Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 20 - 31 ottobre 1907

R I V I STA P O P~OL A ~RIE M9 Il D.r Carlo Soresi nel periodico dei convitti nazionali così chiude le sue considerazioni negative sulla proposta dell' on. Dell'Acqua: « Io credo pertanto che l' on. Dell'Acqua ed i suoi amici farebbero meglio ad iniziare una camp~gna assidua e tenace per la creazione di altri collegi nazionali e provinciali tanti da bastare al bisogno sociale, organizzati in modo da essere istituti di educazione con indirizzo veramente laico e moderno >>. Altri hanno applaudito alla proposta, sia pur platonicamente; nè mancò chi propose l'abolizionedi tutti i convitti: Ne abbi_amoquindi per ogni gusto. Ma gli argomenti che · ciascuno adduce a sostegno delle proprie idee constatano, unanimi, mali gravi e bisogni indiscutibili. Il bisogno di educare una moltitudine di giovanetti che le proprie famiglie non vogliono o non possono educare; il male che tali educandi, per µreconcetto, per ignoranza o per falsa necessità, si riversino quasi totalmente in istituti corrotti nella morale e avversi alle istituzioni e al progresso. Questo il punto di partenza di ogni discussione, e questo il problema che deve interessare ogni cittadino e sopratutti il Governo, il quale, cotne pensa a soddisfare con i servizi pubblici tutti i bisogni generali della popolazione, così a maggior ragione ha il dovere imprescindibile di impegnare tutte le sue forze a risolvere la questione educativa che è di supremo interesse per l' avv~nire dell'Italia nostra. Ha questa cura lo· Stato? E malagevole rispondere. Come dissi nel numero quindici di questa rivista, dal gruppo dei quarantatre convitti nazionali dobbiamo correre ai riformatori per trova"re altra azione educatrice governativa.-I primi sono eredità del clero, raccolgono il meschino nu~ero di quattromila giovani appartenenti alle famiglie più facoltose, e gravano sul bilancio della pubblica istruzione per un milione e mezzo di lire annue, spesa di lusso e di casta; i secondi sono imposti da forza maggiore per la tranquillità sociale, e da pochi anni hanno mutato il vecchio indirizzo di semplice prigionia in quello educativo. Null'altro. La grande famiglia italiana è vergine di educazione nazionale e, naturalmente, riversa i propri figli nei convitti speculativi e confessionali che in numero di mille sono sparsi per il regno. In questo stato di cose, con ingenua tranquillità e sicurezza, molti consigliano quale rimedio infallibile <.< di aprire molti altri convitti nazionali ». Io non sono di quest'avviso. Lo Stato ha il dovere di sviluppare i servizi pubblici solo quando questi si mostrino insufficienti ai bisogni; nè i convitti nazionali si trovano in tale condizione. Siamo ancora molto lontani dall'agognata meta; dal vederli cioè, affollati e ricercati, avviarsi su una via ascendentale sicuri di sè e della propria opera. Le statistiche annuali del Ministero , con il totale da lunghi anni variabile solo in quantità affatto insignificante, ci dimostrano che sono tuttora preda di un' altalena pericolosa; mentre alcuni salgono, altri ·scendono e viceversa. Ciò vuol dire che altre ragioni determinano la corrente dei giovani, non certo il numero degli istituti appartenenti allo Stato. Anzitutto è troppo noto che non abbiamo saputo convenientemente migliorare i collegi ereditati dal clero. Solo ora pare vi spiri un alito di vita nuova, se pure i sintomi sono veritieri. Il popolo nostro, religioso per tradizione se non per convinzione, spesso ha e qualche volta ostenta la massima e unica fiducia nell' opera educativa confessionale , sia per quel ientimento d'altruismo che il clero vanta, sia perchè, se negli stabilimenti degli ordini ecclesiastici minori l' accozzaglia di personale rozzo e ignorante dà luogo a fatti turpi, non è men vero che li ordini maggiori posseggono istituti fiorenti ed ammirati per serietà di studii, rigidità di metodo, correttezza di costumi. E il popolo che vuole i figli imbevuti dei sentimenti religiosi, specie nelle provincie meridionali, non cambierà direttiva se non quando, o circuito e vinto dalla forza· evolutiva sociale, riconoscerà quanto sia nefasta l' opera dei nemici del progresso e della ragione, o vedrà chiaramente una convenienza qualsiasi nel cambiamento. Donde la necessità di ~pingere continuamente i no• stri istituti verso un ideale di perfezione chiaro e preciso, e di perseguire con tutte le forze individuali e sociali l' agognato elevamento morale del popolo. Per quanto riguarda il miglioramento dei nostri istituti io non sono fra coloro che vorrebbero subito veder edificati i convitti modello sul tipo inglese, con personale « che possegga una larga coltura accademica e una preparazione pedagogica superiore a quella dei nostri stessi professori.» L'attuale bilancio della pubblica istruzione non basterebbe per i quarantatre convitti d' oggi , e più marcata riuscirebbe l'ingiustizia della grave spesa ad esclusivo vantaggio della borghesia. Inoltre è bene notare che anche all' estero simili convitti non costituiscono l'opera comune e pratica che lo Stato svolge per i bisogni di tutti i cittadini, ma sono esemplari rarissimi alla portata ed a profitto di pochissime famiglie assai facoltose e di inveterati sentimenti aristocratici. Il nostro scopo ci obbliga a scendere più basso e trovare mezzi che rispondano alle necessità generali. Il fatto che gli istituti clericali e speculativi sono fra noi assai frequentati, ci ammonisce che non è lo straordinario, il perfetto che esigono le famiglie, bensì ciò che esse credono più efficace per raggiungere più sicuramente e più sollecitamente lo scopo ultimo ed unico; il conseguimento del diploma scolastico. Che possono invidiare i nostri istituti a quelli privati circa l'ordinamento interno? In generale nulla davvero. :r, se il Governo manterrà la promessa di migliorare le condizioni del personale alla prossima riapertura della Camera; se pian piano si riuscirà con un opportuno stato giuridico ad epurarlo, mettendolo al di sopra delle influenze politiche e permettendo che ai gradi superiori accedano solo coloro che hanno meriti a lun~o vagliati e che diano sicuro affidamento di intelhgente e attiva direzione e amministrazione; se si riformerà qualche ambiente , ex-convento, rendendolo più igienico e lieto; se si concederà il tanto invocato corpo degli ispettori che vigilino e correggano, strappando il marcio, spingendo i neghittosi e disseminando l'esempio dei buoni; se, ciò che è molto facile, i Rettori tenderanno a diminuire, in quanto è possibile, le spese accessorie; i nostri convitti divente ranno incontrastabilmente superiori a tutti gli altri d'Italia. Forse non saranno ancora ricercati; non ancora la corrente dei giovani si Jeterminerà verso di essi, sia per il sentimento laico di cui in sostanza sono già involuti, sia perchè nella loro essenza sono sconosciuti alla maggiora~za del popolo. Ma per la prima causa agirà sulle famiglie l' opera della società e la convenienza degli istituti; togliere di mezzo la seconda è dovere assai facile dello Stato proprietario. Forse parrà a taluni che la poca co:. noscenza dei convitti nazionali sia un'affermazione inesatta, se non mendace ; ma non è così. A noi, che viviamo in questi ambienti, ci vien confermata ogni giorno da casi tipici. Non è molto che allo stesso Ministero della pubblica istruzione veniva preposto alla divisione dalla quale dipendono i convitti un direttore-capo, il quale sbarrò tanto d'occhi apprendendo che i convitti nazionali appartenevano allo Stato e che da esso dipendeva e veniva pagato

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