RIVISTA POPOLARE 651 biasimare l'uso della violenza e della forza per arrivare alla li berazione del popolo russo ( r ). Resta adunque, pienamente giustifìcata tutta l'opera di Mazzini nel suo tempo e nelle conditioni in cui si svolse; opera di violenza, che acquista un più alto significato quando si pone mente agli scritti degli ultimi anni, specialmente a quelli della Roma del popolo, del Grande Genovese, che sembrano materiati di un'altro spirito, che veniva fuori dalle condizioni, che cominciavano a mutare ii1 bene. L'apostolo della rivoluzione in essi sembra trasformato in apostolo della educazione; della educazione, cui del resto egli aveva sempre mi raro come al mezzo ideale e preferibile per raggiu.ngere l'ideale. Applicando le considerazioni sull'uso della violenza al movimento del proletariato cade in acconcio ricordare che quando in Inghilterra furono noti i danni del cosidetto rattening e dei cosidetti delitti di Scheffield, di cui si erano resi colpevoli gli operai industriali, si biasimò l'uso della violenza, che in quei casi era commista all'astuzia; ma ricercatene le cause da una inchiesta parlamentare si riconobbe che essi scaturivano dalla mancanza di libertà, dal non riconosciuto diritto dei lavoratori di associarsi , di scioperare, di pruomuovere colle vie legali il proprio miglioramento. Colla legislazione gladstoniana del 1871, continuata e migliorata da Disraeli nel 1875, e poscia da liberali e cta conservatori continuata negli anni successivi, si eliminarono le condizioni che rendevano comprensibile, se non legittima, la violenza criminosa; e colla cessazione di quelle condizioni cessarono i delitti di Scheffield, che li avevano generati. Così dicasi pure dei delitti agrarii in Irlanda, che procedettero in senso inverso alla legislazione agraria che toglieva le antiche iniquità. C'è stato un momento in Italia, in cui la violenza, il reato del proletariato erano il prodotto delle leggi e delle condizioni poli ti che. Sino a quando i lavoratori non potevano riunirsi ed associarsi, non potevano pacificamente consigliare la solidarietà ai compagni di lavoro - il diritto di picketing riconosciuto di fatto agli operai inglesi;- sino a tanto che il riconoscimento teorico del diritto di sciopero venne praticamente trasformato in una atroce ironia coll'intervento dei soldati, cui veniva imposto di fare da crumiri per andare a sostituire gli scioperanti nella mietitura o nel mungere le vacche; sino a tanto che durarorio tali condizioni la violenza, la vendetta, i reati dei lavoratori contro i crumiri e contro i loro protettori si spiegavano, se non si giustifìcavano. E non mancava il compatimento, anche la simpatia, ai contadini di Sicilia, che per indurre padroni e governanti a migliorare la loro condizione tagliavano le viti, uccidevano il bestiame incendiavano i fienili: ricorrevano insomma, a tutti i delitti agrari degli Irlandesi - meno il boicottaggio, che non conoscevano ed era mezzo troppo civile pei loro animi saturati di odio, per le loro mente incolte. Ma tutte queste condizioni da alcuni anni in qua, sopratutto dal ministero Saracco in poi, sono cessate. Ebbene la constatazione dolorosa da fare, in senso antagonistico a ciò che è avvenuto in Inghilterra e in Irlanda, è questa: in Italia a misura che le leggi divenivano favorevoli ai lavoratori, a misura che la forza non veniva più impiegata ai loro danni , essi se ne armarono e adoperarono brutalmente la violenza ai danni altrui-, a danno (1) Giorgio Plekhanoff nel N°. del Courier Europèen del 25 Dicembre giudica l'azione di Tolstoi tanto severamente quanto io giudicai io nell'articolo sul Misticismo anarchico di Tolstoi. dei lavoratori, che non li seguirono ciecamente e dei padroni che non cedevano alle loro pretese anche per dolorose necessità di esistenza, e provocarono sempre le brutali repressioni della forza pubblica. E' questo il putY:o grave del problema, che io raccomando al!' attenzione degli amici Bonomi e Calvi: è la tendenza dei lavoratori a ricorrere alla violenza più facilmente e più frequentemente a misura che la violenza si rende meno giustificabile (1). Ciò rilevo dal punto di vista morale e senza citare per la centesima volta il parere di Engels, che nello interesse dei lavoratori sconsigliava la violenza. Lo stesso pensiero in una forma tranchant ha manifestato testè un'altro rigido marxista. « Rivoluzionario è il bollettino del voto, « dice J ules Guesde, per quanto esso sia legale, << quando sul terreno della candidatura di classe, << organizza la Francia del Javoro contro la Francia « del capitale. Rivoluzionaria è l'azione parlamen- « tare, per quanto essa sia pacifica , quando essa « batte dall'alto della Tribuna della Camera l' apcc pello dei malcontenti dell'opi(ìcio, del campo e « dello scagno ... Antirivoluzionaria, rea:rionaria sa- « rebbe invece la sommossa malgrado il suo ca- « rattere d'illegalità e di violenza, perchè sommi- << nistrando al capitalismo moribondo il salasso « popolare di cui ha bisogno per sopravvivere, essa « fa rincuiare l'ora della liberazione. Non meno « anti-rivolu:rionario, non meno rea:rionario, e per « la medesima ragione, è ogni tentativo di sciopero <e generale condannato , a traverso le divisioni « operaie e rurali, ai più disastrosi fallimenti » (2). + La precedente discussione, come il mio articolo sul regime della violenta del 15 novembre, conchiude alla necessità , all' urgenza della educazione del proletariato.Suquesto non dissentono menomamente nè il Bonomi, nè il Calvi. L'accordo con me è completo; nè poteva mancare, perchè nel fare riconoscere tale necessità urgente per lo appunto mi ero servito nell'articolo sopracitato di ciò che avevcino scritto i riformisti ed anche i rivoluzionari, Con me il Bonomi riconosce esplicitamente che si deve condannare la violenza, l'impulsività dei lavoratori, le sassate contro i crumiri e contro i carabinieri e i soldati; e riconosce pure esplicitamente che la ( 1) Le condizioni politiche italiane sono riconosciute ottime da M1chels; e fecero una sgradita impressione tra i socialisti italiani le dichiarazioni di Gorki in un intervista con un redat - core dell' Avanti quasi in favore della polizia italiana. Mi piace: prendere atto di una onesta dichiarazione di Tomaso Alati che collima perfettamente con la precedente osservazione. Egli in un opuscolo, reso anche più intt:ressante da una perspicua prefazione di Turati, osserva : (1 In uno Stato « costituzionale, come il nostro, _dovetutte le classi sociali pos- (1 Sùno concorrere alla conquista dei poteri legislativi, i lavo- « ratori - che rappresentano la più grande forza numerica - 11 non hanno bisogno di ricorrere alla violenza : basta che im ll parino a maneggiare ed apprezzar!:! due armi di sicuro effetto « che rappresentano il minimo di sforzo e di rischio col masl( simo di utilità, la scheda elettorale ché fiacca la resistenza « delle classi avverse agli interessi dei lavoratori; le coope,-ative (1 di consumo o di produ 1ione, che colpiscono direttamente il 11 capitalismo limitandone sempre più i guadagni n. (Gli agenti dello Stato al bivio. Milano 1907. Federazione postelegrafica. Via Tomaso Grossi 25). Io credo che l'Alati sia troppo ottimista nel giudicare della forza della cooperazione contro il capitalismo ; le sue osservazioni su la scheda elettorale vengono limitate dal fatto che in Italia non c'è il suffragio universale di cui si disinteressano alcuni socialisti. Ma anche senza la forza della scheda oggi i lavoratori possono fare valere i propri diritti senza ricorrere alia violenza. (2) Legalité et revolution in Socialisme ( 27 novembre 1907).
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