Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 18 - 30 settembre 1907

R I V I.ST A P O P O LA RE 497 Chi si ricorda ora, insomma, di Eliodoro Lombardi, che fu poeta più vero e maggiore di parecchi che oggi hanno lodi e culto? Nessuno, nessuno all' infuori dei pochi che l' hanno conosciuto ed amato, che ritornano con cuore entusiasto e devoto alla bellissima e nobilissima opera sua, per trarne eccitamento a bene operare, amore alle cose belle, alla patria, all'umanità. Ed è bene ed è giusto che questi pochi ne rinfreschino la memoria ed invitino l'obliviosa generazione presente ad ammirare e ad amare il poeta gentile, a rinnovargli il plauso che merita e ad assegnargli la gloria che gli spetta. + Oriundo di Marsala, Ignazio Eliodoro Lombardi nacque in Trapani il 5 di aprile del 1834, da Tommaso e Maria Marrone. Cresciuto in età, frequentò il Seminario di Mazzara, d'onde uscì per darsi agli studt di Diritto nell'Università di Palermo. Come altri grandi prima di lui, però, non seppe. durarla e indagare le ambagi della legge , gli aridi avvolpacchiarnenti del Giure: la poesia fremeva nella sua anima e la Patria , che usciva allora dal suo torpore secolare , aveva bisogno di scuotersi di dosso i tristi che, col pretesto di governarla, commettevano in suo nome e in suo danno tutte le infamie e tutte le turpitudini. Lasciò dunque il Diritto e corse nelle braccia della Poesia e pensò alla Patria subito ed_eccone l'occasione. Il Re Bomba fa arrestare Nicola Garzilli, che, insieme con altri patriotti, siciliani, era insorto contro di lui, nel 1850, e, dopo una sentenza di carnefici in veste di giudici, lo fa fucilare. Il nostro era amico del valoroso ribelle e pensò di vendicarlo in modo degno di sè e di lui. Chiamò in aiuto la sua musa e, sospinto da un entusiasmo che non intendeva nè impedimenti nè pericoli, si diede a scorrere, per ben sei anni (dal '54 al '60 ), tutta l'isola nativa, sfrenando canti fervidi d'odio contro gli oppressori, e che il cuore improvvisava, e destando il popolo suo, dai gagliardi sentimenti, alla rivolta contro un governo vergognoso e crudele. Quant'impeto in quei canti l Quanto fuoco I Quanta sincerità I L'insigne poeta Felice Bisazza, nell' Ateneo di Messina, fu costretto a interrompere il commento della Divina Commedia per dire le lodi del loro autore, del giovinetto bello e possente , dalla bionda chioma inanellata che vezzosamente ne adornava il volto gentile; del giovinetto che , coperto il capo di un elegante berrettino ·piumato e chiuso il petto robusto in una graziosa giacchettina di velluto, dicea fremendo, in mezzo al popolo commosso, le -sue portentòse canzoni e lo trascinava all'odio, all'armi contro il malfattore che lo dissanguava e lo rendeva abbietto. Venne il 1858, quando ancora era fresca la strage nefanda della spedizione Pisacane , ed egli si trovava in Reggio di Calabria. I cittadini della città amabilissima vollero allora sentire il poeta che aveva già creato con gli altri la Rivoluzione e lo invitarono nel Teatro Comunaìe a cantare, a far fremere. Acconsentì. Fu estratto a sorte un tema: L'Italia alla tomba di V. Alfieri. Il giovinetto aprì subito le labbra al canto. Il verso rompeva infiammato dal cuore, con terribile f0rza eschilea; i ruggiti dell'odio e della vendetta si avvicendavano coi detti soavi di amore, le dolci fantasie si mescolavano rapide e abbaglianti alla viva pittura delle nefandezze della tirannia di ogni paese, l' armonia del verso secondava docile i voli della fantasia e del cuore e i generosi ci ttadini di Reggio sorsero frementi ad acclamare, a domandare ferro e fuoco contro l' oppressore; e gli sgherri del re carnefice si precipitarono per arrestare ed uccidere, mentre gli amici assicuravano all'ammirabile peccatore la fuga. Sottrattosi così alla carcere, uscì dalla sua terra deliziosa per viaggiare l'Italia, a destarvi nel cuore dei figli i nobili sdegni, ma venne alle sue orecchie ed al suo cuore la notizia sospirata che il Duce miracoloso era sbarcato a Marsala ed egli sprezzando ire e minacce; volò a incuorare, a incitare, a cantare, a combattere, pazzo di gioia, quasi dubi toso del memorando evento, come appare da un canto battagliero, che affisse, con tanto di firma, alle cantonate: Non è sogno : sul lido Sicano Stampa l'orma il famoso guerriero! Il 4 di Aprile dello stesso anno un altro inno violentissimo gli avrebbe aperto la galera, se l'Eroe magnifico il 27 di Maggio non fosse, per Porta Termini, entrato in Palermo. Corse tra le sue file il nostro Tirteo e a fianco di Giuseppe La Masa e del Frate Pantaleo si diede a combattere strenuamente sulle barricate, per raccontare poi nelle tregue, e nei teatri e nei caffè affolati, le geste ammirande dei nuovi eroi, mentre, per le vie, risuonavano, squilli di guerra o peana di vittoria, i suoi canti di circostanza : Garibaldi in Sicilia ; Il cacciatore delle Alpi ; Le ultime ore di Francesco Riso ; Il cacciatore del/' Etna. Fu in questo periodo eroico che , in compagnia del prof. Michele Capitò, fondò l' Unità Italiana, il primo giornale rivoluzionario che sia apparso nel1' isola del Sole e che aggiunse fiamma alle Gamme che nei cuori destavano i suoi canti. Ma non era quello il momento di scrivere e di cantare soltanto; bisognava anche operare, seguire cioè il Guerriero fatato sulla via delle rivendicazioni e dei trionfi, fino alla vittoria finale ed egli infatti lo accompagnò a Napoli, pugnò con lui al Volturno, e, dopo, col Pantaleo dormì nel palazzo de' principi di S. Antimo, dove molti anni prima aveva dormito quel gran ribaldo che si chiamava il Cardinale Ruffo. E corse poscia in Piemonte e vi conobbe il La Farina e il Prati, e volò in Lombardia e tutti i giornali milanesi gli consacrarono inni, e pubblicò allora le Melodie, i Canti Italici, le Visioni, produzione riflessa ornai, non meno impetuosa però, non meno sincera dell'improvvisa e più corretta poi e più ordinata. La fama crescente, la stima, la. simpatia personele spinsero allora il La Farina e Ausonio Franchi a proporre al Ministero una cattedra universitaria per lui e il Ministero infatti gli offrì quella di Letteratura Italiana nell'Ateneo di Pavia, per darla poi, secondo le abitudini non ancora smentite della Minerva, a un altro ed assegnare al nostro nato alla poesia e non agl' int.-ighi, quello di Letteratura Italiana nel Liceo di Brescia. Vi s'acconciò e non rimise per questo nulla del suo entusiasmo e della sua fede, pensò anzi ancora, scrisse per pubblicarlo più tardi, il poemetto Car_lo Pisacane e la Spedir.ione di Sapri, gioiello vero di poesia, che lesse a Firenze, tra illustri uomini come il Vannucci e il Fanfani , nell'Accademia di Belle Arti, che riscosse i plausi dell'eletto uditorio e le lodi del Dall' Ongaro nella Ganetta Ufficiale, che fu studiato e mandato a memoria dalla entusiasta gioventù di allora e che, me ne compiaccio assai, è stato ristampato dal Sonzogno in un numero della sua Biblioteca Universale. Ma ruppe a mezzo i plausi la tromba di guerra, che invitava ancora all'armi i guerrieri d'Italia per la liberazione di Venezia e del Trentino ed egli abbandona in Brescia la moglie e la figlia e vola

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