438 RIVISTA POPOLARE rebbero educati razionalmente, prn vicini alle loro famiglie e in centri adatti, cìoé i piccoli in campagna, gli altri nelle più importanti città, togliendo in tal modo di mezzo anche l' altro inconveniente di veder giovani obbligati a seguire determinate vie per mancanza di scuole o per influenza dello ambiente; -- infine la istituzione, allargandosi e diffondendosi come tutte le opere buone in questa nostra Italia filantropica, ne assorbirebbe molte altre, oggi isolate e rachitiche, e nelle dolorose occasioni avrebbe modo di sopperire civilmente , dignitosamente e completamente all' op~ra buona , ma partigiana dei padri Beccaro e di tante Signore non sempre, nè tutte benemerite. ♦ AJcuni miei arr.ici, fra i quali il collega De Robbio in « Prole Magistrale >>, osservano che tale unione, oltre il pericolo di far con vivere giovanetti appartenenti a famiglie di condizioni diverse, importa una intesa coi diversi consigli d' amministrazione, omogeneità di vedute educative difficile ad ottenersi, limitazione di sorveglianza e d'ingerenza delle classi sui propri figli. E dicono ancora: avere i figli di differenti classi disparate tendenze, alle quali nuocerebbe l'unione; non poterli trattare tutti alla medesima maniera, essendovi anche fra gli orfani i poveri e i meno poveri, cioè una povertà relativa alla classe da cui provengono. Rispondo brevemente. Anzitutto la filantropia deve svolgere la sua azione solo là dove il vero bisogno lo richiede; e in istituzioni come le nostre è necessario sgombrare il terreno da tutti quei lavorii e camerille, tendenti, con pressioni d'ogai sorta, a strappare il pane dalla bocca dei bisognosi per darlo ai loro protetti , i quali poi, se collocati nei convitti speciali , plasmano l'ambiente, creandovi i bisogni e le esigenze proprie delle loro famiglie agiate. E' questo un male che dal più al meno è penetrato dovunque, danneggiando i veri bisognosi, ingannando i benefattori e guastando l'istituto. Ma sanato il male indicato ora, che resta? La povertà da soccorrere in qualsiasi professione; fanciulli da allevare secondo le proprie inclinazioni, educandoli senza restrizioni, senza coercimenti, senza preconcetti di casta o di idee. Ciò che pure la pratica ci dimostra; giacchè se noi visi tiamo gli orfanotrofi attuali vi troviamo i giovani mantenuti, educati ed istruiti ad uno stesso modo; le stesse norme, le medesime idee e spesso le stesse menti informano l' opera degli educatori e degli amministratori. Ovunque si studia l'alunno per iscoprirne le tendenze e assecondarle più ch'è possibile. Che se talvolta condizioni di luogo, di mezzi o di disposizioni regolamentari impediscono di soddisfare qualche •inclinazione specializzato, sorge un coro di protesta contro gli ordinamenti e le locaiità. Il trattamento strsso nei diversi convitti è presso a poco uguale, e la differenza, se esiste , è puramente apparente, essendo scopo primo di ogni orfanotrofio fornire il necessario, sano e variato, in quantità sufficiente ai bisogni dello sviluppo. Igiene, ginnastica educativa e lavoro suppliscono ottimamente gli accessori eccitanti l'appetito nei convitti privilegiati; tanto che famiglie faco_ltose vi collocano a pagamento i propri figli. Nè maggior importanza ha il timore di limitazione dl sorveglianza, e d'ingerenza di ciascuna classe nell·avvenire dei propri figli, giacchè se si considera il fatto unicamente negli interessi degli orfani, non credo possa ritenersi svantaggioso il comporre una commissione di vigilanza od un consiglio direttivo ad es. con un educatore , un sanitario e un capo officina, anzicchè con tre maestri o tre ferrovieri , come oggi. Nessuna differenza reale, dunque, contraddistingue questi istituti in modo da vietasne la fusione; e~ q~asi ciò non bastasse, vediamo nelle pubblicaz1om del maestro De Robbio e del prof. Piaenti dell'Università di Perugia uguali sforzi per eliminare mali comuni e far progredire le istituzioni verso un ideale di perfezione, che potrà variare a s~conda delle idee personali, non già per spirito d1 classe. Tutto ci consiglia e ci eccita a fondare in Italia un nuovo gruppo di convitti, funzione diretta e attiva dello Stato, ma da non confondersi · coi Convitti Nazionali, nei quali i nostri giovani non possono nè devono trovar posto, sia per le rett_e e_spese accessorie troppo elevate, sia perchè rag10111morali evidentissime vietano l'unione degli educandi poveri coi ricchi. Ho fiducia che di fronte agli incalcolabiii vant~ggi chg· si ritrarrebbero dalla proposta unione, l'111tesa delle diverse amministrazioni non presenterà gravi ostacoli, molto più se gli insegnanti secobdarii, che stanno discutendo laro-amente la que- . n st1one, vorranno prenderne l'iniziativa. Chiudo riassumendo, per maggior chiarezza, le mie proposte, in un piccolo, rudimentale SCHEMA DI STA TOTO I. Ogni istituzione pm o,jani continua ad essere indipendente, amministrando separatamente il proprio capitale e provvedendo agli orfani secondo il proprio regolamento; H. Un Consiglio composto dei presidenti (o rappresentanti) delle singole società, studia le questioni inert:nti ai convitti ; Ili. Si fondino nt:llre tre parti d'Italia tanti convitti quanti man mano occorreranno, i quali accolgano gli orfani di tutte le classi. dietro versamento da parte delle singole amministrazioni di una quota annua per ogni alunno; lV. La fonJazione, dei Convitti sia informata al concetto Ji poter dividere gli alunni in piccoli, mezzani e grandi , adottando un regolamento proprio a ciascuna età. I piccoli siano collocati in compagnia; gli altri in centri importanti per studi e industrie; V. Le spese del personale occorrente siano a carico del Ministero (come avviene nc:i convitti nazionali a favore della borghesia); ulle altre si provveda con le rette individuali (ad Assisi bastano lire 500); VI. Tutte le nuove, future organizzazioni a pro degli orfani abbiano diritto di collocare nei Convitti suaccennati i proprii protetti, e quando questi raggiungono un certo numero, di avere la propria rappresentanza nel Consiglio direttivo; VII. La nuova istituzione federale venga eretta in ente morale, ed i vari Ministeri versino ad essa i contributi che ora danno alle singole istituzioni. Napoli (Convitto Nazionale), 12 luglio 1907. FRANCESCO SrMONELLI IN OSAKA ci) Quando salgo s11r un pllnto elevato e guardo intorno a me, ecco! il fumo s'eleva: le cucine del popolo sono affaccendate. CANZONE DELL'IMPERATORE Nintoku. I. Quasi trecent'anni fa, il capitano John Saris, visitando il Giappone al servizio della « Right Honourable Companye, ye, merchants of London trading into ye. East Indies, » scrisse intorno alla grande città di Osaka ( come ora si scrive questo (1) Dalle Spigolatu,·e nei campi di Buddho di Lafcadio Hearn di prossima pubblicazione. Per cortesia del traduttore Giulio de Georgio e degli Editori La.terza di Bari.
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