.. R I V I S T A PO P O L A R E 513 pone: armare , armare, armare; nòn lesinare un centesimo sui bilanci militari; vegliare soltanto sul modo come si spendono i milioni accordati ai ministri della guerra e della marinaCome dissi altra volta alla Camera io comprenderei, discuterei, rispetterei questa politica ; ma la combatterei perchè fermo nella convinzione - la quale può anche essere errata - che anche una guerra vittoriosa contro l'Austria produrrebbe conseguenze economiche e morali di gr~n lunga superiori nel male ai benefìzi della vittoria. Comunque, ripeto, pur combattendola, comprenderei questa politica. Ma francamente ritengo pazzesca, scelleratamente pazzesca -- e il mio giudizio, superfluo il dirlo, non va all'indirizzo di Barzilai-la politica di quei democratici e di quei repubblicani -- e per fortuna sono pochissimi-che desiderano la guerra coll'Austria per toglierle Trento e Trieste, ma che in pari tempo predicano e tuonano contro le spese militari ..... L'amico Barzilai avverte che l'Austria arma e fortifica terribilmente i suoi confini contro cti noi, che li abbiamo indifesi e che siamo esposti ad una invasione austriaca da un momento all'altro. Ebbene a scongiurare i pericoli si rimedia con quella politica di sospetti , di piccoli dispetti, di piccole rappresaglie, che biasimai precedentemente? Per parte mia, che ho chiara la visione di quei pericoli, pur sostenendo la politica antirredentistae se piace ai miei detrattori la chiamérò anche austriaca - il dover mio ho compiuto come mi è stato dato. . Barzilai sa che t1ella riunione del gruppo parlamentare repL1bblicano quando si discusse sulla richiesta dei 200 milioni per le spese militari straordinarie, sapendo che dovevano servire in gran parte alla fortificazione dei tlOstri confìni orientali fui io che proposi e sostenni la formula dell'ordine del giorno meno antimilitarista - tanto che la Stejani si affrettò a farlo conoscere. ♦ Tra Barzilai e mc su di un punto non ci può essere contrasto alcuno e mi duole che egli non lo abbia esplicitamente riconsciuto: sulla cura estrema che il governo italiano dovrebbe porre afEnchè l' Austria, in conformità della costituzione dello Stato, rispetti la nazionalità italiana, come sono rispettate le altre nazionalità. Ma in quanto ad ottenere questo rispetto credo che si riuscirà assai più facilmente nello intento colla politica di pace vera, senza arriere-pensées di rivendicazioni bellicose non im.niediate, anzichè colla politica che altri consiglia e che sarebbe la politica dei sospetti, che a breve scadenza condurrebbe alla guerra aperta. La mia politica la caldeggio infìne, come ho detto e ripetuto le cento volte, per il maggior bene, pel rispetto, per la parità di trattamento colle altre nazionalità, verso gli Italiani che fan parte dell' Impero austriaco; pel timore del peggio che ad essi toccherebbe se essi passassero dal dominio austriaco al dominio germanico; per la convinzione che ho che l'Austria si avvia verso quel regime francamente, sinceramente federale, nel quale tutte le nazionalità, che fan parte dello Slato potrebbero trovare la loro libera e completa evoluzione. Sotto tale regime, son sicuro che gl' Italiani di Trieste dell'Istria e della Dalmazia - quelli del trentino penso che assai più facilmente potrebbero essere uniti a noi - pur mantenendo vivo il loro sentimento nazionale non proverebbero il bisogno di far parte del Regno d' ltalia, come non lo sentono gl' Italiani del Canton Ticino che fanno parte dello Stato federale svizzero. Ed in quanto a levare la voce, in nome del diritto nazionale e in nome della giustizia, quando gli italiani irredenti subiscono le violenze degli Slavi o dei Tedeschi o degli Ungheresi non sono stato da meno degli altri, che fanno professione di irredentismo bellicoso. A Milano levai alta voce di protesta contro le violenze degli Slavi della Dalmazia in danno degli Italiani, non più tardi del settembre 1906 in un congresso çer la Pace con grave scandalo della Baronessa Suttner, di Turr e del mio caro amico Moneta. E quella voce isolata raccolse il plauso di tutta la stampa italiana. ♦ Ed ora vengo, non senza disgusto, alle critiche che mi mosse un certo signor La1,zarini nella Vita di Luigi Lodi. Egli nella sostanza è di accordo con me perchè fa queste esplicite dichiarazioni: l'irredentismo antico è morto e non vogliamo la guerra. Verità vera la prim.1, dovere sacrosanto il secondo. Si poteva combattermi e criticarmi sostenendo una sollecita ed efficace preparazione alla guerra in nome dell'irredentismo antico. Ma per chi conosce me, i miei precedenti, i miei libri, i miei discorsi alla Camera, tutta la collezione della Rivista popolare era perfettamente inutile manifestare un dissenso quando si riconosce - ed esplicitamente, brutalmente lo afferma il socialista triestino depL1tato Pittoni in una lettera di cui si parla in un'altra parte di questo numero della Rivista- che l'irredentismo antico è morto e che è un dovere sacrosanto non volere la guerra coll'Austria. Se il signor Lazzarini voleva far conoscere che egli esiste e che è un emigrato istriano, egli poteva attendere altra occasione. Quella scelta é davvero balorda. Infatti egli per attaccarmi: 1° mi presta la propria ignoranza, facendomi dire che gli Italiani sotto l'Austria sono soltanto i 150 mila di Trieste; 2° mi attribuisce la stupide ingenerosa intenzione di aver voluto scagliare l'ullime sasso maledetto sulla catasta di sassi che slll diritto degli irredenti alla propria lingua e alla propria coltura di men.te e di anima hanno scagliate come nei boschi_ ai briganti trucidati, austriaci, croati, pangermanici, preti e governo d'Italia; 3° mi presenta come un miserabile, che desidera aperti i valichi alpini ai pangermanisti e ridotti alla impotenza nella loro difesa gl'infrolliti italiani sottoposti all'Austria. E passo sopra ad altre schiocchezze e ad altre infamie che mi attribuisce questo tragico signor Lazzarini ... A lui che non mi conosce e che ignora anche che ho imparato a conoscere gl' Italiani del Trentino correndo alla guerra per liberarli, - ho indicato nella Vita alcuni numeri della Rivista e qualche mio libro per apprendervi ciò che penso e ciò che sento sugli b-redenti, di cui ho ammirate e lodate l'abnegazione, la costanza, l'eroismo e da cui lingua e nazionalità ho sempre difesi. Ma qui, in queste colonne non occorre ripetere le indicazioni: offenderei i lettori della Rivista. Non mi resta che a spiegare la genesi dello insulso attacco venutomi dal signor Lazzarini. Varie ipotesi mi si presentarono: o egli, peccando di leggerezza , rispose senza leggere il mio articolo ; o egli lesse e non capì ; o egli ebbe l' intenzione di calunniare; o egli ebbe il desiderio di far sapere che esiste, eh' è irredento e che sta in Italia per difendere gl' irredenti. Quest'ultima ipotesi mi pare la più verosimile e la più benevola. L'adotto e mi limito a manifestare il rammarico che la buona causa degli lta-
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