Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 24 - 31 dicembre 1907

RIVISTA POPOLARE 649 ì nostri concittadini i quali si lascia vano sobillare da agitatori i:-rofessionali (B,-avo !) che ieri gridavano per Palizzolo, che oggi gradano per Nasi e non si sa domani per chi grideranno. ( lnterru:rioni). Onorevoli colleghi, a me che ho dimostrato, credo, la mia indipendenza da tutti e sopratutto dagli elettori e dalla popolarità, sia consentita un'ultima osservazione, che forse è passata inosservata quando la fece !'on. Pasqualino Vassallo, perchè egli entrò in troppe eleganti osservazioni giuridiche e costituzionali. li popolo non sa se può fare lunghe e sottili disquisizioni giuridiche e costituzionali, il popolo che non può nè sa fare disquisizioni e discriminazioni , rileva immediatamente questo contrasto : Nasi non ancora condannato e sotto processo è in carcere e Ferri è in libertà. (Bene! Bravo!) Non vi affrettate ad onorarmi dei vostri Bravo ! poichè guidato dalla mia coscienza , che non è coscienza giuridica ma essenzialmente politica, potrei indicare la ragione del contrasto, e lo potrei fare senza offendere menomamente la persona di Giovanni Bettolo che mi duole di non vedere qui. Voci. E' qua ! è qua. Colajanni. Non Ìntendo davvero, di offendere la persona di Giovanni Bettolo , perchè quando altri lo calunniava, io non esitai per un solo momento nel dire che non lo trovava minimamente degno di accusa ed affrontai la impopolarità fra gli amici miei, tanto che vi furono di quelli che mi manda - rono lettere sdegnose, lettere insolenti, come spesse volte mi capita. (Si ride). Quelle lettere non mi smossero e mi confermarono nel mio convincimento , ma , di fronte al caso di Giovanni Bettolo e di Enrico Ferri, se domani alla Camera si domandasse l' arresto di Ferri, io direi: la Camera voti un plauso a questo splendido campione della marina italiana , che è stato calunniato (Bravo I) ma non conceda l'autorizzazione per l'arresto dell' on. Ferri, che con le sue im,irudenze ha saputo provocare l'inchiesta sulla marina, di cui il presidente del Consiglio largamente si è avvalso in tutte le sue proposte. Orbene, questa è opportunità non opportunismo. Ed ho finito. In Sicilia, dove a torto, o a ragione si fanno strada larghissima le conseguenze di questi paragoni odiosi fra la libertà dell' uno condannato e il carcere qell' altro sotto processo, in ~ici)la si verrebbe a giustificare l' opera iniqua e scellerata di coloro che vogliono continuamente agitarla e farsi loro pro di ogni incidente della nostra vita politica, qualora la Camera accogliesse le conclusioni della maggioranza della Commissione. In nome di questo sentimento adunque, pur riconoscendo la legittimità dell' arresto, ma condannando la leggerezza di coloro che, senza necessità, lo ordinarono, io dico: accettiamo la domanda di Nunzio Nasi, soffochiamo qualunque tentativo di tuqmlti, facciamo opera davvero di deputati e di cittadini italiani, niente altro che opera di cittadini italiani. (Bravo 1Approva;ioni - Commenti). rer la educazionedei lavoratori Le esigenze di una Rivista com'è questa, la necessità di dovermi occupare di altre quistioni di attualità mi hanno impedito sinora di ritornare sulla educazione dei lavoratori per rispondere alle critiche cortesi di Giusto Calvi e d' Ivanoe Bonomi, che sono sopratutto formali e incidentali: sul punto principale - la condanna della_ violenza e la necessità della educazione -1' accordo è completo; l'accordo ho potuto anche constatarlo, contro le mie stesse speranze e contro ogni previsione, anche con qualche sindacalista rivoluzionario, com'è il Michels (1). Il ritardo nella risposta, però non nuoce. Ogni discussione, sulla convenienza, sulla necessità di educare le masse popolari italiane è e rimarrà di attualità vera ancora per lunga serie di anni; e nella discussione non dobbiamo menomamente preoccuparci di ciò che gli avversari potranno (I) Gli articoli cui mi riferisco principalmente sono di G. Calvi sul Grido del Popolo (10 Novembre) e di Bonomi nel1' .A.vanti I (1.3 Novembre). indurre dalle nostre ~onstatazioni e dalle nostre riflessioni. Valga ciò pel Bonomi, che manifestò il timore, che il biasimo esplicito da me inflitt~ alle esplosioni della violenza, possa giustificare le peggiori reaz~oni e che il mio ragionamento valga a portare vasi alla Samo del for.:aiolismo italiano. Egli mi sa sincero amico di libertà - e lo ricosce - per sospettare delle mie intenzioni; comunque non è male ricordargli, che l' opera che compio ,oggi di fronte al socialismo italiano l'ho compiuta quindici anni or sono di fronte al movimento dei Fasci in Sicilia. Allora feci di tutto per arrestare la scioperomania che accennava a prevalere; allora avvertii, consigliai, biasimai tanti cari amici. Ma quando giunse l'ora del pericolo e della persecuzione pei Fasci e pei loro aderenti fui il primo a correre in loro aiuto e per qualche tempo fui il solo deputato che restò sulla breccia a Palermo per difenderli , per attenuare r opera di reazione; e quest'opera fu da me smascherata e flagellata in un libro - Gli avvenimenti di Sicilia - di cui vado sewpre orgoglioso come di un' opera buona e di un dovere compiuto. Manifestiamo liberamente il nostro pensiero come la coscienza ci suggerisce, c'impone, e non accordiamo alcuna importanza al fatto che gli scritti nostri possano essere tesoreggiati dai nostri avversari, come giustamente osserva il collega ed amico Giusto Calvi. E poi, siamo sinceri: non tesoreggiamo noi quotidianamente le constatazioni, le critiche, le confessioni degli uomini di parte contraria alla nostra pei nostri fini e per tirare a.::.:quaal nostro mulino politico? Ricordo che per molti anni figurarono come collaboratori onorari ed involontari della Rivista po.- polare Saracco, Bonghi, Villari e Vidari e non pochi altri di loro più reazionari, quando essi emettevano giudizi analoghi ai miei e che collimavano col mio pensiero nel combattere le istituzioni presenti. + Prima di entrare nel nodo del dibattito mi sia consentito correggere qualche inesattezza che riguarda me personalmente o il partito, nel quale milito ed esaminare, in tema di violenza, la specie di ritorsione tentata ingiustamente da Giusto Calvi contro Mazzini e contro i repubblicani. Il Calvi dichiara che da un lato vuole combattere e ripudiare « quei repubblicani, che nelle Camere del lavoro e nelle organizzazioni economiche tengono bordone ai sindacalisti ed agli anarchici; e dall'altro quei riformisti , amici miei, che credono possibile la monarchia arbitra imparriale e veggente nei conflitti fra capitale e lavoro - fior di marxisti che cambiano col materialis:no storico la possibilità logica di una tale monarchia, dissociata da ogni realtà economica e superiore agli antagonismi di classe ... » Vuol essere chiarita la designazione dei riformisti, come amici miei. Allude al metodo? Allora sono realmente tali, e non ci ho da ridire. E credo che sotto questo aspetto sono anche amici del Direttore del Grido del Popolo. Allude alla conciliazione tra monarchia e socialismo? E allora essi divengono i miei irreconciliabili avversari; e mi sorprende come il Calvi non abbia rievocato le mie vivacissime polemiche col Turati e col Treves precisamente sulla necessità da me sempre affermata di dichiararsi repubblicani. E quanta ironia non mi è stata sc~- raventata dagli stessi Turati e Treves per la mia tenerezza per la pregiudiziale repubblicana, che d~l resto non intesi mai in senso assoluto e intransigente I... Se non fosse questa benedetta pregiudizi~!~, c~e vedo con gran piacere accettata anche da Calvi, 11 mio posto sarebbe nelle fìla del socialismo riformista.

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