Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XIII - n. 18 - 30 settembre 1907

RIVISTA POPOLARE 493 una questione di ventre, l'aum~nto d_eg~istipe_ndi, hanno finito col demolire se stessi: la d1ss1mulaz10ne significa o mancanza di coraggio delle situazioni chiare e nette, necessario per la stessa funzione del giudicare, o sentimento basso di sè e della entità del proprio lavoro, o spagnolismo fuori moda di chi crede di far l'eroe morendo di fame. E le piaghe ci sono davvero ed hanno causa in una cosa che pochi hanno rilevato. I casi di corruzione saranno pochi o molti, io non li ho contati: ne ho 1etti e ne ho sentiti dire di più o meno accertati. So pure di casi di mancanza di decoro, di dignità, di delica~ezza. Tutti questi fatti non mi preoccupano molto, o mi preoccupano solo per la causa unica per la quale trovo che ad essi non è dato riparo con le giuste eliminazioni. Di magistrati inetti ce ne sono pure: ma anche di questa inettitudine mentale non ci sarebbe troppo da preoccuparsi se non si dovesse lamentare la man-· canza di provvedimenti atti a salvaguardarci dagli inetti. La media intellettuale dei magistrati non è poi tanto bassa come si dice e si crede da tutti : è una constatazione questa che pure sarebbe a tutti facile il fare e che posso sicuramente far io il quale leggo spesso sentenze poco ulpianesche, ma leggo più spesso memorie difensive e comparse che farebbero pietà se non facessero rabbia. Ogni avvocato si commuove degli errori dei giudici, ma non sa che tre quarti almeno dei suoi colleghi sono al disotto parecchio della media intellettuale dei giudici, e tra i detti tre quarti la maggior parte guadagna assai più dei giudici. In fatto di cultura media la magistratura non ha molto da desiderare. In essa scarseggiano solo le menti elette, e difettano quelle che sono addirittura destinate a divenire luminari del giure. Nè può essere altrimenti. La condizione che fa lo stato ai magistrati dovendo servire a più migliaia di persone, non può mai sedurre gl' ingegni più svegliati e più fosforescenti, i quali non si contano nemmeno a centinaia e trovano nelle cattedre, nel foro, nella politica un miglior campo di esplicazione. Perciò difettano e difetteranno sempre in ispecie, tra i magistrati, malgrado tutto, eccellenti rappresentanti del pubblico ministero. Il pubblico accusatore deve aver qualità per le quali un giovane emerge presto nel libero arringo. Come volete che tal giovine si contenti di ammuffire negli uffizi giudiziari, in un lavoro per gran parte rutinario, per una retribuzione che egli dopo pochi anni di professione troverebbe appena sufficiente alle piccole spese della vita? Che se menti elette vi sono state in magistratura e vi sono tuttavia, esse prima appartenevano a quella categoria di persone le quali erano guidate nella scelta da tradizione domestica, o da nobilesco disdegno della meno reputata gente forense, ed oggi sono costituite dai timidi per indole e dai proletari dell'ìntelletto che tra il libero arringo rusticano nei comunelli della Basilicata e la magistratura, optano, e non hanno tutti i torti, per questa. Però una grossa corporazione ha più bisogno di operesità mediocri, ma bene temprate, che di forti intelligenze spesso a getto non continuo, spesso poco disciplinate, spessissimo poco adatte ad un lavoro vario e com plesso. L'opera del magistrato, in gran parte, è d'indole meramente pratica e, come ho detto, rutinaria, ed è dominata dalla regola delle cose perpetuo similiter iudicatarum. Il buon senso e l' occhio di nico servono più della scienza. Quando la scienza occorre, viene dai libri, viene dal foro, potrebbe venire dagli stessi magistrati ottimi che non mancherebbero e malgrado tutto non mancano poi affatto: chi giudica deve soltanto saper sciegliere. Non è poco; ma è meno di quanto occorre per fare. Il male non sta dunque nella mancanza dei luminari. Sta invece in questo che tanto le menti elette, quanto e a maggior ragione, i mediocri, entrati che sono in carriera, invece di guadagnare, perdono ogni giorno un pò della loro cultura; che la carriera giudiziaria invece di educare le menti le abbassa, e le buone piante si perdono non è che facciano poi difetto. Basta conoscere i giovani uditori di oggi perchè si resti convinti che non sono affatto i peggiori tra i laureati in legge delle nostre università. . Però la soma di lavoro a ciascun giudice addossata, la meschinità, dal lato intellettuale, delle sedi nelle quali ciascuno è costretto a trascorrere gli anni migliori della vita, senza alcuna parentesi che valga a rimettere tratto tratto in fermentazione ogni lievito migliore, la miseria economica che non permette neppure di comprare pochi libri, snervano ed abbattono e livellano i buoni con i mediocri, i pigri con gli operosi : e mettono tutti i giudici di una certa anziar.ità, in attrasso, dinanzi alle correnti vertiginose del pensiero moderno. Anche la media morale dei magistrati è tutt'altro che bassa: è superiore in ogni modo a quella della classe forense, non è inferiore, e forse è pure superiore, a quella di tutte le persone che entrano nella vita e si occupano con il passaporto della laurea. I casi recenti di Catanzaro e di Genova, tanto strombazzati, e tutti gli altri che ho letti e che leggerò, che ho sentiti e che sentirò raccontare non mi scuotono. Il male morale deila magistratura non ha espressione normale nella corruzione: i casi di corruzione sono sempre sporadici. Il male è nelle debolezza del carattere e nel poco sentimento della dignità. E' difficHe trovare un magistrato corrotto, ma spessissimo vi troverete dinanzi ad un debole, spesso dinanzi ad uno che agisce in modo poco dignitoso. Il carattere, è vero, è una merce molto meno comune della intelligenza e della bontà di animo: io mi sono accorto molte volte che non l'ha neppure chi lo vanta e persino chi lo ha descritto o lo ha analizzato. Ma tutto questo non toglie che proprio la magistratura, la quale dovrebbe riuscire scuola di carattere, serva invece ad un effetto contrario. Lo stesso va detto della dignità, che in fondo è una delle espressioni del carattere. Chi ben guardi, tutti i fatti che si vengono narrando intorno ai magistrati sono proprio la espressione e la prova della debolezza di carattere e del basso sentimento di dignità che ad essi io rimprovero innanzi tutto. Vanno perciò riaddotti sotto questa causa e non hanno che vedere con la infondata accusa di facile corruzione: a) i debiti con gli avvocati e con usarai che bazzicano nelle aule di giustizia; e sono ordinariamente contratti da pochi giocatori o donnaiuoli o dissipati: i più vivono una vita tapina assai spesso, ma fanno bastare lo stipendio; ~ ' b) la cerimoniosità e la condiscendenza troppo facili verso i così detti principi del foro e gli avvocati deputati: le quali cose offendono per lo meno tanti altri professionisti pure rispettabili e fanno sospettare favoritismi ed ingiustizie, che quasi sempre poi non sussistono; e) la facilità alle raccomandazioni verso i colleghi relatori di cause di amici e verso gli esaminatori di figli o di parenti o di amici; d) la tolleranza dei superiori verso i colleghi, per la quale le colpe di costoro sono nascoste o attenuate, e per la quale spesso qualche magistrato

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