RIVISTA POPOLARE 57 9. ignoranza crassa della storia, della economia della psi~ologia c~llettiva; l'ignoranza è tale che' gli si puo cre_dere intcrat?ente quando afferm~ in cé qu'il f aut f az_re ch_e cgh non legge giornali. Chi non legge giornali nel mondo contemponneo si mantiene fuori della vita sociale, fuori della realtà· ~iella_s?c)età ~on avverte le pulsazioni e il mot~ 1rres1st1b1le d1 trasformazione che l'ha investita. Da tale ignoranza della storia e della economia possono scaturire proposte di una ingenuità infantile e così in contrasto col cuore umano da rapprese1:itare l'inverosimile, l'utopia assoluta come le chiamerebbe Bovio, e contraddizioni volgari. Tolstoi esalta sino all'impossibile l' ao-ricoltura e la vita della campagna. crede soltanto O nelia riforma interiore e nell'azione individuale vuole una . ' . ' soc1eta economicamente ugualitaria detesta lo stato e1 ogni forma di governo, resping~ ogni forma di v10lcnza e per_ l' avvento del règ1:10 della giustizia confida nel tnonfo della legge d1 Dio. Per e~altare l' a~ric?ltura_ e la vit_a della campagna e distrarre glt onentah dalla· ncerca della felici ~à nella _via seguita dagli occidentali non trova altn esempi ed altri modelli da imitare che la Ru.;- sia e la Cina...... Dunque per lui la felicilà risiede nell'~nalfabetismo, e nella miseria estrema , nelle stragi che la fame ha fatto e fa proprio nella Russia ncll' India, nella Cina, nell'Oriente agricolo l ' . Egli odia il dis~otismo: m~ se1~te un profondo d_1si:,r 7~zo per la nforma degli occidentali, che sono riusciti se non ad abolirlo interamente almeno a limitarlo. Ma è preferibile il suo Oriente 'che si ao-ita tra le ritorte del multiforme autocratismo che d~lla vita non lascia apparire se non le convul~ioni del1' agonia? Egli invoca l'abolizione di ogni o-overno e dello Stato. M_aper raggiungere la grande riforma che deve assicurare la terra a tutti ed a ciascuno il p~odotto integrnle del proprio lavoro non sa escogitare, con una fiducia che poteva essere manifestata so~tanto da un fanciullo ignorante, che il sistema d1 George operante automaticamente il miracolo di proporzionare la produzione col consumo l Ma l'app_licazi?ne ~i qu7sto sistema non pre~upp_one, nei modi., nei quah egli stesso ha inteso delinearlo, la esistenza di un governo che deve tassare sino al~a spoliazione? Egli tuon_a come un vero rappresentante di Dio cont1:o la vi<;>lenz~ed. esaJta .la rassegnazione; la Russia, la Crna, 1 India, 1 Oriente da secoli e secoli praticano la rassegnazione e non sono riusciti C? e a consolida_re il dispotismo in alto e l' obbie- ~1one- della schiavitù in basso. Egli è convinto che 11 potere ~<?nd~t? sulla violenza_ si deprava da sè s~esso... C10 eh e vero; ma se la violenza non spazza via quel potere depravato ai popoli toccheranno ad una v~lta i dan_ni del!a _violenza e quelli della depravaztone. Egh consiglia : non uccidete non resistete_I AI Cinesi indica la rassegnazione' per liberarsi _dai ~or:iq~istato_ri violenti nella speranza che questi ultimi si uccideranno e si distrurrano tra loro. Che "i conquistatori si combattano reciprocamente tra loro è _verissimo; ma è altrettanto vero che ad un conqmstatore ne succede un altro e che l'ultimo raramente è migliore dei precedenti. Un pugn~ di briganti basteranno sempre per mantener~ 111 s?g~ezione i milioni di rassegnati : è la s,ton_a notissima del popolo indiano .ed anche del1 Egitto contemporaneo. La Cina si vide tolto Porto A;rthur e la Manciuria colla violenza; ma se la v10lenza forse le restituirà il dominio nominale su!la Manciuria , non essendo stata violenza propna, vede restare nelle mani altrui Porto Arthur. Ma la Cina si sveglia dopo secolare e dolorosa esperienza. sulla inutilità e sulla impotenza della rassegnaz10n~ e pensa ad a:marsi per confermare la grande lezione della stona : contro la violenza interna del dispotismo non può che la violenza della rivoluzione: contro la violenza esterna dei conquistatori non c'è che la violenza riparatrice della guerra (1). Ma Tolstoi spera l'impossibile : che il potere assoluto da se stesso si sopprima .... Ciò che non potrebbe accadere che con l'aiuto e con un miracolo di Dio, che farebbe trionfare la sua leg~e. Accanto a Tolstoi è vissuto nel secolo XIX un altro grande che anche lui creJeva in Dio: Giuseppe Mazzini. Ma quale d!fferenza tra il Dio di Tolstoi e il Dio di Mazzini!. .... Il Dio di Mazzini anima i poeti, gli eroi, sospinge al sacrifizio attivo , crea l' indipendenza e la libertà. Il Dio di Tolstoi predica la non resistenza, dice ai popoti di non opporsi al dominio straniero, di rassegnarsi ad essere derubati e sfruttati dai ladroni, in attesa che questi si distruggano reciprocamente, ed invece finiscono per mettersi di accordo e per divorare il popolo rassegnato. Il Dio di Tolstoi crea la servitù dell'anima e del corpo, e spezza ogni fi.bf.l virile, consiglia di lasciare an- :_1ientare e cancellare dal mondo la Russia; il Dio di Mazzini invece rievoca dalla tomba un popolo e le dà anima e vita di nazione. Il Dio di Mazzini suscita le rivoluzioni; quello di Tolstoi provoca l' anarchia, ma non l'anarchia ultimo ideale della libertà individuale, ma l'anarchia senza ideali che distrugge, incendia, uccide. Il Dio di Mazzini leva i popoli che corrono a combattere al grido: di viva la repubblica, anima gli eroi che come Mameli muoiono sugli spalti di Roma o come Vochieri che sputa in faccia al carnefice che prepara la forca; il Dio di Tolstoi trascina i popoli schiavi al grido di viva il piccolo padre, qnel piccolo padre che manda i cosacchi colla nagaika e col piombo a governarli. Questa incomprensibile esaltaz,ione dell'assoluta, della sistematica rassegnazione ha prodotto il grande distacco tra Tolstoi e l' anima contemporanea; e in tale distacco si trova la spiegazione della indifferenza cd un po' della cospirazione del silenzio eh' è stata fatta anche in Italia alla interessante biografia che di lui ha dato il Birinconf (2). Si è con un senso di tristezza che si deve constatare lo spettacolo triste che dà Tolstoi al mondo e tale tristezza in ultimo lascerò che l'esprima un artista grande, che per lui provò tutta l'ammirazione e tutto l' entusiasmo di un fedele. cc Noi che l'abbiamo amato, scrive Maurizio Maeterlink, noi temiamo ora, ogni volta che egli rompe il silenzio, ogni volta che, in occasione d' uno di quei grandiosi avvenimenti che sconvolgono attorno a lui un mondo eroico che anela alla luce e attende llna di quelle parole sovrumane che precisano d' un tratto l'avvenire, egli invia all' universo -- come se fosse ancora la voce sacra di queste grandi cose - un povero e debole messaggio di morbosa rassegnazione, che non si eleva al disopra di quel che potrebbe concepire ed elaborare un monaco dell' anno mille <<. « Tra tutto ciò che il Cristianesimo ci à apportato di salutare e di utile egli non scieglie e non preconizza, con un'ostinazione fanatica, che due o tre dei suoi consigli più nefasti, più ostili alla vita, (1) Sul risveg~io dello spirito militare in Cina si legga il Cap. V. della importante e recentissima opera di Manfredi Gravina: La Cina dopo il millenovecento. Milano 1907. Fratelli Treves. L. 8. (2) Leone Tolstoi sua vita e sue opere. - Milano Fratelli Treves. - L'osservazione è del Marrocco.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==