RIVISTA POPOLARE 519 todo scientifico e sociale del Le Play a una grande questione internazionale, il discepolo del grande economista t< attenuando 1a teoria delle razze », volle dimostrare che la superiorità degli anglo-sassoni sì bene esiste, ma proviene dalla educazione. Non è nostro intendimento di entrare a far la critica ora, dopo tante che: a suo tempo se ne ebbero, dell'opera del Demolins. Che se egli affermò troppo rudemente verità tristi per ogni latino e che ~vrebbero dovuto esser accolte con cautele grandissime, seppe al meno trarre conseguenze logiche da premesse salda - mente stabilite. Ed egli per altro riportando la superiorità di una razza principalmente a ragioni di Z:Uetodi educativi, ed a cause quindi praticamente eliminabili in di cava , ai più deboli secondo il suo giudizio, ache il modo di riprendere un interrotto cammino ascensionale a traverso la vita umana. Ma pur troppo - ed era da prevedersi - l' <.•peradel Demolins, con il facile successo, trovò numerosi e facili imita• tori. Imitatori, che esorbitando da un 'osservazione acuta obiettiva e razionale vennero, meno scientificamente e affatto sperimentalmente, affermando a dirittura la decadenza delle razze latine. Bastò ad essi che il Demolins avesse stabilito l' inferiorità della nostra razza; nè si preoccuparono più oltre della sapiente critica di quel fun,.ionarismo burocratico che il Demolins indicava come segno di decadenza necessaria delle nostrè nazioni; ma, solamente partendo dalla affermazione di una in• feriorità dimostrata, si compiacquero di divalgare in premesse e in conclusioni arbitrarie e sconnesse , generando c0sì una specie di autodenigrazione sconfortante e dannosa. Non ultimo tra questi imitatori e denigratori del sangue latino, va citato Guglielmo Ferrero, eon la sua << Europa giovane - ; ove questo sociologo tal ora troppo avventato e troppo assiomatico nelle sue deduzioni - per non dire ::,aradossale anche se genialmente - , ha voluto con un assolutismo indegno di une studioso di fatti umani, ripetutamente affermare la decadenza della nostra razza com e prodotto non ei cause materiali attuali o storiche, ma come derivato necessario dtlla nostra struttura fisiologica, posta in confronto di quella di cui ebbero il privilegio le razze anmo-sassoni. Bene dunque a proposito è venuta alla luce la nuova opera di Napoleone Colajanni, il quale si è proposto di dimostrare in essa la falsità di certe dannevoli e torte idee preconcette. « Vi sono persone - scrive Giacomo Novicow nella prefa • zione di questo libro - che provano piacere dichiarandosi di razza decaduta. Esse non hanno torto : sono realmente nevrotici, ammalati, degenerati. Hanno un solo torto : attribuiscono a popolazioni intere ciò che in essi è un tratto individuale ». t< È durata troppo ed ha fatto molto male », scrive ancora Giacomo Novicw venendo a questo proposito a parlare della nostra nazione e riassumendo in una rapida sintesi tutta l' istoria d'Italia. << I nevrotici , i pessimisti , gli uccelli di cattivo augurio, I profeti di sventura vengono ad affermare agli italiani che essj sono un popolo finito, degenerato e che non ha che da adagiarsi nella tomba I No, il popolo italiano sì laborioso, sì perseverante dotato delle qualità naturali più brillanti non ascolterà queste voci sinistre. >1 L'opera del Colajanni dunque combattendo e dissolvendo brillantemente le diverse teorie che s'incrociano e si completano su le diverse razze, è tutta una confutazione di questo « allegrissimo romanzo antropologico » , che , stabilita la nostra inferiorità, vuole necessaria alla rigenerazione delle razze latine un'iniezione di sangue barbaro. Sono queste le teorie enunciate dal Brook Adam e che trovarono nel Voltmann un così caldo proselite da farlo giungere alle più ridicole affermazioni. Il Voltmann in fatti, come dovette pur necessariamente riconoscere - mentre andava significando il nostro decadimento e la nostra inferiorità - nella rinascenza italica l' impronta di spiriti sopra umani rinnovantisi e rinnovellanti nel loro verbo e nelle loro opere tutto il nostro popolo ; non si peritò di affermare essere i nostri maggiori null' altro che discendenti deU' elemento germanico. E a traverso tutta la storia d'Italia egli non vide se non prosecutori e perpetuatori di quel sangue che dovrà pur essere - secondo le sue affermazioni - il nostro lievito nell' avvenire. Dante, Leonardo, Michelangelo que:_ stre tre meravigliose grandezze di nostra gente altro dunque non sono, secondo il Voltmann, se non la tarda eredità de' cerulei germani. Ma tralasciando di discutere teorie troppo blande e avventate nel loro dogmatismo incocepibile , la superiorità o l' inferiorità di una razza - afferma e dimo 1tra con validi argo - menti il Colajanni - sono fenomeni essenzialmente relativi al momento dell'osservazione. Ce lo attestano dalle origini le più antiche civiltà : è la civiltà l'antica fiaccola dei corridori che si trasmette da un popolo ad un altro sì che quello che oggi ascese domani discenda e continui l' antico ed eterno ritmo della marea umana nel lento ma continuo divenire. Dunque nessuna inferiorità, nessuna superiorità stabilita, immutevole, per una fatalità ineluttabile Tutto si riproduce e si evolve nel gran ciclo de' ritorni storici fin che via via a traverso i secoli, scomparse le piccole lotte cotidiane de' popoli, le invidie e gli odi delle stirpi, scompaia il sentimento della razza. Necessità storica della evoluzione : dal clan alle tribù, alle nazioni, verso l'umanità una e indissolubile, legata da un' unica legge d' amore. « Col sentimento della ra,.,.a (scrive il Colajanni) in un avvenire che non sembra lontano scompaparirà la boria, il pregiudizio delle speciali civiltà. Su ·gli avanzi della civiltà mediterranea, etrusca, latina, anglo-sassone, s'innalzerà il grande edifizio della civiltà u 'llana ». E in tanto : passano le molte generazioni come fiumi di vita verso un unico mare a confondersi a stremarsi in minime stille cui una sola legge governa sovrana : quella dell' eterno divenire. Intanto ogni popolo ed ogni stirpe , dal proprio canto ma per un uguale scopo e con unico sforzo, trarrà - ove sappiadalle proprie gesta passate, la forza di perpetuarsi più forte nell' avvenire. E meglio d' ogni altro, così dunque il latin sangue gentile saprà rinnavarsi nelle antiche fonti onde nacque e seppe affermare la sua dominazione. E ciascuna stirpe - nella volontà della storia - segue la tua stella che sale. Ecco dunque un libro di studio certamente, di profonde osservazioni scientifiche, di deduzioni accorte e misurate - ma anzi tutto ecco un libro di amore e di fede, il quale tende a combattere e reprimere un male_, che via via si va propagando; ad allontanare - da chi voglia e senta la forza di produrre, di elevarsi, per ricondurre le nazioni alla loro antica grandezza - , lo scoramento, eh' è la peggiore delle calamità. A dimostrare la sua tesi Napoleone Colajanni non si accontenta di blande confutazioni. Egli esamina la questione delle razze da ogni lato e sotto ogni rispetto : storico etnico fisiologico, psichico, economico, intellettuale. Egli ci fa tornare a comprendere il significato profondo delle antiche civiltà ; ed insistendo su i fattori che generano una maggiore o minore, più rapida o più lenta evoluzione sociale , ci conduce finalmente a constatazioni di fatto, per giungere a questa verità assiomatica : che lo stato sociale delle nazioni dipende da circostanze naturali e storiche e non dalla razza , sfatando così quella grande mistificazione ch'è la decadenza delle razze latine. Dirigere lettere e vaglia all' On. N. Colajanni - Castrogiovanni.
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