli alla fìne si era accorto di non essere stato mai un rivoluzionario o che almeno non lo è più. Che non lo sia più risulta a luce meridiana dal Commiato augu1·ale. . Noi non discuteremo le sciocche e maligne accuse che si volgono ad Enrico Ferri pel f~tto che egli va in America a guadagna re 100,000 11 re colle sue conferenze. Non c'è nulla di men che corretto in ciò. Si può invidiarlo, non biasimarlo onestamente. Il biasimo di certi giornalisti infatti è a base d'invidia e di maligna ira di parte . Noi invece rileveremo dal Commiato augurale le confessioni e le previsioni di carattere poli_tico.. Pel passato prendiamo atto con grande sodd1sfaz10ne della condanna netta ed esplicita pronunziata da Enrico Ferri contro la scioperomania. Nè è meno importav.te il notare che egli insiste sulla instabilità, sulla mancanza di costanza che egli attribuisce al partito socialista italiano e che egli in p~rt~ spiega colle ragioni etniche. Queste sue confess10m giustificano sino al millesimo tutta l'opera nostra, tutte le nostre critiche, che tanta ira suscitarono nel canagliume, che abbaiò sempre alle nostre calcagna. Non potevamo sperare in una soddisfazione maggiore di quella che ci hanno procurato le parole di Enrico Ferri. Non consentiamo con lui nel comodo intervento del fattore rana onde spiegare l'instabilità e l'in-
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